Come si può immaginare una teoria del genere ha mosso molte critiche ma
anche molti seguaci, non è un caso che nel Novecento tra le varie tipologie di critica
letteraria ci sia anche quella psicoanalitica.
Dopo Freud ci sono stati molti altri che hanno trattato di letteratura fantastica; si
possono citare infatti Pierre-Georges Castex, Roger Caillois, Luois Vax, ma la vera
innovazione è stata apportata da Tzvatan Todorov. Lo strutturalista russo nel 1970
pubblica Introduction à la littérature fantastique33, lo studio che è la vera base dalla
quale si deve partire per un discorso sul fantastico. Todorov inizia subito con la
definizione di ciò che secondo lui è la letteratura fantastica:
In un mondo che è sicuramente il nostro, quello che conosciamo, senza diavoli, né
sifilidi, né vampiri, si verifica un avvenimento che, appunto, non si può spiegare con le
leggi del mondo che ci è familiare. Colui che percepisce l’avvenimento deve optare per una
delle due soluzioni possibili: o si tratta di un’illusione dei sensi, di un prodotto
dell’immaginazione, e in tal caso le leggi del mondo rimangono quelle che sono, oppure
l’avvenimento è realmente accaduto, è parte integrante della realtà, ma allora questa realtà è
governata da leggi a noi ignote. […].
Il fantastico occupa il lasso di questa incertezza; non appena si è scelta l’una o
l’altra risposta, si abbandona la sfera del fantastico per entrare in quella di un genere simile,
lo strano o il meraviglioso. Il fantastico è l’esitazione provata da un essere il quale conosce
soltanto le leggi naturali, di fronte a un avvenimento apparentemente soprannaturale.34
Per cui da una parte c’è il concetto di strano, per il quale le leggi della realtà
rimangono intatte e permettono di spiegare i fenomeni descritti, dall’altro il
meraviglioso per il quale gli elementi soprannaturali non provocano alcuna reazione nel
personaggio. In questo caso non è l’atteggiamento a definire il genere ma la natura dei
fatti descritti che devono essere inspiegabili. La via di mezzo consiste nel fantastico ma
Todorov pone altre classi intermedie, ovvero dei generi ibridi come il fantastico-strano
(avvenimenti che sembrano soprannaturali ma che nel corso della storia ricevono una
spiegazione razionale) e il fantastico-meraviglioso (racconti che si presentano come
fantastici e che terminano con un’accettazione del soprannaturale).
Altro punto fondamentale della sua teoria è l’identificazione tra lettore e
personaggio che secondo Todorov deve essere la prima condizione del fantastico35. Il
33
T. Todorov, Introduction à la littérature fantastique, Edition du Seuil, 1970, ed. Ita., La letteratura
fantastica, Garzanti, Milano, 1988.
34
Ivi, p. 28.
35
Ivi, p. 34.
- 14 -
lettore inoltre deve operare una lettura che non deve essere né poetica né allegorica. In
primo luogo analizza l’opposizione poesia/finzione: «se [il lettore] leggendo un testo, si
rifiuta ogni rappresentazione e se considera ogni frase come una pura combinazione
semantica [come avviene per la poesia], il fantastico non potrà apparire; […]. Per tale
ragione il fantastico non può sussistere se non nella finzione»36. In secondo luogo
afferma che il testo fantastico non può essere considerato come allegorico, poiché
l’allegoria prevede un doppio senso per le stesse parole. Quindi il fantastico necessita
del senso letterale perché provochi l’esitazione, se si legge attraverso una lente
allegorica i fatti narrati perdono la loro straordinarietà e quindi la letteratura fantastica
non ha più senso di essere.
