7
INTRODUZIONE
In questo lavoro si è cercato di ripercorrere tutta l’attività lette-
raria di Carmen Martín Gaite al fine di individuare tanto le peculiarità,
quanto i motivi ricorrenti della sua scrittura; coerentemente con gli
obiettivi di questo lavoro, si è tenuto perciò conto del corpus gaitiano
nella sua interezza, e dunque sono stati presi in esame i racconti, i
romanzi, i saggi storico-critici nonché, seppure in modo sommario, le
opere teatrali e poetiche.
Nel primo capitolo ho tracciato la biografia della scrittrice
salmantina, dal 1925, anno di nascita, fino al 2000, anno della sua
morte; nel secondo e nel terzo capitolo, invece, mi sono occupata della
sua produzione narrativa a partire dal primo romanzo corto, El
Balneario (1954), fino a Los parentescos, romanzo edito postumo nel
2001. Dall’analisi è emerso che dopo un inizio all’insegna del
realismo con Entre visillos (1957), la scrittura di Carmen Martín Gaite
si avvia sempre più verso la mescolanza di fantasia e realtà, letteratura
e vita o, per meglio dire, vita reale e fiction, come attesta il seguente
passo stralciato dai suoi Cuadernos de todo:
La literatura se introduce en nuestras vidas de una forma
insensible y progresiva y no sólo nos va conformando el
pensamiento, sino prestándonos sus propios ojos, es decir,
proporcionándonos patrones con arreglo a los cuales mirar lo que
pasa, escuchar lo que nos dicen, adornar nuestros sueños e
interpretar los hechos de la propia novela vivida.
12
Se la rottura dei confini spazio-temporali si configura come un
elemento ricorrente nell’opera gaitiana - si pensi, in particolare, a un
12
C. MARTÍN GAITE, Cuadernos de todo, Barcelona, Debolsillo, 2003, p. 591.
8
romanzo come El cuarto de atrás (1978), interamente costruito su
questo principio che trae ispirazione, per stessa dichiarazione dell’au-
trice, dall’idea todoroviana di fantastico -, altro filo conduttore in essa
ravvisabile è la riflessione sull’interlocutore - basti pensare, per
esempio, al saggio La búsqueda del interlocutor y otras búsquedas
(1982).
La figura dell’interlocutore è centrale in tutto il corpus della
scrittrice e, in particolare, in romanzi come Retahílas (1974),
interamente costruito sul dialogo, o in saggi come El cuento de nunca
acabar (1997), in cui se ne ribadisce l’importanza e si precisa, al
contempo, che la sua presenza o assenza produce significative
differenze fra la narrazione scritta e quella orale. Non meno vitale
risulta essere il continuo dialogo, tutto intimo o, per dirlo con Martín
Gaite, “interno”,
13
coi testi e gli autori, le autrici; che sia così, lo
dimostra quanto annota la scrittrice nei suoi quaderni:
Mis cuadernos de todo surgieron cuando me vi en la necesidad
de trasladar al papel los diálogos internos que mantenía con los
autores de los libros que leía, o sea convertir aquella
conversación en sordina en algo que realmente se produjera. Los
libros te disparan a pensar. Debían tener hojas en blanco entre
medías para que el diálogo se hiciera más vivo. La escritura
imita el pensamiento. Lo que dicen las letras van como
pensándolo, rumiándolo. Y a través del lector inician el nunca
acabado diálogo de la interpretación.
14
I temi e la natura stessa della scrittura di Martín Gaite spiegano il
grande interesse da parte della critica di cui essa è stata oggetto, tanto
in Spagna, quanto al di fuori dei confini nazionali; infatti, come già
13
Sui diálogos internos mi soffermo, in particolar modo, nell’ultimo capitolo della tesi, traendo spunto,
nel farlo, da saggi quali Agua pasada (1993), Tirando del hilo (2007), Pido la palabra (2002).
14
Ivi, p. 818.
9
segnalato da José Jurado Morales, l’incessante attività di Carmen
Martín Gaite «se ha visto recompensada con el tiempo por multitud de
estudios e investigaciones».
