5
essere messo in atto solo attraverso una comunicazione autentica che
esprima il vissuto e la soggettività di un individuo, che renda possibile
un atteggiamento di ascolto, una a-valutazione che sia totalmente
accettante da parte dell’ interlocutore, che cercherà di comprendere
l’altro dall’interno. Si tratta di un ascolto attivo, capace di restituire
all’interlocutore, come in uno specchio, i contenuti cognitivi ed emotivi
della sua comunicazione mediante segnali che dimostrino che quanto
espresso è stato compreso.
In questo modo la comunicazione non-direttiva acquista una valenza
prettamente formativa; chi parla, infatti, si sente realmente ascoltato,
pieno di gratitudine e diventa più disponibile alla comunicazione. Ciò
consente, d’altra parte, a chi ascolta, di comprendere il punto di vista di
un’ altra persona, di accedere alla soggettività altrui e di percepire
realmente il suo pensiero che si elabora “cammin facendo”.
Tale comunicazione non-direttiva può essere applicata in ambito
formativo per creare un ambiente “sui-generis”, all’interno del quale i
ruoli tradizionali tra chi insegna e chi apprende vengono rovesciati
diventando meno rigidi, costituendo le basi per una effettiva costruzione
delle conoscenze. Rogers si preoccupa, in particolar modo, della
creazione di un ambiente scolastico dove l’accettazione dell’altro, la
comprensione e l’ascolto sono le forme più evidenti dell’apprendimento.
Proprio quest’ultimo viene bandito dal pedagogista quando chiama in
causa semplicemente la mente, perché non tiene conto dei sentimenti,
delle emozioni, insomma non coinvolge l’intera personalità del soggetto.
Il vero apprendimento è, invece, quello significativo, basato
sull’esperienza e capace di destare gli interessi del soggetto che
apprende. Risulta evidente come l’attenzione per il soggetto venga posta
in primo piano all’interno del processo di apprendimento per una sua
comprensione profonda e radicale attraverso una comunicazione in
6
classe che si snoda attraverso due processi che la rendono profonda e
autentica. L’ascolto da una parte, e l’empatia dall’altra, sono gli aspetti
della comunicazione che un docente dovrebbe considerare preziosi per la
sua professione.
Creare un clima in classe dove è possibile ascoltare significa far circolare
una comunicazione autentica, empatica in cui il soggetto si sente
veramente riconosciuto ed è, a sua volta, più aperto alla comprensione.
In tal modo si viene a creare una relazione insegnante-allievo fondata su
stima e rispetto reciproci, in cui l’adulto deve essere genuino, essere cioè
se stesso, in grado di esprimere i propri sentimenti positivi o negativi,
deve avere comprensione e riuscire a capire cosa prova il ragazzo senza
valutare o giudicare. L’insegnante dovrà essere inoltre autentico,
riconoscere i propri limiti, partecipare a livello emozionale alla vita del
ragazzo e riuscire a stabilire un reale rapporto interpersonale.
Rogers fornì un prezioso contributo alla nascita e allo sviluppo del
movimento umanistico, in cui la persona umana è considerata nella sua
interezza e personalità, in cui viene proposto un modello centrato
sull’uomo, che tende a valorizzare la dignità della persona, lo sviluppo
del potenziale in essa latente, la creatività e l’auto realizzazione quali
aspetti caratteristici del genere umano.
Grazie a Rogers ed al suo approccio le innovazioni in campo umanistico
si estesero in ambiti diversi: della psicoterapia, dell’educazione e
dell’istruzione, del management, della comunicazione interculturale,
della filosofia, della scienza e dei gruppi d’incontro.
La prima parte del presente lavoro nasce con il tentativo di voler
analizzare la comunicazione educativa in ambito scolastico, ponendosi il
problema di quando una comunicazione intenzionale può essere definita
efficace e a quale prezzo. Di qui la presentazione del maestro della
comunicazione quale Rogers e la disamina delle sue tesi in ambito
7
educativo. Nell’ultima parte del mio lavoro di tesi ho tracciato una breve
analisi sulla presenza di Rogers nella pedagogia italiana del dopoguerra
da Lucia Lumbelli a Lamberto Borghi e oltre, in cui il pensiero di Rogers
rappresenti la base per successive riflessioni.
