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Tra tutti i possibili fattori intervenienti, ho scelto di considerarne due: l’uno, lo stile di
attaccamento, legato al primo rapporto che il bambino instaura nella sua vita, quello con
la madre; l’altro, il temperamento, legato a basi biologiche e presente fin dalla nascita.
A questo scopo, mi sono avvalsa di due strumenti di comprovata validità: il SAT nella
versione modificata di G.Attili e il QUIT di G.Axia.
La mia scelta, inoltre, si è orientata verso una ricerca di tipo osservativo, poiché ero
interessata all’integrazione dei dati ottenuti attraverso questo metodo e quelli ottenuti
attraverso la somministrazione dei test. Inoltre, ciò che si voleva studiare concerneva
proprio l’interazione tra esseri umani, che non può che essere rilevata facendo uso delle
abilità che sono state sviluppate per interpretare e capire i comportamenti degli altri
all’interno di una data cultura.
Il gruppo di riferimento della mia ricerca, che si è svolta a due livelli, quello
quantitativo e quello qualitativo, è composto da due classi frequentanti la suola
elementare. La costruzione del legame amicale è stata, quindi, considerata all’interno di
una specifica istituzione, la scuola. E’ importante spiegare l’importanza di studiare la
costruzione delle relazioni tra pari proprio nella scuola primaria. Questo contesto,
infatti, rappresenta il luogo in cui prende avvio il processo di socializzazione
secondaria, caratterizzata non solo da rapporti più numerosi con i pari e con adulti
diversi dai famigliari, ma soprattutto dal fatto che il bambino impara ad assumere ruoli e
comportamenti diversi a seconda delle realtà sociali che incontra. Inoltre, è proprio
durante gli anni della scuola primaria che si verificano le maggiori ramificazioni dello
sviluppo (Pianta, 1999).
Il lavoro si articola nel modo seguente:
1) La prima sezione è dedicata alla trattazione teorica dei costrutti analizzati nella
ricerca empirica. Il primo capitolo riguarda le relazioni amicali all’interno del
gruppo dei pari. Il secondo affronta il costrutto dell’attaccamento, con particolare
attenzione ai meccanismi attraverso i quali interviene nel processo di costruzione
delle relazioni tra pari. Nel terzo capitolo viene trattato il tema del temperamento e i
suoi legami sia con l’attaccamento, sia con le relazioni con i pari.
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2) La seconda sezione è dedicata alla ricerca. Nel quarto capitolo, oltre alla descrizione
delle ipotesi, degli strumenti utilizzati e dei partecipanti, viene sviluppata la parte
quantitativa della ricerca. Nel capitolo quinto, invece, si affronta a livello qualitativo
l’analisi particolareggiata del test sociometrico, con particolare attenzione verso le
caratteristiche delle coppie di amici preferenziali.
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LE RELAZIONI AMICALI
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CAP. 1 LE RELAZIONI AMICALI
1. 1 INTRODUZIONE
Una vasta mole di studi e ricerche ha ormai ampiamente documentato come il saper
costruire e mantenere soddisfacenti relazioni di amicizia intima costituisca un
significativo indice del benessere psicologico della persona e uno dei principali fattori di
protezione dal rischio psicosociale, in tutte le età della vita (Schneider, Wiener, Murphy,
1994; Bukowski, Newcomb, Hartup, 1996; Hartup e Stevens, 1997).
Superata la concezione che, rifacendosi al modello piagetiano, sosteneva uno sviluppo
parallelo e progressivo tra strutture mentali e pensiero sociale, per cui l'amicizia, che a
quest'ultimo appartiene, non poteva manifestarsi che a partire dai 7-8 anni (Bigelow,
1977; Selman, 1981; Erwin, 1993), gli studi più recenti hanno mostrato come, già a
partire dalla prima infanzia, siano osservabili nei bambini modalità interattive e codici
comunicativi particolari, caratteristici dei legami di amicizia (Whaley e Rubenstein,
1994; Baumgartner e Camaioni, 1995). Indagini più recenti hanno inoltre documentato
come già ad otto anni risultino significativamente radicate quelle dimensioni
psicologiche qualitativamente pregnanti del legame amicale, quali l'intimità , l'aiuto, la
sicurezza, che per lungo tempo erano state considerate caratteristiche peculiari degli
anni dell'adolescenza (Fonzi e Tani, 1996).
