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massa, come li conosciamo oggi. Strumenti in grado di far partecipare un numero enorme di
persone ad eventi che si svolgono in luoghi magari lontanissimi, riprendendo le immagini,
trasmettendo le voci, in poche parole trasportando l’evento dinanzi agli occhi del pubblico
desiderato. Un’opportunità formidabile per qualunque forma di governo e di controllo politico.
L’occasione più importante risiede nell’obiettivo di utilizzare i media in modo da poter offrire
al pubblico l’immagine che di sé si vuole dare, falsando la realtà se necessario, proiettando
bianco quando l’evento è nero. Per creare, in tal modo, un complesso sistema di
rappresentazione del potere e un rapporto “fiduciario” altrettanto complesso tra l’autore della
cronaca e i suoi fruitori. Creare, in poche parole, un’immaginazione sociale efficace, per
infondere tranquillità e un determinato sistema di valori nelle coscienze di un popolo.
“Ogni società produce un sistema di rappresentazioni che legittima tanto l’ordine stabilito
quanto le attività dirette contro di esso. Tra queste rappresentazioni un posto a parte è
occupato dai simboli e dalle immagini, veicolate sia dal linguaggio, sia dalle arti. Vi sono
pertanto utopie che mostrano delle società perfette, escatologie che presentano delle immagini
della fine del mondo; anche le ideologie, in particolare gli etnocentrismi, mettono in opera
sistemi d’immagini. Si possono trovare immagini sia come espressione formale di contenuti
della propaganda di cui si valgono lo Stato o i partiti politici, sia nei vari tipi di
rappresentazione che le nazioni, i gruppi e le classi sociali, i seguaci di una religione o di una
credenza danno tanto di sé quanto degli altri. Questo ruolo delle immagini si manifesta
soprattutto nelle situazioni di crisi sociale e in particolare durante le rivoluzioni che si
accompagnano sempre ad un’esplosione dell’immaginazione sociale che porta a mutamenti
delle istituzioni”
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La definizione di Bronislaw Baczko ci offre nel dettaglio la spiegazione di quel difficile
risultato politico da raggiungere che è la propaganda rivolta al consenso delle masse. È
possibile affermare che ogni popolo ha sempre avuto una propria “immaginazione”, ma è solo
da un determinato momento storico che essa ha raggiunto lo status di “sociale”, ovvero quando
ha integrato i desideri di popolazioni lontane, unificando regioni diverse sotto un’unica
bandiera e venendo incontro alle esigenze del governo centrale. Se l’immaginazione è divenuta
“sociale”, è stato frutto di un processo lungo, violento e difficile, che ha portato nei secoli il
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Bronislaw Baczko, Immaginazione Sociale, in Enciclopedia, Milano, Giulio Einaudi Editore, 1980, Vol. 7, pag.
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potere politico dei moderni Stati nazionali a prendere confidenza con gli strumenti di controllo
delle masse, con lo scopo di affermare il loro potere, non solo imponendolo con la forza, ma
altresì infondendo nel popolo stesso ideologie e convinzioni profonde sulla politica attuata dal
regime.
L’ immaginazione, in qualità di pensiero, di idea politica, di eredità dell’illuminismo, con il
tempo è divenuta sempre più accessibile alle masse e idealizzata per esse. L’intellighenzia
politica dei Circoli d’èlite, che durante la Rivoluzione Francese si lasciò travolgere inerme
dalla brutalità della violenza popolare, ha acquistato nel corso dei decenni successivi maggiore
dimestichezza con la cruda spinta rivoluzionaria delle masse. Nasceva quindi la pressante
esigenza di “addomesticare” il popolo, e successivamente sviluppare in esso una coscienza
politica forte, rispondente in tutto e per tutto alla politica adottata dal regime di turno e/o dalle
forze antagoniste ad esso. E nemmeno si può affermare che la lotta non si sia sempre
combattuta a colpi di simboli, dell’una e dell’altra fazione politica. Cos’altro furono la presa
della Bastiglia e la distruzione della Reggia di Versailles, se non gli eventi più clamorosi del
contrasto all’ancien régime? Anch’essi simboli, tramandati nella memoria collettiva per
sintetizzare un evento storico, ma soprattutto un evento politico, un evento che tramuta
l’ideologia nella premessa e nella giustificazione dell’azione.
Lo scopo dei màitres a penser dell’ideologia era chiarissimo: incanalare la forza rivoluzionaria
in un pensiero politico organizzato, definito da un programma con fini precisi. Questi i tratti
salienti della nascita delle ideologie, teorizzata attorno al 1850 nei termini che oggi
conosciamo. Con l’avvento della nuova classe operaia si pone il problema di produrre una
nuova immaginazione sociale, di tendenza socialista, che risponda alle esigenze del nuovo
proletariato industriale. Un’analisi di questo genere non può dunque non tenere in debito conto
il contributo di Karl Marx alla creazione di nuovi immaginari sociali di impronta socialista. Il
suo pensiero si strutturò principalmente in due fasi: l’elaborazione di un nuovo schema
interpretativo dell’ideologia e, successivamente, lo studio dei casi concreti cui lo schema va
applicato.
