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Introduzione
Questa tesi esplora il rapporto tra uno degli autori più emblematici del postmoderno del
secondo Novecento, Thomas Pynchon, attraverso la breve analisi di due dei suoi primi
romanzi, L’incanto del lotto 49 e L’arcobaleno della gravità, e la narrativa del collettivo
bolognese Wu Ming, attivo in Italia fin dagli anni Novanta sotto lo pseudonimo di Luther
Blisset, che ha teorizzato la fine del postmoderno. Esaminerò il lavoro letterario del
collettivo attraverso lo studio del saggio New Italian Epic e del romanzo 54.
Pur essendo, il postmoderno, considerato dalla maggior parte della critica un
orientamento letterario ormai esauritosi negli anni Novanta, il memorandum pubblicato
da Wu Ming nel 2008 si propone come un’analisi del suo effettivo superamento. Il New
Italian Epic è un pamphlet teorico che esplora quanto è accaduto in Italia, a livello
letterario, a partire dai primi anni Novanta fino al 2008, anno in cui apparve per la prima
volta in rete, prima di essere pubblicato per i tipi di Einaudi. Il primo capitolo di questa
tesi è dedicato interamente all’analisi del memorandum, rispetto al quale la focalizzazione
verte su alcuni elementi chiave individuati nella narrativa del quindicennio preso in
considerazione: gli “oggetti narrativi non identificati”, o U.N.O., l’uso dello “sguardo
obliquo” e il recupero della prospettiva storica, l’utilizzo del termine epic riferito a queste
narrazioni, “l’allegoria profonda” comune a queste opere, e il carattere profondamente
transmediale di questa letteratura.
Le opere prese in considerazione nel NIE sono ad un primo sguardo diverse tra di loro,
ma hanno in comune dei tratti, un respiro epico e una certa “tonalità emotiva”. Queste,
nate dal fertile terreno degli anni Novanta, raccontano in allegoria la fine del bipolarismo
tra Occidente e Urss, a livello globale, e la fine della prima Repubblica con l’avvento di
una nuova stagione politica e sociale in Italia. La fine della stagione postmoderna è
idealmente associata alla caduta del muro di Berlino, con il crollo di una stagione politica
globale che perdurava dalla Seconda guerra mondiale, o prima, come rimarcano sia T.
Pynchon che Wu Ming. Il collettivo, tuttavia, pone come punto di cesura il 2001, con il
crollo delle Twin Towers e il G8 di Genova, che aprono ufficialmente ad una nuova
stagione e visione globali.
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Se la natura ci mostra come nulla si crea, ma tutto si trasforma, qualcosa di simile può
dirsi per la letteratura, dal momento che non esiste il nuovo in termini assoluti, ma ogni
elemento nasce da un rapporto di continuità e rotture, «ed è riconoscibile solo
comparandola al già noto».
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Umberto Eco scrisse che come «l’avanguardia storica […]
cerca di regolare i conti con il passato», finché «arriva il momento che l’avanguardia (il
moderno) non può più andare oltre, […] la risposta post-moderna al moderno consiste nel
riconoscere che il passato, visto che non può essere distrutto, perché la sua distruzione
porta al silenzio, deve essere rivisitato: con ironia, in modo non innocente.»
