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INTRODUZIONE
“Per definire una figura come quella di
Carmen non è certo adatta la nozione di
personaggio, inteso come carattere,
psicologia, visto che ci troviamo piuttosto di
fronte ad un “topos” di rara forza
archetipica.”
La figura di Carmen racchiude in sé, nella sua forza di mito eterno, non solo un personaggio: la
sua trasgressività, lo sconcerto che essa provoca ai lettori e agli spettatori, non è fine a sé stessa.
Ogni suo tratto e caratteristica ci mostra un aspetto rilevante della mentalità, degli stereotipi,
degli usi e delle enormi diversità europee nel XIX secolo.
Il processo per cui si è arrivati alla creazione di una figura di tale impatto, è stato lungo e non
privo di ostacoli, come la scoperta di un mondo dapprima ignorato, quale era la Penisola iberica;
la concezione, sviluppatasi solo a partire dal XVIII secolo di femme fatale, in sostituzione della
figura della donna-angelo; il gusto, tipico barocco, per il diverso, l’esotico, che traspare
soprattutto dalle coinvolgenti musiche scritte da Bizet per l’opera, tratte da danze di derivazione
cubana.
Molti sono i presupposti alla nascita di questo grande mito e l’intento di questo saggio è,
appunto, quello di illustrarli al lettore in maniera tale da creare un percorso logico che egli possa
seguire.
Partendo dalla “riscoperta” dell’interesse nei confronti della Spagna durante il Romanticismo,
con la conseguente creazione di nuovi stereotipi, che si andarono ad affiancare a quelli più
negativi, radicati fin dai secoli precedenti; proseguiamo illustrando gli sviluppi
dell’immaginario collettivo legato alla figura della donna spagnola, analizzando le due diverse
opere (il romanzo di Prosper Mérimée e la successiva Opéra-Comique musicata da Georges
Bizet sul libretto di Meilhac e Halévy) dedicate a Carmen.
Il lavoro giunge, infine, alla conclusione, spiegando le ragioni per cui la famosa gitanilla è
diventata un mito che non smette di emozionare e di affascinare anche gli spettatori
contemporanei.
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CONTESTO STORICO E SOCIALE
Formazione e trasformazione dell’immagine della Spagna dal XVIII al XIX secolo
Fin dai secoli precedenti al 1700 l’immagine della Spagna nel resto dell’Europa era sempre
stata negativa o quantomeno ambivalente. A partire dall’epoca della Conquista
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della penisola
da parte dei musulmani, continuando con il Siglo de oro, della scoperta dell’America e della
colonizzazione di gran parte dei territori del centro-sud di questo nuovo continente, arrivando
fino al XVI secolo, l’idea che la maggior parte dei paesi europei aveva di questo stato/nazione
era legata a fenomeni di violenza, di arretratezza e di inciviltà.
Nell’immaginario collettivo la Spagna era il paese della brutale conquista dei territori
americani, che aveva assoggettato, schiavizzato e sfruttato al solo scopo dell’arricchimento della
casa regnante e della sua potenza; era il paese della lotta contro i mori per la Reconquista
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,
portata avanti con estrema efferatezza dai re cristiani (tra cui Felipe II
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); e, più recentemente si
era mostrata, durante il XVI secolo, dominata dall’oscurantismo religioso, dall’Inquisizione,
ovvero la Leyenda Negra
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. Era una Spagna poco civilizzata, legata ancora alla superstizione e al
fanatismo religioso, un territorio considerato completamente al di fuori dell’Europa, al di fuori
dell’Occidente progredito.
Proprio per questa sua raffigurazione completamente negativa, la Spagna non fu mai inclusa,
almeno fino al XVIII secolo, nel Grand Tour. Esso consisteva in un viaggio iniziatico,
intrapreso soprattutto da giovani appartenenti alle élites europee, e rappresentava un processo
educativo inevitabile, in particolare nell’avanzata Inghilterra.
