1.0 Introduzione
1.0.1 Produzione mondiale da acquacoltura
Con il termine acquacoltura si definisce oggi quell’insieme di atvità umane, distinte dalla
pesca, fi nalizzate alla produzione controllata di organismi acquatici. L’acquacoltura è un
settore in grande espansione e una delle atvità di produzione alimentare a più alto tasso di
crescita a livello mondiale.
Confrontando i dati riguardanti le quantità di pesce pescato e quello proveniente
dall’allevamento a livello mondiale appare evidente un aumento costante della produzione di
pesce allevato; andamento che è andato ulteriormente crescendo in questi ultimi anni
(Bostock, 2010). Solo negli ultimi 40 anni la produzione mondiale di pesci d’acquacoltura ad
uso alimentare è cresciuta in modo esponenziale, passando da una percentuale di
produzione in peso del 3.9% degli anni ’70 al 48% del 2010. La FAO prevede che il contributo
dell’acquacoltura al consumo umano supererà quello della pesca fino a raggiungere il 54%
nel 2020 (Figura 1) (ISMEA, 2011).
Figura 1: Ruolo dell’acquacoltura nella produzione totale di prodotti ittici (ISMEA, 2011).
Viceversa il superamento dei limiti sostenibili delle catture in mare ha reso stazionari i livelli
di produzione della pesca. Le ultime statistiche stimano pari a circa 90 milioni di t la
produzione mondiale (Figura 2); tale stima è sostanzialmente la stessa da dieci anni).
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Figura 2: Acquacoltura e catture mondiali di pesci, molluschi e crostacei (esclusa la
produzione di mammiferi acquatici, perle, coralli, spugne e piante acquatiche), in mln t
(ISMEA, 2011).
Secondo l’ultimo rapporto della FAO “The State of World Fisheries and Aquaculture” (FAO,
2010a), la produzione mondiale di prodot itci è aumentata passando da 140 milioni di t nel
2007 a 145 milioni di t nel 2009. Attualmente buona parte della produzione proviene
dall'allevamento, che continua a crescere a un tasso di circa il 7% l'anno.
Nel 2009 l’acquacoltura ha prodotto circa 54 milioni di t di prodotto, escluse piante
acquatiche e alghe, per un valore complessivo di circa 110 miliardi di dollari americani
(Bostock, 2010).
Oltre il 90% della produzione d’acquacoltura proviene dai Paesi in via di sviluppo (PVS), primo
fra tut la Cina (62.5% nel 2009). Seguono India (6.8%), Vietnam (4.6%), Indonesia (3.1%),
Thailandia (2.5%) e Bangladesh (1.9%).
Il primo paese produttore in Europa è la Norvegia (1.9%), mentre in Sudamerica è il Cile
(1.4%) (ISMEA, 2011). A livello europeo, nel 2009 sono stati prodot circa 6.4 milioni di t di
prodot itci (Figura 3), rappresentati per l’80% da prodotto pescato e per il restante 20% da
prodotto allevato (corrispondente a poco meno di 1.3 milioni di t).
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Figura 3: Acquacoltura e catture comunitarie di pesci, molluschi e crostacei, in mln di t
(ISMEA, 2011).
Mitili, trote iridee, orate e spigole incidono per circa due terzi sulla produzione derivante da
acquacoltura. Spagna, Francia, Regno Unito, Italia e Grecia sono i principali produttori in
acquacoltura, fornendo il 75% della produzione totale della UE. All’interno del panorama
europeo l’Italia, che è posizionata al 20° posto della classifica mondiale per i quantitativi
prodot, viene dopo Spagna, Francia e Gran Bretagna ma prima della Grecia.
Analizzando il rapporto della FAO si evince inoltre che la produzione europea, benchè
irrisoria rispetto a quella della Cina, è confrontabile sia per fatturato che per quantitativi
prodot a quella dell’intero continente americano (FAO, 2010a).
Il consumo di pesce nella UE ha raggiunto i 22 kg pro-capite e incide per il 10% sul consumo
mondiale di pesce.
Tuttavia a fronte di una domanda in aumento, la produzione itca comunitaria sta accusando
dagli anni ’90 una chiara f essione, che nel decennio 1999-2009 ha coinvolto anche
l’acquacoltura (10.5% nell’intero decennio, pari ad una media annua dell’1.1%).
