3
Nato da padre torinese (26 giugno 1919 Finale Ligure, Savona) con radici
savoiarde e madre ligure, compì gli studi a Torino, conseguendo la licenza
liceale.
La sua formazione trovò i più significativi riferimenti nell’influsso paterno e
nell’associazionismo cattolico.
Il padre, Attilio, era stato parte attiva nel popolarismo torinese, in stretta
collaborazione con Sturzo, specie nel settore organizzativo del partito, per
ricoprire poi vari incarichi nella dirigenza diocesana dell’Azione Cattolica.
Carlo secondo di cinque figli, frequentò l’oratorio salesiano della Crocetta,
impegnandosi nel contempo nella federazione diocesana della GIAC in contatto
con i responsabili delle organizzazioni cattoliche torinesi, tra i quali in
particolare Carlo Carretto.
Coltivò fin dalla giovinezza un’innata attrazione per il giornalismo, attività
iniziata negli anni ’30 con la collaborazione a giornali dell’AC, all’edizione
torinese de “L’avvenire d’Italia” e, tra il 1937 e il 1940, come cronista de
“L’Italia”, auspice soprattutto Rodolfo Arata che ne accompagnò le prime
esperienze. Gli anni ’30 corrisposero anche ad una intensa crescita intellettuale,
alimentata sia dalla discreta biblioteca paterna (arricchita delle opere più
significative sulla presenza dei cattolici nella società italiana, ma aperta altresì
ad una pluralità di contributi culturali, in primis le edizioni gobettiane) sia da
vivaci interessi che il giovane Donat Cattin andava coltivando prevalentemente
in campo letterario e filosofico.
Settore, quest’ultimo, sviluppato soprattutto nella frequentazione e nel dialogo
con il cenacolo domenicano torinese dove, accanto ad alcuni interlocutori
4
privilegiati quali p. Marcolino Daffara e p. Enrico di Rovasenda,
1
avviò anche
proficui contatti con Carlo Mazzantini
2
.
Fu attraverso questi canali che Donat Cattin approfondì la conoscenza delle
filosofia francese contemporanea e in particolare il pensiero politico di Maritain
e Mounier.
1
Enrico di Rovasenda ( Torino 1906- convento di Santa Maria di Castello (Ge) 2007) a soli vent’anni si laurea in
ingegneria nel capoluogo piemontese. Nel 1929 entra nell’Ordine dei Frati predicatori e inizia la formazione presso
il convento di San Domenico a Chieri, fino all’ ordinazione sacerdotale avvenuta nel 1933. Amico fraterno di
Piergiorgio Frassati , collabora con il futuro Papa PaoloVI, negli anni in cui Montini è assistente alla FUCI, la
Federazione Universitaria Cattolica. Dopo la licenza e il dottorato in Teologia,studia filosofia a Parigi. Ritornato in
Italia a metà degli anni Trenta, ben presto diventa punto di riferimento della cultura cattolica della città. Nel
1974,Papa Montini lo nomina direttore della cancelleria della Pontificia Accademia delle Scienze. Incarico
confermato da Giovanni Paolo II, fino al compimento degli ottant’anni. Fu membro onorario dell’Accademia. Dal
1977 al 1992 è anche assistente ecclesiastico prima del Movimento laureati di Azione Cattolica e poi del
Movimento ecclesiale d’impegno culturale. Negli ultimi 15 anni si era ritirato nel convento di Santa Maria del
Castello di Genova dove si spense all’età di 101 anni.