15
Se «tanta cantidad puede llegar a abrumar y a provocar la
sensación de que la obra de Martín Gaite ha sido ya lo suficientemente
estudiada»,
16
va tuttavia precisato che in Italia, dove l’autrice continua
ad essere di nicchia, conosciuta perlopiù negli ambienti accademici
ma ignorata, in buona sostanza, dal grande pubblico, alcune “diva-
gazioni su tema” gaitiano possono essere in linea con quanto conclude
Jurado Morales, ovvero che «en una obra tan sugerente como la suya
qued[a]n nuevas sendas por explorar»
17
.
15
J. JURADO MORALES, La trayectoria narrativa de Carmen Martín Gaite (1925-2000), Madrid,
Gredos, 2003, p. 49.
16
Ibidem.
17
Ibidem.
10
CAPITOLO PRIMO
1.1 L’infanzia e l’adolescenza a Salamanca
Carmen Martín Gaite nacque a Salamanca alle ore dodici dell’8
dicembre 1925, in piena dittatura
18
e in un giorno freddo ma soleggia-
to, come lei stessa afferma in un suo testo, Bosquejo autobiográfico,
inserito nella raccolta Agua pasada.
19
La madre, María Gaite, originaria di Orense, in Galizia, era figlia
di Sofia Veloso e di Javier Gaite, professore di geografia che a causa
della sua immensa passione per i viaggi costringeva la famiglia a
continui trasferimenti. La stessa Carmen ci dice di aver ereditato dal
nonno il suo carattere bohémien.
A Salamanca, dove era andata a raggiungere i fratelli che vi
studiavano, María Gaite conobbe il giovane notaio, vedovo, José
Martín; il 19 maggio del 1923 si sposarono a Madrid, città di resi-
denza dei genitori di lui. I novelli sposi si trasferirono a Salamanca,
dove José Martín aveva trovato lavoro e sempre a Salamanca nacque,
l’anno seguente, la prima figlia Ana María, nella calle de la Rúa.
Poco prima che Carmen nascesse i genitori si trasferirono nella
casa sita a plaza de los Bandos, e vi risiedettero fino al 1950, quando
andarono a vivere definitivamente a Madrid.
18
Cfr.: «(…) yo nací en plena Dictadura de Primo de Rivera, el 8 de diciembre de 1925 (…)»,
C. MARTÍN GAITE, El cuarto de atrás, Barcelona, Destino, 2006, p. 121.
19
C. MARTÍN GAITE, Agua pasada, Barcelona, Anagrama, 1993, pp. 11-25. Si tratta di un testo
molto importante per la sua biografia, incluso come appendice nel volume di J. LIPMAN
BROWN, Secrets from the Backroom: The fiction of Carmen Martín Gaite, University of
Mississipi, Romance Monographs, 1987. D’ora in avanti per la biografia dell’autrice farò
sempre riferimento a quest’opera.
11
A tal proposito l’autrice ci racconta un aneddoto: durante il
trasloco un armadio a specchio stava per cadere addosso alla madre,
la quale, però, riuscì da sola a scongiurare la rovinosa caduta.
Quest’armadio è divenuto, da allora, l’emblema del primo pericolo
corso dalla futura scrittrice nella sua vita.
20
Di questa casa, in seguito
abbattuta, e della piazza dove giocava con i bambini del vicinato si
parla nel racconto La chica de abajo, raccolto nei Cuentos Completos,
e nel testo El cuarto de atrás.
Carmen Martín Gaite non ha frequentato la scuola fino agli undici
anni, perché nella Salamanca di quel tempo la formazione dei giovani
era in mano degli istituti religiosi. Il padre, contrario a questo tipo di
educazione, affidò perciò l’educazione delle figlie, per i primi anni, a
dei professori privati - fra cui doña Angeles da lei ricordata nel Cuento
de nunca acabar -
21
che impartirono loro lezioni di disegno, lingue e
cultura generale, mentre fu lui stesso a trasmettere alle giovani la
passione per la letteratura, l’arte e la storia. Il padre e la madre erano
sempre premurosi verso le figlie; dimostrarono nei loro confronti una
grande apertura mentale, decisamente insolita per quei tempi, e uno
spiccato senso dell’umorismo che, se da una parte rendeva piacevole
ogni conversazione con loro, dall’altra rendeva meno penoso il quoti-
diano. Non dobbiamo infatti dimenticare che Carmen Martín Gaite
nacque durante la dittatura di Primo de Rivera e, quando era poco più
che una bambina, respirò l’atmosfera della guerra civile spagnola,
ritrovandosi poi a vivere i rigori del regime franquista.
