7
INTRODUZIONE
In passato la vite (Vitis vinifera L., famiglia delle Vitaceae) era diffusa in tutto il territorio,
dall'Europa all'Asia, ma nel periodo delle glaciazioni si rifugiò nei territori del bacino del
Mediterraneo e nei territori asiatici. Crescendo in diverse condizioni ambientali, diede
origine a due sottospecie: Vitis vinifera L. subsp. sylvestris, in Europa e Vitis vinifera L.
subsp. sativa, in Oriente
1
(Buono, et al., 2002).
La coltivazione della Vitis vinifera sativa, usata per la vinificazione risale all’8000 a. C.,
con il primo centro di coltivazione nell’area del Caucaso. Successivamente si diffuse
verso Mesopotamia, Egitto, Grecia; da qui verso la Magna Grecia (Italia del Sud), sotto
l'influenza dei Greci e dei Fenici e, infine, dalla Francia verso il nord dell'Europa, sotto
l'influenza romana (Buono, et al., 2002).
Gli Etruschi coltivavano la V. vinifera sylvestris, presente in modo spontaneo nei boschi
e lungo le coste tirreniche (Ridgway, 1992), già prima della colonizzazione dei Greci. Il
contatto con il mondo greco e le colonie della Magna Grecia però, si rivelò fondamentale
per l’introduzione nel territorio italiano di nuovi vitigni orientali che contribuirono allo
sviluppo patrimonio ampelografico, che ancora oggi ci contraddistingue (Buono et al.,
2002). L’uso del vino nei riti religiosi attraverso il culto di Dioniso, Bacco per i romani,
favorisce la diffusione della vite in tutto il territorio (Van derMersch, 1994); infatti, nel
IV secolo Erodoto definì l’Italia meridionale con il nome di “Enotra”, terra del vino.
(Mazzanti, 2017).
Gli etruschi coltivavano le viti con sostegni vivi maritandole al pioppo e all'acero,
praticando una potatura biennale così da favorire la quantità rispetto alla qualità; furono
i greci dell’Italia meridionale ad introdurre una forma di allevamento a basso ceppo, con
potatura corta, garantendo così una maggiore qualità delle uve. Fu grazie ai Romani che
1
La V vinifera sylvestris è la sottospecie spontanea che cresce nei boschi, la V vinifera sativa è la
sottospecie che comprende le varietà coltivate denominate cultivar o vitigni.
8
si ebbe, su tutto il territorio, la diffusione della viticoltura, di nuovi vitigni, delle tecniche
di coltivazione e della vinificazione: le uve raccolte venivano pigiate e fermentate in
vasche in pietra (calcatorium) o orci di terracotta (dolia) e il vino era commercializzato
in anfore (Ubigli, et al., 2019). Il vino prodotto con queste tecniche doveva essere
consumato nell’arco di un anno, ma già dopo il I secolo a.C., per allungare i tempi
d’invecchiamento, fu introdotto l’invecchiamento in anfore poste in zone riscaldate. Fu
anche introdotta una prima etichetta (pittacium), a tutela della qualità e del consumatore,
che riportava il luogo di provenienza, il nome del produttore e del console in carica
(Mazzanti, 2017).
Già nei primi secoli dell’Impero cominciarono i primi sintomi della crisi della viticoltura,
a causa della concorrenza dei vini prodotti nelle altre province, della carenza di
manodopera qualificata e della diffusione del latifondo assenteista
2
da parte dei
proprietari terrieri; tutto ciò trova riscontro nell’abbandono dei vigneti e nel divieto di
effettuare nuovi impianti, sancito nell’editto di Domiziano nel 92 d.C.. Seguirono la crisi
politica, economica e istituzionale del tardo Impero e le invasioni barbariche, che ebbero
come conseguenza la quasi morte della viticoltura italiana (Mazzanti, 2017). La ripresa
avvenne nel VII secolo, grazie alla diffusione del Cristianesimo e alla funzione rituale del
vino; i monasteri, grazie ai lasciti e alle donazioni, si arricchirono molto e divennero i
principali centri di coltivazione della vite, la cui ripresa definitiva ci fu solo nel IX secolo,
grazie ai proprietari nobili che percepirono la possibilità di potersi arricchire con il vino
(Ubigli, et al., 2019). In ritardo, rispetto al resto d’Italia, fu la ripresa della viticoltura
nell’Italia Meridionale a causa della conquista araba e della conseguente proibizione
dell’uso di alcolici (Mazzanti, 2017).
