4
Introduzione
L’incontro con Cecità e più in generale con Saramago è avvenuto in maniera del tutto
casuale e sin da subito si è rivelato folgorante, come non potrebbe essere altrimenti di
fronte ad uno scrittore di tale spessore.
Mentre leggevo sentivo il desiderio e insieme il bisogno di far conoscere il libro e la
sua storia a quante più persone possibili, così ne suggerivo la lettura a chiunque mi
chiedeva un consiglio per la lettura. Questo però non era sufficiente, il mio bisogno non
era appagato, in qualche modo volevo e dovevo raccontare quelle vicende
splendidamente narrate.
In quel periodo gli studi universitari avevano stimolato in me un forte interesse per il
teatro e avendo notato che Cecità si sarebbe prestato molto ai meccanismi
rappresentativi dell’arte teatrale, decisi di unire i miei interessi per il teatro al desiderio
di divulgare le pagine del romanzo. Iniziai, così, a scrivere ciò che poi è diventato il
copione per un’ipotetica rappresentazione scenica di Cecità. Benché senza esperienza
nel campo della scrittura teatrale, trovai nel romanzo tutto il materiale che mi serviva,
Saramago offriva infatti ottimi spunti per didascalie e scenografie
1
e mi dicevo che il
trucco stava nell’immaginarsi tutto quanto: palco, attori e persino il pubblico, così, non
senza difficoltà, riuscii a portare a termine il copione.
Tutto quel lavoro, nato per puro interesse personale, si è rivelato uno spunto per la
tesi, nella quale si analizzano due versioni per il teatro del romanzo di Saramago. La
prima è la versione del regista e attore parmense Gigi Dall’Aglio, messa in scena per la
1
Nel mio copione consultabile in appendice appare, a pagina 51, una didascalia che riporta queste parole:
“La moglie del medico ricoprirà le gambe del ladro, dopo aver passato una mano sulla fronte di
quest’ultimo si dirigerà verso la branda del marito”. Nel testo di Saramago è il narratore a descrivere
questo momento con queste parole: “La moglie del medico abbassò con cura la coperta, poi, con un gesto
lieve e rapido, gli sfiorò con la mano la fronte […] La moglie del medico tornò alla propria branda”.
5
prima volta al teatro San Giorgio di Udine nel 2004, di cui si analizzeranno, fra le altre
cose, allestimento scenografico, tecnica di recitazione e scelte registiche. La seconda si
basa sul copione da me scritto e consiste in una serie di ipotesi registiche per la
rappresentazione.
Le due versioni sono precedute da un’analisi strutturale del romanzo, utile a
comprendere meglio le scelte fatte dal regista emiliano e le ipotesi da me fornite per la
rappresentazione. È bene precisare però che l’intenzione non è, e non è mai stata il
confronto, ho svolto il mio lavoro sempre nel massimo rispetto, non poteva essere
altrimenti, verso un grande scrittore e un grande regista. L’ipotesi scenica da me
avanzata è l’insieme di idee registiche e scenografiche frutto di sensazioni prettamente
personali.
6
Capitolo 1. Cecità
1.1 Introduzione
Il romanzo Cecità di Josè Saramago
2
esce in Italia, edito da Einaudi nel 1996, è la storia
di un uomo che, seduto in macchina in attesa che il semaforo scatti sul verde, diventa
cieco. Questo sarà l’inizio di una vera e propria epidemia, denominata mal bianco, che
si espanderà inesorabilmente a tutta la città e all’intero Paese. Il contagio tuttavia, non
vedrà immediatamente e simultaneamente coinvolte tutte le persone, così il Governo
della nazione (Saramago, in questo come in altri romanzi, non specifica mai nomi di
città o nazioni, né tantomeno di persone) prenderà provvedimenti rinchiudendo i primi
malati in strutture riconvertite allo scopo. Uno di questi luoghi di detenzione (l’uso di
questo termine non è casuale), teatro dei fatti che coinvolgono i personaggi protagonisti
del romanzo, è un ex manicomio. I reclusi, in attesa di una cura e al fine di evitare nuovi
contagi, vengono completamente isolati dal mondo esterno e, sorvegliati costantemente
da un drappello di soldati, sono riforniti di cibo e beni di prima necessità, almeno
all’inizio.
