5in Italia sono molto richiesti da aziende, agenzie di viaggio, agenzie di stam-
pa e giornalistiche, ma scarseggiano terribilmente.
‘Nel 2003 gli studenti cinesi erano meno di seicento, un’inezia rispetto
alle decine di migliaia presenti in altri paesi europei, per non parlare
degli Stati Uniti. Per compensare questo vuoto strutturale si sono fatti
dei passi, ma ancora una volta dei passi non strutturali. Si sono messe
delle pezze, ma non e` stato affrontato il problema principale: le univer-
sita` non hanno incentivi, quindi non sono interessate ad avere un nu-
mero maggiore di studenti cinesi. [...] Il problema non e` stato affronta-
to perche´ tocca molti nervi scoperti del nostro sistema dell’istruzione; e
ancora una volta dimostra la strettissima interdipendenza di questioni
interne e internazionali. Per arricchirsi [e per stare al passo coi tem-
pi] l’Italia deve andare in Cina; ma per farlo ha bisogno di cinesi che
conoscano l’Italia; ma perche` cio` accada occorre modificare il sistema
di istruzione universitaria2.’
Dei passi si sono fatti, certo: ad esempio l’accordo firmato nel 2005 tra
Italia e Cina per il riconoscimento dei titoli di studio superiori; oppure la
prima istituzione, al Politecnico di Torino come in altre citta` italiane, di
corsi di laurea appositi per studenti stranieri. Di sicuro la strada da fare e`
ancora molta, e richiede soprattutto una piu` generale svolta della politica es-
tera italiana verso l’incentivazione dell’immigrazione di alto livello (‘skilled’)
rispetto all’attuale manodopera senza alcuna formazione (‘unskilled’).
Questo porterebbe dei generali benefici all’Italia, che avrebbe a disposizione
persone competenti per i rapporti, politici come economici e culturali, con
l’estero; gli italiani comincerebbero a percepire una figura del migrante diver-
sa, degna di rispetto e ammirazione, non solo di carita`, e questo gioverebbe in
generale a una convivenza pacifica e costruttiva nel nostro paese tra naziona-
lita` diverse. Chissa`, forse consentirebbe anche uno sblocco, auspicato da
anni, della politica migratoria dai topos della retorica politica, che ne im-
pantanano a oggi i possibili sviluppi piu` innovativi e realistici.
L’idea di svolgere questo lavoro sui cinesi di seconda generazione a Torino
2F.Scisci, Chi ha paura della Cina, cit., p.89.
6e` nata dal mio forte interesse personale per la Sociologia delle Migrazioni e
dalla consapevolezza che il futuro della disciplina e della storia stesse puntan-
do decisamente verso il tema sempre piu` rilevante delle cosiddette ‘seconde
generazioni’, verso le problematiche e le novita` che la loro evoluzione pre-
senta. Specialmente in un paese di recente immigrazione come l’Italia.
In secondo luogo, la scelta di restringere ancor di piu` l’ambito di interesse
alla nazionalita` cinese e` dovuta alla spunto datomi dalla lettura di questa
frase, sullo stato della ricerca in Italia:
’...brillano alcune assenze, una in particolare: l’Asia. Cinesi, filippini,
srilankesi, indiani, pakistani sono tutte nazionalita` con una diffusione
marcata in Italia. I primi in particolare sono presenti da molto tempo, e
mostrano concentrazioni territoriali forti che li rendono migrazioni ben
consolidate. Eppure esse risultano nel complesso assai poco studiate,
come mostra la rarita` di studi su di esse...3’
Unita alle evidenti particolarita` di questo gruppo nazionale, come il para-
dosso del buon inserimento economico e dei minimali livelli di inserimento
sociale, questa frase defin`ı un’altra parte del mio oggetto di studio.
Infine la scelta piu` ovvia, ovvero quella di svolgere un esercizio di ricerca a
Torino, capoluogo con la piu` elevata presenza nella mia regione di immigrati
cinesi.
Per quanto riguarda la decisione di utilizzare il metodo qualitativo, e in par-
ticolare la tecnica dell’intervista discorsiva, ho ritenuto che fosse il modo piu`
adatto per non spaventare i ragazzi con un’approccio formale (ad esempio
un questionario) e per saggiare le loro opinioni ed esperienze in maniera piu`
approfondita e soggettiva. Oltretutto e` servito per calarmi per la prima vol-
ta nei panni del sociologo di professione, provando sulla mia pelle quanto sia
difficile condurre una buona intervista, e le mille insidie che si nascondono
dietro a ogni parola.