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1. 2. NASCITA E SVILUPPO DELLE RELAZIONI SOCIALI
1. 2. 1 LA PRIMA INFANZIA
Il neonato dispone di caratteristiche che lo predispongono alla costruzione di rapporti
con gli altri e, già nel corso del primo anno di vita, ulteriori capacità in tal senso si
manifestano e si affinano. Il pianto, il sorriso endogeno e successivamente esogeno, le
varie vocalizzazioni, sono tutti segnali che attivano risposte appropriate da parte di chi
si prende cura di lui. Inoltre, il bambino si orienta attivamente verso stimoli di origine
sociale, come certe caratteristiche della voce o del volto umano, e, verso il quarto o
quinto mese, mostra di distinguere la madre da altri oggetti sociali e la voce del padre
dalle voci di altri uomini. Sulla base di queste disposizioni e delle acquisizioni che ne
derivano, nel corso del primo annodi vita il bambino diviene capace di partecipare in
modo sempre più appropriato ad interazioni diadiche, specialmente con la madre
(Aureli, 1986). Grazie allo stabilirsi di queste relazioni con gli adulti di riferimento, il
bambino può affrontare meglio anche la diversità dell'interazione con altre persone.
Tuttavia, fino al sesto mese, il bambino si limita a mostrare interesse nei confronti di un
altro bambino, ma non si comporta nei suoi confronti in maniera molto diversa da
quanto avviene di fronte ad un oggetto inanimato. Tra i 6 e i 12 mesi le azioni che i
piccoli rivolgono all'altro denotano già un'aspettativa sociale, anche se manca una
completa coordinazione reciproca e molte delle "aperture" sociali non trovano un
appropriato riscontro.
Nel secondo anno di vita, la competenza mostrata dai bambini negli incontri con i pari
cresce rapidamente. Appare l'imitazione speculare, la capacità di scambiarsi ruoli e
rispettare i turni. Questo, però, non significa che ogni scambio interattivo si trasformi in
una vera e propria relazione interpersonale. Perché si possa parlare in questi termini,
secondo Howes, è necessaria la presenza di tre caratteristiche: la preferenza reciproca,
la capacità di interagire appropriatamente e il piacere reciproco (Howes, 1983).
Sempre secondo questo autore, i piccoli mantengono un riferimento più stabile al
proprio amico perché ne traggono rassicurazione emotiva in assenza delle figure di
attaccamento, mentre a due o tre anni diventa più importante una sorta di esplorazione
del mondo sociale, da cui il maggior numero di relazioni intraprese e la concomitante
minore stabilità.
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1. 2. 2 L’ETA' PRESCOLARE
Nel periodo dai tre ai sei anni le abilità sociali dei bambini si arricchiscono, grazie
soprattutto alle maggiori occasioni di incontro con i coetanei e con adulti al di fuori
della famiglia. Il bambino entra a far parte in modo stabile di un gruppo di coetanei, con
i quali ha l'opportunità di compiere nuove esperienze, ma la convivenza con i quali gli
pone nuove sfide: capire il punto di vista dell'altro e adattarvisi per non interrompere la
relazione, trovare il proprio posto nel gruppo, collaborare con gli altri e frenare gli
impulsi aggressivi, ma anche difendersi quando occorre. Un aspetto importante dello
sviluppo sociale che inizia in questo periodo è anche l'acquisizione di regole morali e la
distinzione tra queste e le convenzioni sociali. Gli scambi sociali dell'età prescolare
concorrono allo sviluppo di una basilare abilità sociale, quella di role-taking, ossia
quella di assumere punti di vista diversi dal proprio. In parallelo, si sviluppa anche la
capacità del bambino di percepire, comprendere e valutare gli altri e, in particolare, le
cause dei loro comportamenti. Tutte queste nuove competenze giocano un ruolo
fondamentale nella risoluzione dei conflitti, soprattutto con gli amici (D'Aniello e Morra
Pellegrino, 1992). A quest’età, inoltre, si attua la comprensione della specificità delle
regole che governano i rapporti con i coetanei, basati sulla reciprocità simmetrica,
rispetto a quelle in vigore con gli adulti, basate sulla reciprocità complementare
(Youniss, 1980).