2
Josè se Sousa Saramago (Azinhaga, 16 novembre 1922 – Tìas, 18 giugno 2010) è stato uno scrittore,
poeta e giornalista portoghese, insignito del Premio Nobel per la Letteratura nel 1998. Dal 1955 al 1971
lavora presso la casa editrice Cor. Nel 1969 si iscrive al Partito Comunista Portoghese conciliando
militanza politica e attività letteraria, prende parta alla Rivoluzione dei garofani alla quale seguì un lavoro
presso il ministero delle Comunicazioni Sociali. Viene nominato direttore vicario del Diario de Noticias
di Lisbona, nel 1975 abbandona tale incarico per dedicarsi completamente alla scrittura, nello stesso anno
esce L’anno mille993 opera che lo fece conoscere ai critici letterari. Nel 1977 viene pubblicato Manuale
di pittura e calligrafia ma la fama internazionale arriverà solo nel 1982, all’età di sessant’anni, con la
pubblicazione del Memoriale del convento, da questo momento ogni opera sarà un successo
internazionale. Nel 1984 viene pubblicato L’anno della morte di Riccardo Reis nel 1986 La zattera di
pietra, nel 1988 sposa Pilar del Río la cui presenza diverrà fondamentale per Saramago. Il 1991 è l’anno
de Il Vangelo secondo Gesù in cui lo scrittore rimarca la sua posizione nei confronti della religione e
soprattutto dell’istituzione ecclesiastica, lo scontro che ne segue coi poteri della chiesa portoghese, porta
lo scrittore ad un esilio volontario sull’isola di Lanzarote. La sua attività letteraria continua a essere
intensa, dal 1994 e per i successivi cinque anni scrive I quaderni di Lanzarote, il 1995 è l’anno di Cecità
cui seguono La caverna nel 2001, Saggio sulla lucidità nel 2004 e Caino nel 2009. Biografia tratta da:
http://it.wikipedia.org/wiki/Jos%C3%A9_Saramago, (28/12/2011) e J. Arias, Josè Saramago: l’amore
possibile, Barcelona, Editorial Planeta, 1999.
7
I personaggi, tutti ciechi eccetto una donna che si finge non vedente per poter stare
vicina al marito medico, dovranno orientarsi, nutrirsi, curarsi qualora ce ne fosse il
bisogno e svolgere tutte le attività quotidiane, senza sperare nel minimo aiuto
dall’esterno. Ogni giorno, da un altoparlante, i militari scandiscono un lungo elenco di
norme che regoleranno la vita all’interno dell’edificio, cui tutti sono soggetti. Regole
rigide, lontane da ogni logica umanitaria, spacciate per necessarie al fine di tutelare i
reclusi e l’intera comunità. Curiosamente i compagni di camerata e sventurati
protagonisti di queste vicende, sono tutti ex pazienti del medico oculista i quali, qualche
giorno prima, si sono incrociati nel suo studio quando ancora nulla si sapeva del mal
bianco. Solo uno di loro è, a sua insaputa, la prima vittima dell’epidemia e per questo,
per tutto il romanzo, sarà indicato come il primo cieco. Ci sono poi: la moglie di
quest’ultimo (moglie del primo cieco), il medico e sua moglie (la moglie del medico), il
ladro, la ragazza dagli occhiali scuri, il ragazzino e il vecchio con la benda nera. Come
già detto la moglie del medico è l’unica del gruppo in grado di vedere, ma solo lei e suo
marito e in un secondo momento i loro compagni, sono a conoscenza di questo fatto.