8
CAPITOLO PRIMO
LA COMUNICAZIONE A SCUOLA: UN
PROBLEMA APERTO
1.1. Il significato del concetto di comunicazione
La comunicazione è al centro dell’esistenza quotidiana, è presente sia
pure in forme diverse in ogni ambito della vita umana, in ogni gruppo
sociale ed è elemento della trama dei rapporti tra le persone. La
comunicazione è il nostro biglietto da visita, grazie ad essa ci mostriamo
e ci presentiamo agli altri, incontriamo le persone entrando nel loro
mondo. Avere consapevolezza del contenuto e della relazione che le
parole che pronunciamo portano con sé ci aiuta a creare rapporti
interpersonali trasparenti, concreti, lineari e soprattutto ci permette di
andare oltre le apparenze, di spostarci dal proprio punto di vista per
andare a capire quello del nostro interlocutore.
Sono affermazioni difficilmente contestabili, eppure, nel momento in cui
ci si accinge a riflettere sulla comunicazione, ci si trova di fronte ad un
apparente paradosso; da un lato, tutti gli studiosi riconoscono
l’importanza del concetto, dall’altro sembra non esserci accordo su una
sua definizione univoca, talmente ampia è la varietà di uso di questo
termine nelle discipline più disparate, dall’etologia all’informatica, dalla
biologia alla filosofia.
Tuttavia, al di là di ogni affermazione scientifica o tecnica tutti noi
consideriamo la “comunicazione” come il più efficace e complesso
strumento attraverso cui gli esseri umani interagiscono e, per poter essere
9
parte di una collettività, si può affermare che essa è l’unico mezzo a loro
disposizione.
La comunicazione ci permette di mandare segnali che, a loro volta,
generano risposte significative nell’ambiente che ci circonda. Per tale
ragione ogni comportamento è comunicazione e non si può non
comunicare: ogni comportamento è una trasformazione dei processi
neurologici interni e reca informazioni su questi processi.
Poi ognuno agisce secondo la propria massa interna e come afferma
Erikson «noi traduciamo sempre il linguaggio dell’altro nel nostro»
1
.
La comunicazione possiamo definirla come un comportamento che
appartiene a tutto il genere vivente. Ogni forma di vita che sia vegetale,
animale o umana per entrare in contatto con il mondo esterno adotta
comportamenti comunicativi, senza i quali sarebbe impossibile
sopravvivere. Che sia il colore o il profumo di un fiore, che sia un gesto
del corpo o una parola o semplicemente il silenzio di una persona, tutti
questi comportamenti hanno un unico scopo: trasmettere un messaggio e
ottenere una risposta. Tutto ciò diventa essenziale per l’essere umano in
quanto riesce a soddisfare alcuni suoi bisogni. Primo fra tutti la
comunicazione soddisfa il nostro bisogno sociale, cioè il senso di
appartenenza e di coinvolgimento con gli altri. Essa, però, appaga anche
il nostro bisogno pratico legato a circostanze specifiche quali chiedere
informazioni e/o ottenere qualcosa.
Il contesto che ci circonda è talmente vario che afferriamo solo alcune
delle molteplici possibilità di interpretazioni di esso.
E ciò che cogliamo è filtrato dai nostri modi di essere individuali, dalla
nostra cultura personale, dagli interessi e dalle nostre esperienze passate.
La nostra comunicazione con gli altri, in questo senso, è spesso uno
specchio fedele del nostro stato interno. Quando parliamo con qualcuno
1
Erikson E.H., Infanzia e società, Armando, Roma, 1995, cit. p.64.
10
o ascoltiamo, spesso ciò che trasmettiamo o recepiamo è filtrato dal
nostro stato d’animo così che, se la comunicazione è reale, il nostro
interlocutore riesce a percepirlo.
Tuttavia se consideriamo l’etimologia del termine, la definizione di
comunicazione assume un significato diverso, esso deriva dal latino
“communis” e significa “rendere comune”, “far partecipe”. Questa è una
definizione che mette in rilievo la dimensione della reciprocità e il
comunicare assume la valenza di legare, partecipare, donare, dare e
ricevere.
La comunicazione si compone di sette elementi chiave che
contribuiscono al successo o al fallimento della comunicazione
individuale. Questi elementi sono rappresentati da emittente, ricevente,
canale, codice, codifica e decodifica, feedback, contesto e messaggio.
L’ emittente è il soggetto o l’oggetto che emette il messaggio. Egli deve
essere chiaro, efficace, usare un vocabolario adeguato ed una modalità
espressiva chiara per far sì che il suo messaggio arrivi al ricevente in
modo corretto.
