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Area di studio
2.1 Inquadramento geografico-ambientale
Il Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi si estende interamente all’interno del territorio della Regione
Veneto con i suoi 31512 ettari di superficie ed una forma allungata con orientamento NordEst-
SudOvest. Geograficamente si colloca nella destra orografica del fiume Piave nella bassa provincia
di Belluno e confina a Nord-Ovest con la Provincia Autonoma di Trento, interessando 15 comuni
(tra i quali Sedico ha la superficie maggiore destinata a Parco) le cui zone abitate rientrano in
minima parte nell’area protetta (circa 90 sono le persone che vi abitano). Il paesaggio è molto vario
ed aspro soprattutto nelle zone più interne, dove le valli strette e profonde si articolano tra i gruppi
montuosi di natura calcarea e sono solcate da torrenti che scavano nella roccia marmitte e cadini
creando un ambiente suggestivo. La Valle del Mis e la Val Cordevole sono le valli più importanti ed
ampie presenti nel Parco e sono attraversate dai fiumi omonimi che dividono i tre gruppi montuosi
principali dell’area protetta: le Alpi Feltrine, i Monti del Sole-Feruch e il gruppo della Schiara-
Talvena, ai quali si aggiungono Mezzodì-Pramper e Tamer-S.Sebastiano, che però rientrano solo in
minima parte all’interno dei confini del Parco. Il territorio si eleva da un’altitudine di 400 metri in
località San Gottardo (nei pressi del greto del torrente Cordevole, in comune di Sospirolo) ai 2565
metri del monte Schiara che rappresenta il punto di maggior altitudine. Lungo questa elevazione si
possono incontrare paesaggi molto vari che sono il risultato di una lunga storia geologica e della
paziente opera degli agenti atmosferici; passando dalle forme dolci ed ondulate della pedemontana,
si giunge alle quote più elevate dove si possono incontrare paesaggi dalle caratteristiche prealpine
nelle Vette Feltrine o i caratteri tipici delle Dolomiti centrali più remote che si osservano nelle
pareti e nelle rocce più compatte della Schiara e del Sas de Mura. Per comprendere la particolarità e
la notevole varietà ambientale del Parco, emblematica è l’immagine che ne fornisce Francesco
Caldart, figurando un territorio che va da una pedemontana dove può crescere la vite a una tundra
artica o a una foresta della Russia Settentrionale. Paradossalmente, però, il Parco Nazionale
Dolomiti Bellunesi include per la maggior parte zone che sono completamente diverse dal tipico
paesaggio dolomitico.
La distribuzione della vegetazione è influenzata dall’andamento climatico stagionale oltre che dalle
caratteristiche pedologiche del suolo. Dal punto di vista climatico l’area del Parco, a causa della sua
posizione geografica, possiede caratteristiche di transizione tra il clima della pianura veneta e quello
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della zona alpina. La ridotta estensione dell’area protetta determina una certa omogeneità climatica
che il clima si possa ritenere uniforme su tutta l’area, anche se si verificano variazioni locali legate
alla morfologia articolata ed a fattori stazionali quali l’altitudine e l’esposizione. Le temperature
medie annuali si aggirano sui 10-11°C nei fondovalle, 4-5°C a 1500 metri di altitudine e 2-3°C a
2000 metri, ma se in estate la temperatura è maggiore a valle, in inverno possono verificarsi
fenomeni di inversione termica provocati dal ristagno di aria fredda nei fondovalle e negli
avvallamenti. Durante il corso dell’anno le temperature maggiori si registrano tra luglio ed agosto,
con valori di 19-20°C in fondovalle e di circa 10°C nei settori più alti. A partire dai mesi autunnali
si verifica una riduzione di circa 5°C ogni mese, fino a gennaio quando le temperature raggiungono
i valori minimi mantenendosi mediamente al di sotto dello zero. In febbraio aumenta
l’irraggiamento solare e con esso anche le temperature salgono, ma in modo meno brusco rispetto la
diminuzione autunnale.
