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INTRODUZIONE
Le
persone
sono
l’unica
risorsa
viva
e
inesauribile,
per
città,
stati
e
regioni,
sempre
a
disposizione
di
chi
abbia
voglia
di
dialogare
con
loro.
Esse
vivono
e
respirano
il
territorio,
lo
abitano,
lo
raccontano,
così
come
lo
percepiscono,
nel
suo
insieme.
A
fronte
dello
sviluppo
delle
tecnologie
mobile
e
delle
piattaforme
social
e,
a
fronte
della
stringente
competizione
globale,
si
è
reso
necessario
ripensare
le
pratiche
del
marketing
territoriale,
in
un’ottica
multidisciplinare.
Nel
tempo,
ai
primi
strumenti
di
analisi
della
temperatura
ambientale,
quali
l’analisi
SWOT
o
l’analisi
Benchmark,
ad
esempio,
hanno
iniziato
ad
affiancarsi
altre
pratiche,
utili
ad
affrontare
questo
cambiamento.
In
particolare,
si
è
iniziato
a
parlare
di
una
sociologia
del
marketing.
Da
qui,
alla
figura
dell’esperto
di
brand,
hanno
iniziato
ad
affiancarsi
esperti
della
comunicazione,
etnografi,
sociologi
e
antropologi.
Si
è
capito
che
il
territorio
è
un
fatto
sociale.
Esso
ha
un’identità
e
una
storia,
è
composto
dalle
persone
che
lo
a bitano,
e
da
loro
ne
è
influenzato.
Per
questo
motivo,
ai
tradizionali
modelli
di
marketing,
il
B2B,
Business
to
B usiness
e
il
B2C,
Business
to
C onsumer,
per
intenderci,
si
è
sostituito
il
modello
H2H,
Human
to
H uman.
Questo
modello,
seppur
coniato
in
tempi
recenti
da
Bryan
Kramer,
era
stato
già
concepito,
nel
2009,
da
Gianpaolo
Fabris
nel
suo
Societing.
L’Italia
arriva
sempre
in
ritardo,
com’è
noto,
ma
mai
concettualmente.
A
distanza
di
sei
anni,
il
dibattito,
in
Ita lia,
ha
raggiunto
l’apice
della
salienza,
e
si
è
ormai
affermata,
tra
gli
addetti
ai
lavori,
l’idea
che
una
buona
strategia
di
marketing
non
può
avere
come
obiettivo
unico
quello
del
profitto,
ma
la
costruzione
di
un
dialogo
genuino
e
sincero
con
la
comuni tà.
La
comunicazione,
di
certo,
non
dovrebbe
mai
essere
complessa;
essa
dovrebbe
essere
semplice
e
umile,
e
i
marketers
di
oggi
dovrebbero
essere
soprattutto
umani.
Per
questo
motivo,
le
persone,
sono
il
primo
fattore
da
stimolare
e
da
interrogare
quando
s i
vuole
costruire
un
brand
territoriale
forte
e
soprattutto
sostanzioso.
I
Social
Media ,
in
questo
senso,
possono
essere
una
soluzione.
Essi
hanno
fornito
la
possibilità
ad
alcune
persone
di
uscire
dall’anonimato
sociale.
Perché
non
dovrebbe
essere
lo
stesso
per
i
territori?
È
parere
di
chi
scrive
che,
se
si
forniscono
i
giusti
6
contenuti
alla
comunità,
se
la
si
stimola
ad
interagire
con
i
contenuti
e
a
raccontarli,
se
si
incanalano
questi
contenuti
sulle
giuste
piattaforme
e
con
gli
strumenti
giusti,
allora
forse
potrebbe
esserci
una
speranza,
anche
per
i
territori,
di
uscire
dall’anonimato,
o
da
certi
pregiudizi
atavici
che
spesso
li
caratterizzano.
In
questa
sede,
il
lettore,
troverà
interessante
approfondire
determinati
aspetti
di
questo
cambiamento.
Nel
primo
capitolo
parleremo
di
senso
d’identità,
d’immagini,
di
reputazione
e
di
esperienza,
e
vedremo
come
questi
concetti
sono
stati
trattati
da
alcuni
filosofi
moderni,
per
meglio
comprendere
come,
a
fronte
dei
cambiamenti
ambientali
di
oggi,
essi
si
siano
evoluti.
È
dal
recupero
del
senso
dell’identità
attraverso
l’uso
d’immagini,
di
contenu ti,
costruiti
sinergicamente
con
la
comunità,
che
è
possibile
costruire
una
reputazione
attorno
ad
un
territorio,
e
creare
esperienze
positive
dirette
e
mediate.