Todorov rivolge poi la sua attenzione ad un problema che è stato riscontrato da
chiunque si sia messo a interrogarsi sul fantastico: la classificazione dei temi. È un
compito che è più problematico di quanto si possa pensare. Egli porta come esempi
quelli di Dorothy Scarborough37, Peter Penzoldt38, Roger Caillois39, ma boccia ogni
tentativo perché le loro classificazioni «contravvengono alla prima regola che ci
eravamo dati: quella di classificare non immagini concrete, ma categorie astratte»40.
Infatti Todorov propone due macro gruppi: temi dell’io e temi del tu.
Nel primo gruppo rientrano i temi che «riguardano essenzialmente la
strutturazione del rapporto tra l’uomo e il mondo: in termini freudiani, siamo nel
sistema percezione-coscienza. Si tratta di un rapporto relativamente statico, nel senso
che non implica azioni particolari, ma semmai una posizione, una percezione del
mondo, più che una interazione»41. Per cui identifica: la psicosi, la droga, il bambino
che come denominatore comune hanno la dilatazione delle unità di tempo e spazio e la
rottura del confine tra soggetto e oggetto. Todorov li definisce anche come i temi dello
sguardo, per l’importanza della vista e della percezione. Mentre i temi del tu hanno a
che fare con la relazione dell’uomo con i suoi desideri e di conseguenza l’uomo è attivo
su ciò che lo circonda per esprimere le proprie pulsioni. Anche in questo caso Todorov
36
Ivi, p. 65.
37
D. Scarborough, The supernatural in the Modern English Finction, New York & London, G. P.
Putnam’s Sons, 1917.
38
P. Penzoldt, The supernatural in Finction, London, Peter Nevill, 1952.
39
R. Caillois, Images, images…Essay sur le rôle et les pouvoirs de l'imaginations, José Corti, Paris, 1966.
40
T. Todorov, La letteratura fantastica, cit., p. 105.
41
Ivi, p. 124.
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si aiuta con la teoria psicoanalitica, per cui i temi del tu coinvolgono le pulsioni e
l’inconscio. Non poteva non rientrare in questa categoria la sfera della sessualità e tutto
ciò che ne consegue: le perversioni sessuali, il diabolico, la crudeltà, la nevrosi. In
quanto caratterizzati da un rapporto attivo tra l’uomo e il mondo, Todorov definisce i
temi del tu anche come temi del discorso, «dato che il linguaggio è, in effetti, la forma
per eccellenza, e l’agente strutturante, della relazione dell’uomo con gli altri»42.
Si è qui voluto presentare in breve la teoria di Todorov che risulta essere la
prima effettivamente valida, nonostante venga pubblicata nel 1970. È da qui che
necessariamente bisogna partire per una trattazione sulle teorie del fantastico, è da
Todorov che ogni studioso parte per elaborare la propria teoria su questo genere. Uno
studio così complesso e allo stesso modo così “strutturalista” solleva molti consensi, ma
soprattutto molte critiche. Per esempio da Rosamary Jackson che la boccia a più riprese
nel suo studio: Il fantastico, la letteratura della trasgressione43. Parte dal concetto che il
fantastico non può essere slegato dal reale poiché ne è la faccia opposta. In questo senso
fa riferimento al saggio di Irene Bessière, Le Récit fantastique: la poetique de
l’incertain44, che sottolinea proprio questo aspetto. Punto primo è che il fantastico
«viene predicato in base alla categoria del reale, e introduce aree che possono essere
concettualizzate soltanto da termini negativi secondo le categorie del realismo del
diciannovesimo secolo: cioè l’impossibile, l’irreale, innominabile…»45.
Il vero centro della teoria di Jackson è quello di considerare il fantastico non
come genere, ma come modo bocciando così la classificazione dei generi che fa
Todorov:
per vedere il fantastico come una forma letteraria, è necessario fare una distinzione
in termini letterari, e lo strano o l’étrange non è uno di questi – non è una categoria
letteraria, mentre il meraviglioso lo è. È forse più utile definire il fantastico come modo
letterario piuttosto che come genere, e collocarlo tra i modi opposti del meraviglioso e del
mimetico. I modi in cui esso opera possono quindi essere compresi attraverso la
combinazione degli elementi di queste forme diverse46.