1. 2. 3 L’ETA' SCOLARE
La reciprocità simmetrica non offe a priori una garanzia di ordine e accordo: solo la
cooperazione permette di ottenere ordine in un contesto sociale paritario, ed è proprio
questa una delle conquiste sociali della fanciullezza, mentre i bambini in età prescolare
regolano più facilmente le proprie interazioni con gli altri ricorrendo a forme di
reciprocità complementare. Le amicizie si distinguono ora molto più nettamente dalle
relazioni occasionali. La differenza di comportamento tra amici e non amici si fanno più
nitide (Hartup, 1996). Gli amici continuano ad essere considerati, come avveniva prima,
un appoggio e una risorsa, ma il loro ruolo non è più soltanto strumentale, poiché i
bambini comprendono che l'amicizia non può durare se i partner non si sforzano di
contraccambiare ciò che ricevono. Compaiono, verso gli otto- nove anni, le relazioni tra
"migliori amici", quando il bambino sperimenta un senso di interdipendenza più alto,
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dal momento che gli amici ora rispondono in modo reciproco e assicurano la loro
amicizia nonostante occasionali conflitti (Gesell e Ilg, 1949).
1. 2. 4 LA PREADOLESCENZA E L’ADOLESCENZA
Nella preadolescenza, e ancor più nell'adolescenza, le amicizie sono caratterizzate da
alta intensità emotiva e strette interazioni, aumento della tolleranza verso i conflitti e
della stabilità. (Wenar, 1971). L'amico diventa il partner privilegiato per uno scambio di
esperienze private che non si vuole comunicare agli adulti, da cui si stanno prendendo le
distanze, e che non si osa esporre con facilità al gruppo, né tantomeno ad un compagno
qualsiasi per timore del ridicolo. All'interno di questo rapporto, il ragazzo sviluppa una
genuina sensibilità e un sincero interesse per l'altro (Sullivan, 1953). Inoltre, l'intimità
della relazione fornisce un rinforzo al proprio senso di efficacia e la comunicazione con
il proprio migliore amico fa sì che il ragazzo si renda conto che i suoi pensieri e
sentimenti sono simili a quelli di qualcun altro. Al contrario, un fallimento nello
stabilire una relazione di questo tipo, contribuisce ad un decremento nella percezione di
sé. Un ragazzo senza un amico intimo è privato dell'opportunità di sperimentare una
comunicazione aperta e, quindi, di validare la sua capacità simbolica. Un'altra
conseguenza importante dell'avere un migliore amico, è lo sviluppo di un interesse per
un altro che diventa importante come se stesso. Questo sentimento può poi trascendere
la specifica relazione con un altro e trasformarsi, così, in un generale altruismo. Quindi,
l'essere sensibili verso i bisogni dell'amico incrementa le probabilità che la stessa
sensibilità si continui a manifestare anche nei successivi incontri.
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1. 3 EVOLUZIONE DELL'AMICIZIA
Alcuni autori, rifacendosi più o meno esplicitamente al modelli piagetiano, ipotizzano
uno sviluppo parallelo tra strutture mentali e pensiero sociale, per cui l'amicizia, che a
quest'ultimo appartiene, non potrebbe manifestarsi prima dei 5-6 anni e solo verso gli
11-12 anni i ragazzi sarebbero capaci di sperimentare quella condivisione intima e
reciproca che è l'asse portante del legame amicale (Selman, 1981; Erwin, 1993). Ma alla
luce di quanto riportato nel paragrafo precedente, è più opportuno abbracciare una
visione più articolata, dinamica e processuale, secondo la quale lo sviluppo dell'amicizia
non consisterebbe in un susseguirsi di stadi, l'uno ben differenziato dall'altro, ma in un
cambiamento costante e continuo lungo una traiettoria che va dal concreto all'astratto,
da una situazione di un rapporto passeggero ad una di aiuto unilaterale, per sfociare
infine in un'intimità condivisa (Howes, 1987). In altri termini, ciò che si modifica in
rapporto all'età sono gli aspetti di strutturazione cognitiva, ma, al di là di questi, esiste
nell'amicizia un elemento stabile e comune, dato dalla "connotazione affettiva" positiva
che è presente fin dai primi anni (Bernt, 1981; Baumgartner e Camaioni, 1995;
Camaioni e Baumgartner, 1996) e qualifica e caratterizza il legame amicale in tutte le
fasi. Diventa allora essenziale identificare quali sono gli elementi diversi, ma
coerentemente collegati, che compongono la configurazione "qualitativa" di un'amicizia
intima e che possono costituire significativi fattori per lo sviluppo dell'individuo. A
questo proposito possiamo fare riferimento alla scala F.Q.S. di Bukowski, Hoza e
Boivin (1994) che individua cinque dimensioni ritenute fondamentali per valutare la
qualità dell'amicizia:
1) lo stare insieme, cioè la quantità di tempo che i soggetti passano dedicandosi ad
attività condivise;
2) il conflitto, ovvero le situazioni di disaccordo durante le quali gli amici discutono;
3) l'aiuto, cioè l'assistenza e la protezione reciproca di fronte agli altri;
4) l'intimità, cioè la forza del legame affettivo e il sentimento di apprezzamento
riflesso, ovvero la sensazione di essere speciale derivante dall'apprezzamento e dai
sentimenti che l'amico esprime nei propri riguardi;
5) la sicurezza, cioè la fiducia di poter sempre fare affidamento sull'amico nel
momento del bisogno.