Due terzi dei consumi mondiali sono concentrati in Asia e la Cina da sola ne assorbe poco
meno di un terzo. Lo sviluppo demografico e quello economico spiegano l’elevato
incremento della domanda, soprattutto nei PVS, dove però il consumo pro-capite si posiziona
a livelli mediamente più bassi rispetto a quello dei Paesi sviluppati.
Nel 2010 sono state prodotte a livello mondiale circa 580 000 t di trota iridea ( Oncorhynchus
mykiss), corrispondenti ad un valore complessivo di 2,4 miliardi di dollari (FAO, 2010b).
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L’allevamento della trota ha avuto inizio in Europa e si è diffuso in oltre 60 Paesi. Oggi i Paesi
maggiori produttori mondiali di trota iridea, in ordine decrescente di produzione, sono
rappresentati dal Cile (118000 t), dalla Norvegia (59000 t), Turchia (50000 t), dalla
Denimarca, dall’Iran, dalla Francia e dall’Italia (dalle 30000 alle 40000 t ognuno) .
La produzione di trota iridea a livello europeo ha seguito sostanzialmento il trend della
produzione mondiale, aumentando costantemente fi no al 2002 e risentendo poi della
contrazione del mercato. Oggi la produzione è stabile e si attesta intorno alle 320000 t annue
che fa dell’Europa il maggior produttore mondiale di trota iridea (FAO, 2010b).
1.0.2 La produzione italiana
Secondo le ultime stime ISMEA, la produzione itca italiana nel 2009 si è attestata intorno
alle 475000 t, da attribuirsi per circa il 51% all’atvità di pesca (242000 t) e per la restante
parte, circa 232000 t, all’acquacoltura (ISMEA, 2010).
Dai dati dell’ Associazione Piscicoltori Italiani (API) emerge che la produzione italiana di pesci
allevati è limitata a poche specie, di cui solo tre hanno un peso rilevante sul totale della
piscicoltura nazionale: trote (55.3%), spigole (13.2%) e orate (12.9%). In particolare, sono
state prodotte 41000 t di trote contro una produzione di circa 20000 t complessive fra
spigole e orate (Tabella 1).
La produzione itca da allevamento si avvale della presenza sul territorio nazionale di circa
1480 impianti (ISTAT, 2001), il 75 % dei quali concentrati nel Nord Italia.
È tuttavia da sottolineare che il comparto dell’acquacoltura, pur essendosi accresciuto per
numero di impianti, dal punto di vista dimensionale si caratterizza ancora per una elevata
presenza di realtà produtve di piccole dimensioni (95%).
Tale caratteristica rende maggiormente vulnerabili le imprese italiane in un mercato
competitivo sempre più globalizzato, che richiede capacità imprenditoriali difcilmente
riscontrabili in aziende di piccole dimensioni ( Rosciano, 2006).
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Tabella 1: Quantità e ricavi per le principali specie allevate in Italia (ISMEA, 2010).
Specie Tonnellate Milioni di euro
Pesci, di cui: 74170 35144
trote 41000 139
spigole 9800 70
orate 9600 62
cefali 3800 13.3
anguille 1400 12.5
storioni 1.350 10.2
Molluschi di cui: 158000 249.2
mitili 116000 81.2
vongole veraci 42000 168
Totale acquacoltura 231170 600.64
L’acquacoltura italiana d’acqua dolce e salmastra negli ultimi anni ha subito uno sviluppo
considerevole.
Sul totale della produzione nazionale d’acquacoltura, spiccano i quantitativi prodot dalla
molluschicoltura, che fornisce il 68% della produzione in volume e il 48% in valore, mentre la
produzione di specie eurialine rappresentano circa il 9% in volume e il 25% in valore. Negli
ultimi dieci anni i dati relativi al settore d’acqua dolce mostrano una produzione costante,
che in termini percentuali è di circa il 19% in volume e il 25% in valore.
Attualmente i siti per la produzione d’acqua dolce rappresentano circa il 28% del totale e la
restante parte è occupata dagli impianti destinati alle specie d’acqua marina e salmastra.
1.0.3 La troticoltura italiana e la realtà trentina
La troticoltura è da sempre il comparto più diffuso in Italia, praticamente l'unico di rilievo per
le specie di acqua dolce. I circa 360 allevamenti di tipo intensivo risultano essere localizzati
per il 70% nel nord Italia, tra Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Veneto e Trentino Alto Adige ;
al momento, però, risultano interessate anche varie imprese confinanti con il centro e
ubicate in particolare in Toscana. La localizzazione geografica delle aziende itche risente
principalmente dell’infuenza delle caratteristiche del territorio, non va dimenticato, infat,
che una delle risorse critiche per la troticoltura è rappresentata dall’acqua, la cui disponibilità
e qualità è in grado di incidere sulla possibilità di sviluppare e gestire l’atvità di allevamento.