2
Carlo Mazzantini ( Roma 1925-Tivoli 2006). Nacque nella capitale da padre toscano e madre della provincia di
Frosinone. Poco più che diciottenne era entrato in un reparto della G.N.R. ( Guardia Nazionale Repubblicana) e cioè
la ex- Milizia. Il 25 aprile viene colto a Milano dove viene catturato rischiando la fucilazione. Ma sarà proprio il
dirigente della gioventù comunista a salvargli la vita, munendolo di un documento falso con l’attestato di partigiano
di modo che potrà tornare a casa dove deve ricominciare tutto da capo. Negli ultimi tempi aveva partecipato a vari
dibattiti, televisivi e non, sul tema della Resistenza/ Guerra Civile, sempre mostrando la sua obiettività e senza alcun
nostalgismo. Egli apparteneva a quella schiera di giovani idealisti, che fecero per alcuni una scelta “giusta” per altri
“ sbagliata”, ma di cui non si può mettere in dubbio la buona fede. E ciò la Sinistra nel dopoguerra lo aveva capito.
Ma il recupero di questi giovani “eretici” venne talvolta realizzato anche da partiti e movimenti minori della sinistra
e del laicismo, basti pensare all’anarchico Germinal Concordia, allo storico Vivarelli ( fratello di Piero e
collaboratore de “il Ponte” di Calamandrei), del repubblicano Giovanni Spadolini e del direttore del settimanale “
l’Espresso”, durante gli anni ’60 e ’70, Livio Zanetti.
5
A questi studi affiancò anche interessi per l’economia politica, accostata
attraverso le opere di Vito, i primi scritti di Fanfani e in genere risentendo di
quanto si andava elaborando negli ambienti dell’Università Cattolica milanese.
Iscrittosi nel frattempo alla Facoltà di Filosofia presso l’ateneo torinese, non
proseguì gli studi universitari sia perché sempre più assorbito dall’attività
giornalistica sia per la chiamata alle armi nel 1940. Ufficiale nel 1942, nello
stesso anno si sposò. I fatti del 25 luglio lo colsero a Montefiascone, ufficiale
dei granatieri.
Rientrato in Piemonte, venne assunto alla Olivetti di Ivrea, dove entrò in
contatto con la Resistenza della zona del Canavese di cui rappresentò la
componente democratico-cristiana nel CLN locale.
Dopo la guerra riprese l’attività giornalistica (per altro coltivata anche nel
periodo resistenziale con la stampa del foglio clandestino “Per il domani”),
dirigendo il settimanale “Il popolo canavesano” e, soprattutto, iniziando la
collaborazione a “Il popolo nuovo”, ancora su invito di Arata, redattore capo del
giornale diretto da Gioachino Quarello
3
.
Gli interventi sul quotidiano della DC torinese, cui si affiancarono
collaborazioni a varie altre testate (tra queste il “Il Popolo piemontese”,
settimanale che inizialmente diresse, la “Democrazia” di Malvestiti e ancora, a
fine anni ‘40, le dossettiane“Cronache sociali”) lo qualificarono soprattutto
come redattore sindacale.
Al sindacato Donat Cattin dedicò larga parte del proprio impegno e nel vivace
laboratorio torinese del dopoguerra assimilò una diretta esperienza dei
fondamentali meccanismi dell’evoluzione sociale ed economica italiana insieme
3
Istituto per la storia della resistenza e della società contemporanea in provincia di Alessandria “Carlo Gilardenghi”,
Simona Urso, In mancanza di uno studio biografico su Gioachino Quarello si vedano le seguenti voci: a cura di M.
Reineri, in Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico. 1853-1943, vol. IV, Roma, Editori Riuniti, 1978,
pp. 264-65, diretto da F. Andreucci-T. Detti; W.E. Crivellin, in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia
1860-1980, vol. III, t. 2.
6
ad uno stimolante quanto serrato e rigoroso confronto con contrapposti
orientamenti e ideologie.
Nel sindacato trovò referenti privilegiati nelle spiccate personalità, sia pure
diverse tra loro, di Rapelli
4
e Pastore, anche se in seguito le sue scelte si
differenziarono da quelle dei maestri.
Tra il 1948 e il 1956 assunse vari incarichi nella struttura sindacale torinese,
come segretario della CGIL prima e della CISL poi. Il suo impegno si sviluppò
soprattutto in duplice direzione.
