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Fenomeno sociale e di costume, fenomeno economico, ma anche fenomeno
linguistico: il calcio infatti, in quanto sport nazionale, ha anche un suo particolare
lessico che viene usato quotidianamente dagli addetti ai lavori e dai milioni di
appassionati, ma che è conosciuto di riflesso anche da quanti non seguono
regolarmente questo sport, proprio in virtù della sua grande diffusione, del fatto che
molto spesso prende i suoi termini dalle più varie scienze e attività umane, ed anche
per una sua, seppur limitata, espansione nella lingua comune
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.
Una lingua speciale, dunque, discussa per primo da Giacomo Devoto nel suo
saggio Lingue speciali: le cronache del calcio, apparso sul primissimo numero della
rivista “Lingua Nostra” (1939: 17-21), saggio che costituisce un vero e proprio punto
di riferimento dal quale si sono sviluppati tutti gli studi successivi in materia.
Devoto, infatti, fu il primo ad analizzare la lingua del calcio, elencando anche i
requisiti ai quali questa deve obbedire (1939: 19):
La lingua che descrive una partita deve infatti: avere un minimo di tecnicismo
corrispondente alle possibilità e alle abitudini degli appassionati; sapere trasferire su
un piano fantastico e emotivo l’algebra scacchistica dei movimenti del pallone che
non possono esser evidentemente riferiti con un seguito di ventidue sigle quanti sono
i giocatori; corrispondere alla mentalità agonistica talvolta guerresca ed epica, del
gioco di squadra in lotta per uno scopo da raggiungersi a qualsiasi costo; contenere i
limiti ragionevoli di questa bellicità e questa epicità, per il motivo sottinteso che
dopo i 90 minuti siamo tutti quanti cittadini inoffensivi.
Chiunque legga, anche saltuariamente, le cronache calcistiche che appaiono sulle
varie testate, sportive e non, potrà facilmente constatare come i punti indicati da
Devoto caratterizzino ancora oggi, a 68 anni di distanza, il linguaggio calcistico.
Tra gli altri studi sulla lingua del calcio bisogna sicuramente ricordare il
lavoro di Carlo Bascetta che, all’interno de Il linguaggio sportivo contemporaneo,
del 1962, dedica ampio spazio al lessico calcistico, oltre a quelli più brevi di
Lanfranco Caretti, Mario Medici, Giuseppe Francescato e Luciano Graziuso, tutti
apparsi sulle pagine di “Lingua Nostra”, la nota rivista fiorentina che dal 1939
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Si vedano, a tale proposito, locuzioni come salvarsi in calcio d’angolo o prendere in contropiede,
entrate ormai stabilmente nella lingua comune.
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accompagna la storia dell’italiano con vivace attenzione anche al linguaggio
sportivo.
Il primo studio, quello di Caretti (1951), è dedicato ai rapporti fra la
terminologia calcistica straniera e quella italiana; quello di Francescato (1972) si
concentra invece sulla spinosa questione del genere grammaticale delle squadre
sportive, mentre quello di Graziuso, il più recente (1973), analizza alcuni termini
“nuovi” entrati a far parte della terminologia calcistica nel periodo compreso tra il
1970 e il 1973.
Tuttavia, colui che più di ogni altro si è dedicato all’analisi della lingua
speciale del calcio pare essere stato Mario Medici, autore di alcuni saggi, brevi ma
decisamente ricchi ed interessanti, pubblicati sempre sulla rivista “Lingua Nostra”.
Tra questi vale certamente la pena di ricordare Dalle cronache del calcio (1959: 24-
26), nel quale lo studioso passa dall’argomento degli <<etnici>>, usati per designare
le squadre di calcio ed i loro componenti, a quello delle locuzioni, dei modi di dire e
delle metafore usate e abusate da quanti descrivono e raccontano questo sport.
Da notare come Medici sia anche l’ideatore del Glossario di linguaggio
sportivo, risalente al 1965, definito dallo stesso autore <<una raccolta di termini
correnti e della fraseologia usuale, con riguardo anche ad alcuni aspetti del
giornalismo sportivo>>. Il libro si avvale tra l’altro del ricco repertorio di voci
contenute nello studio di Bascetta e al suo interno trovano posto numerosissimi
termini appartenenti al sottocodice calcio.
Altre pagine molto interessanti sull’argomento sono state scritte da Giulio
Nascimbeni nel suo saggio intitolato proprio La lingua del calcio e pubblicato
all’interno de Il linguaggio del giornalismo, volume a cura dello stesso Mario Medici
e di Domenico Proietti. Nel suo intervento Nascimbeni, oltre a soffermarsi anch’egli
sui numerosi luoghi comuni ai quali la lingua del calcio sembra non riuscire proprio
a sottrarsi, rimarca una volta di più che <<Nessun altro sport può competere con la
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popolarità del calcio, e quindi con la propagazione della sua terminologia>> (1992:
107).
