Capitolo 1
INTRODUZIONE
Negli ultimi anni, in campo scientifico grande attenzione Ł stata rivolta all aggregazione delle
proteine. Questo processo Ł il risultato di differenti meccanismi tra loro interconnessi, come
ad esempio cambiamenti conformazionali e strutturali delle singole molecole proteiche,
processi di nucleazione, interazioni proteina-proteina e conseguente formazione di legami
intermolecolari (Vitagliano et al.,1999). L aggregazione proteica Ł un fenomeno rilevante sia
per l acquisizione di nuove funzioni, sia per la produzione di depositi di natura patologica.
Infatti, alcune condizioni neurodegenerative, sono associate alla deposizione, in particolari
aree celebrali o del sistema nervoso periferico, di aggregati fibrillari polimerici di specifiche
proteine o peptidi. Queste patologie comprendono condizioni diffuse soprattutto nella
popolazione anziana, come il morbo di Alzheimer e il morbo di Parkinson e patologie non
frequenti o addirittura rare, come varie encefalopatie spongiformi trasmissibili, come ad
esempio l Encefalopatia spongiforme bovina (BSE) e la Sindrome di Creutzfeldt-Jakob (CJD)
oppure vari tipi di atassia, sclerosi laterale amiotrofica, etc. La presenza di aggregati proteici Ł
stata anche riscontrata, nelle cosiddette malattie da espansione glutamminica (ad indicare che
la proteina in questione si aggrega quando il numero di residui di glutammina, costituenti
sequenze ininterrotte nell ambito di essa, superi le 40 unit circa), quali, la malattia di
Huntington e quella di Kennedy (Perutz, 1999). Gli aggregati proteici vengono definiti fibrille
amiloidi quando si formano in vivo fuori la cellula e inclusioni intracellulari quando si
formano in vivo nella cellula. Gli studi condotti nell ultimo decennio, hanno permesso di
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stabilire la struttura a livello molecolare delle fibrille amiloidi, i cambiamenti strutturali cui
vanno incontro le proteine e i peptidi che le costituiscono e i fattori che determinano tali
cambiamenti. Ci ha permesso di gettare le basi per possibili approcci terapeutici delle
patologie connesse alla formazione di fibrille (M. Stefani 2004). Alla base del fenomeno di
aggregazione, spesso, c Ł un evoluzione delle proteine, da una forma monomerica ad una
oligomerica, che pu presentare diversi vantaggi rispetto al relativo monomero, quali: la
possibilit di un controllo allosterico dell attivit enzimatica, una maggiore concentrazione
locale dei siti catalitici, superfici di legame piø estese, l evoluzione di nuovi siti attivi
all interfaccia tra le subunit , l acquisizione di nuove propriet biologiche (Liu e Eisenberg,
2002).
1.1 Il 3D-domain swapping
Uno dei meccanismi proposti per spiegare la formazione di strutture oligomeriche a partire da
forme monomeriche preesistenti, Ł il 3D-domain swapping (Bennet et al.,1995). Con tale
termine si intende un fenomeno che prevede lo scambio reciproco di uno o piø elementi
strutturali ( domini ) tra subunit monomeriche identiche con conseguente formazione di un
dimero o un oligomero di piø alto ordine. Il dominio scambiato va ad occupare la stessa
posizione e stabilisce con il resto della catena peptidica, le stesse interazioni che aveva nella
forma monomerica. Il meccanismo di scambio di domini strutturali prevede la rottura delle
interazioni tra i domini di una proteina monomerica strutturalmente complessa, con
formazione di un monomero aperto. In questa conformazione la proteina riforma le interazioni
con un dominio identico appartenente ad un altra unit monomerica con conseguente
formazione di un dimero o, in generale, di un oligomero scambiante. Nella banca data di
strutture di proteine, Protein Data Bank (PDB), sono state depositate oltre 110 strutture di
proteine caratterizzate dal fenomeno del domain swapping e da un analisi di queste Ł emerso,
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che non Ł possibile stabilire delle analogie di funzioni, dimensioni o sequenze, e ci
impedisce, nota una proteina e la sua sequenza, di stabilire a priori se questa scambier un
dominio o meno. In molti casi i domini coinvolti nello scambio sono localizzati nella regione
N-terminale o C-terminale della proteina e in alcuni casi interessano entrambe le zone. Una
caratteristica comune a molti oligomeri definiti scambianti , mostrata da analisi statistiche
condotte sulle superfici di interazioni di dimeri scambianti (Schulunegger, et al.,1997; Sinha,
et al.,2001), Ł la ridotta superficie di interazione, legata alla specifica struttura quaternaria.
