rispondo a quei parametri, come, ad esempio, il
ruolo metropolitano di un aggregato urbano per le
sue dimensioni Mistri nel suo testo stila una possi-
bile lista di criteri secondo i quali è opportuno classi-
ficare le realtà metropolitane di fatto e riguardano:
- la popolazione, e dell’area centrale e poi del
conglomerato urbano, almeno 50.000 ab.;
- il numero di posti di lavoro, almeno 150.000
posti di lavoro nell’area metropolitana;
- le relazioni, non solo di pendolarità, ma la varie
relazioni che si instaurano nell’area metropolitana tra
le diverse parti del’area metropolitana, la densità di
queste relazioni;
- le funzioni, perchè le città sono gerarchicamente
ordinate per funzioni, allora..non so una capitale
svolge funzioni politiche, economiche e così via, poi
ci sono funzioni di tipo internazionale, funzioni di tipo
culturale, ecc.
Un ulteriore problema sottoposto all’analisi dei lettori
riguarda la fallimentare riforma delle province,
secondo cui le province entro le quali stanno le
cosiddette città metropolitane diventano (diretta-
mente) città metropolitane. Allora qui viene fuori la
seconda parte della questione, cioè la densità delle
relazioni tra le municipalità, tra le popolazioni delle
municipalità che compongono le città metropolita-
ne, che chiaramente sono elevate nell’area centrale
ma sono minime se rapportate all’area provinciale.
La posizione di Mistri è, in conclusione, che una
città metropolitana per funzionare, deve vivere su un
forte spirito identitario della popolazione, vale a
dire se un’opera pubblica viene fatta in uno dei
comuni della cintura, gli abitanti della città non si
devono sentire sminuiti, perchè c’è una tale compe-
netrazione che in fondo un comune della cintura è
come un quartiere della città.
“Le città tendono ad essere luoghi di accumula-
zione di funzioni economiche, sociali e culturali;
tendono ad esserlo sempre più man mano che
nella attuale epoca il peso demografico delle
città, rispetto ai luoghi non urbanizzati, tende a
crescere. [...] Mi riferisco anche alle più normali
metropoli e ancor più alle normali grandi città,
con le loro corone di comuni minori; ancora mi
riferisco alle reti formate da nodi urbani che,
assieme alle loro cinture, possono dar luogo ad
aree metropolitane di diversa grandezza e di
diversa strutturazione qualitativa, ma tutte carat-
terizzate dal fatto di essere luoghi di aggregazio-
ne e di gravitazione di persone, attività e funzio-
ni.” (Maurizio Mistri, La città metropolitana una
confusa riforma italiana, 2013 Edizioni La Gru.)
Partire dall’analisi del testo di Mistri è stato un
passaggio fondamentale per cercare di capire entro
quali ambiti convergesse il concetto di “area metro-
politana”. La tesi che sostiene l’autore è che la città
metropolitana, così com’è stata partorita nel nostro
Paese in realtà non risponde ad esigenze del territo-
rio ma risponde ad un certo afflato politico. Il proble-
ma alla base che è stato riscontrato riguarda la
mancanza di criteri attraverso i quali una città si
potesse dire “metropolitana”. Agganciandosi alla
letteratura, esistono varie posizioni che considerano
città metropolitana il centro, un’area, una città
centrale con i comuni contermini, ma, in assenza di
criteri universali, in Italia ci si è ritrovati di fronte ad
una individuazione di città metropolitane, alcune
delle quali lo sono, altre che non lo sono, secondo
le esclusive teorie degli economisti e dei geografi
urbani. Questi studi tendono a individuare e a defini-
re i criteri e a vedere se determinate realtà urbane
INTRODUZIONE
6
IL CONCETTO DI ”AREA METROPOLITANA”
ma sono caratterizzate dalla ripetizione e dalla
cadenza dei flussi o delle attività specifiche del
territorio. All’evoluzione insediativa si accompagna-
no i cambiamenti funzionali indotti dai recenti inter-
venti sulla struttura della città e sulla sua corona
orientati in direzione di una più marcata specializza-
zione funzionale del territorio. Il consolidarsi di
queste tendenze ha teso ad accrescere la separa-
zione tra luoghi di residenza, luoghi di lavoro e luoghi
di svago con evidenti ripercussioni sulla mobilità e
sui flussi in ingresso e in uscita dal capoluogo. Ne
consegue un aumento della mobilità tradizionale
che avviene tanto per motivi di studio o di lavoro
quanto per le attività legate al tempo libero e allo
svago. (A tal proposito si cita la ricerca dell’Istituto
Superiore Formazione e Ricerca per i Trasporti
“Come cambia il pendolarismo” - AUDIMOB Osser-
vatorio sui comportamenti di mobilità degli Italiani -
all’interno della quale si riconoscono ulteriori motiva-
zioni, di natura più selettiva ed elastica che spingo-
no i cittadini a spostarsi, oltre lo studio ed il lavoro
rilevati dall’ISTAT, quali, ad esempio, visite ai parenti,
“Rinascimento metropolitano.”