Nel giro di poco il manicomio si riempie di nuovi ciechi e contemporaneamente i
rifornimenti diventano sempre meno frequenti. Qualsiasi tipo di aiuto viene negato, si
verificano casi di malattie e decessi, molti dei quali causati dai soldati sorveglianti, che
temono i ciechi come si temono gli appestati e toccherà ai reclusi occuparsi del
seppellimento dei cadaveri. In un’escalation di violenze, un gruppo di ciechi malvagi
prenderà il comando del manicomio, saranno loro, d’ora in avanti, a gestire il poco cibo
che arriva, costringendo tutti gli altri a pagare, prima con soldi o gioielli poi, nel caso
delle donne, con il proprio corpo. Questo è il preludio a una rivolta che sfocerà in un
incendio. Il gruppetto di ciechi protagonisti, guidato da colei sembra essere rimasta
8
l’unica vedente del pianeta, riuscirà a sfuggire alle fiamme e si ritroverà a vagare per la
città in cerca di cibo e acqua:
Raccolsero i loro averi, zaini, valigette, sacchetti di stoffa e di plastica, come se
partissero per una spedizione, ed era vero, andavano a caccia di cibo […] Lungo
la strada spuntavano altri gruppi, qua e là qualche persona da sola, accostati ai
muri c’erano uomini che alleggerivano la vescica dal bisogno mattutino, le donne
preferivano il riparo delle automobili abbandonate. Rammolliti dalla pioggia, gli
escrementi, qua e là, avevano invaso tutta la strada
3
.
In fine giungeranno a casa del medico e di sua moglie, qui “fu dunque a una specie di
paradiso che giunsero i sette pellegrini […] paralizzati dall’inatteso odore della casa, ed
era semplicemente l’odore di una casa chiusa”
4
. Al riparo fra le quattro mura, poco a
poco e uno dopo l’altro i ciechi recupereranno la vista, ma rimarranno in loro i dubbi sul
come, ma soprattutto sul perché, siano diventati ciechi. Una risposta in verità la offre la
moglie del medico la quale, nell’ultimo dialogo con il marito dice: “secondo me non
siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo sempre stati […] Ciechi che, pur vedendo,
non vedono”
5
. Queste parole finali delineano e riassumono perfettamente la sostanza
stessa di tutta l’opera che, per dirla con le parole di Francesca Borrelli
6
, è la prima
“tavola del polittico sulla condizione umana […] in cui l’autore portoghese alludeva alla
catastrofe della ragione”
7
. È un’istantanea chiara, indubbiamente cruda, di una società
che ha perso la bussola dell’etica, una società “in cui non si conosce lo scopo della vita,
né il motivo per cui si muore”
8
.
Cecità fu accolto con molto clamore dalla critica italiana e internazionale e se la
strada che porta al Nobel, Saramago la stava percorrendo già da tempo, questo romanzo
gli ha consentito di avvicinarsi ancor di più e a tutto merito, all’assegnazione del
3
J. Saramago, Cecità, Torino, Einaudi, 2008 (1996), p. 215.
4
Ibid., p.259.
5
J. Saramago, op. cit., p. 315.
6
Francesca Borrelli lavora come critica letteraria alla redazione del quotidiano “Il Manifesto”.
7
F. Borrelli, Biografi del possibile,Torino, Bollati Boringhieri, 2005, p. 25.
8
J. Arias, Josè Saramago: l’amore possibile, Barcelona, Editorial Planeta, 1999, p. 4.
9
prestigioso premio. Fra le motivazioni dell’assegnazione del Nobel, che arriva nel 1998,
non mancano riferimenti e citazioni al testo, a riprova di quanto detto:
A recent novel adds appreciably to Saramago’s literary stature. It was published in
1995 and has the title “Blindness: a novel”. Its omniscient narrator takes us on a
horrific journey through the interface created by individual human perceptions
and the spiritual accretions of civilisation. Saramago’s exuberant imagination,
capriciousness and clear-sightedness find full expression in this irrationally
engaging work. “Do you want me to tell you what I think, Yes, do, I don’t think
we did go blind, I think we are blind, Blind but seeing, Blind people who can see,
but do not see.” […] Saramago’s idiosyncratic development of his own resonant
style of fiction gives him a high standing. For all his independence, Saramago
invokes tradition in a way that in the current state of things can be described as
radical. His oeuvre resembles a series of projects, with each one more or less
disavowing the others but all involving a new attempt to come to grips with an
elusory reality
9
.