L’ideologia marxista, nell’esprimere gli interessi e le esigenze di una determinata classe
sociale, deformava i reali rapporti tra le classi stesse, creando il presupposto del conflitto
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interclassista. È per questo che ogni classe sociale è allo stesso tempo produttrice e prigioniera
della propria ideologia.
L’elemento innovativo della nascita della classe operaia è il suo lottare contro l’ideologia
borghese e mettere a nudo i difetti endemici del sistema di produzione capitalistico. Per Marx,
la sua teoria, che esprimeva gli interessi del proletariato e combatteva l’ideologia borghese,
non era un’ideologia anch’essa, ma bensì una critica alle ideologie preesistenti. Non a caso
l’obiettivo finale del marxismo doveva essere il sovvertimento dell’ordine capitalistico allo
scopo di creare una società senza Stato e, soprattutto, senza ideologie. Questo perché il
proletariato marxista non avrebbe avuto bisogno di travestirsi sotto un manto di simbolismi,
per mantenere con orgoglio la propria autenticità di classe sociale bistrattata e sinceramente
rivoluzionaria.
In questo titanico apparato di concetti universalistici, il marxismo costruisce attraverso la
simbologia un’autentica immaginazione sociale, offrendo al proletariato nemici facilmente
personificabili (il proprietario della fabbrica, il capitale, l’oro, le merci ecc.). Ma allo stesso
tempo l’ideologia marxista, nei decenni successivi, produrrà simboli concreti di aggregazione
del proletariato, quali la bandiera rossa, la falce ed il martello, la tuta da operaio e l’inno
dell’Internazionale socialista.
L’uso della propaganda politica assunse maggiore rilievo nel periodo a cavallo tra XIX e XX
secolo, motivato e giustificato oltre che dalla diffusione costante di una coscienza politica tra i
ceti più bassi della popolazione, anche da una serie di mutamenti che si ebbero nel medesimo
periodo. In primis, il numero della popolazione mondiale, raddoppiato tra il 1800 e il 1900; in
questo processo giocò un ruolo decisivo l’urbanizzazione delle grandi città industriali, che
permise di far raggiungere alle idee propagandate, soprattutto quelle socialiste, una diffusione
completa e rapidissima.
Tra i due secoli mutò inoltre il carattere dei conflitti interstatali, che coinvolsero in modo netto
l’intera popolazione, e invasero la vita quotidiana delle masse dei centri urbani e rurali, con
bombardamenti, reclutamenti indiscriminati e adozione di una serie di misure “in caso di
guerra”.
Infine, fattore fondamentale di sviluppo della propaganda di massa fu il continuo progresso
nella tecnologia delle comunicazioni, a cominciare dalla stampa, che da mezzo ristretto e
riservato esclusivamente alle élites, iniziò a diffondersi a strati più ampi della popolazione. Le
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comunicazioni di massa aggiungono allo scritto anche il sonoro e, successivamente,
l’immagine, raggiungendo una diffusione capillare che pochi decenni prima sarebbe stata
impensabile.
Sommati insieme, questi fattori ci danno la misura di come le masse entrassero a far parte,
attivamente o passivamente, della vita politica degli Stati Nazione Europei nel periodo che va
da Napoleone alla Prima Guerra Mondiale. Non a caso il conflitto del 1914-18 venne definito
“La Grande Guerra”, a identificarne il carattere originale di scontro interclassista globale, che
vide coinvolti tutti i ceti sociali, dalla nobiltà (l’assassinio di Francesco Ferdinando a Sarajevo)
fino al proletariato industriale e rurale (la guerra di trincea).
Un numero sempre più grande di persone, che vedeva la propria sfera privata invasa dai grandi
eventi della storia, andava reso partecipe di una causa comune, che desse loro motivazioni
sensate alla perdita di persone care, ai sacrifici e agli sforzi indicibili che il primo conflitto
mondiale infliggeva alle popolazioni, in particolare alle classi sociali più disagiate.
Se convenzionalmente si fa risalire la creazione dei moderni Stati nazionali alla Pace di
Westfalia (1648), non è sbagliato affermare che la vera e propria nazionalizzazione, ovvero
l’unificazione culturale, linguistica e sociale di regioni prima unite solo da una cartina politica
e da un sovrano, si sia compiuta totalmente solo nel Ventesimo secolo. Ancor di più è facile
riconoscere questo processo in quegli Stati nazionali di recente formazione, come l’Italia, fino
al 1860 frastagliata in decine di Regni e Granducati.
All’arduo scopo di cementare l’unità nazionale sotto l’egida di simboli forti, efficaci e
avvertibili da ogni strato della popolazione, furono perciò deputati interi organismi statali e
parastatali, che diffusero il culto della patria e della nazione attraverso tutti i mezzi di
comunicazione di massa. In particolare, nei paesini del Sud Italia, tali media erano visti con
enorme curiosità dalla popolazione, ammaliata dalle immagini in movimento riprese a
centinaia di chilometri di distanza e proiettate nelle piazze più sperdute. Per lo Stato italiano,
che aveva urgente bisogno di cementare l’identità nazionale, e dove il parlare la stessa lingua
era ancora un processo in embrione, l’identificazione propagandistica attorno a simboli di
facile condivisione rappresentava un’occasione decisiva. E il neonato regime fascista non se la
fece scappare.