Il piano strategico dell’area metropolitana di
Firenze
Succesivamente all’analisi de “La città metropolita-
na una confusa riforma italiana” un ulteriore
passaggio è stato quello di capire più da vicino
come le “vere realtà metropolitane” fossero organiz-
zate e tale curiosità ha trovato terreno fertile nello
studio del Piano Strategico dell’ Area Metropolitana
di Firenze, all‘interno del quale è stata operata una
suddivisione in “ritmi territoriali” come espressione
delle differenze che ciascuno di essi presenta. In
prima analisi, in richiamo anche alla lettura di Mistri,
il perimetro metropolitano di Firenze potrebbe
essere messo in discussione in quanto la sua
estensione risulta perfettamente entro i canonici
confini provinciali, ma, scopo dell’analisi del Piano, è
stata la lettura del territorio capace di travalicare
i confini amministrativi e far emergere le peculia-
rità del contesto. Queste le premesse alla base
della metafora dei “ritmi territoriali”. La metafora del
ritmo, ripresa dal Racconto urbanistico di Bernardo
Secchi, rappresenta la specificità all’interno dello
stesso territorio metropolitano, dunque un territorio
definito da diversi ritmi ha una sua flessibilità e varia-
bilità di linguaggio, simbolo di una realtà sfaccetta-
ta e in perpetuo mutamento. La metafora del
ritmo pertanto si adatta, indice di territori dinamici, si
plasma, descrizione di realtà profondamente diver-
se tra loro e si riverbera a definizione di diverse
geografie variabili.
I ritmi definiscono una geografia con confini sfuma-
ti e variabili che si estendono al di là dei convenzio-
nali limiti amministrativi, cogliendo la capacità di
leggere le tendenze e le trasformazioni in atto sul
territorio metropolitano a livello di città e di area. Le
diverse forme del ritmo non sono necessariamente
legate al concetto di velocità o sviluppo dei territori,
Immagine concettuale della suddivisione del territorio
metropolitano di Firenze in “Ritmi metropolitani”, tratta dal
Piano Strategico 2030 “Rinascimento metropolitano”.
7
Il lavoro che ha caratterizzato questo progetto di tesi
è stato appunto quello di capire come poter conce-
pire e rappresentare un’area metropolitana andan-
do oltre le semplici e canoniche definizioni o
seguendo esclusivamente le metodologie di tipo
socio-economico, che non restituiscono una visio-
ne comparabile alla vera realtà conurbativa.
Per utilizzare una terminologia adatta e che non
confonda quello che sarà il caso di studio analizzato
rispetto alle reali Città Metropolitane italiane ricono-
sciute dalla L.142/90, si parla di conurbazione per
indicare un’area multicomunale formatasi attra-
verso la fusione di più comuni tra loro, caratte-
rizzata da continuità di tessuto urbano e da una
popolazione superiore ad una data soglia.
palestra o fare la spesa quotidianamente).