Ho poi deciso di selezionare un ‘range’ d’eta`, che andasse dai 19 ai 25 anni,
entro cui racchiudere i diversi casi. Quel periodo della vita mi sembra in-
fatti particolarmente ricco di fermenti e decisioni cruciali per il futuro della
persona: la maggiore eta`, con il conseguente allargamento della propria
3A.Colombo e G.Sciortino, a cura di, Assimilati ed esclusi, il Mulino, Bologna, 2002,
p.16
7prospettiva sul mondo; la fine della scuola superiore e la scelta tra il lavoro
o la continuazione degli studi universitari, tra le proprie aspirazioni e i pro-
pri sogni... Per i giovani figli di immigrati, per di piu`, e` il momento in cui
si comincia a selezionare con piu` decisione i valori da seguire nella vita e
gli obiettivi a cui tendere, sempre meno influenzati dalla famiglia, a volte
incalzati a risolvere la tensione identitaria anche dalla conquistata cittadi-
nanza e dal conseguente diritto di voto (nel caso si sia nati in Italia).
I primi due capitoli di questo testo sono dedicati a un inquadramento teorico-
storico degli argomenti chiamati in causa: la migrazione cinese, la questione
delle seconde generazioni. Naturalmente ho trattato solo i punti che mi
interessavano di piu`, e comunque in modo non esaustivo: per eventuali ap-
profondimenti rimando ai libri citati a pie` di pagina.
Il terzo capitolo cerca invece di descrivere, soprattutto attraverso dati sta-
tistici, la comunita` cinese di Torino e la sua dislocazione occupazionale,
scolastica, ecc.
I commenti e le riflessioni sulle interviste da me condotte si trovano nel
quarto capitolo, e aiuteranno a conoscere meglio, oltre che la situazione dei
giovani cinesi di seconda generazione a Torino, anche la comunita` cittadina
descritta attraverso le loro parole.
Infine un piccolo approfondimento su Associna, un sito che cerca di riu-
nire le seconde generazioni italo-cinesi sul web, discutendo dei loro problemi
ed esigenze e tentando di dare una maggiore eco alla loro voce nella so-
cieta`. Un interessante esperimento che mostra come sia possibile anche da
noi l’espressione seria di una coscienza di gruppo delle seconde generazioni
immigrate.
Capitolo 1
La migrazione cinese
all’estero.
1.1 La situazione in Cina.
Il punto di svolta della storia recente della Cina e` stato il 1979, con il nuovo
corso di Deng Xiaoping e l’abbandono della prospettiva maoista. Il gover-
no da allora si e` mosso sempre piu` esplicitamente verso la costituzione di
un’economia di mercato.
Inoltre, dopo ben trent’anni di blocco delle migrazioni sia interne sia esterne
a seguito della costituzione della Repubblica Popolare Cinese (nel 1949), la
popolazione ha ricominciato a circolare dalla campagna verso le grandi citta`
e verso l’estero. La politica migratoria del nuovo governo, che ha cercato di
indirizzare i flussi interni verso piccole e medie citta` per un maggior equi-
librio, e di controllare quelli esterni tramite ‘contratti’ con i paesi riceventi,
non ha avuto tuttavia la stessa efficacia coercitiva dell’epoca maoista e lascia
intravedere sotto i piccoli numeri delle statistiche ufficiali un ben piu` alto
volume di traffico effettivo 1.
Nell’immenso territorio cinese, tuttavia, alcune aree piu` di altre sono da
lungo tempo fonti di consistenti flussi verso l’estero. Il nostro interesse si
1G.Campani, La diaspora cinese nel nuovo contesto delle migrazioni internazionali, in
G.Campani, F.Carchedi e A.Tassinari (a cura di), L’immigrazione silenziosa. Le comunita`
cinesi in Italia, Fondazione Giovanni Agnelli, Torino, 1994, pp.21-22.
8
CAPITOLO 1. LA MIGRAZIONE CINESE ALL’ESTERO. 9
concentra in particolare su queste zone, per capire il motivo di quella che
sembra apparentemente una grande fuga, ma che e` in realta` il risultato di
una gamma di opportunita` piu` vasta.