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Soprattutto in passato, tale fattore, ha inciso non poco sulla distribuzione territoriale delle
aziende itche di allevamento.
In genere, questi impianti producono pezzature da porzione, anche se già da tempo, come
d’altronde si verifica ormai da anni in vari altri Paesi europei, molti di essi forniscono anche
pezzature maggiori destinate all’affumicatura e alla filettatura; in commercio, in ogni caso, si
trovano anche le trote salmonate o anche le trote commercializzate senza testa ed
eviscerate. La troticoltura, pur avendo registrato negli ultimissimi anni un otmo recupero
produtvo, molto difcilmente potrà accostarsi ai risultati del passato. Attualmente, infat, il
mercato europeo è saturo e gli spazi concessi alla trota iridea italiana, vengono
sistematicamente ridot dalle tante specie di pesci anch’esse d’allevamento, evidentemente
più apprezzate (fra queste, per esempio, basta citare le orate ed i branzini, oltre allo stesso
salmone). L'exploit nella produzione di salmone realizzato dalla Norvegia e da altri Paesi
nord-europei ha provocato l'immissione sui mercati europei e americani di un buon prodotto
venduto a prezzi sempre più bassi fino a intaccare il mercato della trota. La risposta è stata
una maggiore attenzione per il prodotto fi nito, che inizia ad essere lavorato, fi lettato,
eviscerato e affumicato, anche nella versione salmonata. La trota salmonata si pone quindi
come succedaneo del salmone. In conclusione, le sole speranze di contenere l’attuale
concorrenza internazionale rimangono legate alla capacità di presentare nuovi marchi di
qualità e di spingere l’offerta attraverso distribuzioni quanto più possibile dirette, agevolate
da idonee campagne promozionali (Schiavo, 2008).
Il Trentino, pur avendo produzioni irrisorie rispetto ad altre zone italiane, rappresenta la culla
storica della troticoltura italiana, presentando caratteristiche sue proprie che la rendono
tuttora una delle realtà più interessanti e diversificate nel panorama italiano.
Il territorio della provincia autonoma di Trento, con la sua orografia, ha permesso uno
sviluppo precoce dell’acquacoltura (intorno alla seconda metà del XIX° secolo), che sin
dall’inizio si è distinta per una spiccata predisposizione per la salmonicoltura. Inizialmente
erano allevate le sole specie autoctone (trota fario, marmorata e lacustre), mentre dagli inizi
del 1900, è stato gradualmente introdotto l’allevamento della più redditizia trota iridea
(Oncorhynchus mykiss).
Per valorizzare la trota trentina, nel 1975 è nata l’ Associazione dei Troticoltori Trentini,
inizialmente su base volontaria. Nel dicembre del 1986, in base alle norme comunitarie e alla
Legge Provinciale n. 18 del 28 ottobre 1985, essa viene trasformata in Associazione dei
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Produttori (denominata ASTRO), ottenendo poi il riconoscimento da parte della Giunta
Provinciale, con Delibera n. 903 del 9 dicembre 1986. Non tutte le troticolture trentine fanno
parte di ASTRO, ma quelle associate si possono considerare un campione rappresentativo
della realtà provinciale.
Attualmente sono 50 i troticoltori aderenti ad ASTRO e 70 gli allevamenti, con un fatturato di
22 milioni di € l’anno. Le aziende sono per lo più a base familiare, di dimensioni piccole o
medio-piccole e contano complessivamente all’incirca 500 addet (Coller, 2010).
Fra gli interventi più importanti promossi dall’ Associazione vanno ricordati senza dubbio la
creazione di un marchio di origine e l’adozione di politiche promozionali, rivolte sia ai
distributori che ai consumatori, a sostegno della commercializzazione delle trote e che
puntano ad un miglior rapporto qualità-prezzo.
Per promuovere e portare a conoscenza del consumatore la qualità della trota trentina,
nasce nel 1988 la cooperativa ASTRO, come stabilimento di lavorazione dei prodot itci
conferiti dai soci. Grazie all’organizzazione del settore e alla nascita del centro di lavorazione,
la produzione della trota da carne è aumentata notevolmente nel corso degli anni, come
testimoniano i dati relativi alla produzione lorda vendibile, passata da un valore di 4 milioni
di € nel 1984 ad oltre 20 milioni di € negli ultimi anni.