20
C. MARTÍN GAITE, Agua pasada cit., p. 12.
21
C. MARTÍN GAITE, El cuento de nunca acabar: apuntes sobre la narración, el amor y la
mentira, Barcelona, Destino, 1997, p. 175.
12
La scrittrice appartiene a quella generazione che Josefina
Rodríguez Aldecoa, nel titolo di un suo romanzo, battezzò los niños
de la guerra.
22
Ciononostante, Carmen ricorderà l’infanzia come un
tempo felice: «La verdad es que yo mi infancia y adolescencia las
recuerdo, a pesar de todo, como una época muy feliz».
23
Quest’opi-
nione verrà condivisa anche dalla sorella Ana María che, in un’inter-
vista per la rivista Turia, dichiarerà:
- Sí. Para qué te cuento… Pero fíjate, eso Carmen lo dice
también en sus escritos, y yo lo corroboro, no fue triste. Porque
mis padres dejaron su pena y sus angustias dentro y nos
ofrecieron lo que pudiera haber de vida para un niño. Apoyaron
nuestras lecturas y, como no podíamos ir a los estudios, mi padre
nos daba clase por las tardes y mi madre también. Leíamos en
francés, en inglés, venían más niños a casa… Era un hogar
alegre y eso se consiguió gracias a mi madre. Despúes del
fusilamiento de su hermano, no volvió a admitir a Salamanca
pero, en cambio, se rodeó de todo lo que llegaba de fuera:
catedráticos, deportados, médicos… Era una alegría de casa,
siempre llena, aunque de gente que no era de la ciudad. Estaba
repleta de vida, en vez de muerte como podía haber ocurrido.
Pero al mismo tiempo no nos ocultaron lo que pasaba. Se ponían
las noticias de la BBC y Radio Francia, que se captaba muy bien
en una radio grandísima que aún tengo en El Boalo. Era un modo
de decirnos: “Hijas esto es lo que hay, pero jugad porque estáis
en el momento”.
24
L’infanzia sarà considerata dalla nostra autrice un periodo molto
importante della sua vita, anche dal punto di vista letterario. In
un’intervista rilasciata nel 1981, alla domanda: «¿Qué sentido tiene la
infancia para ti?» risponde:
La infancia es muy importante desde un punto de vista literario,
algo fundamental. Creo que cualquier novela que podamos
22
J. RODRÍGUEZ ALDECOA, Los niños de la guerra, Madrid, Anaya, 1983, p. 258.
23
C. MARTÍN GAITE, El cuarto de atrás cit., p. 68.
24
J. CARLOS SORIANO, Nadie, ni siquiera yo, conoció del todo a Carmiña, in «Turia. Revista
cultural», XXVI, 2007, p. 278.
13
considerar lleva referencias implícitas o explícitas a la infancia,
porque en ella reside la raíz de la memoria. (…) los niños son de
los pocos seres libres que van quedando (…).
25
Il tema del bambino come interlocutore sarà un tema centrale
nella sua opera, profondamente influenzata dalle innumerevoli fiabe
lette da piccola. A Carmen infatti piaceva molto inventare storie, ma
soprattutto leggerle; fu una lettrice precoce e curiosa, caratteristica,
quest’ultima, che l’accompagnerà negli anni, tanto da farle dire: «Mi
pasión mayor, ya la última, es la curiosidad».
26
Tutta la famiglia era solita passare l’estate nel villaggio di San
Lorenzo de Piñor, a cinque chilometri da Orense, dove il nonno
materno aveva fatto costruire una bella casa con giardino ed orto
vicino alla strada, senza luce elettrica né corrente. Le stagioni
trascorse lì segnarono il vincolo profondo dell’autrice con la Galizia,
da lei considerata come una seconda patria; fu proprio nel piccolo
centro galiziano che apprese il dialetto della regione e molte canzoni
popolari, che visse le sue prime infatuazioni e scrisse le sue prime
poesie. Questo luogo è per lei l’essenza stessa della gioventù; lì si
trovano le sue radici, e il suo paesaggio scosceso ricorre spesso nei
suoi sogni, così come in molte delle sue narrazioni, particolarmente in
Las ataduras
27
e Retahílas.