2
Latifondo: grande estensione di terreno appartenente a un unico proprietario, coltivato con sistemi non
intensivi. Tanti padroni erano ‘assenteisti’, cioè non si occupavano direttamente della conduzione della
proprietà ma l’affidavano a degli amministratori limitandosi a riscuotere le rendite e vivendo spesso in città
lontano dalle terre.
9
Con l’ascesa della borghesia il consumo del vino divenne molto elevato, non più come
lusso ma come necessità: l’acqua della città è impura; quindi, per renderla bevibile viene
miscelata con il vino (Ubigli, et al., 2019). Con la fine della dominazione araba si
assistette ad un grande incremento della domanda di vino anche nell’Italia Meridionale:
furono impiantati nuovi vigneti, sorsero nuovi impianti di vinificazione e il vino prodotto
da “vitigni greci” fu esportato in tutta la penisola, grazie alla sua elevata dolcezza e alla
gradazione alcolica che lo rendeva meglio conservabile nel tempo.
L’espansione della viticoltura proseguì nel Rinascimento e in epoca moderna, grazie
all’aumentare degli studi, volti a migliorare le tecniche agronomiche ed enologiche e a
porre le basi per i progressi dell’ampelografia. Un passo fondamentale per tutta la
viticoltura fu fatto nel 1716 quando, con l’intenzione di tutelare la produzione di pregio,
legandola ad una specifica area geografica e ad una particolare tecnica di vinificazione,
furono istituite ante litteram le prime denominazioni d’origine (Chianti, Carmignano,
Pomino e Val’ d’Arno), che poterono essere usate solo per i vini prodotti nei comuni
compresi al suo interno (Mazzanti, 2017).
Nonostante ciò, agli inizi del XIX secolo, la viticoltura italiana apparve arretrata e
disorganizzata, rispetto ad altre realtà europee più aperte alle innovazioni in campo
agronomico ed enologico. L’arretratezza emerse, in tutta la sua gravità, al momento
dell’Unità d’Italia (17 marzo 1861), soprattutto a confronto con quella francese, molto
sviluppata. Grazie all’intervento di agronomi, enologi e imprenditori fu impostato un
programma di rinnovamento e ammodernamento che portò a una crescita della superficie
vitata e della produzione; ma proprio in questo momento ci furono devastanti
conseguenze dovute alla diffusione di oidio, peronospora e fillossera
3
. L’epidemia della
fillossera distrusse interi vigneti in tutto il territorio, portando a un tracollo della
produzione e dell’esportazione. La battaglia contro la fillossera fu vinta solo dopo la I
3
3 La Fillossera è un insetto di origine americana che arrivò in Europa alla metà del secolo scorso,
portando a morte interi vigneti.
10
Guerra Mondiale, grazie all’introduzione dei portainnesti americani; le conseguenze
furono comunque gravi per l’economia viticola, ma soprattutto per il patrimonio
ampelografico nazionale che subì gravissime perdite.
Dopo la II Guerra Mondiale, in relazione all'aumento dei consumi e nel tentativo di
risollevare l'economia nazionale, la viticoltura italiana conobbe una fase di grande
espansione: i vigneti furono rinnovati, aumentando la superficie vitata ma non la
produttività. Nei decenni successivi si assistette a una crescita della produttività, con un
calo delle superfici vitate, comunque controbilanciato da una crescita delle rese e quindi
della produzione enologica (Mazzanti, 2017).
11
LA VITIS VINIFERA
La vite è un arbusto rampicante con portamento irregolare nella sottospecie sylvestris e
determinato dal sistema di allevamento nella sottospecie sativa, avente fusto più o meno
sviluppato e rami rampicanti secondo le condizioni.
I germogli della vite si originano da 3 tipi di gemme: gemma ibernante, da cui si
sviluppano i germogli che portano i grappoli nella primavera successiva; gemma latente,
che rimane quiescente per diversi anni e da cui si possono sviluppare succhioni; gemma
pronta, che si sviluppa nello stesso anno in cui si è formata dando origine a femminelle.