42
Ivi, p. 144.
43
R. Jackson, Fantasy: The literature of subversion, Methuen, London, 1981, ed. Ita. Il fantastico, la
letteratura della trasgressione, Tullio Pironti Editore, Napoli, 1986.
44
I. Bessière, Le Récit fantastique: la poetique de l’incertain, Larousse, Parigi, 1974.
45
R. Jackson, Il fantastico, la letteratura della trasgressione, cit., p. 24.
46
Ivi, p. 30.
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Il meraviglioso è un modo che scoraggia la partecipazione del lettore anche
perché il narratore è onnisciente. Lettore e protagonista sono in realtà i destinatari degli
avvenimenti che rispondono a modelli precostituiti, nei quali gli effetti dei fatti
straordinari, collocati in un passato molto distante, hanno smesso di sbalordire da
tempo. Opposto al meraviglioso c’è il mimetico, che come si può intuire dal nome
stesso, propone una letteratura che imita la realtà che circonda il lettore.
Tra i due si situa il fantastico che confonde ed amalgama elementi dell’uno e
dell’altro, ci troviamo di fronte ad asserzioni di veridicità su ciò che si sta raccontando,
quindi ad avvenimenti che accadono nella realtà. Ma tali avvenimenti sono
manifestamente irreali, e il lettore, come pure il narratore non capisce cosa stia
succedendo.
C’è una riluttanza nel presentare una versione definitiva della storia, o reale o
irreale che sia. Il fantastico è strutturato su contraddizione e ambivalenza, solleva
questioni sulla natura del reale e dell’irreale, considerando la relazione tra i due il suo
punto centrale. La percezione diventa più confusa e «i segni sono suscettibili di
interpretazioni multiple e contraddittorie, così che i “significati” recedono in modo
definitivo»47. Emerge che nel fantastico il significante non sia più legato al significato,
comincia a fluttuare liberamente. Infatti nella letteratura realista la distanza tra
significante e significato è molto ravvicinata, mentre nella letteratura fantastica non c’è
legame tra i due. «Il fantastico diventa una letteratura di separazione, di discorso senza
un oggetto, adombrando quella esplicita focalizzazione sui problemi dell’attività
significativa della letteratura che si trova nei testi anti-realisti moderni»48.
Di seguito Jackson affronta il problema dei temi, ponendo mano alla
classificazione di Todorov riesce ad elaborarne una meno contraddittoria rispetto a
quella del collega russo:
Incominciando dall’identificazione di Todorov di due gruppi di temi del fantastico,
quelli che trattano dell’«io» e quelli che trattano del «tu», o l’«altro», è possibile vedere due
specie di miti nel fantastico moderno. Nel primo la fonte dell’alterità, della minaccia è nel
sé. Il pericolo si pensa abbia origine dal soggetto stesso, attraverso l’eccessivo sapere, o la
razionalità o l’uso erroneo della volontà umana. Questo modello potrebbe essere
esemplificato da Frankestein […]. Un uso troppo estremo della volontà umana e del
47
Ivi, p. 35.
48
Ivi, p. 37.