28
La Galizia è una terra ancestrale nella quale convivono il reale e
il fantastico e trovano spazio, a livello di immaginario collettivo,
creature fantastiche, come fantasmi e apparizioni. Ciò influisce sui
25
M.L. GAZARIAN GAUTIER, Conversación con Carmen Martín Gaite en Nueva York, in «Ínsula»,
CDXI, 1981, p. 1.
26
I. DE LA FUENTE, Carmen Martín Gaite, in «El País», XIII, 1988, p. 14.
27
Si veda C. MARTÍN GAITE, Las ataduras, in Cuentos Completos cit., pp. 91-138.
28
Si veda C. MARTÍN GAITE, Retahílas, Barcelona, Destino, 2002, pp. 11-17.
14
gusti letterari di Carmen e sulla sua tendenza a confondere voluta-
mente i confini della realtà e della fantasia, della ragione e del
sentimento come attestato dalla stessa autrice in Pido la palabra:
Tengo la impresión de que Galicia está dispersa por toda mi
obra, aunque unas veces se esconde y otras se destapa. Y no me
estoy refiriendo sólo a las novelas de clara localización gallega,
(…), sino también a mi tendencia - creo que inata - a empinarme
sobre las fronteras de lo que me hacen ver como “realidad” y
avizorar desde allì una segunda realidad enigmática y misteriosa
que roza los confines de lo ignoto. Tendencia que se agudiza
cuando invento una historia, y así se refleja en muchos tramos de
mi prosa, igual que el rechazo a admitir el muro de separación
que otros levantan entre la literatura y la vida, o entre lo incierto
y lo seguro; para mí se teje una especie de gasa, que parece
bastante galaica, hecha de creencias sin comprobación, de
vislumbres, de apariciones y metamorfosis, y es como si a través
de esa gasa entendiera cosas que están al otro lado, regidas por
fuerzas que no son las de la lógica con que se registran los
hechos durante la vigilia.
29
Anche il padre amava la Galizia, sebbene egli fosse madrileno.
Studiò legge, ma si dedicò anche alla letteratura partecipando alle
tertulias che, all’epoca, richiamavano artisti e letterati e vivacizzavano
la vita culturale cittadina. Scriveva versi di occasione, racconti per
bambini, lettere meravigliose, amava leggere romanzi storici e d’av-
ventura, ma soprattutto era un narratore orale scrupoloso e piacevole.
In un articolo pubblicato nella raccolta Agua pasada,
30
la scrittrice ce
lo descrive come una persona modesta, generosa e dotata di senso
dell’umorismo. Negli anni ’50, quando già lavorava come notaio a
Madrid, pronunciò una conferenza nell’Academia de Jurisprudencia
che ebbe molta risonanza, Lo mío, lo tuyo, lo nuestro, dove sosteneva
29
C. MARTÍN GAITE, Pido la palabra, Barcelona, Anagrama, 2002, p. 122. Sulla Galizia curerà
un’antolgia, Ocho siglos de poesía gallega, Madrid, Alianza, 1972.
30
C. MARTÍN GAITE, Agua pasada cit., pp. 49-52.
15
la superiorità della donna rispetto all’uomo, il suo diritto al lavoro,
all’indipendenza economica. In effetti, quando alla fine degli anni 40
Carmen decide di andare a vivere da sola a Madrid, a fare il dottorato
e a cercarsi un lavoro, non la ostacolò, anzi la appoggiò.
La nonna materna morì quando il padre era ancora giovane e il
nonno, un commerciante, si risposò in seconde nozze con la cognata.
Carmen considerava come la sua vera nonna questa signora, che fu la
sua madrina di battesimo, ed in onore della quale la scrittrice si
chiamò Carmen. Questa signora possedeva a Madrid un bell’apparta-
mento nella calle Mayor che ospitava l’autrice e la sua famiglia nei
loro frequenti viaggi da Salamanca a Madrid dove si recavano,
soprattutto durante le feste, a fare compere, approfittando anche delle
possibilità che la capitale offriva loro di andare al cinema e,
soprattutto, a teatro. Madrid rappresentava per lei il luogo dove
avrebbe potuto vivere tante avventure, correre mille pericoli, l’attraeva
tanto quanto l’opprimeva la casa della nonna, tempio dell’ordine e
della pulizia in ossequio alla propaganda falangista. Tutto ciò è
ampiamente descritto nel romanzo El cuarto de atrás.
