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INTRODUZIONE
La sicurezza dei pazienti e la gestione del rischio clinico sono punti critici per tutti i sistemi
sanitari. Negli ultimi anni una crescente attenzione è stata rivolta alla ricerca di strategie atte a
preservare la sicurezza dei pazienti, cercando di prevenire l’errore nei diversi contesti di cura.
Secondo dati statistici elaborati dall’OMS, ogni anno, 63 milioni di persone subiscono un
trattamento chirurgico a causa di lesioni traumatiche, oltre 10 milioni di operazioni vengono
effettuate per complicanze legate alla gravidanza e più di 31 milioni di interventi sono eseguiti
per il trattamento di tumori maligni. La chirurgia spesso è l’unica terapia che può alleviare la
disabilità e ridurre il rischio di morte per malattie comuni. Nei paesi industrializzati si calcola
che le complicanze legate ai trattamenti chirurgici siano in percentuale variabile dal 3% al
16%, con tassi di invalidità permanente o morte che oscillano dallo 0.4% allo 0.8% e nei paesi
in via di sviluppo, questi numeri salgono vertiginosamente. Si stima che almeno la metà delle
complicanze chirurgiche siano evitabili e prevenibili, per questo motivo, nel 2009, l’OMS ha
avviato il programma “Safe Surgery Saves Lifes” che mette in evidenza la stretta relazione
intercorrente tra sicurezza dell’assistenza chirurgica e vite umane potenzialmente salvate.
All’interno di questo progetto è stata sviluppata e implementata in buona parte del mondo, la
WHO Checklist, uno strumento semplice, innovativo ed efficace per accrescere la sicurezza
degli interventi chirurgici
[2]
. L’elaborato in oggetto affronta la tematica della sicurezza in sala
operatoria ponendosi come obiettivo, attraverso una revisione della letteratura, di evidenziare
se l’utilizzo della WHO Checklist nella realtà quotidiana, è strumento efficace per la riduzione
delle complicanze maggiori in chirurgia, nella popolazione a livello internazionale. Il primo
capitolo definisce il concetto di rischio clinico in sanità, illustrandone le caratteristiche
peculiari, le strategie di gestione attraverso il Clinical Risk Management e i principali strumenti
a disposizione per un’efficace identificazione. Nel secondo capitolo viene approfondita la
gestione del rischio clinico in sala operatoria, ponendo particolare attenzione all’intrinseca
complessità del blocco operatorio, alle figure professionali che vi operano e all’importanza
delle Procedure e Raccomandazioni emanate dal Ministero della Salute per la sicurezza degli
utenti sottoposti ad intervento chirurgico. Il terzo capitolo è incentrato sull’implementazione
della WHO Checklist nelle sale operatorie come strumento innovativo per la prevenzione delle
complicanze in chirurgia; segue poi una panoramica a livello regionale sul modello 776 nato
dal progetto SOS.net (Sale Operatorie Sicure). Nel quarto capitolo è contenuta la revisione di
letteratura che si pone come obiettivo l’individuazione, attraverso una ricerca bibliografica
nelle principali banche dati ad interesse scientifico, di prove sull’efficacia della WHO
Checklist nel ridurre le complicanze e la mortalità legate agli interventi chirurgici.
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Capitolo 1
IL RISCHIO CLINICO
“Il primo requisito di un ospedale dovrebbe essere quello di non fare del male ai propri
pazienti”. Florence Nightingale (1820 – 1910)
