Introduzione
1
Introduzione
Questa tesi è costituita da due parti fondamentali, ognuna delle quali ha avuto lo scopo
di approfondire problemi riguardanti la balistica interna di un endoreattore a
propellente solido ( SRM = Solid Rocket Motors ).
La prima parte di questo lavoro ha posto l’attenzione sulle SST ( Small Scale Test ),
cioè sulle prove Baria. Lo scopo di quanto svolto è stato quello di trovare delle
correlazioni tra i parametri balistici delle prove in scala ridotta e quelli dei motori in
scala reale, partendo dall’analisi di dati sperimentali provenienti dalle suddette prove e
mediante l’ausilio del codice di calcolo in linguaggio Fortran SRM_SST ( Solid
Rocket Motors-Small Scale Tests) . Partendo dai risultati forniti dal codice, abbiamo
fatto una analisi di tipo grafico per cercare di stabilire una qualche relazione
attendibile tra i parametri balistici del motore in scala e quello reale . Inoltre abbiamo
studiato il comportamento di un’altra grandezza correlata ai parametri balistici,
l’Hump Factor , di cui abbiamo verificato l’influenza che la scelta dell’indice di
combustione ha su di esso.
I dati sperimentali su cui il lavoro è stato svolto sono relativi agli SST del secondo e
terzo stadio del lanciatore Vega, Zefiro 23 e Zefiro 9, gentilmente forniti da Avio
S.p.A.
La seconda parte di questa tesi invece è costituita dall’analisi balistica di un SRM in
scala reale, approfondendo l’importanza e l’influenza che l’erosione della gola
dell’ugello ha, durante il normale funzionamento del motore, sui parametri di
combustione. Per fare ciò abbiamo supposto che tale erosione sia dovuta soltanto alla
convezione e non all’irraggiamento, poiché lo scambio di calore è la causa di questo
fenomeno erosivo. Attraverso una attenta ricerca bibliografica, abbiamo studiato il
problema e i diversi modelli con cui rappresentare l’evoluzione dell’area di gola, e
Introduzione
2
successivamente ampliato la sezione relativa a questo punto nel codice di calcolo
SRM_INV ( Solid Rocket Motors- Inverse Problem ), anch’esso redatto in linguaggio
Fortran. Tale codice è basato sul problema inverso, cioè calcola le incognite avendo
come input grandezze misurate sperimentalmente durante delle prove a fuoco (SFT =
Static Firing Tests ) dei motori reali. L’importanza di una legge di erosione che
approssimi al meglio l’andamento reale della sezione di gola, soddisfacendo le
condizioni al contorno relative al diametro misurato all’inizio e al termine di un SFT,
sarà riscontrabile in termini di efficienza di combustione (o efficienza della velocità
caratteristica ).
In conclusione abbiamo fatto un confronto, mediante tabelle di valori, tra i risultati
ottenuti applicando i diversi modelli di erosione presi in esame.
Il presente elaborato è strutturato in sei capitoli, ciascuno dei quali è suddiviso in
paragrafi e sottoparagrafi.
Nel capitolo 1 sono descritte le caratteristiche principali degli endoreattori a
propellente solido, il loro funzionamento e le loro applicazioni: il lanciatore Vega.
Nel capitolo 2 sono descritte le equazioni e le ipotesi del modello di analisi con cui
sono stati studiati i motori in scala e i motori di dimensioni reali.
Nel capitolo 3 sono riportati i modelli di calcolo dei parametri balistici, mediante il
calcolo della velocità di combustione.
Nel capitolo 4 si introduce il problema relativo all’erosione della gola dell’ugello,
presentando i modelli di successiva applicazione.
Nel capitolo 5 si ha l’ applicazione del modello proposto nel capitolo 2 agli SST
tramite il codice SRM_SST e successiva analisi grafica dei risultati provenienti da tale
codice.
Introduzione
3
Nel capitolo 6 è riportata l’analisi di un SRM in scala reale sulla base del modello
proposto. Sono descritte le modifiche apportate al codice SRM_INV e i risultati,
confrontati tra loro, ottenuti mediante l’utilizzo del codice stesso.