Parleremo
anche
di
Genius
Loci
come
‘Spirito
del
Luogo’,
e
scopriremo
che,
per
comprenderlo,
s arà
necessario
usare
uno
sguardo
strabico ,
attento
sia
a
ciò
che
avviene
sul
territorio,
sia
a
quelle
pratiche
sommerse
che
abitano
il
sottosuolo:
i
pensieri,
i
sentimenti,
le
emozioni
della
comunità,
ovvero
le
ragioni
forti
della
terra.
Nel
secondo
capito lo
affronteremo
nel
dettaglio
l’evoluzione
delle
pratiche
del
marketing:
come
questa
disciplina
è
arrivata
alla
consapevolezza
di
doversi
riorganizzare.
In
particolare,
scopriremo
che
il
conseguimento
di
una
vincente
destination
brand
reputation ,
non
è
un
processo
top
down,
e
che
la
vera
sfida
oggi,
all’interno
di
questa
gara
planetaria
a
chi
attrae
più
risorse,
è
agire
per
lo
sviluppo
sociale
e
sostenibile
del
territorio.
Non
è
una
gara
“a
somma
zero”,
come
nel
tennis,
in
cui
un
punto
vinto
fa
perdere
un
p unto
all’avversario,
ma
è
come
nel
golf,
una
gara
in
cui
ognuno,
tiro
dopo
tiro,
cerca
di
migliorare
il
proprio
punteggio.
I
territori
devono
essere
ripensati,
e
per
farlo
c’è
bisogno
di
chiavi
di
lettura
interessanti.
Non
stiamo
parlando
dei
pacchetti
pe rsonalizzati,
e
lo
approfondiremo
nel
terzo
capitolo,
che
differenziano
l’offerta
complessiva,
affinché
si
adatti
alle
esigenze
del
singolo
fruitore.
Se
finora
si
è
pensato
di
dover
semplificare
l’offerta
per
meglio
promuoverla
e
renderla
attrattiva,
oggi
si
è
capito
che,
per
quanto
semplificata
sia,
essa
sarà
sempre
complessa,
poiché
in
sé
avrà
sempre
un’identità
e
una
storia.
L’unico
modo
per
rendere
interessanti
l’identità
e
la
storia
di
un
luogo,
è
convincere
le
persone
a
raccontarsi
nel
modo
giusto.
Sa per
raccontare
i
giusti
contenuti,
vuol
dire
dare
un’immagine
positiva
alla
sostanza,
e
vuol
dire
attirare
quelle
risorse
esterne
necessarie
7
per
lo
sviluppo
sostenibile
del
territorio.
Stimolare
il
locale,
incoraggiarlo,
convincerlo
a
partecipare
con
il
pr oprio
contributo,
con
le
singole
e
giuste
azioni
quotidiane,
porterà
ad
un
riposizionamento
del
brand
territoriale
all’interno
della
competizione
globale.
Chiaro
è
che
quei
territori
che
hanno
già
un
marchio
forte
e
riconosciuto
positivamente
faranno
pochi
sforzi,
gli
altri
dovranno
impiegare
il
doppio
delle
energie.
Per
questo
motivo,
insieme
all’”Assessorato
alla
Cultura
e
al
Turismo”
della
“Regione
Calabria”,
e
insieme
all’“Assessorato
alla
Cultura”
del
Comune
di
Catanzaro
si
è
deciso
di
fare
un
passo
av anti
in
questa
direzione.
Cosa
manca
alla
Calabria?
Perché
le
altre
regioni
e
gli
altri
Paesi
godono
di
una
certa
reputazione,
di
un
prestigio,
che
alla
Calabria
manca,
o
che
gli
viene
scarsamente
riconosciuto?
Perché
continuiamo
a
vederla
crollare
in
fond o
a
tutte
le
statistiche?
Qual
è
il
cancro?
Dobbiamo
affidarci
ai
luoghi
comuni
o
possiamo
andare
oltre?
Esistono
altre
criticità,
oltre
a
quelle
già
note,
cui
è
possibile
porre
rimedio
con
un
po’
più
d’attenzione?
Queste
le
domande
che,
nel
giugno
2014,
sono
state
sottoposte
all’attenzione
delle
Istituzioni
regionali.
Se
esistono
in
Calabria
delle
ragioni
su
cui
non
è
possibile
intervenire
dal
basso,
o
almeno
non
nel
breve
periodo,
ne
esistono
delle
altre
che
è
possibile
governare
strategicamente,
e
quest e
sono
le
persone,
il
loro
senso
di
appartenenza
e
le
loro
azioni
sul
territorio.
Questa
terra
amara
e
aspra,
così
come
la
si
definisce,
è
anche
la
culla
della
Magna
Graecia,
è
anche
la
terra
che
ospita
il
kilometro
più
bello
d’Italia,
è
anche
la
patria
di
una
serie
di
inesauribili
risorse
naturali
e
di
esperienze
umane
di
qualità.
La
Calabria
che
si
conosce,
poiché
il
brand
esiste,
è
forte,
ed
è
riconosciuto
anche
a
livello
globale,
non
è
l’unica
Calabria
possibile.
