seguito dell’abbattimento delle frontiere interne al mercato unico ( primo
gennaio 1993 ), sono state adottate, in ambito europeo, disposizioni volte a
coordinare le differenti normative.
Ciò che è stato realizzato è un Regolamento emanato dal Consiglio della
Comunità europea (n. 3911 del 9 dicembre 1992 ) ed una Direttiva emanata
dallo stesso Consiglio (n. 93/7 del 15 marzo 1993 ) .
Il Regolamento prevede misure di vigilanza sui movimenti dei beni culturali al
di fuori del territorio comunitario , ed è volto ad assicurare un controllo
uniforme sulle esportazioni di tali opere alle frontiere esterne dell’Unione
europea per mezzo di una licenza .
La Direttiva è tesa a permettere allo Stato illecitamente spossessato di un bene,
di ottenerne la restituzione , ed utilizza una procedura specifica che permette
agli Stati membri di tornare in possesso dei beni culturali che abbiano lasciato
in maniera illecita il loro territorio occupandosi , quindi , del traffico
infracomunitario.
Mediante tali strumenti sono stati concordati dei criteri potenzialmente
sufficienti a reprimere i fenomeni sopra descritti e a consentire la restituzione
agli Stati membri della Comunità europea delle opere d’arte che da questi
siano state allontanate .
Il Regolamento e la Direttiva sono tra loro connessi ed interdipendenti , anche
nel senso che per la maggior parte dei beni per i quali è prescritta la licenza
d’esportazione è prevista , qualora il trasferimento sia avvenuto con modalità
illecite , la restituzione forzosa .
Le presenti disposizioni sono state concordate solamente nell’ambito della CE,
e nulla è previsto per le ipotesi in cui siano coinvolti anche Stati extra-europei
o europei ma non aderenti alla Comunità . Questo comporta la non
applicabilità di tali disposti nei confronti di paesi verso i quali , di frequente ,
sono destinati i beni di illecita provenienza .
Inoltre non tutti i beni che costituiscono testimonianze di cultura sono oggetto
delle normative citate : solo le opere di maggior pregio potranno beneficiare
del regime in esse previsto .
CAPITOLO 1
IL TRATTATO ISTITUTIVO LA COMUNITÁ
EUROPEA ED I BENI CULTURALI : IN
PARTICOLARE GLI ARTICOLI 3O E 151.
1.1. Il dato evolutivo : dall’articolo 36 del trattato di Roma del 25 Marzo
1957 , alle misure adottate in vista del mercato unico.
Il diritto comunitario é la testimonianza d’una protezione progressiva dei beni
culturali . Si possono distinguere due periodi successivi : quello dei trattati
istitutivi e quello delle misure prese in occasione dell’apertura del mercato
interno , aventi delle tecniche di protezione distinte , divenute via via più
complesse e più strettamente legate ad una cooperazione incrociata tra gli Stati
membri . Il fenomeno é stato considerato da taluno come una delle
manifestazioni del processo evolutivo d’integrazione comunitaria
1
.
Il primo problema da affrontare é quello di stabilire se i beni culturali rientrano
nella categoria ‘merci’.
Nel 1968 la Corte di Giustizia della Comunità europea
2
ha risposto
affermativamente alla questione , adottando una nozione ampia di ‘merci’ ai
sensi dell’articolo 9 del Trattato CE , comprendendo fra queste “...les produits
appréciables en argent et susceptibles , comme tels , de former l’objet de
transactions commerciales ”.
In questa stessa celebre sentenza la Corte ha precisato - su istanza del governo
italiano , il quale optava per una soluzione più restrittiva al fine di escludere
talune categorie di beni dal principio della libera circolazione - che anche i
beni d’interesse artistico , storico e archeologico sono da considerarsi quali
merci e pertanto anche a questi si deve applicare la disciplina comunitaria in
materia di libera circolazione
3
.
La realizzazione del mercato interno nel 1993 non comporta comunque la
soppressione dei controlli alle frontiere interne per tutte quante le merci.