Cap 1 - Endoreattori a propellente solido
4
Capitolo 1
Endoreattori a propellente solido
1.1 Introduzione
Un sistema propulsivo, in generale, è inteso come l’insieme di tutti quei componenti
necessari a generare la spinta, al fine di realizzare un prefissato stato di moto di un
veicolo, che sarà un sistema chiuso o aperto a geometria fissata. L’apparato propulsivo
deve quindi essere in grado di generare la spinta (forza propulsiva) necessaria.
Se la spinta è ottenuta mediante l’espulsione all’esterno del corpo del propulsore di un
flusso di massa che almeno parzialmente è stato fornito dal propulsore stesso, come
nel nostro caso, abbiamo i cosiddetti propulsori a getto e la spinta, che per il terzo
principio della dinamica è determinata dalla reazione alla forza applicata per variare la
quantità di moto della massa del getto, è in direzione opposta a quella del flusso.
I propulsori a getto si distinguono in airbreathing engines (esoreattori), cioè quei
sistemi in cui il fluido propulsivo caratterizzante il getto è almeno parzialmente
acquisito dal mezzo esterno, e non-airbreathing engines (endoreattori) cioè quei
sistemi che non necessitano della presenza di un mezzo esterno, pertanto hanno al loro
interno tutto ciò che gli serve per funzionare.
L’utilizzo di endoreattori per le applicazioni spaziali è reso necessario da tre fattori
fondamentali:
1) il volo avviene ad altissime velocità.
2) Il volo avviene in gran parte fuori dall’atmosfera, in cui i propulsori a getto non
sono in grado di funzionare a causa dell’assenza di aria, come sopra detto.
Cap 1 - Endoreattori a propellente solido
5
3) I propulsori a getto non possono generare spinta per velocità di volo superiori a
quelle di uscita del getto, poiché, come vedremo in seguito, la spinta è data da:
()
o e
v v m F − ≅
•
(1.1)
Gli endoreattori possono essere classificati , in prima approssimazione, in base al tipo
di energia primaria che deve essere trasformata in energia cinetica; in altre parole
questa classificazione tiene conto del meccanismo attraverso il quale avviene
l’accelerazione del fluido propulsivo:
• Endoreattori termici: energia termica convertita in energia cinetica attraverso
un processo termodinamico (accelerazione gasdinamica).
• Endoreattori elettrici: energia elettrica convertita in energia cinetica attraverso
l’applicazione di campi elettrostatici o elettromagnetici su particelle cariche
elettricamente.
• Endoreattori nucleari: energia nucleare convertita in energia cinetica con
emissione di massa (prodotti della reazione nucleare) e/o quanti di energia
(associati alle radiazioni).
Gli endoreattori termici, a loro volta, vengono suddivisi in ulteriori categorie in
funzione della tipologia della sorgente da cui viene ricavata l’energia primaria
(energia termica):
Endoreattori termici di tipo chimico.
Endoreattori termici di tipo elettrico.
Endoreattori termici di tipo nucleare.
Negli endoreattori termici di tipo chimico, che sono quelli di più ampio utilizzo,
l’energia termica è quindi ottenuta attraverso reazioni chimiche esotermiche che
Cap 1 - Endoreattori a propellente solido
6
avvengono durante il processo di combustione di propellenti liquidi, solidi o ibridi:
essa è poi trasformata nell’ugello in energia cinetica del getto con conseguente
generazione di spinta.
Un lanciatore è un veicolo costituito da uno o più sistemi propulsivi aventi lo scopo di
imprimere ad un carico utile (payload) un opportuno incremento di velocità, al fine di
immetterlo in una traiettoria prefissata: tali sistemi propulsivi sono costituiti, nella
maggior parte dei casi, da endoreattori a propellente solido o liquido.
L’utilizzo di lanciatori a più stadi propulsivi permette di ottenere un aumento del
rapporto tra la massa del carico utile e la massa totale del lanciatore, in quanto, così
facendo, le masse che man mano diventano inutili vengono abbandonate e l’energia,
che sarebbe stata necessaria per accelerarle fino alla velocità finale, può essere
impiegata per accelerare fino alla stessa velocità un carico utile maggiore.