Il ricevente è il soggetto o l’oggetto che riceve il messaggio. Egli è
attivamente coinvolto nella conversazione almeno quanto il parlante, ma
il suo ruolo richiede un maggiore sforzo ed una maggiore concentrazione
rispetto a quello di chi parla. Il ricevente, inoltre, svolge un ruolo
importante perché molto dipenderà da lui nel proseguo della
conversazione in base a come ha compreso il messaggio, comprensione
che è sempre in una certa misura imprevedibile e incontrollabile.
Il canale è il mezzo attraverso cui l’emittente veicola o attraverso cui il
ricevente ottiene il messaggio che può essere trasmesso, per esempio
attraverso un’interazione faccia a faccia, al telefono o via lettera.
Il codice è il sistema di segni dai significati condivisi che ci permette di
comunicare. I significati, ovvero le cose che vogliamo comunicare, sono
11
inizialmente solo all’interno della nostra mente. Per poter uscire
all’esterno, devono essere codificati, ovvero tradotti in suoni, gesti, segni
che possiedono un significato condiviso. Se non fossimo in grado di
associare ad una serie di segni discreti dei significati non potremmo
comunicare nulla, o quasi nulla.
Gli studiosi descrivono con l’espressione codificare l’attività che
l’emittente compie per emettere un messaggio che sia effettivamente
significativo per l’ascoltatore. La codifica si riferisce al processo
attraverso il quale l’emittente trasforma le sue idee e le sue intenzioni in
parole, o altro tipo di simboli, nel tentativo di renderle comprensibili agli
altri. Dunque, le idee vengono codificate in messaggi, i quali vengono
inviati al ricevente, il quale compie il corrispondente processo di
decodifica. La decodifica è la trasformazione delle parole e degli altri
simboli ricevuti in un significato, che può essere simile, esattamente
uguale o anche completamente diversa rispetto al significato iniziale,
quello che l’emittente aveva in mente quando ha codificato la sua idea.
Il feedback è una informazione di ritorno che permette all’emittente,
mentre sta comunicando, di percepire se il messaggio è stato ricevuto,
capito, approvato, ecc. e dunque di reagire, cercando la via più efficace
per raggiungere il risultato che si è prefisso. E’ una sorta di
retrocomunicazione, di costante verifica del responso generato dalla
nostra comunicazione. Il feedback è il fattore fondamentale di ogni
processo di comunicazione, esso può essere formulato sia in modo
verbale che non verbale (movimenti del corpo, postura, mimica facciale).
Esso è una chiave per capire dov’è finito il messaggio che non è arrivato
a destinazione. Se la risposta della persona che vogliamo informare o
convincere è assente oppure è diversa da quella che ci attendiamo, il
significato della comunicazione è uguale a zero. Siamo noi i primi
responsabili dell’esito delle nostre parole, gesti e del tono della voce.
12
L’esito della comunicazione è quindi nelle nostre mani e possiamo
procurarci tutti gli strumenti per chiarire il nostro messaggio e per
renderlo più efficace. Il primo passo da fare in questa direzione è
indossare i panni dell’altro, guardare i suoi occhi e il suo corpo per
capire quello che si aspetta da noi.
Il contesto è il “luogo” in cui avviene lo scambio comunicativo, ovvero
la situazione in cui l’atto comunicativo si inserisce.
Il messaggio è il contenuto di ciò che si comunica. E’ strettamente legato
al concetto di informazione, e può essere un dato, una notizia o più
semplicemente una sensazione, veicolata attraverso segni significativi. Il
concetto di messaggio, apparentemente scontato, è in realtà difficile da
afferrare. Non dobbiamo, infatti, fare l’errore di credere che il significato
del messaggio sia contenuto all’interno del messaggio stesso. Il
significato emerge solo dalla lettura contestuale del messaggio e di tutti
gli altri elementi della comunicazione. Lettura contestuale che è
possibile, però, solo dopo che un soggetto ha deciso di agire inviando al
mondo un segnale.
Da quanto ho affermato si evince che il concetto di comunicazione come
possibilità di rendere partecipi gli altri dei nostri sentimenti è un “porsi
in relazione con gli altri” e si configura come processo attraverso il quale
gli uomini mettono in comune idee, pensieri e operano uno scambio di
esperienze, di sentimenti, di conoscenze, di desideri e di bisogni. Si tratta
di uno scambio di significati che influiscono sul modo personale di
essere, di fare, di sentire se stesso e gli altri.
C’è un ulteriore aspetto che concerne la comunicazione che vorrei
sottolineare in questo contesto: infatti, quando si parla di comunicazione,
si pensa sempre che la cosa più importante sia sapersi esprimere. Ma c’è
un’arte ancora più preziosa ed è il saper ascoltare.