È
solo
raccontata
male,
da
un
giornalism o
che
sceglie
la
comodità
degli
stereotipi
alla
fatica
di
un’analisi
senza
pregiudizi.
Essa
non
sembra
aver
trovato
ancora
una
narrazione
ancorata
all’evidenza
storica,
che
sappia
dare
conto
di
questo
suo
fallimento
e
che
sia
la
premessa
indispensabile
di
un
possibile
riscatto.
L’analisi
portata
avanti
in
questa
sede
è
frutto
di
un’intensa
attività
giornalistica
portata
avanti
per
dieci
mesi
sul
territorio.
Questo
non
è
altro
che
un
canto
d’amore.
Quelle
che
si
leggeranno,
sono
le
parole
di
una
persona
che
questa
terra
non
l’ha
mai
abbandonata,
e
che
conta
d’investire
le
proprie
risorse
per
potersene
riappropriare
e
per
darle
il
giusto
prestigio
che
essa
merita.
È
pensiero
comune
che
ad
aver
soffocato
il
meridione
siano
state
le
sue
stesse
classi
dirigenti,
una
minoranza
privilegiata
di
stessi
meridionali,
che
hanno
usufruito
di
privilegi
a
scapito
di
chi
invece
ne
ha
pagato
e
continua
a
pagarne
lo
scotto.
Allora
8
perché
non
ripartire
proprio
dalle
classi
dirigenti
per
rimbastire
un
dialogo
con
la
comunità?
Il
primo
passo
in
questa
direzione
è
stato
quello
di
convincere
le
Istituzioni
Pubbliche
a
fare
un’autoanalisi
del
proprio
operato,
e
per
farlo
si
è
pensato
di
somministrare
alla
comunità
uno
di
quei
questionari
di
soddisfazione
che
di
solito
si
compilano
al la
fine
di
un
evento,
o
di
una
mostra,
per
far
capire
alle
persone
che
si
è
disposti
ad
ascoltarle,
per
far
capire
che
qualcosa,
ai
vertici,
si
sta
muovendo.
Il
secondo
passo,
quindi,
è
stato
quello
di
stimolare
un
dialogo
sincero
tra
istituzioni
e
comunit à.
Siamo
scesi
in
campo,
e
siamo
andati
ad
intervistare
Dirigenti,
Assessori,
operatori
culturali
e
cittadini
per
meglio
comprendere
i
motivi
di
questa
difficoltà
di
dialogo.
Si
è
capito
che
anche
le
buone
iniziative
portate
avanti
dai
governanti,
passano
nell’ombra
per
via
di
un
senso
di
paura
e
sfiducia
atavici
che
contraddistinguono
la
comunità
calabrese.
Comunicare
loro
con
la
massima
trasparenza,
far
comprendere
loro
che
si
è
disposti
a
dialogare
e
ad
ascoltare
è
la
chiave,
a
parere
di
chi
scrive,
che
porterà
allo
sviluppo.
Vedremo,
in
ultimo,
qualche
iniziativa
portata
avanti
a
livello
istituzionale
in
quest’ultimo
periodo,
per
ovviare
a
dette
criticità,
sempre
nella
convinzione
che
il
business,
fine
a
se
stesso,
non
genera
emozioni.
Le
persone
sì.
9
I
PARTE
#H2H:
HUMAN
TO
HUMAN
10
CAPITOLO
I
CECI
N’EST
PAS
PLACE
BRANDING
<<
Place
Branding
links
place
identity
with
projected
and
perceived
images
through
communication
and
experience
1
>>.
Introdurre
un
argomento
tanto
dibattuto
come
il
place
branding
non
è
materia
facile.
Per
farlo
ci
si
servirà
di
tre
concetti
fondamentali:
l’identità,
l’esperienza
e
l’immagine.
Il
rapporto
tra
l’individuo
nella
sua
essenza,
il
suo
comportamento
e
l’immagi ne
esterna
che
ne
deriva,
costruita
in
base
alle
proprie
percezioni
e
a
quelle
degli
altri
individui,
è
l’assunto
di
base
che
introduce
il
nostro
ragionamento.
Comprenderlo
equivale
a
prendere
coscienza
dell’importanza
della
propria
integrità
sopra
ogni
al tra
cosa;
solo
così
sarà
possibile
governare
l’opinione
pubblica.
Facciamo
adesso
un
passo
indietro,
un
passo
molto
lungo,
perché
il
dibattito
sull’identità
e
sull’immagine
ha
origini
lontane,
di
qualche
secolo.
1
R.
Govers,
F.
Go,
Place
Branding ,
Palgrave
Macmillan,
New
York,
2009,
p25.
Trad:
Il
Place
Branding
unisce
l’identità
di
un
luogo
con
le
immagini
proiettate
e
percepite
di
esso
attraverso
la
comunicazione
e
l’esperienza.