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Introduzione
Il percorso per giungere alla prima Opera di Puccini, Le Villi, parte dallo studio della
sua dinastia che per ben 150 anni è stata protagonista della storia musicale di Lucca.
Conoscere le varie traversie che questa famiglia ha attraversato, partendo da quel
lontano settecento, come la povertà, le morti improvvise dei musicisti di casa Puccini
e la tenacia delle donne di questa famiglia, compresa la madre del nostro Maestro, ci
fa capire quanto essere dotati di alcune capacità artistiche non sia ragione sufficiente
per diventare grandi personaggi ma che lo studio continuo e il sacrificio per
raggiungere l’obiettivo siano la ricetta giusta per giungere a tali risultati, come dire:
geni si diventa non si nasce. La scelta di analizzare la prima opera di Giacomo
Puccini è nata dalla curiosità di scoprire le ragioni per le quali quest’opera è poco
conosciuta e quindi poco rappresentata. Non può lasciarci indifferente che già le
critiche contemporanee ci aveva presentato un Giacomo Puccini capace e, diciamo in
germe, già pronto a creare capolavori. L’opera ha al suo interno la novità per quel
tempo dell’elemento ballo che sappiamo fare il suo ingresso nel mondo della lirica
ottocentesca, non piø come intermezzo del melodramma, ma come parte dello
spettacolo lirico. Interessante è lo studio del periodo storico in cui nacquero le Villi
nonostante il momento letterario sia legato al decadentismo. La scia della
Scapigliatura lombarda si porta dietro ancora validi argomenti che vengono piø volte
sfruttati in varie arti. Se poi ci inoltriamo nella Milano musicale, abbiamo sulle scene
ancora Verdi, indiscusso sovrano del melodramma. Nonostante la sua pausa sia
durata piø di un decennio, la sua carriera non subisce arresti. La Scapigliatura, per
mano di Arrigo Boito, rivoluzionerà i codici del melodramma dando a questo una
nuova grammatica. La letteratura, insieme con la poesia, la pittura e il nascente
cinema ci traghettano verso il nuovo secolo, lasciandoci un’eredità che è ancora
terreno fertile per soggetti artistici. Analizzando drammaturgicamente le Villi
abbiamo l’impressione che il contenuto sia di poco spessore: una vicenda d’amore
non corrisposto che ci porta a un finale tragico e fantastico. In una virtuale messa in
scena dell’opera potremmo riscoprire quanto questa sia attuale. Lo studio delle varie
interpretazioni suggerite dagli studiosi sia musicologi sia letterati, critici ed altri, ci
daranno risposta dei vari argomenti che affronteremo.
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Prima Parte
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Da Giacomo a Giacomo: cenni alla
dinastia musicale dei Puccini
La famiglia Puccini da oltre centocin-
quanta anni era stata presente sulla scena
musicale di Lucca. Questa città, per merito
della sua posizione geografica, della sua
storia politica, del suo innato senso di con-
servazione (uno per tutti le sue mura), ha
favorito la crescita di una serie di eccel-
lenze in campo musicale
1
, come Nicolao
Dorati (1513-1593), Cristofano Malvezzi
(1547-1597),Gioseffo Guami (1542-1612),
Giovanni Lorenzo Gregori (1663-1745),
Francesco Barsanti (1690-1772), France-
sco Geminiani (1687-1762), Luigi Bocche-
rini (1743-1805), Alfredo Catalani e, ap-
punto, la dinastia dei Puccini. Di
quest’ultima fu iniziatore Giacomo senior
(1712-1781), figlio di Jacopo e Caterina
Domenici, abitanti in Celle; rimasto or-
fano all’età di quattro anni insieme con la
madre e il fratello Michele furono accolti
dallo zio, reverendo Domenico, che abi-
tava a Lucca. Grazie al sostegno econo-
mico dello zio chierico i due fratelli fu-
rono indirizzati: Michele alla carriera ec-
clesiastica e Giacomo iniziò a Lucca gli
studi musicali per poi perfezionarli a Bo-
logna alla scuola di Giuseppe Maria Carretti
2
. Qui conobbe Padre Gio-
vanni Battista Martini al quale fu legato da una rispettosa amicizia (ma-
noscritti di Giacomo senior si trovano nella biblioteca di Padre Martini).