I “rami”, originati dalle gemme, allo stato erbaceo sono definiti germogli;
successivamente alla lignificazione vengono detti tralci. Essi sono costituiti da internodi
e nodi, in corrispondenza dei quali si sviluppano viticci, infiorescenze e foglie. I viticci
sono organi opposti alle foglie, con sviluppo a spirale che permette l’ancoraggio dei
germogli ai fili di supporto; l’infiorescenza, portante fiori ermafroditi, darà origine al
frutto: l’acino. Esso è costituito dalla buccia, che serve a proteggerlo, dalla polpa ricca di
acidi, zuccheri e acqua, e dai vinaccioli, in numero variabile da 0 a 4. La foglia della vite
è palmata con 3 o 5 lobi, ha un margine dentato e si inserisce sul tralcio per mezzo del
picciolo. È costituita da una pagina superiore, generalmente glabra, e da una pagina
inferiore, ricca di stomi, con presenza variabile di tomento a seconda della varietà.
La vite è una pianta caducifoglie che entra in riposo vegetativo durante la stagione fredda.
La ripresa vegetativa ha luogo in primavera (fine marzo) con il pianto: si ha l’emissione
di essudati dalle ferite di potatura che stanno a significare la ripresa della circolazione
della linfa dopo il riposo invernale. Successivamente avviene il germogliamento
4
: le
gemme dormienti si rigonfiano provocando la divaricazione delle perule che poi cadono
4
L'epoca del germogliamento dipende dalle condizioni climatiche, dalla precocità del vitigno e del
portinnesto e dalla vigoria del ceppo. In Italia avviene dagli inizi di marzo, nelle regioni più calde e con
vitigni precoci, agli inizi di maggio, nelle regioni del nord con vitigni tardivi.
12
lasciando fuoriuscire i germogli. In seguito all'attività meristematica dell'apice vegetativo
e per l'allungamento degli internodi si ha la crescita dei germogli, la cui intensità dipende:
dalle condizioni idriche, nutrizionali e dalla disponibilità di azoto. La massima intensità
di crescita si verifica nel periodo precedente la fioritura (maggio-giugno) per poi cessare
tra luglio ed agosto. Sui germogli, parallelamente alla loro crescita, si ha lo sviluppo delle
foglie, dei cirri a livello dei nodi e delle femminelle, che si sviluppano dalle gemme pronte
a fine primavera e risultano fondamentali durante la fase di maturazione del grappolo per
l’accumulo di zuccheri in seguito alla fotosintesi. In estate avviene la lignificazione dei
tralci con il passaggio dalla struttura primaria alla struttura secondaria, l'ispessimento
della parete cellulare e l'accumulo delle sostanze nutritive di riserva nel parenchima del
legno secondario. Nei germogli, che si trovano all’interno delle gemme dormienti formate
l’anno prima, ci sono anche gli abbozzi fiorali: essi si iniziano a vedere sul germoglio
verso la fine di maggio in modo scalare (con inizio da quello basale). I grappoli sono
emessi a partire dal 3º-4º nodo dei germogli primaverili e la formazione del primo cirro
indica il limite massimo al di sotto del quale si formeranno i grappoli. Durante questo
periodo dagli abbozzi fiorali si è formata l’infiorescenza della vite e si ha la fioritura.
L’impollinazione autogama avviene all'interno dell'ovario.
All'impollinazione e successiva fecondazione segue l'allegagione: il passaggio da fiore a
frutto, a cui segue la fase erbacea: l’acino di colore verde cresce in dimensione e peso,
che termina fra la prima metà di luglio e la prima metà di agosto.
Segue l'invaiatura ovvero il cambiamento del colore: dal colore verde si passa
gradualmente al colore rosso/violaceo, dovuto agli antociani nelle uve rosse o al colore
giallo, dovuto ai carotenoidi nelle uve bianche. Infine, si ha la maturazione delle uve con
l’accumulo degli zuccheri, per traslocazione di essi dalle riserve nel legno e dalle foglie,
la riduzione dell’acidità totale e la comparsa dei sentori varietali.
L’epoca di maturazione inizia a settembre ma varia a seconda della regione, del clima e
della precocità del vitigno.