<< ¿Para qué viajar a España? ¿Qué se le había perdido a un inglés culto y refinado en una nación tan
bárbara? ¿Qué se podía admirar? ¿Qué podía aprender aquí? La lista de motivos para no viajar a España
podía ser interminable: estancamiento cultural, atraso científico, falta de libertades intelectuales,
fanatismo, ambiente oscurantista (la sombra de la Inquisición), ausencia de personalidades de relieve (al
menos desde la perspectiva europea), enseñanza y universidades sumidas en el escolasticismo, de
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A partire dal 711, anno in cui i mori provenienti dall’Africa si fecero largo nella penisola iberica,
conquistando gran parte del territorio, ad eccezione di alcuni regni del nord, vicini alle montagne, in cui
sopravvissero monarchi cristiani.
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Dai primi anni del 1200 iniziò la liberazione della penisola dal dominio musulmano, da parte dei regni
cristiani e delle popolazioni del nord. La città che rimase più a lungo sotto il dominio dei mori fu
Granada, che fu governata dai nazarì dal 1232 al 1492, anno della definitiva liberazione.
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Noto per le pesanti repressioni e espulsioni dei moriscos, ovvero di coloro che, dopo la Reconquista,
continuavano a vivere secondo le usanze musulmane e mantenevano l’Islam come religione.
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Clima di intolleranza, tortura, incarcerazione e esecuzioni esacerbato dalla creazione dell’Inquisizione.
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espaldas a las aportaciones modernas… >>
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Qualcosa iniziò a cambiare nel corso del 1700, durante il secolo dell’Illuminismo. Spinti
dagli ideali illuministi, che mettevano il sapere, la conoscenza al primo posto nella scala dei
valori, alcuni viaggiatori decisero di includere nel proprio itinerario questo paese, praticamente
sconosciuto e ai margini dell’Europa “raffinata”, che li incuriosiva anche per via dell’alone di
mistero e di fascino esotico che lo circondava, ma anche per il recente risorgimento economico,
avvenuto grazie al monarca Carlos III. Si resero conto che a causa del dogmatismo filosofico, da
sempre radicato nei confronti della Spagna, mancava del tutto una visione attuale e veritiera del
paese. I visitatori erano scarsi, anche a causa della problematicità dei trasporti, dei cammini
tortuosi e impraticabili per le vetture, delle difficoltà di approvvigionamento e della totale
mancanza di assistenza sanitaria adeguata.
Influenzati dagli stereotipi già esistenti, tutt’altro che positivi, e aggiungendone altri basati
sull’esperienza del viaggio faticoso e sgradevole, i visitatori di questo secolo descrivevano una
Spagna decadente in ogni suo aspetto, dall’ambiente, al sistema politico, alla popolazione
stessa. Seguendo la moda dell’epoca si creò un archetipo dello spagnolo, il Dago: meschino,
traditore, capace delle più spregevoli bassezze, vendicativo, sadico e senza scrupoli. La
riscoperta di questo paese era stata, per gli illuministi, nient’altro che una conferma delle
opinioni e convinzioni già presenti in Europa nel corso dei precedenti secoli. Non vi era niente
di apprezzabile e per cui valesse la pena sopportare tanti disagi, tutto ciò che avevano attorno
era “selvatico” e completamente al di fuori dei criteri della Ragione e della cultura dei paesi
avanzati. Vivevano ogni realtà che si trovavano di fronte con un senso di superiorità: sebbene
affascinati, in parte, da questa totale mancanza di civiltà, erano d’altro canto inorriditi e
infastiditi da questo paese illiberale e dai costumi privi di morale.
Il primo cambiamento del punto di vista nei confronti della Spagna si ebbe nei primi anni del
XIX secolo, in particolare a partire dal 1808, anno in cui il paese subì l’invasione da parte
dell’esercito di Napoleone Bonaparte. La Guerra di Indipendenza spagnola si protrasse fino al
1814 e il popolo iberico inflisse al potente imperatore una sconfitta imbarazzante.