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Allo stesso
modo le nuove proposte narrative devono fare i conti con il passato, in questo caso resta
da indagare ciò che resta del postmoderno. I Wu Ming, pur rifiutando il postmodernismo
come mentalità, mostrano una scrittura che ha una forte impronta derivante dal grande
romanzo postmoderno americano, come T. Pynchon e D. DeLillo, descritti nel NIE come
eccezioni tra gli autori che non hanno subito una degenerazione postmodernista, ma che,
invece, sono rimasti coerenti con una scrittura che non si è abbandonata agli eccessi. Non
è difficile individuare punti e tematiche comuni tra i romanzi del collettivo emiliano e
quelli di T. Pynchon, a partire dall’idea stessa di autore: ammantata di mistero nel caso
dell’americano, un nome collettivo senza volto e dal misterioso suono esotico, per i Wu
Ming. In entrambi non c’è un autore partecipe dello star system, sebbene in modi
completamente diversi. I Wu Ming non spariscono, come ha fatto Pynchon, ma decidono
di avere un approccio editoriale che li porta ad avere un rapporto diverso con il lettore,
senza apparizioni mediatiche, interviste o foto patinate. Viene cancellata in entrambi i
casi l’immagine dello scrittore “divo”, esibito sulle riviste o nei salotti televisivi, pur
rimanendo, gli autori, profondamente presenti nei loro lavori. Mentre l’eclissi dell’autore
per Pynchon è un’assenza dalla vita pubblica, per il collettivo, tuttavia, ha un significato
di attivismo politico più marcato, polemico.
Tra i temi in comune, troviamo uno “sguardo obliquo” sulla Storia, ottenuto tramite
metodi non proprio convenzionali. Lo scrittore americano riscrive la Storia, ne
L’arcobaleno della gravità, a partire dalla Seconda guerra mondiale, attraverso lo
straniamento, con un connubio di verità, finzione, parodia e situazioni oniriche e surreali.
Anche il collettivo emiliano sperimenta alcuni romanzi storici in cui la narrazione di
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Wu Ming, New Italian Epic, Premessa, IX.
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U. Eco, Il nome della rosa, Bompiani 2007, Postille, p. 529.
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eventi reali si mescola a situazioni surreali e oniriche, in cui il lettore non sa se ciò che è
rappresentato sia vero o solo immaginato.
In 54, dei Wu Ming, analizzato nel terzo capitolo, e ne L’arcobaleno della gravità, cui è
dedicato il secondo capitolo, insieme a L’incanto del lotto 49, lo sfondo storico su cui si
basa la narrazione è lo stesso. Il romanzo di Pynchon è un libro sulla Guerra fredda,
indagata a partire dalle sue origini, durante l’ultima fase della Seconda guerra mondiale.
54 è ambientato in pieno conflitto tra Usa e Unione Sovietica, tra l’Italia, la Jugoslavia e
il mondo del cinema di Hollywood alle prese con i servizi segreti. Entrambi i romanzi
rimarcano la continuità della situazione bellica, il fatto che il conflitto cambia luogo,
aspetto, ma continua sotto altre forme. Se Pynchon scrive che «la guerra vera esiste
sempre», i Wu Ming affermano nell’introduzione a 54 che «non c’è nessun
“dopoguerra”», perché «gli stolti chiamavano “pace” il semplice allontanarsi dal fronte».
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La tematica del complotto, la costante tensione e la sensazione perenne di avere a che fare
con una cospirazione sono altri, evidenti, temi in comune. L’arcobaleno della gravità e
L’incanto del lotto 49 sono un viaggio costante nella paranoia e nel tentativo di sciogliere
misteri, complotti e cospirazioni, vere o presunte. In 54 i complotti e le cospirazioni sono
reali. Altro punto di contatto è il ruolo dei media, la loro importanza nella narrazione della
Storia e il modo in cui questi influenzano la realtà economica, politica e sociale. In
Pynchon cinema e radio sono presenti come mezzi di condizionamento e propaganda. Ne
L’incanto del lotto 49 la televisione cattura l’attenzione della protagonista e la
comunicazione radiofonica distorce addirittura la realtà, ne L’arcobaleno della gravità il
mezzo cinematografico è usato invece per condizionare i comportamenti di alcuni
protagonisti, per poi terminare la narrazione proprio nel mezzo di un cinema, sul piano
temporale del presente, in cui il protagonista è proprio il lettore, al centro della sala. I Wu
Ming, che negli anni Novanta hanno attirato l’attenzione proprio con la guerriglia
mediatica, in 54 attribuiscono all’industria cinematografica hollywoodiana il ruolo di
mezzo di propaganda per influenzare l’opinione pubblica: vi troviamo l’attore Cary Grant
incaricato dai servizi segreti statunitensi e britannici di girare un film che mostri il
maresciallo Tito quasi come un eroe, al fine di destabilizzare il fragile equilibrio che
legava i Paesi del patto di Varsavia a Mosca. Un’interessante eredità di Pynchon nella
narrativa di Wu Ming è l’uso dello “sguardo obliquo” nella narrazione: il punto di vista
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Wu Ming, 54, Einaudi, Torino 2002, p. 3.