1.1 Il rischio clinico: storia e definizione.
Il rischio clinico è la probabilità che un paziente sia vittima di un evento avverso, cioè che
subisca “un qualsiasi danno o disagio imputabile, anche se in modo involontario, alle cure
mediche prestate durante il periodo di degenza, che causano un prolungamento dello stesso,
un peggioramento delle condizioni di salute o la morte”
[3]
. Oggi il tema dell’errore ha
acquistato particolare attenzione a causa del mutamento sociale nel mondo occidentale:
maggiore attenzione da parte dei cittadini e di studiosi sul tema della sicurezza e costante
incremento delle problematiche assicurative delle aziende sanitarie legate a richieste di
risarcimento sempre più cospicue. In passato l’errore in sanità era considerato una colpa del
singolo operatore, oggi invece è spesso l’evento conclusivo di una complessa catena di
fattori ambientali, organizzativi e umani (catena dell’errore) in cui il contributo della persona
che l'ha effettivamente commesso è solo l’ultimo anello e non necessariamente il più
rilevante. L’evento avverso è un danno causato da una cattiva gestione del caso clinico, non
è conseguenza di un singolo errore umano, bensì il frutto di un’interazione tra fattori tecnici,
organizzativi e di processo, pertanto, non è auspicabile da parte dell’organizzazione sanitaria
intraprendere un approccio punitivo mirato, ma promuovere l’analisi approfondita e la
ricerca delle cause, con la finalità di prevenire il ripetersi delle stesse condizioni di rischio o
di limitare il danno quando questo si è ormai verificato. Il problema del rischio clinico
costituisce oggi uno dei temi più impegnativi per le Organizzazioni Sanitarie che hanno
iniziato a comprendere come questo, non debba più essere un onere da sopportare, ma, se
ben gestito in termini di prevenzione, può diventare un fattore di crescita organizzativo. La
pubblicazione nel 1999 del rapporto dell’Institute of Medicine intitolato “To err is Human”
mostrando una preoccupante incidenza di eventi avversi nella pratica clinica, ha evidenziato
la necessità per le strutture sanitarie di attuare iniziative volte a ridurre la possibilità del
verificarsi di errori e a innalzare il livello di sicurezza delle cure. Il rischio clinico può essere
arginato attraverso iniziative di Risk management messe in atto all’interno di una struttura
3
sanitaria, a livello aziendale, regionale e nazionale; e devono coinvolgere tutte le figure che
operano all’interno dell’ambito sanitario
[4]
.
1.2 Gli eventi sentinella.
Sono definiti Eventi Sentinella quegli eventi avversi di particolare gravità, che causano
morte o gravi danni al paziente e che determinano una perdita di fiducia dei cittadini nei
confronti del servizio sanitario. Il verificarsi di un solo caso è condizione sufficiente per dare
luogo a un’indagine conoscitiva diretta ad accertare se vi abbiano contribuito fattori
eliminabili o riducibili e per attuare adeguate misure correttive da parte
dell’organizzazione
[5]
.
1.2.1 Dati epidemiologici sugli eventi sentinella in Italia.
In sette anni (settembre 2005 dicembre 2012), negli ospedali italiani sono state 417 (24.6%)
le cadute che hanno portato a morte o gravi danni per il paziente, 295 (15.4%) i suicidi o
tentati suicidi dei pazienti, per 159 volte (8.29%) si sono lasciati strumenti o altro materiale
all’interno del sito chirurgico; 135 (7.04%) i casi di morte o grave danno conseguente
all’intervento chirurgico. Per 26 volte (1.36%) si è intervenuto nella parte del corpo sbagliata
e 16 volte (0.83%) la procedura è stata eseguita sul paziente sbagliato; in sala operatoria si
sono verificati 359 (18.72%) eventi avversi e per 203 volte (10.58%) è stato necessario un
nuovo intervento chirurgico sul paziente a causa delle complicazioni causate dal verificarsi
dell’evento avverso. Per 614 volte la causa che ha portato all’evento avverso è riconducibile
al “fattore umano” e 1035 volte a fattori legati alle tecnologie sanitarie, farmaci e barriere.