L’andamento pluviometrico è di tipo subequinoziale con una quantità di pioggia stimata superiore
ai 2000 mm annui. L’autunno presenta un picco nelle precipitazioni, che essendo continue e di forte
intensità creano le condizioni favorevoli al verificarsi di nubifragi. I valori minimi si registrano in
inverno, stagione nella quale prevalgono le precipitazioni nevose soprattutto alle quote maggiori; la
quantità di neve caduta varia di anno in anno a causa di fenomeni che interessano la masse d’aria,
ma generalmente sui massimi rilievi montuosi permane al suolo circa da ottobre alla fine di maggio,
mentre alle quote medie per 2-3 mesi. In primavera è presente un altro picco di precipitazioni, ma di
minore entità rispetto a quello autunnale, che si riduce lievemente in estate, quando i fenomeni
assumono carattere temporalesco.
Le risorse naturali di quest’area sono da sempre state sfruttate dall’uomo, la cui presenza si
esercitava, un tempo, con una pressione sul territorio assai più capillare ed intensa di oggi, fatto
testimoniato dalla presenza di “casere”, malghe, “calchere”(usate per la produzione della calce), etc,
che sono oggetto di opere di ristrutturazione da parte dell’Ente Parco che punta anche alla
valorizzazione culturale di questi luoghi.
2.2 La vegetazione del Parco
Il Parco contiene una gran varietà di specie vegetali, soprattutto per quanto riguarda il patrimonio
floristico che annovera molte specie alpine rare ed endemismi (come la Campanula morettiana,
simbolo del Parco), risultato dell’incontro e la coesistenza di entità floristiche centro-europee ed
illirico-balcaniche.
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Come per gli aspetti floristici, anche la componente forestale è ben rappresentata, tanto che sono
presenti molte delle tipologie forestali individuate per la Regione Veneto. Altra caratteristica tipica
di questo territorio è l’asprezza dei luoghi, che non permette lo sviluppo di estese foreste di
altofusto, ma consente la formazione di una notevole diversità di paesaggi che possono variare
anche all’interno di una ridotta superficie.
Il limite superiore della vegetazione arborea si colloca ad un’altitudine compresa mediamente tra
1600 e 1900 metri s.l.m., molto al di sotto dei 2200-2300 metri delle Dolomiti Settentrionali,
lasciando spazio alle quote superiori alle praterie e alle brughiere di ginepro nano. Questa situazione
sembra in gran parte imputabile alla mano dell’uomo, il quale, per creare e mantenere i pascoli a
quote elevate ed in zone solatie, ha da sempre ridotto la componente forestale. Questa, d’altra parte,
è sempre stata utilizzata dalle popolazioni montane per soddisfare le proprie necessità, sia in termini
di prelievo di legname da opera, di legna da ardere e di prodotti secondari. Sebbene eseguite per
necessità, le utilizzazioni pesanti susseguitesi nei secoli, associate all’asportazione di strame che ha
ridotto la fertilità dei suoli, hanno lasciato in eredità una situazione forestale depauperata (Argenti,
2004). Nonostante ciò, nel Parco boschi di buona vocazione forestale si osservano nella foresta di
Cajada e nella Val del Grisol.
Di seguito vengono elencate le principali formazioni forestali presenti nell’area.