- 17 -
pensiero crea una situazione distruttiva, crea i pericolo, i timori, i terrori, che possono
essere neutralizzati soltanto correggendo il «peccato» originale dell’orgoglio, dell’uso
erroneo del sapere umano o della verità scientifica. […]
Nel secondo tipo di mito, la paura ha origine da una fonte esterna al soggetto: il sé
riceve un attacco di un certo tipo che lo rende parte dell’altro. Questo è il tipo di
appropriazione del soggetto che si trova in Dracula e nei racconti di vampirismo: è una
sequenza di invasione, metamorfosi e fusione, in cui una forza estrema entra nel soggetto,
lo cambia in modo irreversibile e abitualmente gli dà il potere di iniziare trasformazioni
simili.49
Allontanandosi da Todorov, Jackson si avvicina e abbraccia la teoria di Freud:
Il fantastico è una letteratura che tenta di creare uno spazio per un discorso diverso
da quello conscio ed è questo che conduce alla sua problematicità della lingua, della parola
nella sua articolazione del desiderio. Le caratteristiche tematiche e formali della letteratura
fantastica vengono determinate in modo simile da questo tentativo (vano) di trovare una
lingua per l’articolazione del desiderio. Focalizzandosi così esclusivamente sugli effetti
strutturali del testo, Todorov elude questi problemi. È soltanto rivolgendosi alla
psicoanalisi, considerando alcuni dei fattori teorici delle strutture del desiderio inconscio,
che quegli effetti narrativi e forme possono essere viste come manifestazioni di problemi
culturali più profondi […]. Lavorando attraverso le teorie del perturbante di Freud verso le
sue teorie della costituzione del soggetto umano, è possibile vedere il fantastico moderno
come una letteratura preoccupata dal desiderio inconscio e di mettere in relazione questo
desiderio con l’ordine culturale, correggendo, perciò, l’omissione dei problemi ideologici di
Todorov.50
Un critica letteraria di tipo psicanalitico quindi, che non offre alcuno sconto di
pena per la teoria di Todorov.
Un altro studio rilevante che si discosta dai precedenti è quello di Rosalba
Campra: Territori della finzione. Il fantastico in letteratura51 che si basa su uno studio
quasi coevo a quello di Todorov di Ana Maria Barrenechea (1972)52. Barrenechea
segnala due livelli semantici del testo fantastico. In primo luogo quello dei componenti
del testo, in cui distingue due sottocategorie: l’esistenza di altri mondi e rapporti
anomali tra elementi del nostro mondo. Il secondo livello comprende la semantica
globale del testo e anche in questo individua due sottocategorie: il gruppo di testi nei
quali l’esistenza di altri mondi non mette in dubbio quella del nostro e il gruppo in cui si
postula la realtà di ciò che inizialmente era stato formulato come immaginario e
viceversa.
49
Ivi, pp. 53-54.
50
Ivi, p. 58.
51
R. Campra, Territori della finzione. Il fantastico in letteratura, Carocci editore, Roma, 2000.
52
A. M. Barrenechea, La expresion de la irrealidad en la obra de Borges, Paidos, Buenos Aires, 1973.
- 18 -
Campra cita questo studio, non molto limpido, perché è attirata dal concetto di
conflitto tra due ordini, cioè quello reale e quello fantastico. Preliminare risulta essere il
concetto di frontiera, che in quanto tale non deve essere superata, ma deve essere
trasgredita nel senso che deve risultare una sovrapposizione dell’ordine realistico e
dell’ordine fantastico. «La natura del fantastico, in quest’ottica, consisterebbe nel
proporre al lettore questo scandalo razionale: non c’è sostituzione di un ordine da parte
di un altro, ma coincidenza»53.
Anche lei propone una classificazione dei temi dividendoli in due classi: la
classe delle categorie sostantive e la classe delle categorie predicative. Della prima
classe si possono identificare i temi a partire dalla situazione di enunciazione: l’io, il
qui, l’adesso. Dei quali è automatico creare le coppie oppositive: io/altro, qui/lì, adesso/
prima. Gli effetti della trasgressione comportano che l’io diventa evanescente, il tempo
non è più irreversibile e lo spazio si dilata. La classe delle categorie predicative
raccoglie quelle che vanno a modificare le sostantive, quindi Campra tra tutti i possibili
attributi che si potevano dare ha ristretto il campo a tre opposizioni: concreto/non
concreto, animato/inanimato, umano/non umano.