Si ricorderà che nel 1957 il Trattato di Roma aveva già riservato una disciplina
specifica a talune categorie di beni , ebbene tale disciplina restava affermata
nell’articolo 36 del trattato di Roma , divenuto articolo 30 a seguito del
Trattato di Amsterdam , il quale ammette - derogando alle disposizioni degli
attuali articoli 28 e 29 - divieti o limitazioni d’importazione , esportazione o
transito qualora questi siano giustificati da interessi preminenti per gli Stati in
1
Carducci, Guido, La restitution internationale des biens culturels et des objets d’art. L.G.D.J., Paris, 1997.
2
CJCE 10 décembre 1968, aff.7/68, Commission c. République italienne, Recueil 617.
3
Cfr. Pescatore, Pierre, Le commerce de l’art et le Marché commun. In: “Revue Trimestrielle du Droit
Européen”, 1, (1985), p.451 e ss.
causa come - in particolare - la “ protection des trésors nationaux ayant une
valeur artistique , historique ou archéologique”.
La natura di tale regime é manifestamente derogatoria al principio di libera
circolazione delle merci e in particolare alle disposizioni relative
all’eliminazione delle restrizioni quantitative e alle misure d’effetto
equivalente.
Ciò é gia stato testualmente sottolineato dall’articolo 30 il quale - al fine
d’inserire queste deroghe in un quadro di liceità più generale - condiziona la
validità di queste misure al fatto che non costituiscano né una discriminazione
arbitraria nè una restrizione dissimulata al commercio tra gli Stati membri.
Entrambe queste deroghe hanno fatto subito parte di un’attenta interpretazione
della Corte , la quale ha continuato a sottolinearne l’eccezionalità .
Sono anzitutto emerse due condizioni per la messa in opera di queste misure :
le misure nazionali di protezione sottostanno al principio di proporzionalità che
si pone tra la necessità dell’adozione di talune misure protettive ed il loro
risultato effettivo . Tali misure devono essere necessarie alla protezione
dell’interesse nazionale in causa , ma contemporaneamente devono essere
indispensabili ex se , nel senso che lo Stato non deve essere in condizione di
adottare una misura meno restrittiva alla libera circolazione ;
- la prova che il principio di proporzionalità é stato rispettato é , in linea di
massima , a carico dello Stato che ha preso tali misure restrittive.
L’analisi dell’articolo 30 conduce poi ad un altro problema : la determinazione
della nozione di “trésor nationaux”.
Essa é prerogativa di ciascuno Stato , il quale ha la competenza esclusiva in
materia di determinazione dei criteri che ritiene i più appropriati per definire la
nozione . La ragione di questa competenza principe degli Stati membri é stata
rinvenuta nel fatto che i beni culturali appartenenti ai patrimoni nazionali sono
i simboli dell’identità di uno Stato
4
.
Questo il dato di base , tuttavia la Corte si riserva d’intervenire all’occorrenza ,
al fine di correggere le nozioni prive di logica . La possibilità d’esercitare un
tale controllo – tuttavia - non si giustifica soltanto con l’assenza di una logicità,
ma anche con la preoccupazione di garantire una certa uniformità
nell’applicazione del Trattato , poiché l’articolo 30 ha ricevuto nelle sue
differenti traduzioni una terminologia che spesso non coincide . In più , nelle
differenti lingue del Trattato, il campo ratione materiae dell’eccezione di cui
all’articolo 30 é suscettibile di variare in modo considerevole : si passa
dall’ampiezza della versione tedesca di bene (‘Gut’) , a quella ben più ristretta
di ‘tresor’ nella versione francese , inglese e greca , passando attraverso la
versione mediana offerta dal termine ‘patrimonio’ nel testo italiano , spagnolo
e portoghese.
5
4
Derout, Anne, La protection des biens culturels en droit communautaire. Editions Apogée, Rennes, 1993.
5
Seidl-Hohenveldern, Patrimoine culturel mobilier et marché intérieur de la Communaute éuropéenne.
In: “Melange Pierre Lalive” p.753, Bâle,1994 ; e Gaja, G., Le rôle de la C.E.E.à l’égard de l’exportation des
biens culturels. In: “Rivista di diritto internazionale privato e processuale”, (1989), p.35.
I ‘tresors nationaux’ devono inoltre - per essere compresi nell’eccezione di cui
all’articolo 30 - essere testimonianza di un autentico valore artistico,storico o
archeologico , nozione questa per sua natura più oggettiva di quella
d'interesse.