a) Boschi submontani di latifoglie
Gli ostrieti sono le formazioni più diffuse nella fascia pedemontana e si trovano prevalentemente su
superfici private gestite a ceduo. Oltre all’orno-ostrieto tipico (diffuso fino a 900 metri s.l.m.),
quando il terreno diventa più fresco e meno pendente si può incontrare il sottotipo con carpino
bianco (Carpinus betulus) che si lega al carpineto con ostria, ed il sottotipo con tiglio in zone di
contatto con l’aceri-tiglieto (Valle di S.Agapito, Val Scura). In queste formazioni si possono trovare
specie arbustive, come corniolo (Cornus mas), lantana (Viburnum lantana) e biancospino
(Crataegus monogyna); nei terreni più fertili, dove il carpino nero viene sostituito gradualmente da
specie meno rustiche, nel sottobosco si possono trovare il caprifoglio (Lonicera caprifolium) e la
fusaria maggiore (Euonymus latifolius). Molto frequente è l’orno-ostrieto di rupe, che si spinge in
certe zone (Monte Serva) fino a 1200 metri di quota, mentre nel bacino della Val Canzoi e nel
gruppo montuoso del Pizzocco si può osservare su cenge arido-rupestri la presenza del Cytisantho-
Ostryetum. In gole e valli anguste delle zone più occidentali del Parco è presente l’Hemerocallido-
Ostryetum: un bosco di forra con prevalenza di carpino nero al quale si aggiungono specie
secondarie come il salicone (Salix caprea) e il tasso (Taxus baccata), mentre nel sottobosco fiorisce
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il giglio odorato (Hemerocallis lilio-asphodelus). Dal punto di vista faunistico, queste formazioni
collocandosi in zone di difficile accesso, forniscono rifugi sicuri per alcune specie di fauna
selvatica.
All’esterno dei confini del Parco, nella fascia collinare si trovano il carpineto tipico, il carpineto con
frassino ed ex-castagneti da frutto che nella maggior parte dei casi contengono anche il carpino
nero.
Su forre e depositi alluvionali vegetano gli aceri-tiglieti e gli aceri-frassineti: i primi, essendo più
termofili, si spingono anche al limite meridionale dei confini del Parco (Val Scura, Valle di
S.Agapito), mentre gli aceri-frassineti occupano versanti più freschi esposti a Nord.
b) Faggeta
Le faggete sono le formazioni più rappresentative del Parco e sono diffuse in un’ampia fascia
altitudinale estendendosi da 600 a quasi 1700 metri di quota. Sono anche i boschi che risentono
maggiormente delle ceduazioni intensive susseguitesi nei secoli. In funzione dell’altitudine si
incontrano tipi diversi di faggeta, nell’ambito della quale variano anche le specie di sottobosco, che
hanno generalmente in comune una fioritura precoce ed il temperamento sciafilo, giustificato
dall’alto grado di copertura offerto in genere da questi boschi.
La faggeta con carpino nero prevale nella fascia submontana (600-1200 metri) e si trova a contatto
con gli ostrieti; qui la maggiore o minore presenza di elementi dell’ostrieto può dipendere dalla
intensità di ceduazione, a seguito della quale le condizioni stazionali si rendono più favorevoli alle
specie termofile (Del Favero et al, 1990). L’ostrieto, venendo in contatto con aceri-tiglieti, carpineti
e boschi di forra dà origine rispettivamente alle varianti con tiglio, carpino bianco e tasso. Tra le
faggete submontane la più caratteristica e diffusa nel Parco è la faggeta pioniera azonale, che si
trova tra 900 e 1500 metri di altitudine, ed è accompagnata nelle quote più elevate dal larice nello
strato arboreo e da Rhododendron hirsutum e Salix glabra a livello arbustivo.
Tra i 1200 ed i 1400 metri di quota vegeta la faggeta montana tipica mesalpica che può somigliare
alla faggeta dei suoli oligocalcici (Luzulo-Fagetum) quando vegeta in terreni derivanti da rocce
silicatiche. Nella Val del Grisol e nella conca di Cajada si osserva la faggeta montana con abete
bianco, che viene a contatto con gli abieteti.
Tra le faggete altimontane (situate ad un’altitudine compresa tra 1400 e 1600 metri) nel Parco si
osservano, sia la forma tipica (la più diffusa), sia il tipo a megaforbie e sia quello dei suoli
decalcificati, che è sporadico ma in espansione in seguito all’abbandono colturale.