La nascita di nuove funzioni all’interno dell’area
metropolitana, talvolta conseguente alla delocaliz-
zazione di attività situate in aree più centrali sembra
configurare in modo inedito gli assetti territoriali e
funzionali. Il contraddittorio fenomeno di sprawl,
intreccio di criticità e opportunità diventa quindi
terreno per la creazione di nuove gerarchie urbane
e territoriali. Si creano, di conseguenza, traiettorie
centrifughe anche per le scelte abitative che tendo-
no a privilegiare le aree periurbane, accentuando o
dando luogo a nuove disuguagliane spaziali. Mag-
giori livelli di accessibilità, migliore dotazione infra-
strutturale di collegamento (da un lato), alti valori
immobiliari nelle aree urbane centrali (dall’altro)
hanno spinto parte della popolazione a spostarsi
verso i comuni limitrofi in cerca di migliore qualità
della vita e rapporto qualità-prezzo delle abitazioni
più conveniente.
A proposito del fenomeno del pendolarismo e della
pratica degli spostamenti cittadini, Nuvolati scrive:
“Le metropoli contemporanee sono in continua
trasformazione e risultano caratterizzate dalla
presenza di popolazioni residenti e non residen-
ti. Abitanti, pendolari, city users, turisti e uomini
d’affaro, costituiscono segmenti di diversa con-
sistenza, provenienza e permanenza in città, in
grado di modificare la cultura, il tessuto sociale
e relazionale, l’assetto morfologico nelle sue
molteplici componenenti.” (Giampaolo Nuvolati,
Mobilità quotidiana e complessità urbana, 2007)
8
Sopra: Immagine rappresentativa del fenomeno dello “urban
sprawl”
A lato: L'evoluzione di una città: 1) una grande città 2) una
città con le sue città satelliti 3) lo spazio fra la metropoli e le
città satelliti comincia ad essere occupato 4) La metropoli è
diventata una conurbazione
Le Città Medie.
A conclusione di questa “analisi delle letterature”
sull’argomento, si riporta il concetto di città media.
“La necessità di identificare l’universo delle città
medie in Italia nasce dalla consapevolezza sia
dell’esistenza di un ruolo funzionale e strategico
rivestito da tali aree nell’ambito delle politiche di
sviluppo nazionali ed europee, sia dall’assenza di
una definizione che le individui univocamente nel
nostro Paese. Assegnare quindi ad un gruppo di
comuni rispondenti a determinate caratteristiche
l’attributo di “città medie” facilita e supporta il loro
coinvolgimento nelle agende urbane a livello italiano
ed internazionale, pur sapendo che si tratta di una
interpretazione metodologica in via di affinamento.
A tal fine è stata condotta un’analisi che consideras-
se le caratteristiche demografiche ed economi-
co-produttive dei comuni italiani, nonchè i “ruoli”
funzionali ed amministrativi da questi rivestiti [...] Per
quanto riguarda la rilevanza funzionale dei comuni
essa può invece trasparire sia dai ruoli amministrativi
assunti (ad esempio se il comune è capoluogo di
provincia e/o regione) sia da un carattere di centrali-
tà nell’ambito dell’offerta dei servizi essenziali nelle
aree circostanti.
Considerando gli aspetti appena evidenziati che
permettono un inquadramento delle caratteristiche
peculiari dei comuni italiani, è stato individuato
l’universo delle città medie in due step, combinando
i seguenti criteri: la presenza di una taglia demografi-
ca minima, di un centro amministrativo rilevante e
riconosciuto, nonchè di un polo di offerta di servizi
basilari essenziali.”
9
A lato: Rappresentazioni dell’analogia dell’uovo-città a partire
dal disegno di Cedric Price (1934-2003) in alto, con le
successive interpretazioni per condesare, in maniea elemen-
tare ma comunicativa, millenni di evoluzione delle città secon-
do le tipologie di cottura dell’uovo.