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1 INTRODUZIONE
Il tema della leadership ha assunto, dalla metà del Novecento, un ruolo di primo piano negli studi
organizzativi ed è divenuto sempre più centrale nel corso degli ultimi decenni, testimoniato anche dai
numerosi contributi in ambito scientifico e divulgativo (Quaglino, 1999). La copiosa letteratura che
negli ultimi decenni ha riempito scaffali di molte biblioteche contribuisce a rendere ardua l’operazione
di individuare una definizione di leadership: leadership come dimensione della personalità, strumento
per raggiungere i risultati, determinante dei processi di gruppo, esercizio di influenza, forma di
persuasione, relazione di potere, arte di avere seguito.
Tutte queste dimensioni rappresentano il tentativo di cogliere i molteplici significati e contenuti dell’
essere leader e dell’ esercitare la leadership, di impadronirsi dell’ essenza, di catturare la formula del
successo. Provando a sintetizzare questi diversi elementi in un’ unica definizione, si può affermare che
la leadership è l’azione di avere seguito e, al contempo, di conseguire i risultati.
I numerosi studi abbondano non soltanto sull’ analisi di cosa sia la leadership, ma anche di come
questa venga esercitata, con la conseguente definizione degli stili di leadership. Lo stile di leadership è
rappresentato dal tipo di relazione che il leader instaura con i propri collaboratori, e nel modello
situazionale di Paul Hersey e Ken Blanchard ( 1982 ), viene considerato come il prodotto tra diversi
fattori: tratti di personalità del leader, maturità dei collaboratori e specificità della situazione.
Tratti, motivazioni e abilità sono gli elementi distintivi dei primi studi sulla leadership. Le prime
ricerche, definite come approccio del “grande uomo” (Daft, 1999), si sono concentrate su quei leader
che sono stati capaci di raggiungere un elevato livello di popolarità grazie a certe caratteristiche
personali in grado di renderli “ leader naturali”: lealt{, socialit{, iniziativa, persistenza, autostima,
prontezza, adattabilità, estroversione, mascolinità, dominanza, conservatorismo. Negli ultimi anni si
registrano molteplici lavori sulla relazione tra personalit{ e leadership che segnalano l’importante
ruolo dell’estroversione (Judge, 2002) .
Per quanto riguarda la maturità dei collaboratori, essa viene valutata su un continuum, da bassa ad
alta, a cui corrisponde uno stile di leadership più adeguato, bilanciando attenzione al compito e alla
relazione. Si possono individuare quattro diversi livelli del continuum e possono essere così
schematizzati:
- Prescrivere ( bassa maturità ), in cui il leader fornisce istruzioni estremamente dettagliate ed è poco
orientato a sviluppare relazioni positive.
- Vendere (medio-bassa maturità ),in cui il leader fornisce istruzioni dettagliate spiegando anche il
perché ed eventualmente prendendo in considerazione le loro idee.
- Coinvolgere ( medio-alta maturità ), in cui il leader incoraggia i collaboratori e li rende partecipi dell’
obbiettivo finale e dei problemi che sorgono di volta in volta.
- Delegare ( alta maturità ), in cui il leader risponde alle domande dei collaboratori e li guida, li sostiene
nel percorso verso l’ obiettivo finale.
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La presa in considerazione della situazione è ciò che rende il modello altamente flessibile: in base alla
specificità della situazione, dei tratti personali e del livello di maturità dei collaboratori è possibile
individuare lo stile di leadership più adatto.
1.1 IL NUOVO CONTESTO GLOBALE
Nel XXI secolo il mondo del lavoro organizzato presenta delle differenze sostanziali rispetto a quello di
alcuni decenni prima: molti luoghi di lavoro sono oggi caratterizzati da elevati gradi di automazione
tecnologica, da una maggiore crescita del numero di soggetti con diverse origini culturali e sociali e da
un aumento delle differenze personali in riferimento a caratteristiche demografiche e a valori e stili
comportamentali. Cresce l’ importanza del lavoro in team, aumentano le occasioni di relazioni all’
interno e all’ esterno dell’ organizzazione, cambiano le condizioni fisiche di lavoro e i rischi per la
salute psicofisica. In sostanza sono mutate le condizioni proprie del lavoro e anche dei rapporti di
lavoro. Per effetto dei sempre piu frequenti processi di fusioni e acquisizioni, ristrutturazione,
outsourcing, la speranza del life-long employment all’ interno di un' organizzazione è per pochi,
mentre per molti si aprono le diverse prospettive dei lavori “ flessibili”, “ atipici”, “ autonomi “. Il
contratto psicologico individuo – organizzazione assume nuove caratteristiche, anche in funzione dei
diversi profili di competenze individuali, influenza la motivazione verso il lavoro, condiziona il livello
di soddisfazione, determina le aspettative delle persone all’ interno e all’ esterno del lavoro.