In seguito pone l’accento ad un problema che è primario nella letteratura ma che
in quella fantastica lo è a maggior ragione: la verosimiglianza. In primo luogo il lettore
deve essere complice e in qualche modo credere a ciò che avviene nel testo. In secondo
luogo bisogna precisare che il testo realistico non ha alcuna “dimostrazione” da dare, a
differenza del fantastico che deve convalidare come vera la storia irreale che racconta.
Così facendo il testo fantastico è quello che più di tutti è legato alle leggi della
verosimiglianza. La verosimiglianza del fantastico non è regolata dalle leggi della realtà
o dell’opinione pubblica, ma dalle particolari leggi che il genere fantastico le impone.
La contraddizione sta nel fatto che il fantastico propone avvenimenti che non sono
pensabili nella realtà in cui viviamo e definendoli incredibili ne sottolinea la veridicità.
Campra afferma che esistono due tipi di realtà: quella vera, esterna, e quella sensoriale
che in molte occasioni entrano in conflitto creando discrepanza e di conseguenza il
dubbio.
Il dubbio di trovarsi di fronte a un avvenimento reale o al frutto della propria
53
Ivi, p. 22.
- 19 -
immaginazione, è favorito dall’affermazione di realtà da parte di un soggetto tra lettore,
personaggi e narratore. Campra fornisce tutta la casistica delle combinazioni che
possono intercorrere54, ma solo una è la creatrice del fantastico ovvero quando è
solamente il personaggio che avvalora la veridicità del racconto.
Un elemento che la studiosa indica come importante per il fantastico è il
silenzio; il perché è intuibile. Se non vengono date spiegazioni agli eventi, né implicite
né esplicite, la pretesa di realtà viene a trovarsi in bilico e cede. Di conseguenza Campra
suddivide i testi in racconti paradigmatici e in racconti sintagmatici. Nel primo gruppo
rientrano i racconti che forniscono una motivazione che è data da paradigmi già
preesistenti, ovvero esterni al testo. Mentre i racconti sintagmatici comportano che i
paradigmi della spiegazione dell’avvenimento siano forniti all’interno del testo stesso, i
racconti di questo tipo fanno capo al genere fantastico.
In conclusione la studiosa riassume così la propria teoria:
seguendo un ragionamento in negativo penso che sia possibile dire che non esiste
testo al quale applichiamo l’etichetta di “fantastico” che non presenti una trasgressione di
ciò che viene dato come “naturale”: sia a livello semantico (come superamento delle
barriere tra due ordini della realtà); sia a livello sintattico (some sfalsamento o mancanza di
funzioni in senso lato); sia a livello verbale (come negazione dell’arbitrarietà del segno e di
conseguenza come azione del significante sul significato). […] il fantastico non è un tema a
sé ma si definisce stagliandosi contro qualcosa. La contrapposizione diventa segno di
identità.55
Un altro autore che ha rivolto l’attenzione nei confronti della verosimiglianza è
Neuro Bonifazi56. Il concetto di verosimiglianza è insito in tutta la letteratura, è l’anima
di ogni finzione artistica, ma la particolarità del fantastico è che prende l’inverosimile
per tema e cerca di dimostrarne la verosimiglianza. Quindi si può affermare che il
racconto fantastico ha due necessità e due livelli di narrazione. Un primo livello di
narrazione propone l’inverosimile dove il caso o l’errore introducono l’incredibile e il
bizzarro e cerca di calcare maggiormente sui segni meravigliosi e misteriosi usando un
linguaggio indefinito e strano. Un secondo livello è quello del verosimile che favorisce
l’identificazione tra scrittore, testo e lettore insistendo di conseguenza sui particolari
54
Ivi, pp. 64-65.
55
Ivi, p. 137.
56
N. Bonifazi, Teoria del fantastico, e il racconto fantastico in Italia: Tarchetti – Pirandello – Buzzati,
Longo Editore, Ravenna, 1982.
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descrittivi, realistici e sulle connessioni logiche.