6
Ciò che é cambiato dal primo gennaio 1993 , é fondamentalmente il solo
oggetto delle misure nazionali ammesse dall’articolo 30 : queste non possono
più contare - per la loro messa in opera - su dei controlli alle frontiere interne
che prima riguardavano sia le persone che le merci .
Di fronte ad un’evidente perdita d’efficacia delle misure nazionali - dovute alla
soppressione delle frontiere - il Consiglio europeo di Madrid del giugno 1989
aveva sottolineato la necessità di prevedere delle misure di contorno al fine di
conciliare i due obiettivi in causa : la realizzazione del mercato interno e
l’aspettativa legittima degli Stati di poter proseguire la loro politica culturale ,
e soprattutto la protezione dei tesori nazionale .
6
Duquesne,J, Le libre-échange des œuvre d’art. In : “ Le marché commun et le marché de l’art, Journée
d’études organisée par l’Institut européennes, pubbl.sotto la direzione di M.Vanden Libre”. Ed.de l’Université
libre de Bruxelles,1 Marzo 1982.
Pertanto la Commissione della Comunità europea
7
ha sollecitato un dibattito de
lege ferenda con gli Stati membri ed ha previsto una serie di misure che é
opportuno ricordare brevemente al fine di meglio comprendere poi il risultato
al quale hanno portato , ossia l’adozione del Regolamento e della Direttiva.
Anzitutto la Commissione ha costatato un dato primordiale che caratterizza il
campo degli oggetti d’arte : la cultura é una nozione propriamente nazionale ,
ma non nelle sue origini o nelle sue componenti , bensì nel senso di ciò che
costituisce il contenuto di questa nozione incerta e indefinibile stricto sensu
cioé la “cultura”.
Questo dato può essere suscettibile di sviluppi , ma come é stato sottolineato
8
,
allo stato attuale non si é ancora superata la dimensione nazionale e si
permane quindi nella stessa situazione descritta dalla Commissione:
“A long terme,l’idéal sarait de faire progresser l’idée d’un patrimoine
commun à tous les Européens.Toutfois,dans l’immediat il faut concilier
l’instauration du marché intérieur avec la réalité des sensibilités dans le
domaine de la protection des trésors nationaux,qui sont d’ailleurs reconnues
par le Traité CEE.
7
Communication de la Commission, du 22 novembre 1989, au Conseil relative à la protection des trésors
nationaux ayant une valeur artistique, historique ou archéologique dans la perspective des frontières intérieures
en 1992 . In “Journel officiel des Communautes européennes, Communications et informations” (1989), p. 5.
8
Carducci, Guido, La restitution internationale des biens culturels, op. cit .
1.2. L’estensione della competenza degli Stati nell’attuazione dell’articolo
30 del Trattato CE .
L’articolo 30 del Trattato CE indica:
“Le disposizioni degli articoli 28 e 29 lasciano impregiudicati i divieti o
restrizioni all’importazione , all’esportazione e al transito giustificati da motivi
di moralità pubblica , di ordine pubblico , di pubblica sicurezza ,di tutela della
salute e della vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali,
di protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale o di
tutela della proprietà industriale e commerciale. Tuttavia, tali divieti o
restrizioni non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né
una restrizione dissimulata al commercio tra gli Stati membri ”.
Questi non é che applicabile agli articoli 28 e 29, i quali prevedono delle
misure che proibiscono le interdizioni assolute all’importazione ed
all’esportazione dei prodotti comunitari, le restrizioni quantitative nonché tutte
le misure ad effetto equivalente, ovvero ogni ordinamento e pratica messa in
atto dagli Stati membri, suscettibile di ostacolare direttamente o
indirettamente, attualmente o potenzialmente gli scambi comunitari.
La Corte di giustizia della Comunità europea ha confermato il campo di
applicabilità dell’allora articolo 36 nella sentenza del 10 dicembre 1968
9
:
9
CJCE , 10 dicembre 1968, Commission c/République italienne, aff.7/68, Rec.CJCE p.618.
“ […] tant par son emplacement que par un renvoi exprés aux articles 30 à 34
(cet article) fait partie du chapitre relatif à l’élimination des restrictions
quantitatives entre les Etats membres […]” , rendendone conferma nove anni
più tardi nella sentenza del 25 gennaio 1977
10
.