Per un verso condivise con Rapelli la costruzione di un sindacalismo cattolico
strettamente collegato all’insegnamento sociale della Chiesa e in diretto
rapporto con l’area politica di provenienza (differenziandosi in questo dalla
linea espressa da Pastore); per altro verso si adoperò nella difesa del sindacato
di fronte ai potentati economici, denunciando in particolare i cedimenti
filopadronali della CISL alla FIAT fino a consumare nella seconda metà degli
anni ’50 il proprio distacco da Rapelli e dal suo progetto di sindacalismo
autonomo.
4
Giuseppe Rapelli ( Caselnuovo don Bosco,21 ottobre 1905- Roma,17 giugno 1977). Dopo la morte del padre si
trasferisce a Torino, dove milita nelle fila dell’Azione Cattolica e si impegna giovanissimo nel movimento sindacale
cristiano diventando, alla fine del 1924, Segretario della locale Unione del Lavoro, organo della CIL(
Confederazione Italiana dei Lavoratori). Nel 1926 fa parte, con Grandi e Gronchi, del triumvirato che regge
nell’ultimo periodo di vita la CIL,privata dal Patto Vidoni di ogni funzione sindacale a pro dei sindacati fascisti.
Nell’autunno del 1942 partecipa alle prime riunioni clandestine di fondazione della Democrazia Cristiana.. Eletto il
18 aprile 1948 diventa, alla Camera, presidente della Commissione Lavoro e Previdenza Sociale. Alla rottura
dell’unità sindacale nell’estate del 1948 assume una posizione contraria all’immediata creazione di
un’organizzazione sindacale anticomunista concorrente della CGIL e, nel 1949, e poi ancora nel 1950, tenta di dar
vita ad una Costituente Sindacale. Nell’autunno del 1950 abbandona la CISL e inizia una battaglia aperta per un
sindacalismo cristiano e per l’emanazione di una legge sindacale in applicazione degli articoli 30 e 40 della
Costituzione. Il 7 giugno del 1953 viene rieletto alla Camera della quale, nell’autunno 1955, diventa Vice-
Presidente. Nella battaglia per la rinascita del sindacalismo cristiano in Italia Rapelli si troverà però isolato, e la
sopravvenuta cecità gli imporrà l’abbandono di ogni attività politica e sindacale. Muore a Roma il 17 giugno 1977.
7
Accanto al lavoro sindacale, unito anche ad un’attiva presenza nelle ACLI,
Donat Cattin Intensificò la militanza politica che ne avrebbe sempre più
caratterizzato l’esperienza.
Il suo coinvolgimento diretto nella DC, già avviato nel periodo resistenziale,
conobbe un’accelerazione nell’immediato dopoguerra. Esponente del movimento
giovanile del partito, fece parte del comitato regionale e di quello provinciale di
Torino.
Più volte consigliere comunale e provinciale, nel 1954 fu eletto nel Consiglio
nazionale della DC e nel 1959 nella direzione del partito.
Deputato dal 1958 e senatore dal 1979, fu vicesegretario della DC tra il 1978 e
il 1980. Nel partito rappresentò la sinistra sociale, legata alla storia sociale e
sindacale del movimento dei cattolici in Italia e rilanciata soprattutto da Pastore
nei primi anni ’50 con il gruppo “Cronache sociali”, poi diventato “Forze
sociali”, quindi “Rinnovamento” e infine, dal 1964, “Forze Nuove”, di cui
Donat Cattin fu incontrastato leader.
Considerò la DC come essenziale strumento di riscatto politico per vasti ceti
popolari e occasione di affermazione per classi dirigenti nuove. A più riprese
rivendicò, sulla scia di Sturzo
5
, la caratteristica della DC come partito di “liberi
e uguali”, nel quale “il criterio della cooptazione dall’alto non prevalesse su
quello della selezione democratica dal basso”.