Caratteristica principale degli endoreattori a propellente solido è la loro semplicità
costruttiva: essi infatti, a differenza degli endoreattori a propellente liquido, non
necessitano di un sistema di alimentazione essendo il propellente già stivato nella
camera di combustione. Di conseguenza, il numero e la complessità dei componenti
mobili costituenti il motore sono estremamente limitati: ciò si traduce in costi di
sviluppo e produzione più contenuti oltre ad una maggiore affidabilità, essendo
l’apparato propulsivo più semplice e quindi meno soggetto a malfunzionamenti di
componenti accessori. I propellenti solidi inoltre, al contrario di quelli liquidi, possono
essere stivati anche per un lungo periodo (da 4 a 10 anni) senza subire apprezzabili
deterioramenti.
Un altro vantaggio è la possibilità di costruire motori di grandi dimensioni mediante la
tecnica di segmentazione, secondo la quale il motore viene costruito assemblando più
segmenti ognuno dei quali prodotto separatamente: così facendo, le operazioni di
fabbricazione, di colaggio, di trasporto, di preparazione al lancio sono decisamente più
rapide ed agevoli.
Cap 1 - Endoreattori a propellente solido
7
È evidente quindi che la segmentazione del motore, pur comportando inevitabilmente
un incremento del 4% circa sul peso inerte e una inevitabile disuniformità della
velocità di combustione tra un segmento e l’altro, rappresenta tuttavia l’unica
possibilità concreta di realizzare boosters a propellente solido di enormi dimensioni
capaci di sviluppare ingenti quantità di energia in tempi relativamente brevi.
Purtroppo, a causa del fatto che negli endoreattori a propellente solido è necessario
includere nella stessa matrice (grano propellente) l’ossidante e il combustibile,
garantendo contemporaneamente buone proprietà fisiche e meccaniche, l’impulso
specifico da essi sviluppato è più basso di quanto non lo sia nei sistemi a liquido:
basti pensare che l’impulso specifico nel vuoto di un endoreattore a solido può
raggiungere al massimo i 300 s contro gli oltre 400 s conseguibili da quelli a liquido.
Uno svantaggio degli endoreattori a propellente solido in alcune applicazioni spaziali
(ad eccezione delle manovre di apogeo e di perigeo), è il limitato tempo di
combustione: difficoltà questa intimamente correlata ai problemi di controllo termico
del propulsore, aspetto piuttosto delicato, essendo il motore a solido sprovvisto, per
definizione, di un sistema di raffreddamento attivo.
Sebbene siano stati sviluppati prototipi di motori a propellente solido riaccendibili, un
ulteriore svantaggio è costituito dalla impossibilità di essere accesi e spenti più volte,
penalizzando così questi dal punto di vista operativo.
Infine, altri problemi per gli endoreattori a solido sono rappresentati dall’eventuale
insorgere di instabilità di combustione, dalla impossibilità di modulare la spinta se non
a priori, e dalla difficoltà di controllo della direzione della spinta (TVC - Thrust Vector
Control).
I componenti principali di un endoreattore termico di tipo chimico a propellente solido
sono i seguenti:
• Cassa del motore.
• Grano propellente.
• Ugello propulsivo.
• Ignitore.
Cap 1 - Endoreattori a propellente solido
8
• Protezioni termiche.
Altri componenti secondari , di cui non parleremo nel seguito, sono:
• Dispositivi di spegnimento del motore prima dell’esaurimento del propellente
solido.
• Sistemi di ancoraggio e/o incollaggio del grano di propellente solido alla
camera di combustione.
• Valvole di sicurezza e diaframmi per limitare eventuali sovrapressioni in
camera.
• Flange di attacco della camera al resto del veicolo.
Fig. 1. 1 Componenti di un endoreattore a propellente solido
Cap 1 - Endoreattori a propellente solido
9
1.2 Parametri caratteristici
Le prestazioni propulsive sono definite, a partire dall’equazione traslazionale del moto
(1
°
equazione cardinale), esplicitando i contributi dovuti alle forze esterne
(gravitazionale, di pressione, di attrito). L’espressione della spinta è la seguente :
( )
∫
⋅ ⋅ − − ⋅ − =
e
A
e a e
dA n p p v m F
r v
&
r
(1.2)
dove:
• n
r
vettore unitario (versore) ortogonale alla superficie elementare
e
dA ;
• m & portata in massa dei gas uscenti dall’ugello;
•
e
v
v
vettore velocità di efflusso dei gas (nella sezione d’uscita);
• p pressione locale di efflusso;
•
a
p pressione atmosferica;
•
e
dA superficie elementare d’efflusso.