31
Prima che cominciasse la guerra civile i genitori decisero di
mandare la primogenita, Ana María, a studiare nell’Instituto Escuela,
istituto che ereditava nel metodo e nell’orientamento generale lo
spirito liberale dell’Institución libre de Enseñanza.
Anche Carmen avrebbe dovuto studiare lì due anni dopo, ma la
guerra civile mandò in frantumi il progetto dei suoi genitori. Gli anni
della guerra civile, come precedentemente accennato, li trascorsero a
31
Si veda C. MARTÍN GAITE, El cuarto de atrás cit., pp. 70-83.
16
Salamanca, fra molte privazioni e ristrettezze; persino il cuarto de
atrás, ovvero la stanza dei giochi, smise di essere uno spazio
ricreativo per convertirsi in un magazzino e tale trasformazione
segnerà, nel 1936, il passaggio dell’autrice dall’infanzia all’adole-
scenza. L’intera famiglia fu costretta a vivere continuamente nella
paura per via delle idee liberali del padre. Molti dei suoi amici, fra i
quali Miguel de Unamuno, furono arrestati o processati dal Generale
Franco che aveva proprio a Salamanca il suo quartiere generale. Lo
stesso zio della scrittrice, Joaquín Gaite, fu arrestato perché trovato in
possesso della tessera del Partito socialista.
32
Carmen frequenta perciò l’Instituto femenino di Salamanca, un
casermone sgangherato e freddo il cui ambiente è descritto nel suo
romanzo Entre visillos.
33
Vi andavano bambine di tutte le classi sociali
e ciò servì alla scrittrice a tessere le sue amicizie più sulla base di
affinità ideologiche o sentimentali che non di appartenenza sociale.
Fra le sue migliori amiche vi era Sofía Bermelo, figlia di due maestri
che si trovavano in carcere perché comunisti. Fu proprio lei ad
incitarla a scrivere il suo primo diario e il primo romanzo, e fu con lei
che Carmen inventò l’isola di Bergai (nome formato dall’unione delle
iniziali dei due cognomi) come verrà poi ricordato in El cuarto de
atrás.
34
Suoi professori furono Rafael Lapesa e Salvador Fernández
Ramírez; a questi due eccellenti professori lei doveva la sua definitiva
vocazione per la letteratura - incoraggiata peraltro anche dai genitori -,
e l’attenzione alla scrittura, al controllo stilistico, al rigore formale.
32
Di questo zio e della sua fucilazione si parla nel romanzo El cuarto de atrás cit., rispettivamente
p. 108, p. 121, p. 177 e nella raccolta Agua pasada cit., pp. 44-46.
33
Cfr. C. MARTÍN GAITE, Entre visillos, Barcelona, Destino, 1989, p. 260.
34
Si veda C. MARTÍN GAITE, El cuarto de atrás cit., pp. 168-169.
17
Nel 1943, in pieno dopoguerra, Carmen cominciò la carriera
universitaria alla facoltà di Filosofia e lettere di Salamanca;
35
parlava
con entusiasmo sia dei suoi professori, fra i quali vi sarà anche Alonso
Zamora Vicente, che dei compagni. Le sembrava meraviglioso poter
frequentare dei ragazzi, poiché nella primera enseñanza era proibita la
coeducazione e lei, che non aveva dei fratelli, considerava l’amicizia
maschile complementaria a quella femminile. Fra questi ragazzi vi era
un altro futuro scrittore: Ignacio Aldecoa. Carmen Martín Gaite
descrive il suo primo incontro con lui come un colpo di fulmine.
Ignacio amava le storie di banditi, pirati, gitani, toreri, guardie civili,
gangsters, storie di terrore e mistero elaborate con una certa ironia,
con distacco, e poi raccontate a voce, ma anche versi improvvisati che
egli recitava nelle sue fugaci apparizioni in classe. Con Carmen
passava pomeriggi interi a leggere febbrilmente le storie di Yolanda e
del Corsaro Nero.
I gusti letterari di Ignacio Aldecoa erano differenti rispetto a
quelli degli altri studenti che prendevano la letteratura troppo
seriamente, limitandosi a rispettare i simboli già codificati, senza
andare alla ricerca di nuove metafore perché la trasgressione di questi
studenti non era letteraria ma politica o unamuniana.
