4
Introduzione
«Trovai un agente, corsi da lui e, col fiato in gola, gli domandai la strada.
Sorridendo mi disse: “È da me che vuoi sapere la strada?”. Gli risposi: “Sì, da
solo non riesco a trovarla!”. “Rinuncia, rinuncia!” mi disse, voltandosi come
quelli che ridono di nascosto.»
Questo frammento di un racconto di Franz Kafka, intitolato emblematicamente
Rinuncia!, ben esprime la condizione dell’uomo contemporaneo, smarrito nel
labirinto dell’incertezza e della precarietà, del soggettivismo e dell’individualismo
esasperato che trasforma lo zoon politikon in una monade chiusa in se stessa e
priva di legami significativi. Senza punti di riferimento ed in balìa di un
cambiamento rapido ed incessante, l’uomo post moderno somiglia ad un Ulisse
privo di un’Itaca e, perciò, incapace di tracciare la rotta della propria esistenza. Le
principali agenzie di socializzazione, ovvero la famiglia, la scuola, i mass media
ed il gruppo dei pari, dovrebbero rappresentare per l’adolescente i quattro punti
cardinali della propria libertà, ma esse sono attraversate da una profonda crisi, che
le ha portate a smarrire la consapevolezza della propria missione educativa.
La parola “cardinale” deriva da “cardine” il cui primo significato, all’interno
del dizionario della lingua italiana, è quello di “perno”, un perno, fissato allo
stipite, sul quale ruotano i battenti di porte e finestre. In questa prospettiva, si
potrebbe dire che l’uomo contemporaneo è s-cardinato, cioè privo di perni.
Infatti, i quattro punti cardinali, che dovrebbero lasciare intravedere una direzione
percorribile, sono essi stessi privi di un “orient-amento”, cioè hanno smarrito
l’Oriente. La società liquida in cui viviamo ha infatti cancellato ogni riferimento
stabile e relativizzato ogni valore. Inoltre, la flessibilità lavorativa ha reso precaria
l’esistenza, ostacolando ogni progetto per il futuro e costringendo ad una
“navigazione a vista”, senza la possibilità di studiare le rotte per dare una
direzione precisa al viaggio.
In un simile contesto, “raggiungere Itaca”, ossia il luogo del riconoscimento
della propria identità, appare un’impresa troppo ardua, se non addirittura
impossibile. Pertanto, d’innanzi ad un adolescente che domanda di essere guidato
5
in tale viaggio, buona parte del mondo adulto non solo non offre il proprio aiuto,
ma, proprio come l’agente del racconto kafkiano, risponde con un perentorio e
disincantato: “rinuncia!”. Il rischio è perciò quello di cedere alla logica dell’auto-
affermazione, giacché nessuno appare degno di affidamento. Tale impresa si
traduce nel tentativo di bastare a se stessi e nella convinzione di “farsi da sé”,
abbracciando la prospettiva del self-made man. Questo tentativo di auto-
affermarsi è però destinato al fallimento. Infatti, il processo di definizione
identitaria poggia su due pilastri imprescindibili: da una parte, la risposta
dell’adolescente agli appelli provenienti dai volti significativi incontrati; dall’altra
parte, la dinamica del riconoscimento, che include tre aspetti strettamente
correlati, ovvero il riconoscimento come identificazione, il riconoscersi se stessi e
il mutuo riconoscimento.
A partire dallo sguardo sul contesto socio-culturale sopra delineato, e nel
tentativo di assumere criticamente le problematica complessa che esso porta con
sé, il presente lavoro articola lo svolgimento della riflessione proposta in tre
capitoli. Nel primo, si effettua un’analisi della società contemporanea e si
prendono in esame le principali agenzie di socializzazione, ponendo in luce gli
elementi critici e problematici che le caratterizzano. Il secondo capitolo è
incentrato sul ruolo giocato dal gruppo dei pari e dalle associazioni giovanili nel
processo di definizione identitaria; è altresì oggetto d’indagine il percorso di
maturazione dell’identità sessuale e di genere. L’ultimo capitolo, invece,
ponendosi da un punto di vista di tipo riflessivo, si concentra sulla dimensione
fondamentale della libertà – entro la quale s’inscrive l’itinerario di configurazione
dell’identità – al fine di mostrare che essa, ben lungi dal risolversi nel mero libero
arbitrio, trova la sua figura autentica nella dinamica del decider-si, ovvero
dell’attuazione di sé nel tempo e in relazione.
6
I Capitolo
Gli zatterieri che trasportano tronchi d'albero lungo il fiume seguono la corrente: non
gli serve la bussola, a differenza dei marinai che non possono farne a meno, una volta
preso il largo. Gli zatterieri si lasciano trasportare dal corso delle acque, assecondando i
movimenti della propria imbarcazione con un colpo di pagaia di tanto in tanto, per
seguire la corrente, e tenendola a debita distanza dagli scogli e dalle rapide, dalle secche
e dagli scogli sulle rive. I marinai, invece, sarebbero perduti se la propria rotta fosse
affidata esclusivamente ai capricci dei venti e delle correnti mutevoli. Essi non possono
che farsi carico dei movimenti della barca: hanno bisogno di decidere dove andare, e
perciò gli occorre una bussola che dica loro quando e da che parte andare per poterci
arrivare.
(Bauman, 2006, pp. 9-10).
