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1. OBESITÀ E CHIRURGIA BARIATRICA
Come già accennato nell’introduzione, il tema dell’obesità nel mondo è uno dei più
discussi e controllati, essendo fattore di rischio per lo sviluppo di diverse patologie
croniche che sono anche fra quelle che determinano la più alta mortalità. Possiamo,
quindi, affermare che i morti per obesità siano fra quelli con maggiore incidenza a livello
mondiale.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce l’obesità come “una
condizione clinica caratterizzata da un eccessivo peso corporeo per accumulo di tessuto
adiposo in misura tale da influire negativamente sullo stato di salute”.
L’indicatore utilizzato per formulare una diagnosi di obesità è il BMI, o indice di massa
corporea, ideato nel 1830 da Lambert Adolphe Jacques Quetelet. Questo parametro viene
calcolato mettendo in relazione il peso corporeo espresso in kilogrammi con l’altezza in
metri elevata al quadrato (kg/ 2
).
Seguendo questo indice, il soggetto in sovrappeso avrà un BMI compreso tra 25 kg/ 2
e 29.9 kg/ 2
. L’obesità insorge quando il BMI è ≥ 30 kg/ 2
. L’obesità grave, di terzo
livello, viene associata ad un BMI superiore a 40 kg/ 2
.
Tabella 1: Valori di BMI
Nonostante la grande utilità data dalla velocità di calcolo e dalla possibilità di adattare il
BMI alla maggior parte dei soggetti, l’indice di massa corporea presenta alcuni limiti,
soprattutto quando lo si vuole riferire agli atleti, poiché è il risultato di un calcolo
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approssimativo che non tiene conto del tipo di costituzione fisica né tanto meno delle
masse muscolari del soggetto.
Nella maggior parte dei casi, l’obesità è causata da stili di vita scorretti quali, ad esempio,
un’alimentazione ipercalorica associata ad un ridotto dispendio energetico frutto di
inattività fisica.
L’assunzione di cibo e il dispendio energetico sono sotto il controllo del sistema nevoso
centrale (SNC), che regola l’equilibrio energetico rilevando lo stato metabolico da plurimi
segnali neuroumorali e controllando conseguentemente l’assunzione di energia. Esistono
almeno 50 diversi neurotrasmettitori che rispondono ai diversi segnali nutrizionali e che
determinano le sensazioni di fame e sazietà, influenzando così il tasso metabolico.
La regolazione dell’assunzione di cibo può avvenire con meccanismi a breve ed a lungo
termine, poiché la sensazione di fame si sviluppa in risposta alla diminuzione delle
concentrazioni di alcuni nutrienti come il glucosio, gli acidi grassi e gli amminoacidi, ma
anche in risposta ai cambiamenti di concentrazione di ormoni circolanti, quali la leptidina.
Quest’ultima, derivante dagli adipociti, riflette le riserve di tessuto adiposo: quando la
massa di quest’ultimo è bassa, la concentrazione di leptina diminuisce, dando luogo alla
stimolazione dell’assunzione di cibo.
Tabella 2: Neurotrasmettitori ed ormoni coinvolti nella regolazione dell'assunzione di
cibo
La regolazione del metabolismo, nota anche come dispendio energetico totale (TEE), è
caratterizzata da tre componenti: il metabolismo basale (BMR), la termogenesi indotta
dalla dieta (DIT) e l’attività fisica (PA).
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Il metabolismo basale rappresenta i costi basali occorrenti per mantenere in vita il corpo.
In pratica si tratta dell’energia utilizzata per i processi necessari al nostro organismo quali:
respirazione, pompaggio cardiaco e ricambio proteico.
Questo parametro spesso è più alto nelle persone obese, sia a riposo sia in attività - a
dispetto di quanto si possa credere - e rappresenta circa il 65-70% del dispendio
energetico totale.
La termogenesi alimentare, invece, che rappresenta circa il 6-10% della TEE, è l’energia
utilizzata nella digestione, nell’assorbimento, nel trasporto e nell’inter-conversione
dell’energia all’interno di ogni pasto. Risulta essere massima per i pasti ricchi di proteine
e minima per i pasti ricchi di grassi.
Esistono poi diversi fattori che possono influenzare l’insorgenza dell’obesità, tra questi
troviamo:
• Cause ereditarie: le stesse possono influire sia con difetti di un singolo gene che
con la presenza di geni di suscettibilità. I primi, molto rari negli esseri umani,
potrebbero tutti ricondurre alla carenza di leptidina congenita o ad un deficit del
recettore della melanocortina-4. Essi portano sempre a forme di obesità non
comuni con distribuzione del grasso corporeo in maniera disomogenea.
Per quanto riguarda, invece, la presenza di geni di suscettibilità, recenti studi
hanno identificato nell’interazione tra questi geni ed alcuni fattori ambientali, la
responsabilità dell’insorgenza dell’obesità.
• Cause ambientali: tra queste troviamo fattori dietetici ed attività fisica. Negli
ultimi anni, infatti, si è assistito ad un aumento dell’offerta e del consumo di
alimenti ricchi di grassi e di zuccheri, che provocano una risposta di sazietà meno
forte rispetto ad alimenti ricchi di carboidrati; di pari passo, è aumentato l’uso di
dispositivi a risparmio energetico nonché l’incremento di attività sedentarie che
hanno contribuito al calo del livello di attività fisica, sia negli adulti sia nei
bambini.