Appare infine degna di attenzione la conclusione del lavoro dello stesso
Nascimbeni tutta dedicata ai “numeri del calcio”, ovvero alle pagelle e ai voti
assegnati ogni domenica dai giornalisti ai calciatori
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. Secondo l’autore infatti (1992:
115): <<I voti sono uno dei maggiori successi giornalistici della nostra epoca: il
lettore corre subito alle caselline delle pagelle, pronto ovviamente a discuterle dalla
prima all’ultima riga>>. Questi inoltre <<hanno avuto una loro evoluzione nel senso
che, per la partita più importante della domenica, accanto ai voti si leggono brevi,
motivati giudizi sulla prestazione di ogni singolo giocatore. Con l’aggiunta della
formula s.v., senza voto, per le riserve, dette anche romanescamente panchinari, che
sono entrate in campo per pochi minuti>>
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.
In un panorama tanto ricco non potevano mancare dei dizionari <<speciali>>
interamente dedicati al gergo calcistico. Nel presente lavoro ne sono stati analizzati
tre, due dei quali sono stati pubblicati, curiosamente ma neanche poi troppo, proprio
in occasione di due Campionati mondiali di calcio molto importanti per la nostra
nazionale.
Il primo, intitolato Dizionario del calcio italiano: mille parole da Abatino a
Zona Uefa, risale al 1990 (anno in cui l’Italia ha ospitato i Campionati del Mondo) e
fornisce, per ciascuna delle voci presente nell’agile volume, una definizione
sufficientemente esaustiva. Molto interessante è anche la premessa del libro nella
quale l’autore, Luca De Fiore, usa il termine calcese per designare la lingua speciale
del calcio, definita da lui stesso come <<un linguaggio, ma non a parte, non separato,
arricchito dal parlare quotidiano e dalla fantasia di chi, giorno dopo giorno, crea
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Questa prassi ormai comunissima, ha dato origine al fantacalcio, celebre gioco che consiste
nell’organizzare, attraverso l’”acquisto” di giocatori reali della serie A, squadre virtuali che si
affrontano settimanalmente in partite il cui esito è dato dalla somma dei voti assegnati dai quotidiani
sportivi ai singoli giocatori scesi in campo realmente quella domenica.
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Tra quanti hanno il compito di dare (e soprattutto motivare) settimanalmente i voti ai calciatori, vale
la pena di ricordare il giornalista televisivo Mediaset Paolo Ziliani e le sue “temute” pagelle, oggi tutte
raccolte in un libro scritto dallo stesso giornalista e intitolato per l’appunto Le pagelle di Paolo
Ziliani.
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nuove espressioni osservando ventidue giovanotti correre entusiasti dietro un
pallone>>. De Fiore aggiunge inoltre una considerazione più generale e ampiamente
condivisibile, secondo la quale <<il metalinguaggio del calcio si arricchisce
continuamente, mentre in genere il linguaggio tende oggi ad omologarsi e a
semplificarsi>> (1990: 6).
Lo scorso anno, invece, in occasione degli ultimi Campionati del mondo
disputati in Germania e vinti dalla nazionale italiana, è uscito il Dizionario del calcio
in sei lingue di Paolo Scotini, principalmente rivolto agli appassionati che
desideravano seguire dal vivo l’Italia in questa manifestazione internazionale. Nel
libro, infatti, l’autore ha raccolto ben 2500 voci <<provenienti dai campi di gioco>>
ognuna delle quali è consultabile in italiano, inglese, francese, portoghese, spagnolo
e tedesco.
Di tutt’altra natura, e con ben altre finalità, è stato invece scritto il dissacrante
Dizionario filosofico satirico polemico del gioco del calcio di Guido Guerrasio
(1967) che cronologicamente si colloca ben prima degli altri due e nel quale l’autore
si diverte a giocare con la variegata terminologia calcistica ed i suoi usi traslati delle
parole. Nel lavoro di Guerrasio, infatti, la finta non è più quella “mossa tesa ad
ingannare un avversario” ma, più poeticamente, una “bugia raccontata coi piedi”.
Allo stesso modo, il guardalinee passa dall’essere “colui che coadiuva
l’arbitro nell’azione di controllo dello svolgimento regolare del gioco” all’essere il
“collaboratore dell’arbitro, da questi confinato ai margini del campo, che non si
degna di recuperare il pallone uscito oltre la linea laterale a pochi centimetri dai suoi
piedi”. E l’azione del falciare, infine, non sarà più lo “sgambettare con violenza
l’avversario nel tentativo di fermarlo o di rubargli la palla”, ma piuttosto un “atto
contadinesco che in mancanza di adeguati strumenti e di erba alta può essere
effettuato con la propria gamba sulle tibie altrui”.
E’ comunque interessante sottolineare come, anche nelle conclusioni del
lavoro di Guerrasio, si metta in evidenza il fatto che <<la cognizione esatta del
giuoco del calcio, nelle sue infinite sfumature, è un attestato di vita moderna, comune
anche a coloro che ufficialmente non stanno al novero degli iniziati>> (1967: 146).
