INTRODUZIONE
Nell’ultimo decennio, in alcune aree costiere del Tirreno (Liguria, Toscana, Lazio,
Sicilia) e dell’Adriatico (Puglia), una serie di sintomi (rinorrea, tosse, febbre,
broncocostrizione, dermatiti) manifestati da bagnanti o da individui esposti all’aerosol
marino è stata associata alla contemporanea presenza di una notevole densità di specie
microalgali bentoniche ascrivibili essenzialmente al genere Ostreopsis (Dinophyta) e, in
particolare, alla specie Ostreopsis ovata Fukuyo (CONGESTRI et al., 2006). Lo stesso
fenomeno è stato rilevato lungo le coste mediterranee francesi e spagnole.
Nel 2006, notevoli densità di Ostreopsis sono state segnalate in quasi tutto il litorale
italiano, sebbene non sempre legate ad eventi dannosi di tipo sanitario od ecologico. In
Sicilia, nelle estati 2005 e 2006, è stata segnalata un’analoga sintomatologia lungo il
litorale nord occidentale. In particolare, il fenomeno è stato più intenso ed esteso nei
mesi di luglio ed agosto 2006, provocando significative perdite economiche nel settore
turistico. Gli episodi di malessere sono stati registrati lungo il litorale Palermitano
(Aspra, Capaci, Isola delle Femmine) e Trapanese (S. Giuliano). L’ARPA Sicilia, in
occasione degli eventi, ha rilevato alte densità di Ostreopsis ovata sia sulle macroalghe
sia nella colonna d’acqua. Precedenti segnalazioni della presenza di specie ascrivibili al
genere Ostreopsis risalgono al 2001 (Ostreopsis cf. siamensis Schmidt) lungo la costa
nord orientale (VILA et al., 2001) ed al 2003 (Ostreopsis sp.) nel litorale occidentale
(BARONE, dati inediti), nell’ambito di uno studio sulla dinamica stagionale della
rodofita Asparagopsis taxiformis (BARONE, 2004).
Le analisi tossicologiche delle due morfospecie identificate nel mar Mediterraneo
(Ostreopsis ovata, Ostreopsis cf. siamensis) hanno mostrato la presenza di palitossine
(PENNA et al., 2005). La produzione di tossine da parte dei dinoflagellati è frequente e,
probabilmente, ha un ruolo fondamentale nella difesa contro gli erbivori. Fra i modelli
di azione delle tossine il più noto e studiato è il bioaccumulo nella rete alimentare, con
successiva contaminazione dei prodotti ittici, il cui consumo umano determina una serie
di peculiari sindromi di avvelenamento. Meno noti sono i danni provocati agli umani
dalle tossine associate ad altri tipi di esposizione, quale ad esempio l’inalazione di
aerosol marino. L’unico caso ad oggi accertato è relativo ai bloom della specie
planctonica Karenia brevis lungo le coste della Florida (KIRKPATRICK et al., 2004).
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Fra le sindromi di avvelenamento più comuni, la CFP (Ciguatera Fish Poisoning),
causata dall’ingestione di pesci carnivori (ad es. barracuda) è stata messa in relazione
con la comunità a dinoflagellati bentonici e, in particolare, con la specie Gambierdiscus
toxicus. I pesci erbivori, a loro volta predati dai carnivori, consumano le macroalghe ed
i dinoflagellati epifiti associati accumulando e trasformando in ciguatossine le
gambiertossine prodotte dal dinoflagellato. Nelle aree tropicali e subtropicali,
considerate endemiche dell’intossicazione, è stata identificata un’associazione di
dinoflagellati bentonici ascritti ai generi Gambierdiscus, Ostreopsis, Coolia,
Prorocentrum ed Amphidinium (FAUST et al., 1996). In particolare, sono state
implicate come agenti causali specie dei generi Ostreopsis (O. siamensis, O. ovata) e
Prorocentrum ( P. lima, P. concavum), ma ad oggi è certo solo il ruolo di
Gambierdiscus, l’unico taxon a non essere mai stato segnalato nel mar Mediterraneo. I
dinoflagellati bentonici, in particolare i produttori di palitossine come Ostreopsis, sono
stati implicati anche nel clupeotossismo, intossicazione umana associata al consumo di
pesci clupeoidi (ONUMA et al., 1999; LENOIR et al., 2004).