É chiaro, a questo punto, che l’articolo 30 introduca una possibilità di derogare
alla regola della libera circolazione dei tesori nazionali aventi un valore
artistico, storico e archeologico , ma come si deve interpretare questa norma?
Essa mira a instaurare una competenza nazionale per la delimitazione della
nozione cui si riferisce , ma per P.Pescatore
11
, giudice della Corte di giustizia
della Comunità europea , l’articolo 30 é più che un’eccezione alle regole di
libero scambio : esso rivela un limite alla competenza della comunità.
Resta evidente che la portata degli obiettivi posti dall’articolo 30 CE non può
essere determinata da ciascuno Stato senza il controllo delle istituzioni.
È stato notato
12
- riprendendo una sentenza della Corte di giustizia della
Comunità europea del dicembre 1961
13
e la sentenza Campus Oil del 1O luglio
1984
14
- che l’articolo non potrà in ogni caso essere invocato per salvaguardare
interessi di natura economica.
10
CJCE , 25 gennaio 1977, aff.46/76, Bauhuis , Rec CJCE , 1977, p.5.
11
Pescatore, Pierre, Le commerce de l’art et le marché commun. In:“Revue trimestrielle de droit européen”,
(1985) , p.451.
12
Cockborne, Defalque, Durand, Prahl, Vandersanden, Commentaire Magret,le droit de la CEE, tome 1,
deuxiéme édition, Ètudes Européennes, Collection dirigéé par l’Institut d’Etudes européennes, Editions de
l’Université de Bruxelles, 1992 .
13
CJCE, 19 dicembre 1961, Commission c/gouvernement de la République italienne, aff.7/61, Rec.CJCE
p.635.
14
CJCE 10 luglio 1984, Campus Oli Limited et autres contre ministre pour l’Industrie et l’Energie et autres,
aff.72/83, Rec.CJCE , p.2727, pt 35.
Deve essere interpretato piuttosto in maniera restrittiva poiché rende possibile
un’eccezione alla regola fondamentale del trattato riguardante l’eliminazione
di tutti gli ostacoli alla libera circolazione delle merci tra gli Stati membri; ogni
clausola dell’articolo dovrà essere interpretata restrittivamente, e non potrà
essere estesa a ipotesi diverse da quelle che sono elencate.
Nella sentenza Simmenthal
15
la Corte ha precisato il senso dell’articolo 30
affermando che esso non ha per oggetto quello di riservare certe materie alla
competenza esclusiva degli Stati membri , ma solamente quello di permettere
che le legislazioni nazionali possano prevedere delle eccezioni al principio
della libera circolazione nella misura in cui ciò rimane necessario al fine di
perseguire gli obiettivi posti da questo articolo.
Qualora sia invocato l’attuale articolo 30 al fine di applicare una misura
nazionale , la prova dell’utilità di una tale misura é a carico dello Stato che
l’adotta: “…il doit toujours incomber à l’autoritè nationale qui invoque
l’article 36 du traitè CEE de démontrer que les mesures qu’elle impose
satisfont à ces critères”
16
.
Per A. Mattera
17
vi sono due categorie di misure che possono essere
considerate come compatibili con l’art. 30 del trattato CE : la prima é quella
relativa alle interdizioni pronunciate d’ufficio sulla base in particolare di una
15
CJCE 15 dicembre 1976 Simmenthal S.p.a. contre Ministere des finances italien, aff.35/76, Rec. p.871.
16
CJCE 8 novembre 1979 Firma Denkavit Futtermittel GmbH contre le Ministere de l’alimentation, de
l’agricolture et des forêts du Land de Rhénanie-du-Nord-Westphalie, aff.251/78, Rec.p.3369.
lista nella quale sono classificati i beni culturali considerati come “tesori
nazionali” , la seconda é quella relativa alle interdizioni pronunciate a seguito
di una procedura di controllo preliminare all’uscita del bene , instaurata da
parte dello Stato in causa.
Le modalità di tale controllo devono essere compatibili con le esigenze del
diritto comunitario. Per Mattera
18
in caso di rifiuto dell’autorizzazione
all’esportazione di un’opera d’arte, lo Stato deve motivare la sua decisione e
prevedere – nell’ipotesi in cui non esistano – delle possibilità di ricorso per la
domanda .
