5
deputazioni catalane, anche se questo rimase un esperimento isolato a causa della
opposizione del regime dittatoriale di Primo de Rivera nel 1923
3
.
Ma è opinione diffusa che, nonostante i tentativi appena ricordati di dare voce alle
esigenze autonomistiche locali, la risposta più vicina all’attuale Costituzione
Spagnola
4
sia quella delineata dalla Costituzione della seconda Repubblica, datata
1931. Caratteristiche principali dei nuovi enti avrebbero dovuto essere la costituzione
dal basso, per aggregazione di province limitrofe con caratteristiche socio-culturali
comuni o, quantomeno, affini
5
e l’approvazione del progetto di statuto a maggioranza
della popolazione coinvolta, in seguito alle delibere dei comuni interessati. Infine,
occorreva anche una delibera delle Cortes, che aveva valore di ratifica dello statuto
approvato a livello locale.
Grazie all’apertura nei confronti delle Autonomie, operata nella suddetta
Costituzione, la Cataluña ebbe un’esperienza di autogoverno già nel 1932; il País
Vasco ottenne l’approvazione del Parlamento nazionale nell’ottobre 1936; la Galicia
non fece in tempo. Infatti, nel 1936, l’insurrezione franchista, che diede vita alla
guerra civile prima, e alla dittatura poi, chiuse questa parentesi, cancellando ogni
forma di pluralismo e di autonomia.
Il lavoro qui presentato si pone come obiettivo quello di una migliore comprensione
del concetto, e allo stesso tempo del problema, delle Comunità Autonome spagnole.
3
J. Echavarria, Las bases constitucionales del Estado autonomico, Madrid , 1998, pag .123
4
Comunemente indicata come CE (Constituciòn española)
5
Per maggiori approfondimenti si guardi J.F. Lopez Aguilar, El Estado autonomico. Federalismo y hechos
diferenciales, Madrid, 2001
6
Queste ultime sono enti similari alle Regioni italiane ma le differenze sono profonde:
mentre la Costituzione italiana all’art. 131, elenca le con precisione le Regioni in cui
si divide il nostro territorio, le Comunità autonome non hanno carattere necessario
poiché la loro istituzione e, conseguentemente, la loro estensione non dipende da una
legge statale bensì da una iniziativa locale affidata alle Province e ai Municipi (art.
143 CE)
6
. La Costituzione spagnola del 1978, infatti, non prevede nessuna Comunità
Autonoma ma riconosce esclusivamente il diritto all’autonomia delle nazionalità e
delle Regioni che compongono lo Stato spagnolo. In Spagna, infatti, a differenza
dell’Italia, l’autonomia regionale è stata istituita in forma dinamica tanto che l’assetto
del territorio può essere modificato da accordi e procedure che dipendono
esclusivamente dalle regioni interessate. Grazie alla Costituzione del 1978 convivono
in Spagna tre nazionalità cosiddette “storiche”: Cataluña, Paìs Vasco e Galicia
7
, il cui
riconoscimento è indissolubilmente collegato all’opera di recupero democratico post-
Franchista. Il problema che si presenta al Parlamento spagnolo è dovuto alla richiesta
di autonomia da parte di Comunità che, pur non avendo ne una storia nettamente
differenziata dalle altre, ne una differenziazione di carattere etnico-linguistico,
pretendono garanzie e privilegi. Il tutto, quindi, va ben oltre le mere rivendicazioni
autonomiche e riguarda quello che è l’aspetto e il carattere più saliente dello Stato
spagnolo: l’incamminarsi verso il riconoscimento della sua realtà “plurinazionale”.
6
A. Salvadori, Le Comunità Autonome spagnole e il diritto comunitari:spunti di riflessione. LE REGIONI, a. XXX,
n.1, febbraio 2002, pag. 59-60
7
G. Poggieschi, Le nazioni linguistiche della Spagna autonomica, Padova, Cedam, 2002, pag. 145
7
La Spagna democratica nasce e si consolida nella sua Costituzione del 1978 ma tale
Carte Fondamentale, come nelle altre Assemblee Costituenti
8
, fu il frutto e il risultato
di un ampio patto che coinvolse sia la pluralità degli agenti politici sia le esigenze che
ognuno di essi rivendicava. Il largo consenso ottenuto fu, effettivamente,
l’espressione di una ampia volontà condivisa che spingeva le forze politiche e sociali
affinché creassero basi solide e stabili garantendo la convivenza in un regime di
libertà. Insieme all’entusiasmo collettivo, dovuto al recupero della libertà perduta,
serpeggiava, però, anche un certo timore: sulla possibilità o meno dell’unanimità del
processo, nonché sulla possibilità della costruzione di un regime democratico in un
paese e in una società “dilaniata dell’intolleranze e dal confronto politico”
9
.
Questa mezcla
10
di euforia e timore, di volontarismo e coscienza dei propri limiti,
permise certamente di ottenere una transizione pacifica e altamente proficua dalla
Spagna che era stata dittatoriale e acostituzionale, rendendola un sistema
democratico.