36
Nei loro versi,
sussurri intimi fatti per essere letti, dominano le angosce spirituali e le
preoccupazioni metafisiche, che avevano come scopo la ricerca della
verità e come destinatario Dio.
Tutti questi versi apparvero in una rivista universitaria alla quale
anche la nostra autrice collaborò, Trabajos y Días, fondata nel 1946 e
35
Carmen asistette alle prime lezioni il 19 ottobre 1943, stando a quanto annota il padre in alcune
agende ritrovate in seguito.
36
Tutto ciò è spiegato dall’autrice in Esperando el porvenir: Homenaje a Ignacio Aldecoa,
Madrid, Siruela, 1994, p. 158.
18
chiusa dopo sole quindici pubblicazioni nel 1951. Carmen vi pubbli-
cherà traduzioni, poesie e narrazioni; tradurrà, in particolare, gli autori
tedeschi (Goethe, Heine, Holderling) e scritti del poeta rumeno Tudor
Arghezi, suggeritole da uno dei suoi professori, il rumeno Attilio
Rauta assiduo collaboratore della rivista, ed apprezzato dalla giovane
giacché le scene descritte da questo poeta, fosse comuni, fame,
solitudine, paura richiamavano esperienze vissute da lei e da tutti gli
spagnoli durante la guerra civile.
Fra le poesie pubblicate nella rivista meritano una menzione La
Barca Nevada (1947), En mi vejez (1949) e Destello (1949) nelle quali
si respira la triste malinconia del passaggio del tempo, il desiderio di
uscire dalla routine alla ricerca di uno spazio inesplorato ed uno
sguardo amoroso verso la natura simboleggiata dalla neve, i fiori e i
gigli.
37
A quegli stessi anni data anche il primo racconto, Desde el
umbral (1949), interamente pervaso dall’angoscia di fronte al
trascorrere monotono del tempo nell’università di Salamanca,
angoscia alla quale si alternano le giovanili speranze in un futuro
migliore, simboleggiate dalla natura primaverile. Nel secondo
racconto, Historia de un mendigo (1950), compaiono per la prima
volta dei temi che saranno poi ricorrenti nelle opere della scrittrice:
l’opposizione fra la campagna e la città, la routine, la mancanza di
comunicazione, il contrasto fra ciò che si fa e ciò che si sogna e la
paura della libertà. Il mendicante simbolizza la sofferenza dell’essere
umano, lacerato e perduto nel seno di una società che gli è ostile ma
37
Le ultime due poesie appariranno nella raccolta Después. De todo: poesía a rachas, Madrid,
Hiperión, 1993, p. 118.
19
nella quale, purtroppo, è costretto a inserirsi. Si denuncia il malessere
della coscienza collettiva, le piaghe della società spagnola del
dopoguerra, contrassegnata dal silenzio e dalla mistificazione. La
guerra civile allora non la menzionava nessuno, anche se le ferite da
essa provocate erano rimaste aperte lasciando un vuoto da riempire a
tutti i costi. La dittatura aveva tutto l’interesse a bandire il
pessimismo, ad esaltare valori come il coraggio, la laboriosità e
l’allegria.
38
I modelli da imitare erano gli eroi e le eroine del passato,
una fra tutte Isabel la Católica.
Se nelle famiglie questo silenzio esprimeva il dolore per le tante
catastrofi e il desiderio di scongiurarle, fra i giovani che frequenta-
vano l’università esso testimoniava l’incoscienza tipica di quell’età e
la volontà di esorcizzare la paura. I 16 alunni del primo corso erano
tutti imbevuti di letteratura ed avrebbero dato qualsiasi cosa pur di
conoscere Saussure o scrittori emergenti, come Rafael Alberti e
Carmen Laforet, gente che apparteneva ad un mondo per loro distante
e inaccessibile.
Era l’epoca della poesia, della collezione Adonais; anche se
nessuno aveva una cultura classica ma limitata a pochi poeti dell’ante-
guerra e del dopoguerra, tutti volevano cimentarsi in quel lamento
soggettivo, nella ricerca della verità e della trascendenza, nell’espres-
sione dei ricordi e delle emozioni personali. Maestro, in tal senso, fu
un giovane studente di Madrid, José Maria Valverde, che pubblicò,
nel 1945, il suo primo libro, Hombre de Dios, con un prologo di
Dámaso Alonso. Egli tenne una conferenza a Salamanca e fu un
38
Gli ideali franchisti trovarono la loro portavoce nella scrittrice Carmen de Icaza; penso, in
particolare, al suo romanzo Cristina de Guzmán.