In questa storia “di dimensioni quasi metafisiche”
10
in cui la cecità è rivelatrice di
verità, “in un gioco di contrasti che si ricollega ad una sorta di seduzione per il
paradosso”
11
, ecco venire a galla tutti i mali e le nefandezze del potere, portati alla luce
dall’ottusità di un popolo cieco.
La cecità del romanzo è la metafora della mancanza di ragione nei rapporti umani
[…] la loro cecità rappresenta quella della mente […] Di contro c’è l’altra
violenza, quella del potere che rinchiude i diversi. Rinchiudere è un tentativo di
frenare. Ma inutile […] Il governo, qualunque esso sia, è il grande cieco di una
società cieca. L’unica cosa che può fare è esercitare il potere, in forme legali e in
altre non troppo legali. A qualunque governo è necessaria la cecità del popolo.
Siamo sempre al panem et circenses. Oggi sono la tv e il calcio. È assurdo vedere
un Paese che si paralizza per una partita. Significa che c’è una società malata,
cieca, che aspetta come i protagonisti del libro aspettano il cibo e per il cibo si
scannano
12
.
9
In http://www.nobelprize.org/nobel_prizes/literature/laureates/1998/press.html, (02/01/2012).
10
I. Creati, M. Pamio, Saramago. Un nobel per il Portogallo. Atti del convegno internazionale. Penne
1998, Chieti, Edizioni Noubs, 1999, p.38.
11
Ibid., p.56.
12
In
http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/action,viewer/Itemid,3/page,
0019/articleid,0647_01_1996_0161_0019_8843654/, (02/01/2012).
10
1.2 Dentro il testo
Saramago è uno scrittore che deve confrontarsi con il mondo, le sue opere vivono di ciò
che lo circonda e “non capisce come un autore possa impegnarsi solo con i suoi testi e
non con la società in cui vive. Con questo atteggiamento […] ha creato un universo
romanzesco originale, indispensabile per approfondire le frustrazioni del nostro
tempo”
13
. E Cecità non è certo escluso da questo discorso.
A una lettura attenta risultano elementi di grande contemporaneità e attualità. Dentro
il romanzo si trovano il mondo della politica con tutto il suo marciume e tantissima
violenza, elemento contemporaneo ma forse, più in generale, simbiotico alla razza
umana. Si tratta della violenza dei governi verso i propri cittadini, dei forti verso i
deboli, delle immagini e del linguaggio. Coloro che dovrebbero tutelare i nostri
interessi, perché è in nostro nome che esercitano le loro funzioni, sono fra i primi ad
essere demonizzati. Il Governo, che è un vero e proprio personaggio del romanzo, al
buio (o meglio al bianco) di questa cecità, manifesta tutta la sua prepotenza e una
preponderante attitudine a realizzare gli interessi di pochi in un trionfo di egoismo
oligarchico
14
. Tuttavia c’è sempre spazio per la speranza
15
, incarnata spesso nella figura
13
J. Arias, op. cit., p. 4.
14
Nel testo non mancano riferimenti a quanto detto e una o più citazioni si sarebbero rivelate fuori portata
rispetto allo spazio qui concesso. Tuttavia di seguito sono indicate alcune pagine di Cecità in cui trovare
riferimenti a sostegno di quanto espresso: p.43, p.105, p.106, p.190.