Bonifazi passa ad esaminare le teorie che precedono la sua: quella di Freud e di
Todorov, di cui abbiamo già avuto modo di discorrere, e quella di Sartre. Secondo
quest’ultimo il fantastico offre l’immagine rovesciata dell’unione dell’anima e del
corpo, è in breve il mondo alla rovescia.
Ma Bonifazi elaborando la propria teoria prende le distanze soprattutto da
Todorov: il fantastico non è l’esitazione, ma «il contrasto nel testo tra l’inverosimile e il
verosimile, tra chi sostiene l’assurdità e chi la veridicità dei fatti, tra le motivazioni degli
uni e il rifiuto scettico degli altri, contrasto che è però già risolto dall’inizio in favore del
verosimile fantastico, sia che la sua vittoria sia esplicita, sia che rimanga implicita»57.
L’azione fantastica è prodotta da fenomeni come il caso fatale, la combinazione
strana, la coincidenza bizzarra e l’errore involontario. Tutti questi meccanismi sono
mossi da una forza misteriosa che sostituisce il processo di causalità razionale58.
Bonifazi inoltre nota come il discorso fantastico sia tra i più normalizzati e stilizzati e
che alla base di questo c’è uno scivolamento dei significati «da un significato proprio e
irreversibile a un significato doppio, oppositivo, reversibile, verosimile – inverosimile,
possibile – impossibile, visibile – invisibile, ecc.»59.
Lo scopo del fantastico non è dare informazioni ma fornire dimostrazioni di
avvenimenti inspiegabili. Quindi una funzione che non ha nulla a che fare con il
pedagogico, ma che invece è più legata allo spettacolare e allo stravagante.
Quindi abbiamo, sia per Campra che per Bonifazi, un interesse particolare al
tema della conflittualità tra il livello realistico e il livello fantastico del racconto,
conflittualità che in Todorov non è concepita ma è più che altro sentita come esitazione.
Per Jackson invece il fantastico è la trasgressione, l’opposto, l’altra faccia del reale.
Un altro studio italiano, che però non è soddisfacente come questi esposti è
quello di Remo Ceserani60. Dopo aver fornito una lettura generale dei vari studi che si
sono susseguiti nel tempo, egli si limita a stilare un elenco di procedimenti prima e di
sistemi tematici poi, che a suo avviso caratterizzano il fantastico.
57
Ivi, p. 57.
58
Ivi, p. 55.
59
Ivi, p. 75.
60
R. Ceserani, Il fantastico, Il Mulino, Bologna, 1996.
- 21 -
Procedimenti narrativi e retorici:
1. la messa in rilievo dei procedimenti narrativi nel corpo stesso della
narrazione;
2. la narrazione in prima persona;
3. un forte interesse per le capacità proiettive e creative del linguaggio;
4. coinvolgimento del lettore: sorpresa, terrore, umorismo;
5. passaggi di soglia e di frontiera;
6. l’oggetto mediatore;
7. l’ellissi;
8. la teatralità;
9. la figuratività;
10. il dettaglio.
Sistemi tematici:
II. la notte, il buio, il mondo oscuro, l’inferno;
III. la vita dei morti;
IV. l’individuo, soggetto forte della modernità;
V. la follia;
VI. il doppio;
VII. l’apparizione dell’alieno, del mostruoso, dell’inconoscibile;
VIII. l’eros, le frustrazioni e l’amore romantico;
IX. il nulla.61
Queste sono in breve alcune delle teorie che nel Novecento hanno cercato di
codificare il genere fantastico. Queste teorie saranno particolarmente utili per cercare di
comprendere maggiormente la struttura, i temi e i confini del "realismo magico". Alcune
caratteristiche del "realismo magico", infatti, rientrano tra quelle esplicitate dagli
studiosi qui sopra citati, sarà nostro compito chiarirle e spiegarle.
61
Ivi, cap. III.