Xiang Biao2 traccia un’accurata genesi storica della peculiarita` di queste
aree, (specialmente dal punto di vista economico) che e` all’origine dei loro
alti tassi di emigrazione. Durante il periodo maoista le aree di confine
rappresentavano la linea di frattura tra il mondo ‘socialista’ e quello ‘capi-
talista’, oltre che essere zone vulnerabili a possibili attacchi nemici, special-
mente dal Kuomingtang di Taiwan. Per questi motivi il governo non invest`ı
per lo svilppo economico di province come lo Zhejiang e il Fujian (vicine
a Taiwan), causandone l’impoverimento ma anche abituandole a poche in-
terferenze amministrative dal centro. Questa relativa autonomia di fatto
venne ufficialmente incentivata con la fine della Rivoluzione Culturale e la
creazione, nel 1979, di quattro zone economiche speciali proprio nel sud-
est del paese. Nel 1984 segu`ı l’apertura di quattordici citta` costiere all’in-
vestimento estero: in queste citta`3 l’iniziativa privata commerciale con altri
paesi era incoraggiata e beneficiava di poche interferenze burocratiche da
Pechino. Tutte le maggiori aree di emigrazione cinese sono proprio vicine a
queste citta` costiere, e le ragioni sono diverse: il debole controllo governativo
facilita l’emigrazione, e la lunga tradizione migratoria ha creato nel tempo
reti espanse e sicure a cui affidarsi; inoltre e` piu` facile muovere capitali tra
luoghi d’arrivo e di partenza (e questo aiuta l’iniziativa economica dei mi-
granti, verso qualsiasi delle due direzioni voglia rivolgersi).
Questi sono i maggiori fattori di spinta locali alla base della decisione di
emigrare. Senza pretese di esaustivita`, nel paragrafo sull’Italia4 trattero` su-
cessivamente di alcuni fattori di attrazione verso il nostro paese, lasciando
al capitolo di breve ricerca personale la riflessione, pure indispensabile, sulle
variabili micro e meso.
2Xiang Biao, Emigration from China: a sending country perspective, in International
Migration, vol.41 , September 2003, p.24.
3Tra cui Wenzhou, nella provincia dello Zhejiang, dalla cui municipalita` proviene buona
parte dei cinesi oggi a Torino.
4cfr. paragrafo 1.4 L’italia.
CAPITOLO 1. LA MIGRAZIONE CINESE ALL’ESTERO. 10
Purtroppo la maggior parte della letteratura disponibile sul controllo
delle migrazioni e` focalizzata sui paesi riceventi. Con poche eccezioni, e` sta-
ta prestata poca attenzione alle politiche di controllo migratorio nei paesi
d’origine. E’opportuno quindi fare un cenno, sempre seguendo Xiang Biao5,
ai trend piu` recenti della politica migratoria cinese, che possono essere sin-
tetizzati nei seguenti quattro punti:
- Il controllo dei passaporti e` sempre piu` basato sul riconoscimento dei
diritti individuali dei cittadini. Il governo a quanto sembra vuole
trasformare la gestione dell’emigrazione da materia di ‘controllo’ ad
area di ‘assistenza/servizio’6. Questo implica una liberta` senza prece-
denti per i cittadini cinesi.
- L’emigrazione dalla Cina e` sempre piu` istituzionalizzata, e avviene
attraverso varie agenzie speciali di intermediazione. Il governo ne
riconosce il ruolo e ha emanato una serie di norme per regolarne
l’attivita`7.
- Tuttavia le misure non sono ben bilanciate. Il governo ha incoraggia-
to l’emigrazione e il ritorno di alto profilo culturale (‘skilled’) ma ha
prestato poca attenzione all’esportazione di manodopera non qualifi-
cata.
- Un triplice legame si sta rafforzando: tra le autorita` cinesi e le co-
munita` emigrate all’estero, e tra queste ultime e i governi dei paesi
riceventi. E’ un avvenimento molto importante, che puo` portare a
una proficua collaborazione reciproca su molte problematiche, tra cui
proprio quella della gestione delle migrazioni. Ma ci vuole ancora
tempo perche` questo avvenga.
5Xiang Biao, Emigration from China: a sending country perspective, cit., p.37.
6Come dichiarato alla ‘National Conference on Exit-Entry Administration’, 2001, a
Pechino.
7Ad esempio si sono moltiplicate in questi ultimi anni le agenzie di reclutamento stu-
dentesco: ‘More than 160 institutions from 22 countries recently took part in the China
International Higher Education Exhibition Tour’( ‘People’s Daily’, 2001). Su questo tema
vedi anche F.Laczko, Understanding migration between China and Europe, in International
Migration, vol.41, 2003, p.12.