15
Saramago ha più volte spiegato come, nonostante la cupezza e i toni apocalittici presenti in molti dei
suoi libri, la speranza così come l’amore, sia sempre presente e possibile. È lo stesso autore che in
un’intervista rilasciata a Giuliano Capecelatro e pubblicata sul quotidiano L’Unità il 29 Settembre del
1999, quando il giornalista afferma che anche in cecità il pessimismo lascia sempre uno spiraglio, lo
scrittore portoghese ribatte: Infatti il romanzo si apre a una doppia interpretazione. Nella scena finale la
moglie del medico […] guarda verso un cielo che le appare bianco, e può suggerire l’incombere della
cecità; ma poi abbassa lo sguardo e conclude: la città è qui. E, in fondo, non sta guardando soltanto la
città, ma anche il lettore. Tutto resta aperto. Perché i concetti fondamentali: bene, male, Dio, Diavolo,
sono in noi, sono nostre acquisizioni. Sta all’uomo scegliere se continuare a fare quello che ha sempre
fatto o battere nuove strade. Più in generale, è lecito chiedersi se i giovani diventeranno adulti come noi, o
a un certo punto troveranno il modo di riflettere e uscire dal circolo vizioso che li porterebbe a perpetuare
gli stessi errori.
11
femminile, lo scrittore portoghese infatti non ha mai nascosto la sua predilezione per il
gentil sesso. Non a caso è una donna a guidare i malcapitati verso la salvezza.
Le figure femminili nei miei libri risultano sempre positive, è un fatto non voluto
ma mi viene in modo naturale perché se penso alla storia del mondo vedo che chi
ha creato tanto male è stato l’uomo. Nelle donne sento invece uno spiraglio di
salvezza. Ma non so se saranno sufficienti per salvarci. Ci salverà solo la capacità
di usare razionalmente la ragione, non possiamo continuare a usare la ragione
come elemento distruttore
16
.
Come si avrà avuto modo di notare nella precedente citazione, il vero, grande problema
è la ragione: Saramago non si fida della ragione dell’uomo. La stessa ragione che sì, ci
ha permesso di conquistare molte frontiere nei più svariati campi delle arti e delle
scienze, ma allo stesso tempo ci ha portati a inventare le macchine di tortura e i campi
di concentramento.
L’uomo è l’unico animale capace di crudeltà. Sì, nel mondo animale si divorano
fra loro, ma lo fanno soltanto per sopravvivere, non certo per crudeltà. Noi uomini
ci siamo inventati le torture e ogni altra efferatezza. La mente può raggiungere
livelli sublimi, quando scrive la Divina commedia, che certo è opera di un uomo e
non di un animale, però è anche capace di sprofondare a livelli bassissimi
17
.
Per Saramago è come se l’uomo non fosse in grado di tollerare il peso della propria
intelligenza, in quanto, tale consapevolezza, richiederebbe comportamenti e gesta cui
non siamo in grado di ottemperare
18
.
Ci salverà solo la capacità di usare razionalmente la ragione, non possiamo
continuare a usare la ragione come elemento distruttore. Non mi serve a niente
che mi dicano che grazie alla ragione siamo arrivati sulla Luna, non voglio sapere
nulla della Luna, io voglio sapere come attraverso la ragione posso arrivare
all’altro e insieme risolvere i problemi dell’uomo. Abbiamo i mezzi e non li
usiamo, di fronte al male e alle ingiustizie ci siamo fatti mettere addosso una
corazza di indifferenza e tutto da quando l’uomo da cittadino è stato trasformato
16
In
http://archiviostorico.unita.it/cgibin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=/archivio/uni_1996_06/19960613_00
26.pdf&query=cecit%C3%A0%20saramago, (06/01/2012).
17
In
http://archiviostorico.unita.it/cgibin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=/golpdf/uni_1999_09.pdf/30CUL01A
.pdf&query=saramago%20cecit%C3%A0, (04/01/2012).
18
Cfr. J. Arias, op. cit., p. 40, passim.
12
in un consumatore. C’è qualcosa che si è perso in questo processo e non so
quando riusciremo a recuperarlo di nuovo
19
.