Con le sue nette prese di posizione, accompagnate da caparbietà e franchezza
anche aspra nel confronto, non mancò di evidenziare contrasti e dissensi con le
varie componenti democristiane, riuscendo tuttavia in varie circostanze, pur
guidando un gruppo minoritario, a influenzare la linea del partito e la scelta dei
gruppi dirigenti.
5
DE ROSA, L. Sturzo, in Dizionario storico del movimento cattolico italiano. 1860-1980, dir. da F. Traniello e G.
Campanini, vol. II (I protagonisti), Casale Monferrato, Marietti, 1982, pp. 614-624.
8
All’interno della DC dialogò soprattutto – sia pure a fasi alterne – con l’altra
componente della sinistra democristiana, la “Base”, rispetto alla quale tuttavia
la corrente di Donat Cattin rivendicò in più occasioni le diversità di formazione
politica e di legami sociali.
Un vero rapporto privilegiato stabilì invece con Aldo Moro
6
, nel quale
riconosceva non comuni capacità di coesione e di sintesi politica.
Il legame si consolidò soprattutto nell’esperienza del centro-sinistra (una fase
politica da Donat Cattin decisamente preparata e sostenuta) e si intensificò
ulteriormente dopo il 1968, quando quella stagione dava segni di esaurimento e i
consensi attorno allo statista pugliese si andavano affievolendo.
Attenzione e stima peraltro ricambiate, specie nella capacità di cogliere nelle
posizioni spesso dirompenti di Donat Cattin “ciò che significava, in termini di
coerenza, l’intransigenza della sinistra sociale di cui Donat Cattin si faceva
interprete”.
“Il rapporto con Moro contribuì anche al nostro permanere nella DC”,
affermerà Donat Cattin in riferimento alla fase successiva alle elezioni del ’68,
quando la posizione di “Forze nuove” giunse ai limiti della rottura con il partito
di fronte ad una politica delle riforme nettamente mortificata ed al prevalere
nella DC di forti condizionamenti in senso moderato.
Il dialogo proseguì, particolarmente serrato e dialettico, quando, qualche anno
dopo, Moro si impegnò sul fronte della solidarietà nazionale e sulla più
generale questione del rapporto con i comunisti, terreno sul quale Donat Cattin
mostrò non poche reticenze, nel timore soprattutto che un’alleanza organica con
il PCI portasse alla perdita della rappresentatività popolare della DC.
6
G. GALLI, Mezzo secolo di DC, Milano, Rizzoli, 1993 pp 42-47.
9
Con l’assassinio di Moro
7
, l’unico – secondo Donat Cattin – ritenuto in grado di
gestire un esperimento di tale portata garantendo l’unità del partito, perplessità
e riserve si acuirono concretizzandosi in occasione del XIV Congresso nazionale
della DC
8
(1980) nel “Preambolo” che escludeva una ulteriore collaborazione di
governo tra DC e PCI.
Nella circostanza le scelte di Donat Cattin si trovarono al centro di reazioni
particolarmente vivaci e di interpretazioni controverse, che ancora attendono
più documentati chiarimenti.
Le sue valutazioni lo portarono a contrastare la linea, giudicata debole e
precaria, di quanti cercavano un raccordo con la componente comunista che,
sebbene rappresentata in Italia da un partito ancora attestato su posizioni di
forza, andava evidenziando sul piano internazionale i primi sintomi di una crisi
profonda.
In effetti il giudizio di Donat Cattin sulla questione comunista rimase
decisamente critico, in netto contrasto sul terreno delle scelte istituzionali,
economiche e di politica estera. Di tale giudizio rivendicò peraltro la natura
rigorosamente politica, priva di preconcetti, pregiudiziali o chiusure assolute,
come di fatto attestarono, specie in alcuni momenti della sua militanza, i punti
di incontro con il mondo comunista.