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Sulla base dei risultati ottenuti da un insieme sistematico di indagini (Fonzi, Tani, 1996;
Fonzi, Giannetti, Tani, 1997), possiamo notare come già a 8 anni siano presenti alcune
dimensioni fondamentali, quali l'aiuto, la sicurezza e l'intimità. Inoltre, si rileva una
certa stabilità delle caratteristiche salienti dell'amicizia nell'arco della vita. I periodi in
cui si manifestano i maggiori cambiamenti sono il passaggio dall'infanzia alla
preadolescenza e dall'età adulta alla terza età. Nel primo caso, tra gli 8 e 11 anni
aumenta il peso di dimensioni quali l'aiuto, la sicurezza e l'intimità, che implicano tutte
una maggiore capacità del bambino di tener conto, nel rapporto, di se stesso e dell'altro.
Nella terza età aumentano significativamente gli aspetti di conflitto e diminuiscono
quelli di aiuto. Entrambi questi aspetti appaiono legati alla condizione di anzianità: da
un lato si registra, infatti, una minore flessibilità e tolleranza alla frustrazione; dall'altro
si riducono la capacità di autonomia, mobilità e azione che sono condizioni
indispensabili per venire in aiuto dell'altro. Concludendo, possiamo affermare che
l'amicizia si configura, a tutti i livelli di età, come un tipo di relazione qualitativamente
caratterizzato da alcuni aspetti pregnanti, che presentano una sostanziale continuità nel
tempo, indipendentemente dalla diverse fasi maturative dell'individuo. Quello che
appare peculiare, comunque, è il tono emozionale e affettivo che fa dell'esperienza con
l'amico qualcosa di unico e speciale: il divertimento e il piacere di stare insieme
rappresentano la nota dominante di tale esperienza.
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1. 4 AMICI E NON AMICI
Le ricerche confermano la naturale ipotesi che esistano differenze comportamentali tra
amici e non amici. Elenchiamo di seguito gli aspetti più significativi di tali differenze:
ξ Gli amici mostrano affetti più positivi, quali il sorridere e ridere, e una frequenza
maggiore di contatti come guardarsi o toccarsi.
ξ Per quanto riguarda i conflitti, gli amici mostrano forme più moderate, quali la
competizione, il predominio, la critica ed il dispetto. Inoltre, nella risoluzione di tali
conflitti, gli amici prediligono strategie connesse al compromesso ed evitano tattiche
coercitive o remissive (Fonzi, Tani, Tomada, 1998).
ξ Gli amici, rispetto ai non amici, ricavano maggior piacere dall'espletare insieme
compiti di tipo competitivo e rispettano di più le regole del gioco (Fonzi, Tani,
Tomada, 1998). Gli amici affrontano la competizione dimostrandosi più capaci di
utilizzare una sorta di "strategia cognitivo-affettiva" che consente loro di sfruttare le
regole per contenere la forza d'urto dello scontro fisico e psicologico con
l'avversario, in modo da competere con lui senza mettere in pericolo la relazione.
Le ragioni di tali differenze possono essere varie:
ξ gli amici si conoscono meglio rispetto ai non amici e questo permette loro di
comunicare in maniera più efficace (Ladd e Emerson, 1984);
ξ tra gli amici ci sono aspettative diverse, soprattutto in termini di assistenza e
supporto (Bigelow, 1977);
ξ esiste un clima affettivo più favorevole alla risoluzione dei conflitti tra amici
(Gottman, 1983);
ξ gli amici cercano più prontamente di risolvere i disaccordi attraverso modalità che
non mettano in pericolo la relazione (Hartup e Laursen, 1992).