Ci determina la possibilit di ampi moti intersubunit inusuali, se confrontati a quelli di
dimeri convenzionali, che permettono l accesso a molteplici strutture quaternarie e quindi
favoriscono la crescita dell aggregato (Merlino, et al.,2005). Per tali ragioni questo
meccanismo, consentendo un certo grado di adattabilit della superficie oligomerica, pu
giocare un ruolo rilevante nei meccanismi di riconoscimento molecolare, che si verificano
durante i fenomeni di aggregazione di proteine, compresi quelli di tipo patologico.
In tutte le proteine che presentano scambio di domini strutturali, possono essere
individuate tre regioni caratteristiche:
• l interfaccia chiusa ( interfaccia-C), che Ł costituita dalle regioni di contatto tra il
dominio scambiato e il resto della catena polipeptidica ed Ł identica nella proteina
monomerica e in quella oligomerica;
• l interfaccia aperta (interfaccia-O), che Ł rappresentata dalla regione di interazione che
si viene a creare tra le subunit proteiche in seguito al fenomeno di scambio; essa Ł quindi
presente nell oligomero scambiante ma non nel monomero;
• il peptide cerniera (hinge peptide), che Ł il segmento di catena peptidica che connette il
dominio scambiato al corpo principale della proteina e che adotta conformazioni diverse
nella proteina monomerica e oligomerica (Mazzarella, et al., 1993). Figura 1.1:
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Figura 1.1: Illustrazione schematica della formazione di un
dimero mediante 3D-domain swapping.
L interfaccia chiusa determina nella massima parte la stabilit dell aggregato, mentre
l interfaccia aperta e il peptide cerniera, sono importanti nel determinare la specifica struttura
quaternaria dell oligomero. Studi energetici condotti sulla tossina della difterite (DT) una
proteina monomerica secreta dal Corynebacterium difteriae che, in seguito a un trattamento
di congelamento e scongelamento in tampone fosfato a pH neutro, forma un dimero
scambiante (Bennet, et al., 1994-A) e indagini su altri sistemi scambianti (Chen, et al., 2005)
hanno consentito di stimare la variazione di energia libera standard che si verifica durante il
processo di scambio (Bennet, et al., 1994-B). Una caratteristica generale del fenomeno Ł che
la forma monomerica e quella oligomerica scambiante della proteina, mostrano una piccola
differenza di energia libera e sono separate da un alta barriera energetica. L energia
paragonabile deriva dal fatto che, il dominio scambiato, ha un intorno proteico essenzialmente
identico nel monomero in conformazione chiusa e nell oligomero scambiante e stabilisce
identici legami non covalenti con i restanti domini della proteina in entrambe le forme,
cosicchŁ l oligomero Ł stabilizzato dalle stesse interazioni che tengono insieme i diversi
domini della proteina monomerica. La piccola differenza di energia libera tra il monomero e
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la corrispondente forma dimerica Ł un indice della stabilit relativa della forma scambiante ed
Ł influenzata da tre fattori:
1) la maggiore entropia dei monomeri rispetto all oligomero;
2) le nuove interazioni che il peptide cerniera sperimenta nel passare dalla forma monomerica
a quella scambiante;
3) la formazione di un ulteriore interfaccia nell oligomero scambiante che non Ł presente nel
monomero (l interfaccia aperta).
L alta barriera che separa il monomero dall oligomero scambiante, pu essere considerata
l energia di attivazione del processo di oligomerizzazione tramite domain swapping ed Ł
dovuta alla necessit di passare durante il fenomeno di scambio, attraverso uno stato di
transizione, che Ł il monomero aperto. L energia di attivazione dello scambio, pu essere
ridotta da numerosi eventi molecolari e ambientali. In generale, transienti condizioni
parzialmente denaturanti, destabilizzano il monomero in conformazione chiusa e, quindi,
favoriscono lo scambio di domini tra subunit . Mutazioni, variazioni di pH o di temperatura,
aumento della concentrazione proteica, interazioni con recettori o ligandi sono fattori in grado
di influenzare la velocit di interconversione tra i diversi stati aggregati. In vivo queste
condizioni si possono verificare come conseguenza di stati patologici o in seguito al
passaggio di una proteina in tessuti o in compartimenti cellulari specializzati. Lo scambio
potrebbe avvenire anche durante un processo di strutturazione (folding) di una proteina, se si
accumulano intermedi che hanno domini strutturati ma non associati, ossia se l associazione
dei domini strutturati Ł lenta rispetto al folding degli stessi. Il domino scambiato pu
consistere in un singolo elemento di struttura secondaria (un α-elica o un β-strand o un β-