Sono questi alcuni dei risultati illustrati nel “ 5° Rapporto di monitoraggio degli eventi
sentinella in Italia (settembre 2005 – dicembre 2012) ” raccolti nel Sistema informativo per il
monitoraggio degli errori in sanità (SIMES). Il totale degli eventi sentinella censiti sono
2.394, validati 1.918 dei quali ben 359 in sala operatoria
[6]
. In base al Protocollo per il
Monitoraggio degli eventi sentinella del luglio 2009, sussiste l’obbligo di tempestiva
comunicazione dell’evento al Ministero della salute, che, attraverso l’analisi delle
segnalazioni, cercherà di individuare i punti critici del sistema per suggerire possibili
soluzioni, elaborando anche Raccomandazioni o Linee Guida per promuovere a livello
aziendale le opportune azioni di contrasto
[5]
. Negli ultimi anni, si è evidenziato un aumento
delle segnalazioni, ciò è da ritenersi un elemento molto positivo perché indica un incremento
4
della “cultura della sicurezza”, da parte delle organizzazioni sanitarie e un superamento di
quelle barriere che ostacolano l’identificazione e l’analisi degli eventi avversi. Tuttavia
permane ancora l’esigenza di strategie per migliorare la capacità delle strutture sanitarie
nell’attuare interventi di prevenzione, nell’applicazione di protocolli e procedure, nel
monitoraggio della loro attuazione attraverso idonei indicatori. In tutto ciò, può essere utile
la promozione, la diffusione e l’applicazione nei vari contesti delle Raccomandazioni
disponibili e delle “buone pratiche” prodotte sia in ambito nazionale che internazionale
[6]
.
1.2.2 Dati epidemiologici sugli eventi sentinella a livello internazionale.
La sicurezza del paziente è un problema che riguarda i sistemi sanitari di tutto il mondo,
diversi studi a riguardo sono stati pubblicati nell’ultimo ventennio, dimostrando
un’attenzione sempre più crescente sull’argomento. Secondo un autorevole studio pubblicato
nel 2000 dall’Institute Of Medicine (USA) dal titolo “To Err Is Human: Bulding a Safer
Health System” sulla morbilità e mortalità ospedaliera imputabile a errori medici, l’errore in
sanità è una delle principali cause di morte e di lesioni all’interno delle strutture sanitarie
[7]
.
Secondo due studi effettuati uno a New York
[8]
e uno in Colorado – Utah
[9]
è stato rilevato
che rispettivamente il 2.9% e il 3.7% degli utenti ricoverati, hanno manifestato eventi avversi
riconducibili alla gestione medica. La percentuale di eventi avversi prevenibili e attribuibili a
errori del personale sanitario, è stato del 58% a New York e del 53% in Colorado – Utah. Gli
eventi avversi prevenibili sono una delle principali cause di morte negli Stati Uniti; circa
44.000 americani muoiono negli ospedali ogni anno, a causa degli errori commessi dal
personale sanitario. Decessi che superano quelli dovuti a incidenti stradali (43.458), cancro
della mammella (42.297) e AIDS (16.516). Il documento “An organisation with a
memory”
[10]
edito dal Dipartimento della Sanità Inglese, riporta un’incidenza di eventi
avversi in pazienti ospedalizzati pari al 10% con una stima di 850.000 mila eventi avversi
l'anno. Uno studio Australiano “ The Quality in Australian Health Care Study”
[11]
, riporta un
tasso di eventi avversi nei pazienti ospedalizzati pari al 16.6%. L’Hospital for Europe’s
Working Party on Quality Care in Hospital, stima che, nel 2000, un paziente ogni dieci
ospedalizzati subisca un danno prevenibile e qualche conseguenza. La National Patient
Safety Agency ha pubblicato nel 2005 i dati che si riferiscono all’Inghilterra e al Galles;
sono stati segnalati nel periodo novembre 2003 e marzo 2005, circa 85.342 incidenti che
hanno interessato 86.142 pazienti, il 68% senza danni, a fronte di un 1% che ha riportato
danni anche fino alla morte
[12]
.