- 22 -
I. 2. IL SURREALISMO
Negli anni in cui Bontempelli stava formulando la propria teoria di "realismo
magico", in Francia avveniva la concretizzazione del Surrealismo grazie al manifesto
redatto da Andrè Breton. Il primo Manifeste du Surrèalisme62 vede la luce nel 1924
edito da Simon Kra, il volume comprendeva anche il testo Poisson soluble, un testo
“automatico” che forniva un esempio diretto dei procedimenti illustrati nel manifesto.
In realtà i manifesti del Surrealismo concentrano delle idee che non si limitano
solo al campo artistico–letterario ma tendono ad articolare una contestazione alla
tradizione che raggiunge campi extra letterari, ideologici, etici, politici. È proprio a
causa di questo ampio bacino di azione che i surrealisti sentono il bisogno di un
sostegno che abbia qualche valenza storica; lo trovano nel marxismo e nel partito
comunista. L’esperienza politica del Surrealismo inizia dopo il primo manifesto, cioè tra
1925 e 1926, e non è del tutto privo di episodi polemici.
L’apporto di Breton è fondamentale, da «piccolo duce» promuove il Surrealismo
sulle ceneri del Dadaismo e delle altre avanguardie precedenti. Breton «portava
nell’avanguardia una mentalità teoretica e sperimentale, non solo di saggista letterario
ma anche un «ricercatore», per via psicanalitica ipnotica spiritica psichiatrica, per
mezzo di droghe ecc., oltre che mediante la riflessione di philosophe brillante»63.
Breton inizia il primo manifesto accusando l’uomo moderno di essere
materialista, di fare «a stento il giro degli oggetti di cui è portato a fare uso»64. Per
superare questa situazione l’uomo deve riappropriarsi dell’infanzia e non avere paura
della follia poiché sono gli unici stati realmente liberi che gli sono concessi. In realtà il
“processo al materialismo”, come è chiamato dall’autore, è alla fine ricondotto ad una
«felice reazione contro certe irrisorie tendenze dello spiritualismo»65. Più importante è il
“processo al realismo”:
62
A. Breton, Manifesti del Surrealismo, Einaudi, Torino, 1999.
63
G. Grana, L’universo surrealista, in Id., Letteratura italiana. 900. Le avanguardie letterarie. Cultura
politica scienza e arte dalla Scapigliatura alla Neo-avanguardia attraverso il Fascismo, vol. 2,
Marzorati, Milano, 1986, p. 452.
64
A. Breton, Manifesti del Surrealismo, cit., p. 11.
65
Ivi, p. 13.
- 23 -
l’atteggiamento realista, che si ispira al positivismo, da san Tommaso ad Anatole
France, mi sembra davvero avverso a qualsiasi slancio intellettuale e morale. Ne ho orrore,
perché è fatto di mediocrità, di odio, di piatta sufficienza. È da tale atteggiamento che
derivano tutti questi libri ridicoli, queste commedie insultanti.66
Breton fa riferimento ad un tipo di letteratura realista naturalista già morta da
trent’anni67, uccisa dal Simbolismo e dal Futurismo. La sua accusa non lascia vie
d’uscita, critica aspramente gli esordi classici del romanzo del tipo “la marchesa uscì
alle cinque” sottolineando che «niente è paragonabile al nulla delle descrizioni»68. Per
combattere il descrittivismo imperante nei romanzi che hanno ancora sapore
ottocentesco, Breton prende spunto dalle teorie freudiane che da qualche anno
analizzavano il sogno: «Molto opportunamente Freud ha concentrato la propria critica
sul sogno. È inammissibile, infatti, che su questa parte importante dell’attività psichica
[…] ci si sia soffermati ancora così poco».69 Il sogno viene ad essere lo spazio prediletto
dal Surrealismo, la fusione tra sogno e realtà è quello a cui Breton tende: una
surrealtà70.