CAPITOLO 1. LA MIGRAZIONE CINESE ALL’ESTERO. 11
Anche da questi brevi cenni si nota che ‘Study abroad is one of the four
main reasons for Chinese emigrating8’: la difficolta` di far studiare i figli in
Cina9 e le maggiori possibilita` di lavoro qualificato all’estero si combinano.
Come entrano nei paesi di emigrazione i cinesi? Come la maggior parte
degli immigrati provenienti da altri paesi: legalmente.
‘The MPS10 reports that the majority of Chinese go abroad with legal
documents, either for tourism, to visit relatives, study, or to work/do
business. Many return, but a large, indeterminate number overstay
their visas 11.’
1.2 Cronologia dell’emigrazione cinese
verso l’estero.
Date queste premesse di ordine generale, una breve cronologia dell’emi-
grazione cinese verso l’estero negli ultimi due secoli puo` essere opportuna
perche` ci permette di capire quanto cambino nel tempo le motivazioni, la
composizione e la meta dei flussi.
Non va dimenticato, anche se in questo lavoro l’attenzione e` focalizzata sul
mondo occidentale, che l’area che ha sempre attratto storicamente (e an-
cora attrae) la maggior parte dell’emigrazione cinese e` quella Asiatica: ad
esempio, all’inizio degli anni ’90 i cinesi all’estero si trovavano per l’83,5%
nelle altre nazioni asiatiche (in particolare Indonesia), e solo per il 12,5%
nelle Americhe, mentre l’Europa raggiungeva appena il 2,2% del totale12.
La situazione da allora e` in parte cambiata, e le percentuali relative alle
Americhe e all’Europa sono cresciute considerevolmente, senza riuscire pero`
8
I.Omelaniuk, Best practices to manage migration: China, in International Migration,
vol.43, 2005, p.193.
9Su questo tema vedi F.Scisci,Chi ha paura della Cina, cit., pp.176-183.
10Chinese Ministry of Public Security.
11
I.Omelaniuk, Best practices to manage migration: China, cit., p.190.
12Secondo lo studio di Live (si veda G.Campani, La diaspora cinese nel nuovo contesto
delle migrazioni internazionali, cit., p.13).
CAPITOLO 1. LA MIGRAZIONE CINESE ALL’ESTERO. 12
a scalzare dal primo posto l’Asia.
Questa cronologia e` tratta da un saggio di Giovanna Campani13:
• Nel XIX secolo la migrazione cinese si e` principalmente diretta (al di la`
dello storico sbocco del Sudest Asiatico) verso le Americhe, in quanto
vi necessitavano contingenti importanti di manodopera non qualificata
e a basso salario. I cinesi erano impiegati soprattutto nelle miniere e
nella costruzione della ferrovia transamericana. Proprio l’accettazione
di condizioni di lavoro difficili e malpagate porto` pero` in California al
conflitto con i lavoratori autoctoni e alla conseguente messa in atto di
politiche di stop: la Legge d’Esclusione Cinese (1882), durata fino alla
Seconda Guerra Mondiale, ridusse rapidamente i flussi in ingresso e
diede forma alle Chinatown d’America (luoghi segreti e chiusi proprio
in conseguenza delle pressioni ostili della popolazione locale).
• Dal 1850 circa anche l’Australia, con l’inizio della corsa all’oro, attrae
manodopera cinese per il lavoro nelle miniere. Ma gia` dal 1880 in-
troduce anch’essa politiche restrittive e di regolazione degli ingressi,
che si protrarrano, anche in questo caso, fin dopo la Seconda Guerra
Mondiale.
• L’Europa rimane una destinazione marginale per i migranti cinesi fino
alla Prima Guerra Mondiale, quando un gran numero di lavoratori,
originari della provincia dello Zhejiang, vengono reclutati dalle forze
alleate per lavorare nelle fabbriche e soprattutto per scavare le trincee
sulla frontiera nord, tra la Francia e le Fiandre. Alla fine della guerra
sarebbero tutti obbligati a tornare in Cina, ma alcune migliaia di loro
rimangono in Francia.
L’attivita` economica a cui si dedicano in un primo momento, il com-
mercio ambulante, favorisce la dispersione. Nel periodo tra le due
guerre piccole comunita` si costituiscono cos`ı nelle grandi citta` eu-
ropee, e nel secondo dopoguerra saranno punti di riferimento per i
flussi migratori provenienti dallo Zejiang.
13G.Campani, La diaspora cinese nel nuovo contesto delle migrazioni internazionali,
cit., pp.15-18.