• Disturbi alimentari e psicologici: fattori psicologici come lo stress, sono
associati ad un aumento del consumo di cibo, specialmente ad alto contenuto
energetico; anche anomale abitudini alimentari familiari possono contribuire
all’insorgenza di questa malattia, spesso foriera di conseguenze anche a lungo
termine, dall’età infantile fino a quella adulta, come mancanza di autostima e
fiducia, innescando un circolo vizioso difficile da spezzare.
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L’obesità patologica è associata ad un aumento del rischio d’insorgenza di malattie quali
diabete, ipertensione, malattie cardiache, apnea notturna e più in generale, riduzione
della qualità e della durata della vita.
Attualmente esistono diverse opzioni di trattamento per questa condizione patologica:
dalle diete ipocaloriche all’utilizzo di agenti farmacologici fino alla chirurgia bariatrica.
Oggi, quest’ultima risulta essere il metodo più efficace per ottenere una perdita di peso
notevole; in particolare per i pazienti affetti da obesità di III livello.
Le indicazioni generali che permettono di valutare correttamente l’idoneità del paziente
al trattamento chirurgico sono state identificate da un gruppo di esperti riunito sotto
l’egida del NIH (National Institutes of Health) nel 1991. Esse possono essere
schematizzate come segue:
• BMI > di 40 kg/ 2
- oppure BMI > 35 / 2
se in presenza di un soggetto che
presenta comorbidità -;
• Età compresa tra i 18 e i 65 anni;
• Obesità di durata superiore ai 5 anni;
• Dimostrato fallimento di altri metodi di dimagrimento e/o fallimento nel
mantenere la perdita di peso con tecniche non chirurgiche;
• Disponibilità ad un follow-up pre e postoperatorio.
Condizioni che possono consigliare la terapia chirurgica per un’obesità di livello inferiore
al III sono rappresentate da fattori clinici che contribuiscono significativamente
all’insorgenza di altre malattie o all’incremento del rischio di mortalità del paziente e che
sono suscettibili di miglioramento con la riduzione del peso corporeo.
Tuttavia, da uno studio recentemente svolto dal National Health and Nutrition
Examination Survery sul confronto tra pazienti idonei alla pratica chirurgica e pazienti
effettivamente sottoposti ad essa, è emersa una notevole disparità tra le due coorti
esaminate, che sottolinea quanto sia attuale ed urgente la necessità di una revisione dei
requisiti d’accesso alla chirurgia bariatrica.
Le attuali indicazioni, infatti, non tengono conto delle necessità mediche dei soggetti. Di
fatto, vengono esclusi pazienti disabili, anche con disabilità minori, che potrebbero
beneficiare della perdita di peso grazie alla chirurgia e solo relativamente di recente, sono
stati effettuati studi sulla concreta utilità della terapia chirurgica anche nel caso di malattie
psicologiche come i disturbi della personalità (asse due) e il disturbo borderline (BPD).
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1.1 Chirurgia bariatrica
La chirurgia bariatrica, come più volte precisato, è il trattamento sanitario più indicato
per i pazienti affetti da obesità grave.
Ha avuto origine negli anni ‘50 con operazioni che si incentravano sulla riduzione
dell’intestino, sindrome dell’intestino corto, ossia vari by pass che si sono poi evoluti in
tecniche di bypass gastrici (malassorbitivi) e tecniche plastiche (restrittive),
Considerata sperimentale prima del 1991, con una mortalità che variava tra lo 0.5 e 1.5%,
è stata ora ampiamente adottata dalla comunità medica proprio per il suo potenziale
terapeutico.
Il primo tentativo di trattare chirurgicamente l’obesità fu effettuato da Henrikson di
Gothenberg nel 1952.
Gothenberg, nel tentativo di curare patologie come l’ischemia in una paziente affetta da
obesità, osservò che recidendo estese sezioni di intestino tenue si provocava la perdita di
peso nel paziente. Tuttavia, a causa degli adattamenti nell’intestino rimanente, l'esito di
questo primo tentativo non fu positivo con riferimento alla durata della perdita di peso.
Due anni dopo, a Minneapolis, Kremen et al., eseguì il primo bypass intestinale per
obesità, osservando che la recisione dell’intestino tenue distale - e non di quello
prossimale - era la causa del malassorbimento dei grassi e quindi della perdita di peso,
dando vita a quello oggi conosciuto come protocollo ERAS che contiene una serie di linee
guida ufficiali per l’assistenza peri-operatoria in chirurgia bariatrica.
A questi primi tentativi sono poi seguite numerose operazioni, ognuna delle quali mirava
a perfezionare quegli aspetti che non permettevano la riuscita al 100% della procedura
quali, ad esempio, mantenimento della perdita di peso nel tempo, effetti collaterali come
disturbi elettrolitici e diarrea intrattabile.
I fattori benefici di questa pratica, rispetto alle più diffuse diete, sono da ricercare nella
maggiore perdita di peso con conseguente mantenimento del risultato nel tempo e nel
controllo delle malattie che spesso insorgono a causa dell’obesità.
Oggi la mortalità associata alla chirurgia bariatrica è dello 0.1-0.2%; riduzione che è
dovuta sia all’uso di approcci meno invasivi, quale la laparoscopia, sia ad una maggiore
attenzione ai programmi di preparazione dei chirurghi, basti considerare che, secondo le
linee guida della formazione per la Chirurgia Bariatrica dell’American Society for
Metabolic and Bariatric Surgery (ASMBS) del 2003, aggiornato nel 2005, ad un normale
curriculum di circa 25 operazioni minime richiesto in chirurgia generale, per i chirurghi
bariatrici è necessario aggiungere circa 50 operazioni,