La crisi della ragione apre la strada all’indifferenza, sentimento molto radicato nella
civiltà contemporanea e che rimanda a un grande paradosso: nell’era del villaggio
globale
20
rinchiudersi in se stessi e voltare le spalle a tutto sembra essere una naturale
reazione a quanto ci sta succedendo.
I personaggi di Cecità sperimentano il demone dell’indifferenza prima su se stessi e
poi verso gli altri. Inizialmente subiscono gli effetti della reclusione ad opera del
governo e dell’esercito, pur mantenendo, grazie alla moglie del medico unica vedente
rimasta, uno stato di dignità tutto sommato accettabile (conservando la vista è come se
avesse conservato anche i sentimenti più nobili dell’animo umano). Il protrarsi delle
ingiustizie però, la fame e le violenze subìte, finiscono per piegare anche lei che è stata
un faro per gli sventurati dispersi nel mare dell’indifferenza. Per salvare il marito e gli
altri compagni deve infatti cedere all’egoismo e alla violenza, arriverà così a uccidere il
capo dei ciechi violenti all’interno del manicomio e terrà nascosto il magazzino pieno di
cibo, che grazie alla sua vista aveva scoperto, quando per strada i ciechi si uccideranno
per un pezzo di pane a causa della carestia.
Avrebbe potuto, giunta all’uscita, voltarsi verso l’ingresso e gridare, C’è da
mangiare in fondo al corridoio, una scala conduce al magazzino del sotterraneo,
approfittate, ho lasciato la porta aperta. Avrebbe potuto farlo, ma non lo fece.
Aiutandosi con la spalla, chiuse la porta, continuava a ripetersi che era meglio
tacere
21
.
Anche se, proseguendo subito dopo nel testo si può pensare che la decisone di chiudere
la porta derivi da un atteggiamento di altruismo “s’immaginava cosa sarebbe accaduto, i
19
In
http://archiviostorico.unita.it/cgibin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=/archivio/uni_1996_06/19960613_00
26.pdf&query=saramago%20cecit%C3%A0, (04/01/2012).
20
M. McLuhan, in http://it.wikipedia.org/wiki/Villaggio_globale, (06/01/2012).
21
J. Saramago, op. cit., p.223.
13
ciechi ad accorrere come pazzi […] sarebbero rotolati giù per le scale, calpestati e
schiacciati da quelli dietro”
22
, il pensiero che balena per la mente della donna
immediatamente dopo, toglie ogni dubbio “e quando il cibo sarà finito potrò tornare per
dell’altro, pensò”
23
. Ad ammonire il suo comportamento è anche la voce narrante:
La moglie del medico si buttò dietro le spalle tutte quelle preoccupazioni e si
lanciò in una corsa forsennata, inciampando, spingendo, atterrando, in un si salvi
chi può severamente criticabile, perché non è certo questo il modo di trattare delle
persone cieche, sventurate lo sono già abbastanza
24
.
Provando quindi a riassumere le tematiche principali che muovono quest’opera di
Saramago, si può dire che è l’insopportabile peso della ragione, che grava sull’uomo, a
generare indifferenza e violenza, l’indifferenza alimenta il disinteresse, da parte del
popolo, per la cosa pubblica e per le attività dei governi, i quali possono perpetrare
nell’esercizio dell’ingiustizia, alimentando così altra violenza in un circolo vizioso
senza soluzione.
Dopo aver discusso le tematiche del romanzo, si passerà ora all’analisi dello stile
narrativo, dei personaggi e del rapporto con lo spazio perché, è bene ricordarlo, lo
studio strutturale dell’opera narrativa qui proposto, va considerato in relazione alla
trasposizione della stessa nel campo teatrale e questi quattro elementi (temi, spazio,
linguaggio e personaggi) sono, a mio avviso, i punti cardine di un costrutto
drammaturgico.
22
J. Saramago, op. cit., p.223
23
Ibid.
24
J. Saramago, op. cit., p.224