In campo letterario egli sottolinea l’importanza del meraviglioso71 quale unico
genere capace di «fecondare» il romanzo; ne ha una prova mirabile ne Il monaco di
Lewis poiché «non fa che esaltare dal principio alla fine, e nel modo più puro, quanto
nello spirito aspira a lasciare il suolo»72. La nota a piè di pagina che Breton pone a
questo punto è emblematica del paradosso del Surrealismo: «la cosa mirabile, nel
fantastico, è che non c’è più fantastico: non c’è che la realtà»73. Ovvero arriva al punto
estremo: l’occupazione e la sostituzione della fantasia in luogo della reale.
Breton immagina un castello, una specie di arcadia, che «non è necessariamente
mezzo diroccato» e che è di proprietà dell’autore stesso. In questo luogo vi accedono i
suoi amici, poeti, scrittori, pittori. Ma questa è una realtà o una «menzogna poetica»?
Breton risponde in modo enigmatico: «viviamo proprio a nostra fantasia, quando ci
66
Ibidem.
67
G. Grana, L’universo surrealista, cit., p. 453.
68
A. Breton, cit., p. 14.
69
Ivi, p. 17.
70
Ivi, p. 20.
71
«[I]l meraviglioso è sempre bello, qualsiasi meravigliso è bello, anzi non c’è niente di più bello che il
meraviglioso». Ibidem.
72
Ivi, p. 21.
73
Ivi, nota p. 21.
- 24 -
siamo»74. Ci troviamo a un passo dalla definizione di una poetica, la spinta finale è
offerta da una riflessione sulle parole di Pierre Reverdy:
L’immagine è una creazione pura dello spirito.
Non può nascere da un paragone, ma dall’accostamento di due realtà più o meno
distanti.
Più i rapporti delle due realtà accostate saranno lontani e giusti, più l’immagine
sarà forte – e più grande sarà la sua potenza emotiva e la sua realtà poetica… ecc.75
E di seguito Breton commenta:
Queste parole, per quanto sibilline per i profani, erano fortemente rivelatrici, e le
meditai a lungo. Ma l’immagine mi sfuggiva. L’estetica di Reverdy, estetica tutta a
posteriori, mi faceva scambiare gli effetti per cause. Proprio in questo frattempo, fui indotto
a rinunciare completamente al mio punto di vista.76
Breton rinuncia al proprio punto di vista e lascia che l’immagine venga prodotta
nella condizione di massima libertà dello spirito. Così, «permeato di Freud», rintraccia
nel «monologo proferito il più rapidamente possibile, sul quale lo spirito critico del
soggetto non eserciti alcun giudizio»77, esercizio che egli stesso usava per curare i
malati di mente in tempo di guerra, la forma primaria per esprimere la surrealtà.
Breton afferma che «la velocità del pensiero non è superiore a quella della
parola»78 e in conseguenza di questa convinzione propone a Philippe Soupault la
creazione di testi prodotti seguendo questa libertà totale del pensiero. Il pensiero
parlato si concretizza nell’opera Poisson Soluble, allegato al primo manifesto.
Tracciate le basi filosofiche nonché tecniche del nuovo movimento, è necessario
dargli un nome:
In omaggio a Guillaume Apollinaire, che era morto da poco e che, in varie
occasioni, ci era parso obbedire a un impulso del genere, senza tuttavia avervi sacrificato
certe mediocri risorse letterarie, Soupault e io designammo con nome di SURREALISMO il
nuovo modo di espressione pura che avevamo a nostra disposizione, e che eravamo
impazienti di trasmettere ai nostri amici. […] Avremmo potuto impadronirci della parola
SUPERNATURALISMO usata da Gérard de Nerval nella dedica delle Filles du Feu. A quanto pare,
infatti, Nerval possedette a meraviglia lo spirito cui noi intendiamo riferirci, mentre
74
Ivi, p. 23.
75
Ivi, pp. 25-26.
76
Ivi, p. 26.
77
Ivi, p. 27.
78
Ivi, p. 28.
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