A Lucca nel 1739 Giacomo senior fu nominato maestro della Cappella di
Palazzo, e nel 1740 organista della Cattedrale di San Martino, succedendo
1
Michele Girardi, Giacomo Puccini, L'arte internazionale di un musicista italiano, Marsilio
Venezia, 1995, p.16.
2
Giuseppe Maria Carretti (1690-1774) compositore, accademico filarmonico, maestro di cap-
pella di San Petronio a Bologna, insegnante di Giovanni Battista Martini.
Giacomo Puccini senior
Angela Piccinini
8
a Giuseppe Montuoli. Un curioso aneddoto sullo
stipendio di Puccini direttore musicale della Se-
renissima Repubblica di Lucca c’è fornito da
Adami:
3
Ora avvenne che avendo egli saputo che il suo
stipendio era perfettamente uguale a quello del
Boia, chiese che la retribuzione fosse, almeno
simbolicamente aumentata ed ottenne che un pa-
nino da un soldo venisse aggiunto al suo mensile,
tanto per mantenere le debite distanze tra il car-
nefice e l’organista del Duomo.
Giacomo senior si distinse come compositore di
musica sacra e profana, organizzatore e concer-
tatore. Dal 1748 compilò un diario musicale importante per la conoscenza
della sequenza di eventi musicali che si
avvicendarono in città, nel periodo della
sua attività. Sposato con la musicista An-
gela Piccinini (1722-1794), ebbe da lei ot-
to figli. Di questi solo Antonio Benedetto
Maria (1747-1832) fu l’unico che soprav-
visse. Egli ricalcò le orme del padre. An-
che per lui lo zio chierico, Michele, che
aveva sempre coabitato con il fratello, si
fece garante di un prestito che servì per
mandare Antonio a completare gli studi a
Bologna sotto la guida dello stesso Carretti
e dell’abate Zanardi. Nel 1771 fu ammesso
all’Accademia Filarmonica con la prote-
zione di padre Martini. Nel 1772 Antonio,
prima con l’incarico di aiutante, poi con il titolo di sostituto, affiancò il
padre nella mansione di maestro della Cappella di Palazzo e in quella di
organista della cattedrale di Lucca. Fu anch’egli compositore di musica
sacra
4
, tasche
5
, composizioni per la festa di S. Croce e concerti per le
3
Riportato in Giuseppe Adami, Il romanzo della vita di Giacomo Puccini, Rizzoli, Milano,
1942, p.14.
4
Si ha notizia di un Requiem (1779) in suffragio dell’Imperatore d’Austria Giuseppe II Cfr.
Gustavo Marchesi, Puccini la vita, le immagini, Grafiche Step, Roma, 2007, p.7.
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A Lucca, nel settecento, erano famosi i compositori di musica sacra, infatti, nella città si pre-
sentavano molte occasioni di mettere a frutto la loro capacità di comporre. Non erano molto ri-
cercati dagli impresari teatrali, che importavano da fuori le compagnie per l’intrattenimento
delle facoltose famiglie nobili lucchesi. Unica occasione, per cimentarsi nella musica profana,
era la cerimonia delle Tasche. Nel corso di queste cerimonie si eleggevano gli Anziani della
Serenissima Repubblica Lucchese. Tasche erano anche denominate le cantate composte su te-
Antonio Puccini
Caterina Tesei
9
chiese lucchesi, sue committenti. Antonio fu testimone nella sua lunga vi-
ta delle trasformazioni musicali avvenute in Lucca, finchØ le vicende poli-
tiche Europee non le mutarono
6
. Durante gli studi a Bologna, Antonio co-
nobbe la bellissima Caterina Tesei (1747-1818), anche lei musicista
7
, e la
sposò nel 1771. Dalla loro unione nacque Domenico Vincenzo (1772 -
1815) che seguì lo stesso percorso di studi dei suoi avi; all’Accademia di
Bologna fu allievo di Stanislao Mattei
8
, che lo educò nella tecnica con-
trappuntistica sfoggiata in seguito nelle composizioni dedicate a Papa Pio
VII
9
. Domenico padroneggiò anche un nuovo campo musicale, quello o-
peristico, per il quale studiò a Napoli
10
. Dal 1799 al 1805 la vita musicale
in Lucca andò avanti a scosse, fino a che, con l’avvento dei Baciocchi,
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fu soppressa la Cappella di Palazzo, che esisteva da due secoli e mezzo,
gettando nello sconforto i musicisti lucchesi. Proprio a questa mancanza
di punti di riferimento, oltre che probabilmente a una certa inclinazione
personale, è dovuta l’eccentricità della figura di Domenico, rispetto agli
altri compositori della sua famiglia; è l’unico a cimentarsi in piø generi,
dalla musica sacra a quella da camera, dall'opera
12
al concerto. La sua at-
tività di concertatore è legata alla direzione presso il teatro di corte (gen-
sti che inneggiavano alla libertà della democrazia e alla moralità. Giacomo, Antonio e Dome-
nico come maestri di Cappella della Serenissima Repubblica di Lucca e direttori della Cappella
Palatina scrissero per le Tasche.