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c) Pinete
Nel Parco le pinete si collocano nel settore centro-orientale, dove la specie prevalente è il pino
silvestre (Pinus sylvestris) che forma le pinete esalpiche a pino silvestre; a queste in certe località si
aggiunge il pino austriaco (Pinus nigra) che trova lungo la valle del Piave il limite occidentale del
suo areale (Argenti, 2004). In questi ambienti, nello strato basso arboreo ed arbustivo possono
spesso trovarsi anche il carpino nero e l’orniello, mentre lo strato erbaceo è ricco di specie xerofile
quali Erica carnea e ginestre (Genista germanica, Genista radiata).
d) Pecceta ed Abieteti
Nel Parco l’abete rosso non trova il clima ideale, in quanto troppo umido e piovoso, e quindi non
riesce a formare le estese peccete che, invece, sono presenti nelle zone più interne delle Alpi. La
Picea si trova in boschi misti con abete bianco (Abies alba) e con faggio, oppure, a quote più
elevate, con il larice (Larix decidua). La sua attuale distribuzione del Parco è da ricondurre anche
all’opera dell’uomo che ha favorito la diffusione di questa conifera in contesti ambientali spesso
inadatti alle sue esigenze ecologiche.
L’abete bianco ha esigenze analoghe al faggio, con il quale spesso è consociato formando abieti-
faggeti presenti nella Valle dell’Ardo, in Val del Grisol, in Val Cismon e nella foresta di Cajada.
Proprio in Val del Grisol, ad un’altitudine compresa tra 600 e quasi 1000 metri, si trova il poco
frequente Abieteto esomesalpico submontano, dove l’abete bianco è consociato con latifoglie nobili
come tiglio, aceri e frassini. Come in questa zona, anche nella conca di Cajada gli abieteti trovano la
loro massima espressione con la formazione dell’Abieteto esomesalpico montano.
e) Lariceti
Il larice (Larix decidua) è la pianta arborea che vive alle quote più elevate nel Parco, collocandosi
tra i 1700 ed i 1900 metri s.l.m. in formazioni pure con rododendro e mirtilli nel sottobosco (lariceto
tipico). Questa specie si può osservare anche a quote inferiori in rimboschimenti su prati e pascoli
abbandonati. In versanti umidi con esposizioni settentrionali ci si può imbattere, invece, nel
Lariceto a megaforbie.
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f) Arbusteti
Oltre il limite della vegetazione arborea vegetano gli arbusteti subalpini, la cui composizione varia
in funzione di fattori stazionali quali esposizione, umidità del suolo e natura delle rocce. Rupi
calcareo-dolomitiche e conoidi detritici sono i siti colonizzati da densi ed impenetrabili arbusteti di
pino mugo (Pinus mugo) tra i quali spesso si inseriscono Rhododendron hirsutum, Rhodothamnus
chamecistus e la Clematis alpina.
Meno diffuse rispetto alle mughete, le ontanete di ontano verde (Alnus viridis) prosperano su
versanti umidi esposti a Nord, con substrati fertili e caratteristico sottobosco di megaforbie.
Nel territorio del Parco sono presenti anche altri tipi di arbusteto di alta quota, come i rododendreti
a Rhododendron hirsutum oppure a Rhododendron ferrugineum, i saliceti a Salix appendiculata, a
Salix glabra oppure a Salix waldsteiniana, localizzati in particolare in versanti esposti a Nord.
g) Formazioni ripariali
Gli ambienti ripariali costituiscono una frazione molto limitata nel territorio del Parco, in quanto la
maggior parte di essi è situata subito all’esterno dei confini.
Nella Valle del Mis, nella Valle Imperina e a tratti lungo il corso del torrente Cordevole si può
incontrare in zone di sponda l’Alnetum incanae, mentre sui greti ghiaiosi si trova il Salicetum
incano-purpurae, dominato da Salix eleagnos e accompagnato da Populus nigra e Salix purpurea.