Nel partito, inoltre, Donat Cattin mostrò convinta attenzione all’intreccio tra la
dimensione politica e quella culturale. Un’iniziativa come la rivista
7
G. BOCCA , Moro, una tragedia italiana, Bompiani, Milano 1978.
MARTINELLI-PADELLARO, Il delitto Moro, Rizzoli, Milano 1979.
SELVA-MARCUCCI, Il martirio di Aldo Moro, Cappelli, Bologna 1978.
8
F.MALGERI, Storia della democrazia cristiana. La DC negli anni Ottanta dal delitto Moro alla segreteria
Forlani (1978-1989), Cinque lune,Roma,2000.
10
“Settegiorni”
9
segnò una stagione di vivace confronto e crescita della cultura
cattolico-democratica e, nello sforzo di contribuire – sono ancora espressioni di
Donat Cattin – “alla soluzione dei problemi della società in armonia con i tempi,
con le forze vive e i giovani del paese”, liberò nuove voci nel dibattito politico
del mondo cattolico.
La rivista settimanale, promossa da Carlo Donat Cattin, interpretò i fermenti del
cattolicesimo post-conciliare insieme al dialogo con il mondo socialista e con
quello laico.
Ampia la lista dei collaboratori: dalle varie anime della sinistra democristiana
agli intellettuali cattolici, dai socialisti ai giovani esponenti del sindacato.
Interprete della rivoluzione culturale del ‘68 visse in maniera autonoma
e godette di grande indipendenza politica.
Donat Cattin
10
spiega la natura del settimanale a Paolo Torresani:
“La vita di Settegiorni fu sempre autonoma rispetto al gruppo di Forze Nuove.
Sviluppò una linea che sembrò voler stabilire un collegamento tra il pensiero
di Aldo Moro da un lato (integrato dai contenuti della sinistra sociale Dc e
dalle organizzazioni popolari di radice etico-sociale cristiana) e il pensiero di
Franco Rodano e dei suoi amici provenienti dalla sinistra cristiana e poi
inseriti nel Pci, dall’altro. Al di là di quel sottile filo di collegamento
l’esperienza culturale di Settegiorni è stata vasta e profonda ed è servita a
rendere molto più libero il dibattito politico nel mondo cattolico”.
9
SETTEGIORNI, rivista edita dal 1967 – 1974, i numeri pubblicati sono stati 366. Il settimanale conclude la
sua vita il 7 luglio del 1974 dopo una campagna referendaria sul divorzio che vede la direzione di Settegiorni
favorevole al “no” in contrasto con la linea ufficiale della Dc. Da tempo i conti del bilancio erano in rosso, ma la
vera ragione della chiusura sembra essere quella di un cambiamento radicale del clima politico.
10
P. TORRESANI, La mia DC. Intervista a Donat Cattin, Vallecchi, Firenze, 1980
11
La stessa attenzione che ispirò anche, sempre in quegli anni, la breve ma intensa
esperienza di un lavoro culturale progettato nell’ACPOL
11
con gli aclisti di
Livio Labor e alcune componenti socialiste.
In anni successivi, a partire dal 1983 e ancora in omaggio a Moro che aveva
coniato l’espressione, ideò la sua ultima rivista, “Terzafase”
12
, a sua volta
aperta ad una pluralità di voci e di orientamenti.
Rappresentò una novità editoriale seguita con attenzione dal mondo politico e da
quello giornalistico. Politica interna ed economia assorbirono la maggior parte
dello spazio, ma ampio fu anche il settore dedicato agli affari internazionali con
acute analisi sul declino dell’impero sovietico di Piero Sinatti
13
.
Ogni numero della rivista fu chiuso da una sezione storica attenta alle vicende
del cattolicesimo nell’ultimo secolo e a quelle della CISL. Questo settore vide il
contributo di Vincenzo Saba
14
, presidente della Fondazione Pastore.