6
Nel 1799 arrivarono i francesi, e dopo un alterno avvicendarsi politico Lucca diviene un prin-
cipato napoleonico sotto l’egida dei Baciocchi (1805-1814.)
7
Proveniente da una famiglia bolognese di musicisti (Angelo e Valerio Tesei), era una valente
compositrice e suonatrice di organo; leggiamo di lei sullo Zibaldone del violinista sodale
(compagno-socio) dei Puccini, abate Chelini: bravissima suonatrice di Piano-Forte, fu d’essa che
portò in Lucca l’arte, la maniera e, il portamento della mano per eseguire con facilità le sonate piø diffi-
cili, delle quali cose in Lucca non ve n’erano idea alcuna. Anche la sorella di Domenico, Isabella, è
stata una celebre pianista; di lei sappiamo che dava lezioni di musica negli educandati di Luc-
ca.
8
Stanislao Mattei (1750 –1825) insegnò anche a Rossini e Donizetti.
9
Ne è un esempio Domini est Terra a sedici voci con due orchestre, Laudate pueri ed Ecce
Sacerdos.
10
Gli studi di Napoli lo perfezionarono sul bel canto; ne sono un esempio, i suoi Salmi per vo-
ce e orchestra.
11
I Baciocchi si insediarono a Lucca nel 1805 per volere di Napoleone. Soppressero la Cappel-
la di Palazzo nell’ambito dei provvedimenti per il taglio della spesa pubblica. Domenico Puc-
cini fu nominato da Elisa Baciocchi, vera governante della città, maestro di Cappella da Came-
ra, istituita con l’intento di rianimare la musica in città. Elisa Baciocchi, amava molto l’opera
italiana e Domenico per compiacerla si cimentò nel genere operistico, a quel tempo piø popo-
lare e redditizio. Il regno dei Baciocchi terminò nel marzo 1814 quando il congresso di Vienna
consegnò la Toscana ai Borboni di Parma.
12
Compose le opere: Frecce d’Amore, il suo primo successo, un’opera pastorale,
L’Ortolanella (Lucca 1800), La scuola dei tutori (Lucca, Teatro Castiglioncelli 1813), Il trion-
fo di Quinto Fabio (Livorno, Teatro Floridi 1810) fu replicata a Bologna (1811) con la dire-
zione di un giovane di nome Rossini, La Moglie Capricciosa, Il Ciarlatano o I finti Savoiardi
(Lucca Teatro Castiglioncelli 1815) fu l’opera che lo fece salire alla ribalta.
10
naio 1807) del Matrimonio segreto di Cimarosa. M. Carner scrive di Do-
menico Puccini:
13
Lo stile di Domenico era caratterizzato da
una seducente vena melodica e da una tec-
nica estremamente fluida, qualità che gli
riuscì particolarmente utile nelle sue opere,
con la quale conseguì una fama pressoché
internazionale.