(Argenterio, Cortese, & Piccardo, 2008).
Richard Sennett, nel saggio “ L’ uomo flessibile “, spiega in modo esaustivo quali effetti comporta sui
singoli individui il nuovo scenario organizzativo improntato sulla flessibilità.
“Ai lavoratori viene chiesto di comportarsi con maggiore versatilità, di essere pronti ai cambiamenti con
breve preavviso, di correre continuamente qualche rischio, di affidarsi meno ai regolamenti e alle
procedure formali” (Richard Sennett,1999, p. 9)
Essere flessibili significa essere disponibili a qualunque cambiamento, essere amanti del rischio,
essere pronti a cogliere qualunque opportunità a scapito però di certezza, del senso di sicurezza e
stabilità. Sennet è interessato alle conseguenze di questo approccio frenetico alla vita organizzativa
sulla sfera psicologica degli individui, che sembrano vivere una sorta di crisi valoriale e caratteriale
che pone in contrasto i valori di stabilità e sicurezza con quelli di dinamicità e continua mutevolezza.
“ Ma come è possibile perseguire obiettivi a lungo termine in un’ economia che ruota attorno al breve
periodo? In che modo possiamo decidere quale dei nostri tratti merita di essere conservato all’ interno di
una società impaziente, che si concentra sul momento? Queste sono le sfide che il capitalismo flessibile
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pone al carattere “ (Richard Sennett,1999, p. 10)
Quando si parla di organizzazioni flessibili, si fa riferimento proprio alla loro dinamicità e capacità di
adattarsi in nuovi scenari globali col rischio però di provocare quegli effetti sui membri che la
compongono. Dunque questi cambiamenti organizzativi devono essere interpretati come il risultato di
un processo di adattamento che avviene in base alle sempre piu esigenti richieste del mercato globale.
Le organizzazioni infatti si trovano ad operare in un mercato ormai saturo che inasprisce la
concorrenza la quale sembra rappresentare la peggior minaccia per un’ impresa.
Le battaglie competitive globali hanno determinato molti dei cambiamenti che i leader di oggi si
sforzano di fronteggiare. La feroce concorrenza ha spronato le organizzazioni a cercare nuove
strategie, evitando, per quanto possibile, una “guerra di prezzi”, ad esempio puntando sulla qualità. La
scelta di una gestione improntata sulla leadership può essere anche intesa come un orientamento alla
qualit{ interna che inevitabilmente rifletter{ anche all’ esterno, ottenendo effetti positivi sia sul
benessere dei membri dell’ organizzazione, sia sulla qualit{ percepita dal cliente.
L’ analisi del rapporto tra leader e manager permetter{ di avere una vision più chiara sull’importanza
della leadership in una prospettiva gestionale.
l.2 LEADER O MANAGER?
La leadership e il management sono due modalit{ d’ agire distinte e complementari, ciascuna
connotata da attività e funzione proprie. L’ analisi che segue si ispira principalmente al saggio di Kotter
“Cosa fanno realmente i Leader?" ( 1990 ) in cui viene sottolineato che “ leadership e gestione sono due
distinti e complementari sistemi di azione. Entrambe sono necessarie per il successo in un contesto
imprenditoriale sempre più complesso e instabile”. (Kotter, 1990)
La vera sfida per le aziende è quella di bilanciare una leadership forte con un management altrettanto
forte; alcuni individui hanno capacità per eccellenti manager ma non per essere leader efficaci; altri
hanno enormi potenzialità di leadership ma hanno grosse difficoltà a diventare manager efficaci.
Il management si misura con la complessità, elemento che caratterizza sempre più le organizzazioni
del ventunesimo secolo. Un management efficace deve far fronte a tale complessità gestendo con
chiarezza e ordine la qualità e la redditività dei prodotti.
La leadership invece si misura col cambiamento. Il cambiamento è essenziale per l’ organizzazione che
intende sopravvivere in un contesto in continua e rapida trasformazione.
Questi due elementi costituiscono le cornici entro cui inquadrare i diversi approcci operativi: il
manager pianifica e gestisce il budget definendo obiettivi a breve termine che vengono raggiunti
attraverso una corretta allocazione delle risorse, tra cui anche quelle umane; il leader pone degli
obiettivi a lungo termine che mirano a raggiungere la vision e attua delle strategie generative dei