20
grande avvenimento; la scrittrice si mantenne in contatto con lui ed
intuì qualcosa che avrebbe avuto occasione di confermare in seguito,
ovvero che la poesia nel dopoguerra riprese il suo cammino più
facilmente rispetto agli altri generi.
Negli anni universitari la giovane Carmen praticò anche il teatro,
sotto la direzione del suo professore di letteratura César Real de la
Riva; interpretò vari intermezzi di Cervantes e un’opera di
Shakespeare, Il mercante di Venezia. Il teatro l’appassionava tanto da
voler diventare un’attrice professionista, ma l’ambiente e la sua
condizione piccolo borghese non glielo permettevano. Tracce del
teatro si trovano però nella sua opera letteraria. Basti pensare
all’importanza assunta dallo spazio, principalmente dagli spazi chiusi,
e dal dialogo, dato che nei suoi romanzi i personaggi non smettono
mai di parlare, lasciano sempre la porta aperta alla parola, nella
speranza che dialogando ci si possa capire. Carmen ritiene infatti che
la vita è un teatro, che vivere è rappresentare e che ognuno di noi
porta una maschera. L’autrice tenterà due incursioni nel teatro con A
palo seco (1957) inserito nell’opera Cuentos Completos y un
monólogo
39
e La hermana pequeña (1959),
40
opere rappresentative del
teatro di quell’epoca in cui rispetto agli effetti speciali, alle
decorazioni, si privilegiava la parola, l’emozione, detto altrimenti
l’azione interiore.
39
C. MARTÍN GAITE, Cuentos Completos y un monólogo, Barcelona, Anagrama, 1994, p. 352. Si
tratta di un monologo scritto nel 1952 ma messo in scena per la prima volta da Hemilio
Hernández nel 1987, nel Centro Cultural de La Villa de Madrid.
40
C. MARTÍN GAITE, La hermana pequeña, Barcelona, Anagrama, 1999, p. 130. Opera scritta nel
1959, verrà rappresentata però per la prima volta nel 1999, sempre al Centro Cultural de la Villa
de Madrid, per la regia di Ángel Garcia Moreno.
21
Fra le passioni dell’autrice non può non essere ricordata quella
per la lettura; lesse molte opere classiche, sia teatrali, poetiche, che in
prosa e divorò con passione quasi tutti i romanzi posseduti dal padre,
in particolare quelli della generación del 98, all’epoca difficilmente
reperibili perché, non promuovendo i valori di cui si alimentava la
Spagna eterna y castiza della dittatura, erano stati censurati.
41
Si interessò poi, in modo particolare, ad uno scrittore portoghese
allora poco conosciuto, Eça de Queiroz, uno dei più grandi scrittori in
lingua portoghese, un dandy ingegnoso, scettico e mordace che, con
un altro scrittore, Ramalho Ortigão, decise di rivitalizzare il
fossilizzato ambiente culturale portoghese scrivendo un romanzo a
puntate, un giallo, apparso sui giornali all’inizio come fatto di cronaca
nera e tradotto da Carmen Martín Gaite con il titolo El misterio de la
carretera de Sintra. Nell’estate del 1946 Carmen vinse una borsa di
studio per l’università portoghese di Coimbra e questo fu il suo primo
viaggio all’estero; vi andò da sola, e ciò la emozionò molto, perché
durante la dittatura non era usuale che una ragazza viaggiasse da sola
all’estero, soprattutto se durante i corsi del Servicio Social, dimostrava
di non voler aspirare a essere una perfetta sposa e una buona madre.
Non è un caso che quest’esperienza, per certi versi “iniziatica”, venga
poi ricordata dalla scrittrice nel suo El cuarto de atrás, laddove
annota:
Antes las dificultades para desplazarse eran el mayor acicate de
los viajes, cuántos preparativos, los viajes empezaban antes de
emprenderlos. Lo que significaba, Dios mío, salir al extranjero,
con qué vehemencia, se deseaba, parece que estoy viendo mi
primer pasaporte; cuando al fin lo conseguí, dormía con él
41
Questi scrittori, soprattutto Pío Baroja, influiranno molto nella sua opera letteraria.