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Il calcio e la sua lingua sono stati, inoltre, oggetto di altre tesi di laurea, prima
tra tutte quella di Massimiliano Goattin, laureatosi nel 2005 presso l’Università degli
Studi di Padova con una tesi dal titolo La lingua del calcio nei quotidiani sportivi:
1954 e 2004 a confronto sulle pagine de La Gazzetta dello Sport, nella quale si mette
a confronto l’attuale lingua del calcio con quella di cinquant’anni fa esaminando due
edizioni de “La Gazzetta dello Sport” in una giornata di particolare rilevanza: quella
successiva alla conquista dello scudetto da parte dell’Inter nel 1954 e del Milan nel
2004.
Quella che Devoto definì “lingua speciale”, è stata indicata da altri studiosi
come “linguaggio settoriale” (Beccaria 1973) o anche “sottocodice linguistico”
(Berruto 1974), ma, come nota Alberto A. Sobrero nella sua Introduzione all’italiano
contemporaneo (1993: 237), tutti questi termini si riferiscono sostanzialmente allo
stesso fenomeno.
Ecco infatti la definizione di sottocodice fornita da Berruto (1974: 68):
Per sottocodice si intende una varietà del codice lingua caratterizzata da una serie di
corrispondenze aggiuntive, che cioè si aggiungono a quelle comuni e generali del
codice (soprattutto a livello lessicale), ed usata in corrispondenza a sfere e settori
definiti di attività all’interno della società e in dipendenza dall’argomento di cui si
parla. Sono sottocodici le cosiddette lingue speciali e le lingue tecniche e
scientifiche, le lingue «dei mestieri», ecc.: per esempio, la lingua della medicina, la
lingua dello sport.
[…]
I sottocodici sono caratterizzati da un proprio lessico e, anche se la fonologia e la
morfosintassi rimangono di solito identiche a quelle del codice, sono per questo
generalmente difficili od impossibili da decodificare dal parlante che non li
possegga, cioè dal parlante che non prenda parte o non sia in qualche modo in
contatto con le sfere di attività e di argomenti a cui i sottocodici sono attinenti e non
conosca le corrispondenze «nuove» poste dal sottocodice rispetto a quelle usuali del
codice. Un sottocodice in genere non è mai posseduto da tutti gli utenti di una data
lingua, ma solo da una parte.
Lo stesso studioso, inoltre, ricorre proprio all’esempio del lessico del calcio
per chiarire la sua definizione:
Un sottocodice ha quindi un suo lessico «speciale». Facciamo qualche esempio: se
parliamo di calcio, dello sport del calcio, non possiamo fare a meno di usare una
serie di termini che o hanno un significato speciale diverso da quello comune nel
codice lingua, o sono esclusivi di tale settore terminologico. Alla corrispondenza
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esistente nel codice lingua italiana fra il significante portiere ed il significato
«persona che sta a custodia di una porta», il sottocodice lingua del calcio aggiunge
la corrispondenza del significante portiere al significato «giocatore che sta a guardia
della rete ed è contrassegnato dal numero 1»; inoltre, sempre nella lingua speciale
del calcio, esistono corrispondenze tra significanti e significati non conosciute della
lingua comune: centravanti = «giocatore d’attacco che sta avanti in centro e reca il
numero 9», crossare = «eseguire un tiro spiovente ecc.», campione d’inverno =
«squadra in testa alla classifica alla fine della prima parte del campionato di calcio»,
ecc. ecc.
La caratteristica principale di ogni sottocodice/lingua speciale è quindi quella
di avere un lessico <<speciale>>, capace di denominare in modo inequivoco concetti
e attività che non ricorrono negli usi linguistici quotidiani. Pertanto, nelle pagine che
seguono, analizzeremo la formazione della lingua del calcio distinguendo i seguenti
procedimenti:
a) utilizzo di prestiti e calchi provenienti da una lingua straniera;
b) risemantizzazione di unità lessicali (monorematiche o polirematiche) già
usate nella lingua comune o in altre lingue speciali;
c) formazione di nuove unità lessicali (monorematiche o polirematiche)
mediante procedimenti morfologici;
d) utilizzo di sigle e accorciamenti.
Tuttavia a questi procedimenti è necessario aggiungere altre due componenti
molto importanti.
In primo luogo non si potrà ignorare il fondamentale contributo dato alla
lingua del calcio dal giornalista e scrittore Gianni Brera, autore di numerosissimi
neologismi ancora oggi in uso all’interno nel gergo calcistico (i quali troveranno
ampio spazio all’interno del presente lavoro), e bisognerà inoltre tener conto di tutti
quegli appellativi utilizzati nei giornali e nelle radio-telecronache calcistiche per far
riferimento ai componenti delle squadre di calcio che saranno analizzati nell’ultima
parte del lavoro.