Assumendo che la superficie A
e
sia una superficie su cui le varie grandezze siano
costanti (v
e
, p
e
, ρ
e
indipendenti quindi dal particolare punto considerato su A
e
) allora
la (1.2) diventa:
()
∫
⋅ ⋅
⎥
⎦
⎤
⎢
⎣
⎡
− +
⋅
− =
e
A
e a e
e
e
dA n p p
A
v m
F
r
v
&
r
(1.3)
Supponendo che la superficie di uscita dell’ugello sia una superficie piana e
ortogonale all’asse di simmetria del propulsore, si ha:
( ) [ ]
e a e e e
A p p v m n F ⋅ − + ⋅ =
v
&
r
r
(1.4)
Cap 1 - Endoreattori a propellente solido
10
Si può notare come la spinta sia prodotta dalla somma di due contributi: il primo
termine, detto spinta impulsiva, è generato dall’efflusso di massa dall’ugello; il
secondo, detto spinta di pressione, è dato dal salto di pressione che si ha nella sezione
di uscita. In genere la spinta impulsiva è molto più grande di quella di pressione.
Da notare inoltre che nella (1.4) non compare la velocità di volo, a conferma del fatto
che l’endoreattore è un sistema propulsivo indipendente dal mezzo esterno: viene
quindi a mancare per l’endoreattore il limite superiore sulla velocità di volo
riscontrato per gli esoreattori.
Se siamo nel vuoto (p
a
=0) la spinta si riduce a:
[ ]
e e e e
A p v m n F + ⋅ − =
v
&
r
r
(1.5)
Se l’ugello è adattato (p
e
=p
a
):
e e
n v m F
r v
&
r
⋅ ⋅ − =
(1.6)
Nel caso generale (1.4), risulta conveniente utilizzare la velocità fittizia o velocità del
flusso efficace c
r
:
( )
e
e a e
e
n
m
A p p
u
m
F
c
r
& &
r
r
⎥
⎦
⎤
⎢
⎣
⎡
⋅ −
+ = − =
(1.7)
attraverso la quale è possibile scrivere la (1.4) in modo simile a quanto fatto per
l’ugello adattato (1.6), sebbene la velocità fittizia dipenda non solo dal flusso (come
accade per u
e
), ma anche dalle condizioni operative per via del contributo dovuto alla
spinta di pressione:
e
n c m F
r
&
r
⋅ ⋅ − = (1.8)
Cap 1 - Endoreattori a propellente solido
11
In tal modo la differenza ()
a e
p p − rappresenta un termine correttivo della spinta nel
caso di ugello non adattato. Infatti
e
v c
v v
≡
se p
e
=p
a
.
Fig. 1. 2 Diagramma di spinta Fig. 1. 3 Diagramma di spinta
In Fig. 1.2 è riportato un tipico andamento della spinta in funzione del tempo di
combustione, dove è possibile distinguere tre fasi:
1. Transitorio di accensione.
2. Fase di regime.
3. Fase di estinzione.
Per alcune applicazioni si richiede una forma differente del diagramma di spinta: è il
caso di Fig. 1.3, in cui si vuole una elevata spinta iniziale ed una spinta piuttosto
contenuta per la maggior parte del tempo di combustione. Ciò si ottiene operando
sulla geometria del grano propellente in modo da controllare opportunamente
l’evoluzione della superficie di combustione e quindi la portata in massa del gas che
fuoriesce dall’ugello.
Si definisce impulso totale I l’integrale della spinta sul tempo effettivo di
combustione t
b
, dove l’estremo iniziale d’integrazione coincide generalmente con
l’istante di accensione del motore e l’estremo finale rappresenta l’istante di
spegnimento (burnout):
dt t F I
b
t
∫
=
0
) ( (1.9)