All’epoca Domenico era ritenuto erede di
Cimarosa, ma non ebbe il tempo per dimo-
strarlo, poichØ morì prematuramente a qua-
rantadue anni lasciando la moglie, Angela
Cerø (1778-1865) musicista dilettante, e tre
figli; Giacomo (1809-1819), Chiara (1811-
1889) e Michele. Quest’ultimo nacque il
27.11.1813 (dello stesso anno di nascita e-
rano anche Verdi e Wagner), apprese dal nonno (Antonio Puccini insegnò
sia al figlio Domenico sia al nipote Michele) i primi rudimenti musicali,
poi, come avevano fatto i suoi avi, frequentò il liceo musicale di Bologna
sotto l’insegnamento di Giuseppe Pilotti e di seguito al Conservatorio di
Napoli. Sebbene non abbia brillato per originalità, fu un compositore di
una certa qualità, come scrive Mosco Carner:
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Compositore accademicamente rispettabile ed eccelse nel severo stile
contrappuntistico e nell’uso di tutte le formule di scuola. Compose un
Ecce Sacerdos in forma di canone con trentadue parti reali composto per
Pio IX in occasione della visita a Lucca il 15 agosto 1857.
La sua fama è legata soprattutto all’attività di didatta e teorico; si devono
a lui due libri che trattano l’insegnamento dell’armonia e del contrap-
punto. Rientrato dopo gli studi nella città natale, ereditò dal padre
l’incarico di organista della cattedrale, Michele nel 1862 assunse anche la
direzione dell’Istituto Musicale, che dal 1842 aveva riunito in sØ le varie
scuole musicali della città
15
. Dalla moglie Albina Magi (1813-1884), di
diciassette anni piø giovane di lui, sorella del suo ex allievo Fortunato
13
Mosco Carner, Giacomo Puccini, biografia critica, Il Saggiatore, Milano, 1961, p.38.
14
Ivi, p. 39.
15
Nel 1943 cambiò il nome in Istituto musicale Luigi Boccherini; oggi è anche sede della bi-
blioteca che conserva una vasta raccolta di musiche di autori lucchesi in varie epoche, compre-
se quelle dei Puccini. Cfr. Mosco Carner, op. cit., p.30.
Domenico Puccini
11
Magi
16
, ebbe nove figli
17
. Michele morì a cinquantuno anni (1864), e la
sua morte prematura suscitò molto cordoglio: Giovanni Pacini pronunciò
l’elogio funebre, nel quale viene ricordato il piccolo Giacomo, che allora
aveva cinque anni:
il tenero garzoncello, solo superstite ed erede di quella gloria che i suoi
antenati ben si meritano nell’arte armonica e che forse potrà egli far ri-
vivere un giorno […]tutta questa desolata famiglia appartiene alla pa-
tria nostra. Chi potrebbe abbandonarla? In Dio la fede, in voi la pietà.
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Gli anni che seguirono furono amari: il prestigio dei Puccini non corri-
spondeva alle condizioni finanziarie che, dopo la morte del capofamiglia,
erano ridotte a settantadue lire di pensione (circa seicentoquindici euro
odierni), e a una casa non troppo confortevole nel centro di Lucca, in via
Del Poggio. Come in ogni buona famiglia si misero in moto le parentele
dei Cerø e dei Magi, che contribuirono a tamponare la precaria situa-
zione economica.
16
Fortunato Magi (Lucca 1839-Venezia1882), insegnante di Composizione all’Istituto Musica-
le di Lucca nel 1872, nel 1874 si trasferì alla scuola musicale di Ferrara, nel 1876 fondò il Li-
ceo Musicale della Spezia, nel 1877 divenne direttore del conservatorio di Venezia.
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La famiglia di Michele era composta oltre che dalla giovane moglie dai figli: Otilia (1851-
1923), Tomaide (1852-1917), Temi (1853-1854), Maria Nitteti (1854-1928), Iginia (1856-
1922) (si farà suora con il nome di Suor Enrichetta), Giacomo (1858-1924), Ramelde (1859-
1912), Macrina (1862-1870) e infine, tre mesi dopo la morte del padre nacque, Domenico Mi-
chele (1864-1891), anch'egli musicista.
18
La citazione è nel testo di: Giuseppe Adami, op. cit., p.15.
Lucca