Ciò però non rese possibile la soluzione di tutti i problemi, soprattutto per quanto
riguardava il rapporto con le Comunità Autonome.
Insieme allo sforzo di dotare di un contenuto “materiale”, il concetto ”formale” di
libertà recuperata, il processo costituente doveva anche risolvere il problema storico
delle “libertà collettive”. Il problema dell’organizzazione dello Stato, per una
migliore integrazione della sua realtà plurinazionale, era stato un assunto
costantemente presente sui tavoli della Costituente e non si trattava solamente del
8
Vedi quella Italiana
9
M.J. Roca , La España de las Autonomias. Reflexiones 25 años despues , Madrid, 2005, pag .21
10
Letteralmente miscuglio , miscela.
8
caso Basco e Catalano ma anche del fatto che il tema era irrisolvibile pure dal punto
di vista democratico , così come lo era stato negli anni della dittatura. Il processo di
recupero democratico poteva essere solo globale, comprensivo di tutte le libertà che
la Repubblica aveva consacrato. L’opposizione democratica, nel dichiararsi erede
della legittimità repubblicana, doveva richiedere il recupero dei diritti e delle libertà
che la vittoria franchista aveva soppresso. La dittatura era, nella storia democratica
della nazione, un periodo apertosi con il sollevamento militare del 1936 e chiusosi
con le prime elezioni democratiche del 15 Giugno del 1977. Quindi, recuperare la
democrazia era anche recuperare la autonomia della Cataluña e del Paìs Vasco, così
come quella della Galicia, trattandosi di una libertà collettiva protetta nella legalità
repubblicana. Ma le cose andarono ben oltre le aspettative. Sulla lunga scia lasciata
dal ripristino dell’autonomia, a quelle Comunità definite storiche (Cataluña, Paìs
Vasco, Galicia), che già in passato avevano usufruito di questa accezione, si
introdussero riforme il cui scopo era il raggiungimento di un maggior grado di
decentralizzazione per tutte le regioni.
Il risultato fu che, a partire dalla costituzione del 1978, la Spagna si strutturò come
uno Stato delle Autonomie, che in termini di diritto comparato, equivarrebbe ad uno
Stato a struttura quasi federale.
Dopo un’accurata analisi della costruzione giuridica-costituzionale delle Comunità
autonome, della loro attuale posizione nell’ordinamento spagnolo e dell’ormai noto
crescente dinamismo, il lavoro verterà sulle politiche attuate dal governo Popolare di
J. L. M. Aznar nei confronti delle autonomie, con particolare riguardo
9
all’atteggiamento verso il problema Basco. Con il preciso intento di tentare un’analisi
riguardo la positività o meno dell’azione di Aznar, verso uno sviluppo maggiore dello
Stato Autonomico
Altro argomento d’interesse sarà il modo in cui è stato affrontato dalla stessa
amministrazione, l’eterno problema del plurietnismo e del plurilinguismo, ancora
presente in Spagna.
Il terzo punto di riflessione riguarderà l’attualità. Si analizzerà l’opera sviluppata
dall’attuale capo di governo spagnolo, J. L. R. Zapatero e del suo governo socialista.
In particolare, dopo una breve analisi delle politiche autonomiche attuate dal PSOE,
il punto focale sarà sui due temi più in voga in Spagna; la contrattazione bilaterale
della tregua con l’ETA e la riforma de El Estatut de la Catalunya.
È noto che, il problema del nazionalismo basco e del suo braccio armato, l’ETA , è
una della maggiori spine nel fianco di tutti i Governi succedutisi nella recente storia
democratica della Spagna. Per una migliore comprensione dell’argomento, sarà
opportuno analizzare il diverso atteggiamento tenuto dal governo Popolare e da
quello Socialista, il successo o meno delle politiche dell’uno o l’altro schieramento,
basandosi non solo sui risultati concreti ottenuti nella lotta al terrorismo basco, ma
anche sull’efficacia di metodi e mezzi utilizzati, legislativi e non.
Nel sottolineare le differenze che vi sono state tra i governi di Aznar e Zapatero, e
nel tracciare il quadro del comportamento personale dei due leader, ampio spazio
verrà dedicato alle enormi incongruenze presenti in tema di politica delle autonomie.
10
L’argomento delle autonomie, infatti, con tutte le probabili evoluzioni, ha creato
aspre polemiche e accesi dibattiti parlamentari sopratutto per quanto riguarda il
problema Basco e la riforma dello Statuto Catalano, polemiche e dibattiti di cui sarà
dato conto.
Dopo una visione globale delle due Comunità autonome principali (Catalogna e
Paese Basco), della loro nascita e soprattutto del loro inquadramento legislativo nella
Costituzione spagnola del 1978, atta a coglierne le sfumature presenti, sia nelle
analogie che nelle differenze, sarà opportuno parlare degli attriti e delle paure
derivanti dalle loro spinte autonomistiche. In secondo luogo, sarà evidenziato il loro
differente impatto nel contesto politico spagnolo post-franchista, analizzando la forte
componente socialista presente nella Catalunya e attualmente parte del governo
Zapatero, fino ad arrivare alla nascita e alla messa al bando del Partito” Herri
Batasuna “ nel Paìs Vasco.