Pertanto, anche se non è stato ancora definito il tipo di rischio sanitario realmente
associato alla proliferazione di Ostreopsis, il dinoflagellato rappresenta un potenziale
produttore di tossine che potrebbero accumularsi nelle catene alimentari. Inoltre,
contribuendo allo sviluppo di spessi biofilm che possono determinare sofferenza o
morte di organismi bentonici (SANSONI et al., 2003), i suoi bloom rappresentano
anche un rischio ecologico.
Nel Settembre 2006 è stato intrapreso uno studio volto essenzialmente a definire la
tipologia dei siti più vulnerabili a fenomeni di proliferazione di Ostreopsis e ad
analizzare la dinamica stagionale dell’organismo. Una serie di osservazioni preliminari,
in situ e su campioni vivi esaminati in laboratorio (BARONE & PRISINZANO, 2006),
lascia ipotizzare un peculiare ruolo difensivo svolto dalla matrice mucillaginosa
prodotta dal dinoflagellato.
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1. Caratteristiche generali dei Dinoflagellati
Nelle più recenti classificazioni tassonomiche degli eucarioti i dinoflagellati (Dinophyta)
sono inseriti nel gruppo degli Alveolati (KEELING et al., 2005), insieme ai ciliati ed agli
apicomplessi, caratterizzati dalla presenza di sacche membranose (alveoli) sotto la
membrana plasmatica.
I Dinoflagellati sono organismi eucarioti, unicellulari, flagellati, marini o di acqua dolce,
con gli alveoli contenenti placche di cellulosa che compongono un tipico ricoprimento
cellulare (amphiesma), talvolta definito corazza. Altre organizzazioni morfologiche
presenti nelle Dinofite sono: colonie pseudofilamentose ed unicellulari coccali. Confronti
molecolari utilizzando RNA ribosomale suggeriscono che i Dinoflagellati sono correlati
più strettamente ai ciliati ed agli apicomplessi piuttosto che ad altri gruppi algali.
Secondo la classificazione fatta da Fensome (FENSOME et al., 1993) la classe delle
Dinophyceae (fotosintetici e non, dinocarion in tutte le fasi del ciclo biologico) è
suddivisa in 11 ordini basati sulla struttura del ricoprimento cellulare:
– Gymnodiniales
– Gonyaulacales
– Peridiniales
– Dinophysiales
– Prorocentrales
– Ptychodiscales
– Suessiales
– Nannoceratopsiales
– Desmocapsales
– Phytodiniales
– Thoracosphaerales
Ciò che accomuna i diversi gruppi di Dinoflagellati è il loro nucleo, detto dinocaryon,
ben visibile al microscopio ottico e dotato di un'ultrastruttura peculiare: i cromosomi
sono sempre condensati in tutte le fasi del ciclo cellulare. Essi mancano anche di
proteine istoniche.
Numerosi Dinoflagellati mostrano migrazioni verticali giornaliere, ascendendo alla
superficie durante il giorno e discendendo in acque più profonde di notte. Questo
movimento offre loro il vantaggio, quando le acque superficiali sono limitate da nutrienti,
di disporre delle elevate concentrazioni di nutrienti presenti nelle acque profonde.
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Alcune specie hanno assunto recentemente una notevole importanza per la salute umana
poichè producono tossine (neurotossine, epatotossine etc.) in grado di causare danni
all'uomo ed ad altri organismi.
Dense crescite (bloom) di Dinoflagellati planctonici producono colorazioni brune o rosse
dell'acqua chiamate "red tides" (Fig. 1).