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che proviene, in maniera insolita, da un attore inaspettato, sia esso un oggetto inanimato,
un animale, o una voce collettiva. Questo sguardo, senza il punto di vista antropocentrico,
e senza la prospettiva dei protagonisti interni alla storia, risulta chiaro, oggettivo, e
permette anche di rileggere la Storia da un’angolazione differente.
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1 New Italian Epic
1.1 Il memorandum
Nell’aprile del 2008 Wu Ming 1, alias Roberto Bui, scrive e pubblica on-line New Italian
Epic, “memorandum 1993-2008”
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, saggio nato dalla riflessione sulla “nebulosa”
letteraria italiana di quegli anni, che ha convolto l’intero collettivo e diversi scrittori.
La sua apparizione sul web italiano accende una discussione che vede partecipi scrittori
e lettori, che commentano e partecipano al dibattito. La diffusione del saggio è ampia e
inattesa, con oltre trentamila download in pochi mesi, complice anche il fatto che il testo
era scaricabile gratuitamente.
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Il memorandum diventa un caso, e si evolve nel settembre
2008 in una versione “2.0”, pubblicata sul medesimo sito e ampliata con revisioni
maturate in seguito ai dibattiti e le riflessioni di quei mesi. La versione cartacea, la “3.0”,
esce per i tipi della Einaudi nel 2009, con l’aggiunta di tre saggi: Sentimiento nuevo, Noi
dobbiamo essere i genitori
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e La salvezza di Euridice, quest’ultimo scritto da Wu Ming
2, alias Giovanni Cattabriga.
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Il NIE offre uno sguardo d’insieme su un numero elevato di opere pubblicate dai primi
anni Novanta alla fine degli anni Zero, individuando una serie di caratteristiche comuni.
Wu Ming 2, che insieme a Wu ming 1 si è occupato più da vicino della riflessione sulla
neoepica e dell’elaborazione teorica del memorandum, elenca sinteticamente in questo
modo i contorni della nebulosa NIE:
In estrema sintesi, la famiglia si distingue per sette caratteristiche: una tonalità emotiva
appassionata ed empatica, un punto di vista obliquo sul mondo, l’uso di utensili e
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New Italian Epic si basa su alcune conferenze tenute dall’autore in diverse università americane, tra cui il
Massachusetts Institute of Technology di Boston. Il saggio è scritto da Wu ming 1, ma le considerazioni
che vi sono contenute sono condivise dall’intero collettivo. In Wu Ming, New Italian Epic: letteratura,
sguardo obliquo, ritorno al futuro, Torino, Einaudi, 2009, Premessa, X.
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La cronologia, le reazioni, i commenti e le critiche sono ben archiviati su www.carmilaonline.com
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In queste sezioni vengono approfondite le questioni proposte nel primo saggio. Noi dobbiamo essere i
genitori “è il discorso d’apertura di Wu Ming 1 alla conferenza The Italian Perspective on Metahistorical
Fiction: The New Italian Epic, tenutasi il 2 ottobre 2008 all’Institute of Germanic and Romance Studies
della University of London.” Ivi, XI.
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Caratterizzato da un taglio più filosofico, è una “lunga cavalcata nei territori del raccontare storie, tra
mitologia, neuroscienze, linguistica e filosofia pop”. Ivi, XII.