La vera novità editoriale fu rappresentata dal “Diario di bordo”, curato dallo
stesso Donat Cattin, sotto la firma de Il Nostromo: una serie di indiscrezioni,
interne ed esterne al partito, che andò a ruba tra i giornalisti.
Dalla lettura degli editoriali emergono la fotografia della crisi politica italiana
e di una deriva che colpirà in maniera mortale la Democrazia Cristiana. Parole
profetiche che si possono cogliere quando ricorda la frase di De Gasperi
15
:
11
ACPOL: associazione di cultura politica impegnata per la ristrutturazione della sinistra italiana fondata da Labor
con Riccardo Lombardi nel 1969, dopo che il congresso delle ACLI di cui era presidente dal 1961 aveva votato la
fine del collateralismo con la DC. Alla vigilia delle elezioni del 1972 l'ACPOL si sciolse e Labor fondò l’MPL, il
movimento politico dei lavoratori, per partecipare alla competizione elettorale di quell’anno.
12
TERZAFASE, rivista mensile edita dal 1983 al 1993. Dopo la scomparsa di Donat Cattin Terzafase prosegue la
pubblicazione per altri due anni con editoriali di Sandro Fontana e Franco Marini (L’ultimo editoriale di Donat
Cattin è del gennaio 1991, poco prima della morte, nel quale affronta il tema della tragedia della guerra. Siamo alla
vigilia della prima guerra del golfo).
13
P. SINATTI, Che cosa vogliono i Russi?, Theoria, Roma,1993.
14
V. SABA, Il problema storico della CISL. La cittadinanza sindacale in Italia nella società civile e nella società
politica (1950-1993), Rubbettino, Catanzaro, 2001.
15
Cfr. Terzafase, n.9, 1990.
12
“Giudico i partiti da come servono il popolo. Io non servirei nemmeno la
Democrazia Cristiana se non avessi la convinzione che vuol servire il popolo” e
Donat Cattin commenta: “Da settembre a marzo misuriamoci senza doppi giochi
con queste dure parole di De Gasperi che non concedeva nulla alla retorica”.
Funzione analoga cercarono di svolgere anche i convegni annuali di “Forze
Nuove”, in particolare quelli di Saint Vincent, che, superando i confini di
circoscritta iniziativa di corrente, offrirono momenti di riflessione collettiva e
spunti per vari sviluppi della politica italiana, ponendosi altresì, ad una loro
rilettura attuale, come utile strumento per ripercorrere le tappe più significative
del pensiero politico di Donat Cattin.
Altrettanto intensa, infine, la sua esperienza di governo. Dopo i primi impegni
come sottosegretario alle partecipazioni statali nei tre dicasteri guidati da Moro
tra il 1963 e il 1968, si impose all’attenzione del paese come ministro del lavoro
(1969 - 1972), soprattutto nella combattuta stagione sindacale del ’69.
E’ in qualità di Ministro del Lavoro che può esplicitare al meglio le proprie
qualità e la propria linea di politica economica e sociale riformatrice e
riformista. Porta a termine l’opera del suo predecessore Giacomo
Brandolini(PSI) a favore dei lavoratori e, soprattutto, si applica per
un’immediata entrata in vigore, subito dopo l’approvazione, del neonato Statuto
dei Lavoratori.
Con l’approvazione dello Statuto dei lavoratori e la gestione dell’autunno caldo,
un ministero “di servizio” divenne interlocutore privilegiato di ministeri
finanziari nella definizione e nella gestione della politica economico-sociale.
Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno nel IV Governo Rumor
(luglio 1973 - marzo 1974), si schierò contro le “cattedrali nel deserto”,
richiamando, accanto al valore della solidarietà, l’opportunità di scelte politiche
di riequilibrio socio-economico del paese.
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16
L. MENAPACE, La Democrazia Cristiana: natura , struttura e organizzazione, Mazzotta, Milano,1974.