La produzione di trote ASTRO rappresenta il 65% del prodotto della Provincia di Trento e il
10-11% del prodotto nazionale.
L’ultimo bilancio della cooperativa ASTRO, riferito all’anno 2010, è di 19000 quintali di
prodotto, pari all’8% del lavorato nazionale e all’11% se si considera solo il Nord Italia (Coller,
2010).
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1.1 La trota iridea in acquacoltura
1.1.1 Origine e diffusione
La trota iridea ( O. mykiss) è una specie originaria dei fiumi del Nord America che versano le
loro acque nel Pacifico, dall’ Alaska alla California, dove la specie presenta popolazioni
migratrici e popolazioni stanziali in acqua dolce molto diverse fra loro (Pontalti, 2007). Il suo
areale in origine si estendeva dall’ Alaska fino al confine con il Messico, e oltre oceano nella
penisola del Kamchakta (Figura 4).
Figura 4: Areale d’origine della trota iridea (ittiofauna.org).
La trota iridea è stata una delle prime specie di pesce ad essere addomesticata. La storia
della domesticazione è stata ampiamente documentata da Gall e Crandel (1992).
Nel 1874 uno stock d’individui selvatici venne prelevato e trasferito dalla costa Pacifica, e più
precisamente dal fiume McCloud in California, verso la costa Atlantica, in un allevamento a
Caledonia nello stato di New York. Da qui si diffuse prima in varie zone degli Stati Uniti, del
Canada e successivamente del Vecchio Continente dove nella seconda metà del XIX° secolo
iniziò la pratica della troticoltura (Laird, 1996).
L’allevamento in Europa della trota iridea ha inizio in Danimarca verso la fine del XIX° secolo
(Vandeputte et al., 2008).
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Nel corso del XIX° e del XX° secolo la trota iridea si è diffusa in tutto il mondo e, grazie alla
sua straordinaria capacità adattativa, ha assunto in molti Paesi un’importanza strategica
maggiore che nel Paese di origine (Gall e Crandel, 1992).
In Italia la trota iridea è stata importata a partire dagli ultimi decenni del 1800, periodo al
quale si fa risalire la costruzione dei primi impianti di pescicoltura.
La diffusione in Trentino è avvenuta nel 1879 quando Don Francesco Canevari, Agostino
Zecchini ed il conte Filippo Bossi Fedrigot, pionieri dell’acquacoltura trentina, costruirono la
prima pescicoltura a Torbole del Garda (Faccenda et al., 2010).
A tal riguardo Canestrini ( 1914) scrive: ”Lo stabilimento di Torbole introdusse per primo la
trota iridea e ne curò con buon successo l’allevamento nei propri vivai… ”.
1.1.2 Caratteristiche morfologiche
La trota iridea possiede un corpo di forma allungata, la cui lunghezza generalmente risulta 5
volte superiore all’altezza. Può superare la lunghezza di 70 cm e i 7 kg di peso, anche se nel
Trentino, nei pochi ruscelli dove si è acclimatata, supera raramente i 30 cm di lunghezza
(Pontalti, 2007). La testa ha una forma conica e la bocca è leggermente obliqua, con l’osso
mascellare che si estende fino al margine posteriore dell’occhio. I denti della trota sono
disposti in 1 o 2 serie e sono presenti solamente sullo stelo del vomere. La linea laterale è
pressoché orizzontale e sul dorso, anteriormente alla pinna caudale, è presente una pinna
adiposa.
Il colore della livrea della trota iridea varia in relazione all’habitat, alle dimensioni degli
esemplari e al relativo stadio di maturazione sessuale. Generalmente il corpo di questo
salmonide presenta una tonalità blu-verdastra nella porzione dorsale, mentre la zona dei
fianchi mostra una pigmentazione che gradualmente tende a schiarirsi procedendo
ventralmente e ad assumere rifessi argentei.
Sui fianchi è presente una fascia più o meno alta di un colore rosa purpureo che si estende
dall’opercolo al peduncolo caudale ed assume tonalità più intense, tendenti all’iridescente,
durante il periodo riprodutvo. Nei maschi, durante questa fase, la mascella inferiore assume
forma uncinata ( www.fao.org ).
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