sheet) oppure di un intero domino globulare costituito da centinaia di residui (Schlunegger, et
al., 1997). Ci chiarisce perchŁ non si pu prevedere se una proteina pu dare o meno luogo
al fenomeno dell interscambio dei domini, sulla sola base della sequenza amminoacidica che
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la costituisce (Liu e Eisenberg, 2002). L unico requisito necessario Ł che la proteina contenga
un segmento di catena polipeptidica che possa fungere da peptide cerniera: esso deve avere la
lunghezza opportuna e la flessibilit intrinseca per poter adottare differenti conformazioni
nella forma chiusa del monomero e in quella scambiante. Un esame dei peptidi cerniera di un
gran numero di strutture proteiche scambianti, ha evidenziato che essi mostrano una variet di
lunghezze, di sequenze e di strutture secondarie, anche se Ł abbastanza frequente la presenza
di residui di prolina e/o glicina rispetto ad altri residui (Schlunegger, et al., 1997). Entrambi
sono residui con caratteristiche peculiari: la glicina Ł l amminoacido con la maggiore libert
conformazionale, la sua presenza potrebbe conferire al peptide cerniera la flessibilit
necessaria per fargli adottare conformazioni alternative nel monomero e nell oligomero
scambiante; la prolina invece, avendo la catena laterale legata covalentemente all azoto del
gruppo peptidico, presenta un numero limitato di conformazioni accessibili e riduce lo spazio
conformazionale dell amminoacido che lo precede. Tali vincoli tendono generalmente ad
introdurre una maggiore tensione nella forma monomerica rispetto a quella dimerica,
favorendo l oligomerizzazione. L effetto di mutazioni, delezioni o allungamenti sullo scambio
di domini strutturali varia al variare del sistema proteico esaminato.
1.2 Le ribonucleasi come sistema modello
Un sistema modello ideale per lo studio dello scambio dei domini strutturali, Ł rappresentato
dalla famiglia delle ribonucleasi di tipo pancreatico (Raines, 1998) sia per la contemporanea
presenza del prototipo monomerico, la ribonucleasi bovina pancreatica (RNasi A), e della
controparte dimerica naturale, la ribonucleasi seminale bovina (BS-RNasi) (Mazzarella, et al.,
1993), sia per la tendenza di molti suoi membri a generare oligomeri scambianti in condizioni
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blandamente denaturanti. Le ribonucleasi di tipo pancreatico sono endoribonucleasi specifiche
per substrati che presentano una base pirimidinica in posizione 3 del legame fosfodiestereo
che viene idrolizzato (Raines, 1998). La reazione di degradazione dell acido ribonucleico
(RNA) procede con un meccanismo a due stadi. Il primo stadio della reazione Ł una trans
fosforilazione con formazione di un monofosfato ciclico 2 -3 , che rappresenta il substrato
della successiva reazione di idrolisi in cui viene rilasciato il nucleotide 3 -monofosfato. Il
substrato Ł, generalmente, RNA a singola elica (Usher, et al., 1972), ma alcuni membri della
famiglia (ribonucleasi bovina seminale, ribonucleasi pancreatica umana) sono in grado di
esercitare la loro azione catalitica anche su doppie eliche di RNA e su catene di acido
ribonucleico in ibridi DNA-RNA (Libonati and Floridi 1969; D Alessio, et al., 1972;
D Alessio, et al., 1974). Il meccanismo catalitico della degradazione dell RNA prevede il
coinvolgimento di due residui di istidina (His12 e His119) e di un residuo di lisina (Lys41),
che costituiscono la triade catalitica del sito attivo, localizzato tra i due lobi della tipica
struttura a forma di V di questa classe di enzimi. Il prototipo monomerico della famiglia
delle ribonucleasi di tipo pancreatico Ł la ribonucleasi pancreatica bovina (RNasi A), un
enzima a lungo utilizzato come sistema modello per lo studio di aspetti funzionali e
strutturali delle proteine (Blackburn, et al., 1982; Raines 1998). L RNasi A Ł una piccola
proteina compatta di 124 residui amminoacidici, per cui non Ł nota alcuna funzione oltre
quella di degradare l RNA (Raines, 1998). La stabilit della proteina Ł assicurata da quattro
ponti disolfurici intracatena (Kartha, et al., 1967), mentre per il corretto ripiegamento della
macromolecola sono fondamentali quattro residui di prolina, due dei quali, Pro93 e Pro114,
hanno i corrispondenti legami peptidici in conformazione cis. La RNasi A Ł stata la prima
proteina che ha mostrato, in condizioni blandamente denaturanti, la tendenza a generare
diverse forme oligomeriche tramite il fenomeno dello scambio di elementi strutturali
(Crestfield, et al.,1965). Nel 1962 si scopr che l enzima, per liofilizzazione da soluzioni di
acido acetico al 40%, formava, con una resa del 30% circa, due dimeri, stabilizzati dallo
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