Emerge infine dall’analisi giurisprudenziale che il ricorso all’art. 30 CE è
possibile finché una regolamentazione comunitaria di armonizzazione non
abbia posto tutte le misure necessarie alla protezione dell’obiettivo previsto ed
abbia indicato procedure comunitarie di controllo (sentenza Van Bennekom
19
).
C’é ancora un altro punto che va affrontato con riferimento alla delimitazione
delle competenze nazionali . Esso concerne la questione se l’emanazione del
Regolamento 3911/92, provvedendo ad armonizzare le condizioni di
esportazione dei beni fuori del territorio comunitario, renda ingiustificato il
ricorso all’art.30 CE secondo il principio espresso nella sentenza Van
Bennekon .
17
Mattera, Alfonso, La libre circulation des œuvres d’art à l’interieur de la Communauté et la protection des
trésors nationaux ayant une valeur artistique , historique ou archéologique. In : “Revue du Marché Unique
Européen”, 2, (1993) , pp.9 e ss.
18
Mattera, Alfonso, Le marchè unique europèen,.ses règles,son fonctionnement. Jupiter, Paris, 1990.
È stato risposto
20
in modo negativo alla questione in quanto il principio che
esclude il ricorso all’art.30 CE in settori ove siano state emanate misure di
armonizzazione, é applicabile nell’ambito delle norme che disciplinano la
circolazione intracomunitaria, ed inoltre il Regolamento non può considerarsi
una misura di armonizzazione, essendo l’articolo 113 la sua base giuridica.
1.3. L’ articolo 151 del Trattato istitutivo la Comunità Europea , cosi come
modificato dal Trattato di Amsterdam .
Il Trattato di Amsterdam del 2 Ottobre 1997 ( cosi come il Trattato di Roma
del 25 Marzo 1957, l’Atto unico del 17–28 Febbraio 1986, il Trattato di
Maastricht del 7 Febbraio 1992 ) non prende in considerazione specifica la
circolazione delle merci e - per conseguenza – dei beni culturali, però apre una
finestra al riguardo tramite l’articolo 151 che dispone :
“ La Comunità contribuisce in pieno allo sviluppo delle culture degli Stati
membri, nel rispetto delle loro diversità nazionali e regionali, evidenziando nel
contempo il retaggio culturale comune .
L’ azione della Comunità é intesa ad incoraggiare la cooperazione tra gli Stati
membri e, se necessario, ad appoggiare e ad integrare l’azione di questi ultimi
nei seguenti settori :
19
Corte Giust.,sentenza del 3O novembre 1983 Van Bennekom c. Arrondissementsrechtbank in Amsterdam in
causa 227/82, in Racc.Corte Giust.1983, p.3883 .
20
Marletta, Marilù, La restituzione dei beni culturali. Cedam, Casa editrice Dott.Antonio Milani, 1997.
- miglioramento della conoscenza e della diffusione della cultura e della
storia dei popoli europei ;
- conservazione e tutela del patrimonio culturale di importanza europea ;
- scambi culturali non commerciali ;
- creazione artistica e letteraria, compreso il settore audiovisivo .
La Comunità e gli Stati membri favoriscono la cooperazione con i paesi terzi e
le organizzazioni internazionali competenti in materia culturale e in particolare
con il Consiglio d’Europa .
La Comunità tiene conto degli aspetti culturali nella sua azione a titolo d’altre
disposizioni del presente trattato, allo scopo di rispettare e promuovere la
diversità delle sue culture .
Per contribuire alla realizzazione degli obiettivi previsti in questo articolo, il
Consiglio adotta:
deliberando conformemente alla procedura prevista dall’articolo 251 e dopo il
consulto del Comitato delle regioni, delle azioni di incoraggiamento, ad
esclusione di tutte le armonizzazioni delle disposizioni legislative e
regolamentari degli Stati membri. Il Consiglio stabilisce all’unanimità la
totalità della procedura prevista dall’ articolo 251;
stabilendo all’unanimità su proposta delle Commissione, delle
raccomandazioni ” .
Esso sancisce l’impegno della Comunità per la conservazione e la tutela del
patrimonio europeo, ma non porta molto più lontano.