L’intero continente rimase esterrefatto da questa reazione, del tutto inaspettata, da parte di
quella nazione tanto ignorata e denigrata. Il popolo aveva dimostrato un coraggio, uno spirito
combattivo ed una vitalità ignota agli altri stati: incominciarono a guardare così alla Spagna
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<< Perché viaggiare in Spagna? Cosa si sarebbe perso un inglese colto e raffinato di una nazione tanto
barbara? Cosa c’era da ammirare? Cosa si poteva imparare qui? La lista dei motivi per non visitare la
Spagna poteva essere interminabile: stagnazione culturale, ritardo scientifico, mancanza di libertà
intellettuali, fanatismo, ambiente oscurantista (il fantasma dell’Inquisizione), assenza di personalità di
rilievo (al meno dal punto di vista europeo), insegnamento e università immerse ottuse ed arretrate, rifiuto
delle innovazioni moderne…>> _ R. Nunez Florencio, Sol y Sangre, Espasa, Madrid 2001, p. 47
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come ad un paese in cui erano sopravvissuti molti ideali che l’industrializzazione e il progresso
tecnico-scientifico avevano cancellato dal cuore dei popoli europei. Proprio in quei primi anni
del XIX secolo, e in buona parte causato dalla politica espansionistica ed egemonica dello stesso
imperatore francese, andavano diffondendosi in tutta Europa, a partire dalla Germania e la
Francia, dei principi di libertà, di ritorno al predominio dell’anima e degli istinti sulla ragione,
di unità nazionale e spirito patriottico. Per la forte influenza di questa nuova corrente di
pensiero, il Romanticismo, molti paesi cominciarono a guardare alla Spagna per trovare un
punto di riferimento a ciò che cercavano e a cui anelavano per la propria nazione.
“Hispanofilia después de dos siglos de hispanofobia”.
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L’immagine “negra” di questo paese, però, non scomparve del tutto. Cambiò in ogni caso la
prospettiva secondo cui si analizzava il “carattere locale” della Spagna: non cambiano i dati di
fatto e le condizioni oggettive, bensì, a partire dal cambiamento del sistema di valori degli
osservatori, il metro di giudizio arriva a trasformare in positive le stesse caratteristiche che, solo
fino a qualche anno prima, erano simbolo di declino e primitivismo.
<<El romántico no solo busca con frenesí la pluralidad, sino que se regodea en la diferenciación,
cuanto más insolita, mejor. No juzga, disfruta; no medita, se apasiona; no contempla, participa; no le
interesan las instituciones, sino el pueblo.>>
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L’immagine della “¡Heroica España!, creata da questa ondata innovativa, prospetta una
Spagna religiosa e legata ai valori, non più così fanatica com’era stata descritta; gelosa e
passionale, non vendicativa e violenta; primitiva e per questo genuina e sincera, non incolto e
rozzo; ecc…
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Gli stereotipi che vengono trasmessi da questi viaggiatori ottocenteschi, sono, in
ogni caso, sempre generati da pregiudizi, sebbene positivi, e pertanto non costituiscono il
riflesso reale del paese. Si passa da un estremo all’altro, senza riuscire in nessun caso a
descrivere la vera anima della Spagna. Questo eccesso di benevolenza da parte degli Europei,
subisce un arresto nel periodo della Guerra Civile a partire dai primi anni trenta del XVIII
secolo fino alla decade successiva. Gli orrori di questo conflitto interno e l’incalcolabile numero
di morti avevano mostrato un lato della Spagna crudele, spietato, capace di ogni atrocità, anche
contro se stesso. I viaggiatori che si recarono nella penisola iberica durante questi anni rimasero
delusi da ciò che trovarono: dov’era finita la nazione del flamenco, delle feste e della gente
generosa e cordiale? Niente a che vedere con lo spettacolo di distruzione e massacro che
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Filoispanismo dopo due secoli di ispanofobismo.
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<<Il romantico non è solo alla ricerca frenetica della pluralità, ma è anche compiaciuto dalla
differenziazione, tanto meglio se insolita. Non giudica, si gode ogni cosa; non riflette, sia appassiona; non
contempla, partecipa; non è interessato alle istituzioni, bensì alla popolazione.>> _ R. Nunez, Sol y
Sangre,cit., p.73
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Ivi, p.75-76