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1. 5 LE FUNZIONI DELL'AMICIZIA
Numerosi studi hanno mostrato come fin dall'infanzia l'amicizia sia significativamente
associata a positivi esiti evolutivi e al buon adattamento psicosociale. Ladd,
Kochendorfer e Coleman (1997) hanno rilevato che, già a livello di scuola materna, il
fatto che i bambini siano capaci di avere relazioni di amicizia stabili e di buona qualità
costituisce un indice significativi di predizione dell'atteggiamento positivo verso la
scuola e del successo scolastico. Pryor-Brown e Cowen (1989) hanno rilavato che il
supporto sociale fornito dagli amici tra i 9 e 12 anni costituisce uno dei fattori più
significativi nel mediare la relazione tra eventi stressanti e adattamento. Parker e Asher
(1993) hanno verificato che , nella seconda infanzia, l'avere un amico intimo ed essere
accettato nel gruppo dei pari sono fattori protettivi , positivamente associati
all'autostima e alla mancanza di sentimenti di solitudine nelle età successive.
Wasserstein e La Greca (1996), infine, hanno rilevato che la qualità del supporto fornito
dagli amici rappresenta per i bambini un significativo fattore di protezione di fronte allo
stress legato ai conflitti fra i genitori.
La singolare convergenza di tutti questi risultati fornisce quindi ampie prove sulla
funzione adattiva che l'amicizia assolve fin dagli anni dell'infanzia. Ciò è dovuto al fatto
che l'avere amici assolve ad una serie molteplice di bisogni di tipo sociale, cognitivo e
affettivo, il cui soddisfacimento è essenziale per il buon adattamento sociale degli
individui. Quello che appare però come peculiare della relazione amicale, è il tono
emozionale e affettivo che fa dell'esperienza con l'amico qualche cosa di unico e
speciale. Possiamo riassumere le molteplici funzioni svolte dalle relazioni amicali come
segue:
ξ Sotto il profilo cognitivo, l'avere amici costituisce per il bambino una fonte continua
di stimolo e l'amicizia offre al bambino un'area in cui mettere alla prova il proprio
comportamento e le proprie capacità (Fine, 1981; Lewis e Feiring, 1989; Dunn,
1993).Nell'attività con l'amico, il bambino sviluppa coordinazione del gioco, le
abilità di role-taking e affina il suo repertorio comportamentale utilizzando modalità
sociali. Le amicizie offrono l'opportunità per apprendere norme, valori, regole
sociali condivise. Le discussioni e i litigi tra i pari sono indispensabili per lo
sviluppo del giudizio morale e le conversazioni che i bambini hanno con i pari
forniscono un'area unica nella quale apprendere e rifinire alcune competenze
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linguistiche necessarie negli scambi sociali, come, ad esempio, i metodi di
risoluzione dei conflitti.
ξ Le relazioni tra pari contribuiscono a rafforzare la sensazione di sicurezza e
supporto sociale (Berndt, 1982). Douvan e Adelson (1966) sostengono che
l'amicizia nella preadolescenza e nella prima adolescenza, rappresenti un'importante
fonte di supporto sociale che riduce l'ansia e la paura legata ai cambiamenti che si
manifestano in quel periodo. Avere un amico con il quale sentirsi sicuri, fornisce
una solida base a partire dalla quale costruire la fiducia negli altri (Fine, 1981).
Mentre nella prima infanzia la funzione di protezione è assolta principalmente dagli
adulti o dai fratelli, quando il bambino comincia a trascorrere meno tempo in
compagnia di queste figure e di più con altri pari, gli amici tendono ad assolvere
sempre di più questa funzione. Dall'altra parte, all'interno di una relazione amicale,
il bambino esercita la funzione di caregiving nei confronti dei propri amici
attraverso comportamenti prosociali volti ad aiutare gli altri.
ξ Infine, le amicizie offrono un contesto per la crescita del Sé sociale, un contesto in
cui il soggetto può imparare qual è l'immagine appropriata di sé da proiettare nelle
situazioni sociali. E' nel rapporto stretto con un coetaneo che il bambino ha per la
prima volta l'opportunità di "vedere se stesso attraverso gli occhi di un altro e di
sperimentare la vera intimità" (Bukowski e Hoza, 1989), compiendo così un passo
qualitativamente importante sulla strada dell'autoconsapevolezza e della
socializzazione. Nelle interazioni sociali le persone acquisiscono informazioni sul
modo in cui sono percepite dagli altri e queste informazioni costituiscono la base del
Sé. Sullivan (1953) identifica, a questo proposito, due tipi di esperienze connesse al
senso di Sé: la prima si riferisce all'essere isolati dal gruppo tra i 7 e i 9 anni,
esperienza che si connette con sentimenti d’inferiorità che non generano una buona
autostima; la seconda consiste nell'avere un amico del cuore, ovvero una relazione
stretta, intima e reciproca con un individuo dello stesso sesso, che fornisce la prima
opportunità per acquisire sensibilità interpersonale e ricevere una conferma rispetto
al proprio senso di Sé.