Il discorso pur dedicando maggior spazio alla Catalogna e al Paese Basco,
comprenderà alla fine, tutte le Comunità Autonome, in modo tale da evidenziare le
differenze che vi sono tra esse, nonché le differenze strutturali fra l’ordinamento
autonomistico spagnolo e quello italiano, in fase di evoluzione costituzionale.
11
CAPITOLO I
L’ATTUAZIONE LEGISLATIVA DELLE AUTONOMIE
1.1 Profili organizzativi dello Stato Spagnolo:tra federalismo asimmetrico e
autonomie.
La Constituciòn Española del 1978 aveva fornito gli strumenti per far diventare la
Spagna uno Stato funzionalmente federale: esso in breve tempo, è infatti divenuto
uno degli stati più decentrati nel panorama europeo.
Non bisogna però dimenticare che l’avvio del processo di costruzione dello Stato
delle autonomie risultava segnato dalla volontà di autogoverno che in passato
avevano espresso alcune comunità territorialmente identificate. Alla stregua delle
cosiddette Comunità storiche quasi tutte le altre province della Spagna, sull’onda
della dinamica di emulazione e facendo ricorso ai meccanismi dispositivi, hanno
ottenuto l’accesso all’autonomia, sotto vari profili, configurando la struttura
territoriale globale della mappa delle autonomie spagnole.
In verità la questione risulta assai più complessa, poiché, nonostante il fatto che la
dinamica innescatasi abbia lanciato tutte le Comunità Autonome in una sorta di
12
competizione, nella realtà, non risulta possibile l’equiparazione perfetta fra tutte le
Comunità.
Il paragone assoluto non sembra possibile, non solo sotto il profilo materiale, e quindi
anche demografico e geofisico, ma neppure sotto quello giuridico-costituzionale,
poiché esistono dati strategicamente collocati nel testo della Costituzione che
rendono impossibile l’equiparazione assoluta.
Bisogna a tale proposito osservare che molte delle differenze di solito intese come
costitutive di “fatti differenziali giuridicamente rilevanti”
11
non sono effettivamente
tali; molte di queste, infatti, non poggiano su un fondamento costituzionale, diretto o
indiretto, ma sulla manifestazione di una concreta “volontà politica differenziale”
12
.
Si tratta, in sostanza, dell’espressione di una volontà politica, che anche se
pienamente legittima e sviluppata all’interno dei canali democratici, trova una sua
traduzione politica nella dinamica pattizia, espressa , in primo luogo, dagli Accordi
politici Autonomici che hanno animato il processo evolutivo dello Stato delle
autonomie.
In definitiva, anche se la Costituzione non stabiliva quale sarebbe stato il punto di
arrivo del processo, e di conseguenza il modello di Stato territorialmente composto
prefigurato (né Stato regionale né Stato autonomico o federale), essa conteneva nella
sua struttura regolativa alcune disposizioni che, pur nell’ipotesi in cui tutta la Spagna
si fosse ristrutturata accogliendo nel proprio seno una struttura territoriale
11
J. Sole Tura, Nacionalidades y nacionalismos en España autonomías, federalismo, autodeterminación , Madrid,
Alianza , 1985
12
Ibidem pag. 64
13
comparabile a quella dello Stato federale, l’equiparazione, per la presenza di alcuni
fatti che sono desumibili dalla Costituzione, sarebbe stata pressoché impossibile.
In questa fase storica e da questo punto di vista, quindi, la Spagna ha cominciato a
guardare non solo ai federalismi come modelli teorici classici, ma anche a quei
modelli federali che sono riusciti ad ottenere una coniugazione adeguata fra
l’equiordinazione costituzionale delle parti, cioè delle province, degli stati, dei
Läender, con il “tutto”, cioè con lo Stato federale, nel rispetto di alcune situazioni
particolari che non possono essere esportabili in altre comunità.
In tale prospettiva, la Spagna, nell’ultima tappa dello sviluppo autonomico, ha
guardato, e guarda tuttora, a modelli di federalismo asimmetrico: al caso belga, che si
propone di far coesistere due o tre comunità etnico-linguistiche nella stessa struttura
federale, ed a quello canadese, che ha problemi di ordine costituzionale con la
Provincia francofona del Quèbec, che sostiene una forte volontà di autogoverno (fino
a proporne la secessione nelle forme referendarie): va sottolineato però che, sotto il
profili quantitativo, si tratta in ambedue i casi di far coesistere due o tre comunità
mentre in Spagna ne esistono molte di più.
All’inizio la Spagna ha anche guardato all’Italia come Stato regionale. Tuttavia,
l’esperienza italiana, per molti aspetti, risultava insufficiente a risolvere il problema
spagnolo nella prima fase di sviluppo dello Stato delle autonomie.
In primo luogo, perché in Spagna esisteva una volontà di autogoverno che andava al
di là di quella che si è conosciuta in Italia e, in secondo luogo, perché i costituenti
spagnoli erano consapevoli di avere di fronte una realtà plurinazionale,