Fig. 1. Red tides, immagine copertina del “Manuale sulle microalghe dannose”.
Le maree rosse spesso avvengono in acque costiere ed estuari. Alcuni Dinoflagellati che
producono maree rosse sono luminescenti, ed alcuni contengono tossine che si
accumulano in catene alimentari. In casi gravi le tossine possono causare morie di pesci o
condurre ad avvelenamenti umani prodotti dall'ingestione di molluschi o pesci
contaminati.
Le cause dei bloom di Dinoflagellati sono diverse e spesso relative alle condizioni locali.
Esistono peraltro alcuni modelli comuni.
La popolazione è normalmente "inseminata" dalla germinazione di cisti che rimangono
dormienti sul fondo fino a che le condizioni diventano favorevoli per la crescita.
L'arricchimento in nutrienti, talvolta dovuto a fenomeni di upwelling, è spesso seguito da
dense concentrazioni cellulari che producono red tides. Le maree rosse talvolta si
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originano negli estuari e si diffondono alle acque costiere. L'impatto di una marea rossa
sulle comunità marine dipende essenzialmente dalle specie implicate. La respirazione
notturna dei Dinoflagellati e la decomposizione delle cellule al termine di un bloom
possono esaurire l'O
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. Durante il giorno i bloom di Dinofite sono manifesti per l’anomala
colorazione delle acque, frequentemente rossa, ma possono essere non meno evidenti di
notte, rendendo il mare luminescente.
Gli effetti di un bloom sono particolarmente dannosi quando le specie responsabili
producono tossine. Solo pochi Dinoflagellati, approssimativamente 20 specie, sono
tossiche. Comunemente ogni specie forma differenti tossine. Le principali tossine sono la
saxitossina, e suoi derivati, prodotta da Alexandrium, la brevetossina prodotta da Karenia,
e le ciguatossine prodotte da Gambierdiscus. Le tossine sono deterrenti per lo
zooplancton erbivoro, ma in alcuni casi gli erbivori tollerano e accumulano tossine.
Quando le tossine si concentrano nelle reti alimentari possono avvelenare gli umani che si
cibano di pesce o bivalvi contaminati.
Una peculiare sindrome, denominata "Paralytic Shellfish Poisoning" (PSP), deriva
dall'ingestione di bivalvi contaminati che si sono cibati con Alexandrium. La tossina
principale, denominata saxitossina, è una neurotossina che blocca i canali del sodio. I
primi sintomi dell'avvelenamento sono generalmente una sensazione di formicolio alle
labbra, una sensazione di intorpidimento e gonfiore della lingua, poi formicolio delle dita
del piede e della mano, vertigine e mal di testa, progressivo intorpidimento di braccia e
gambe, barcollamento e debolezza, respiro affannoso e infine insufficienza respiratoria.
La morte può sopraggiungere per paralisi respiratoria.
La sindrome denominata Diarrhetic Shellfish Poisoning (DSP) è associata con bloom di
Dinophysis e deriva dall'ingestione di mitili o di altri bivalvi contaminati. Il risultante
disturbo digestivo dura parecchi giorni, ma non è fatale. La tossina principale è l'acido
ocadaico. La ciguatera è una sindrome di avvelenamento causato da ingestione di pesci
contaminati ed è diffusa negli oceani tropicali. Le fonti di tossine sono Dinoflagellati
bentonici, come Gambierdiscus e Prorocentrum, che crescono su pietrisco di corallo e
macroalghe. I pesci che se ne cibano sono contaminati. Le principali tossine responsabili
della ciguatera sono la ciguatossina e la maitossina, e sfortunatamente non c'è un modo
facile e sicuro di individuare la loro presenza. La cottura non distrugge le tossine. I
sintomi tipici della ciguatera somigliano a quelli di altre malattie ed includono disturbi
gastrointestinali e intorpidimento attorno alla bocca. I sintomi si sviluppano parecchie ore
dopo aver mangiato pesce contaminato e possono durare per parecchi giorni.
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