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1. 6 LA SCELTA DEGLI AMICI
Tre sembrano essere i principali aspetti che influenzano la selezione delle amicizie: la
prossimità, l'età e la somiglianza. Il peso di ciascuno cambia secondo il livello di
maturazione e, quindi, dell'età.
ξ PROSSIMITA': rappresenta la modalità di selezione più elementare. Il bambino,
infatti, sceglie i propri amici all'interno di contesti specifici in cui è la maggiore
accessibilità di un bambino piuttosto che un altro a determinare la preferenza. Dalla
prima infanzia all'adolescenza, l'importanza di questa variabile decresce e la stessa
definizione di "prossimità" subisce dei cambiamenti nel corso del tempo. I soggetti
più grandi hanno una concezione più ampia di "prossimità" e tendono a compiere le
proprie scelte in vari contesti.
ξ ETA': rappresenta una delle caratteristiche superficiali e ascritte che guidano la
selezione delle amicizie in modo diverso nel corso degli anni. I bambini molto
piccoli trascorrono il tempo più spesso in compagnia di persone più grandi, anche se
non necessariamente per scelta. Nell'età scolare, e soprattutto all'interno
dell'istituzione scolastica, la scelta avviene verso individui della stessa età. I soggetti
più grandi, invece, aumentano le scelte verso gruppi di età diverse, poiché hanno la
possibilità di sperimentare situazioni nelle quali l'età non costituisce un criterio
fondamentale per la partecipazione.
ξ SOMIGLIANZA: rappresenta il criterio di selezione più studiato e viene
considerato uno dei principi basilari dell'attrazione interpersonale. Tuttavia, la
similarità non è un costrutto statico. Diversi tipi di similarità sono importanti a
diversi livelli di rapporto e di età. Gli amici sono più simili in termini di costrutti
personali più profondi, mentre i conoscenti lo sono in termini di costrutti superficiali
(Fehr, 1996) e, benchè questo criterio sia molto utilizzato nella prima infanzia, in
questo caso la somiglianza si riferisce a caratteristiche più superficiali, come la
preferenza per un gioco o caratteristiche visibili come età, sesso, aspetto fisico. I
bambini più grandi diventano più consapevoli delle caratteristiche più profonde dei
loro potenziali amici e cominciano a ricercare somiglianze nel carattere e nella
personalità (Abuod e Mendelson, 1996; Schneider, 2001). La scelta degli amici sulla
base di questo costrutto, che riflette, dunque, l'aumento dell'abilità nel compiere
valutazioni più accurate della propria e altrui personalità e delle somiglianze e
differenze, inizierebbe già a partire dagli 8-9 anni (Tani, 2000). Infatti, negli anni
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della scuola materna i bambini che hanno più amici sono quelli più attraenti
fisicamente (Mendelson, Abuod e Lanthier, 1994), mentre nella media infanzia in
bambini più ricercati come amici risultano essere più prosociali e meno aggressivi
(Berndt, Hawkins e Hoyle, 1986), più socievoli e stabili emotivamente (Stocker e
Dunn, 1990) rispetto a quelli che non hanno amici. Tutte queste riflessioni trovano
conferma empirica nel fatto che, effettivamente, gli amici si presentano
significativamente simili tra loro, e comunque più di quanto non lo siano soggetti
che non hanno questo tipo di legame, in diversi settori della personalità:
temperamentale, intellettivo, emotivo e sociale, e, in particolare, quelle relative
all'impulsività, alla dominanza, alla sensibilità e stabilità emotiva e all'intelligenza in
generale. Tuttavia, la somiglianza tra amici potrebbe essere legata ad altre due fonti,
oltre alla selezione:
ξ le condizioni sociodemografiche, che portano in bambini in prossimità l'uno
dell'altro;
ξ la mutua socializzazione, mediante la quale i bambini diventano simili agili amici
interagendo con loro.
In ogni caso, individui simili hanno maggiore probabilità di trovare un terreno comune
sia per le loro attività che per le loro conversazioni e la somiglianza svolge una funzione
attrattiva in quanto rimanda, soprattutto dove riguarda atteggiamenti a valori, a un tipo
di auto-validazione che rende il rapporto remunerativo (Urberg, Degirmencioglu e
Tolson, 1998).