Premessa
Un viaggio in automobile anziché un viaggio in treno. È questa l’immagine
utilizzata dal sociologo Maurizio Merico per descrivere il percorso di un giovane
post-moderno verso la definizione della propria identità (Merico, 2004). La
società contemporanea si presenta infatti come un groviglio di tante strade, che
conducono verso destinazioni incerte e sconosciute. All’interno di questo mondo
nuovo, aperto, privo di confini e di coordinate precise, si muovono tante navi
“senza nocchiere”, come diceva Dante nel suo Purgatorio (VI,77), imbarcazioni
prive di bussola e stella polare. Si tratta dei tanti adolescenti che, privi di punti di
riferimento, si trovano investiti di un compito forse troppo gravoso: quello di dare
forma alla propria libertà, configurando in modo personale e creativo la propria
identità. La possibilità di decidere di sé e l’opportunità di scegliere tra una
molteplicità di status e di ruoli costituisce una condizione del tutto inedita,
sconosciuta ai giovani delle generazioni passate. Tornando alla metafora del
viaggio proposta da Merico, la biografia di un adolescente dell’età moderna o pre-
moderna può infatti essere paragonata ad un viaggio in treno. La traiettoria
dell’esistenza era predefinita e scandita da tappe condivise. Un ruolo importante
era giocato dai riti di passaggio, ovvero da tutti quegli eventi socialmente rilevanti
7
che sancivano il mutamento di status di un individuo. Nella cristiana società
occidentale, i riti di passaggio coincidevano spesso con i sacramenti. Altri rituali
significativi potevano essere quelli connessi al raggiungimento della maggiore età
e la leva militare obbligatoria. Non c’era spazio per l’incertezza. La vita di ognuno
era ritmata da tappe ben precise; il passato offriva radici sicure a partire dalle
quali far crescere l’albero della propria storia personale, in quanto la tradizione
non era posta in discussione e non veniva percepita come un ostacolo alla
realizzazione di sé ma, al contrario, era pensata come una risorsa imprescindibile
per la progettazione dell’avvenire; inoltre, il futuro non appariva incerto e
indefinito, bensì risultava circoscritto entro un numero limitato e preciso di
possibilità. La mobilità sociale era infatti molto bassa e spesso accadeva che i figli
svolgessero il medesimo lavoro dei propri genitori. La domanda “chi sono io?” e
l’interrogativo circa il proprio desiderio per la vita futura erano meno presenti
nelle coscienze degli adolescenti. D’altronde, coloro che partono per un viaggio in
treno condividono lo stesso tragitto, fermano nelle medesime stazioni e conoscono
con certezza la destinazione del percorso. La decisione del treno su cui salire
risulta essere l’unico aspetto determinante. Tale scelta, tuttavia, era strettamente
connessa alla classe sociale, al sesso, al gruppo etnico, al livello d’istruzione. Il
venire al mondo non comportava il rischio della libertà, bensì imponeva un
preciso itinerario, che difficilmente risultava modificabile.
Le biografie dell’epoca post-moderna possono invece essere simboleggiate dal
viaggio in automobile: il conducente è libero di scegliere la strada, di decidere
dove e quando sostare, di cambiare destinazione. L’adolescente è dunque artefice
e responsabile della propria storia: la sua identità non è determinata
aprioristicamente dalle condizioni socio-culturali, ma è il frutto del dispiegamento
della sua libertà all’interno di un processo di discernimento continuo.
L’ampio margine di libertà concesso al singolo implica, tuttavia, una
dimensione di rischio, in quanto è il conducente dell’automobile ad essere
responsabile del viaggio. La scelta di un tragitto sbagliato, l’incapacità di ripartire
in seguito ad un incidente – ovvero la mancanza di resilienza – oppure
l’indecisione radicale, che costringe l’automobilista a girare continuamente in
rotonda senza mai imboccare una strada, sono elementi che compromettono
8
considerevolmente l’esito del viaggio. Inoltre, la mancanza di cartelli stradali, cioè
la mancanza di punti di riferimento, costituisce un altro fattore particolarmente
problematico. Il vivere in una società liquida (Bauman, 2006), l’assenza di adulti
significativi, in particolar modo l’eclisse della figura paterna, ed il venire meno di
orizzonti di significato condivisi sono aspetti che giocano un ruolo non
indifferente nel percorso di crescita di un adolescente e, spesso, pregiudicano la
configurazione matura della sua identità.
Nelle pagine che seguono, prenderemo in considerazione questi nodi
problematici, con l’intento di gettare luce sul contesto socio-culturale e sulle sfide
con cui ogni adolescente deve confrontarsi nel processo libero e rischioso di
definizione del proprio sé.
1.1. La società post-moderna
M’ero sperso. Annaspavo.
Cercavo uno sfogo.
Chiesi a uno. «Non sono»,
mi rispose, «del luogo».
(Caproni Giorgio, Bisogno di
guida)
Panta rei. Tutto scorre. Osservando l’acqua del fiume, l’antico filosofo greco
Eraclito aveva ipotizzato che l’archè, ovvero il principio dal quale il divenire ha
avuto inizio, fosse il divenire stesso. Nella prospettiva eraclitiana, infatti, il
cambiamento è ciò che è originario, in quanto è ciò che è da sempre, ed
originante, giacché produce nuovi cambiamenti . All’origine del moto, pertanto,
non vi sarebbe un “Primo Motore Immobile”, come invece teorizzerà
successivamente Aristotele. Il farsi ed il disfarsi di tutte le cose, secondo Eraclito,
è ciò che è eterno. Non esiste alcun principio stabile ed immutabile responsabile
del movimento degli enti, ma è il divenire stesso ad essere l’archè.
Nell’ambito filosofico, l’ipotesi di Eraclito non è che una tra le tante. Tuttavia,
se collochiamo il pensiero eraclitiano al di fuori del contesto metafisico in cui è
sorto e lo applichiamo alla società occidentale contemporanea, esso non risulterà
essere una semplice supposizione ma, per molti aspetti, costituirà un’evidenza