2.3 Le aree oggetto di studio
Valle di San Martino
Situata nella zona sud-occidentale del Parco, nel comune di Feltre, la Valle di S. Martino è incisa
dalle acque del torrente Stien e penetra per circa 3 km all’interno dell’area protetta. In capo ad essa
si articolano tre valli secondarie che conducono alle quote più elevate delle Vette Feltrine e sono
percorse da corsi d’acqua di minor grado rispetto al torrente Stien, ma che in certi punti assumono
una notevole forza. A fondovalle, lungo le aste idriche si sviluppa una vegetazione ripariale a
predominanza di ontano bianco (Alnus incana) dalla quale si dipartono lungo i versanti laterali
l’orno-ostrieto tipico e l’orno-ostrieto di forra che in alcune zone arriva fino a circa 1000 metri di
quota. A contatto con l’orno-ostrieto si incontra la faggeta submontana con ostria che si spinge
all’interno delle valli laterali e termina quando il terreno diventa più difficile lasciando lo spazio
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alla faggeta primitiva, mentre alle quote più elevate viene sostituita dalla faggeta tipica
esomesalpica; al limite della vegetazione si collocano le mughete mesoterme e microterme (Figura
2.3.1). Quasi a metà della valle una mugheta macroterma si estende sulla destra orografica, dal
fondovalle verso i rilievi montuosi. Non mancano, sempre alle quote inferiori, delle piccole aree di
corileto, mentre nella parte più esterna
della valle un popolamento di pino
silvestre si estende lungo una porzione di
versante del monte San Mauro (in sinistra
orografica).
In zona Pian dei Violini sono presenti dei
ruderi, testimoni di un’antica presenza
dell’uomo nel territorio, attorno ai quali si
trovano rimboschimenti di abete rosso
molto densi.
Tutta la valle è una riserva generale
orientata di tipo B1, tranne nella parte più
interna del bacino dove da quote superiori
a circa 1000 metri si entra nella riserva
integrale; la maggior parte della superficie
è di proprietà del demanio statale
(gestione ex ASFD), ma la zona
circostante il torrente Stien rientra nelle
proprietà dell’ENEL e un’area situata in
sinistra orografica viene gestita dall’Azienda
Regionale Delle Foreste.
Val Canzoi
La Val Canzoi si colloca nella parte feltrina del Parco, ai piedi del gruppo montuoso del Cimonega.
Essendo di facile accesso, essa è da sempre tra le mete più frequentate dai visitatori di queste
montagne, tanto che l’Ente Parco ha deciso di istituirvi un’area di promozione turistica che si
estende lungo il fondovalle.Questa valle è il risultato della paziente opera di erosione del torrente
Caorame che nasce alla base delle pareti del Piz De Sagron e nel suo percorso raccoglie le acque di
vari affluenti che scendono lungo le valli omonime (Alvis, Slavinaz, Casole, Neva, Delle Grave,
Figura 2.3.1: alternanza di faggeta e mugheta in Valle di San
Martino.
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Fraina). Questo bacino è sfruttato dal punto di vista idrico, come testimoniano le opere di
captazione idrica presenti: il lago artificiale De La Stua (situato nella zona più interna) creato per
produrre energia elettrica, e 3 acquedotti.
Il mosaico di formazioni presenti rende
complessa la descrizione della situazione
forestale. Sulla sinistra orografica si
colloca una faggeta submontana con
ostria che si estende dal fondovalle e
raggiunge circa i 1000 metri di quota, ma
nelle zone più pendenti ed aspre viene
sostituita dall’orno-ostrieto tipico o da
quello primitivo. A quote superiori, in siti
di pendenza estrema queste formazioni
sono spesso sostituite dalle rupi boscate,
mentre in zone meno ripide si collocano
la faggeta primitiva e la faggeta montana
tipica esomesalpica e sulle colate di
ghiaia la mugheta macro e microterma. Nell’intorno del lago sono presenti delle piccole superfici di
aceri-frassineto con ostria, inserite tra gli orno-ostrieti e la faggeta in zone con buone condizioni
stazionali dal punto di vista della disponibilità idrica.
Nella destra orografica è più evidente la presenza dell’uomo, che ha deciso di insediarsi in questa
parte della valle poiché la morfologia è più favorevole. Questo si osserva dalla presenza di “casere”
attorno alle quali si collocano superfici più o meno ampie di praterie di origine secondaria che
anche al giorno d’oggi vengono sfalciate. La presenza di peccete secondarie o corileti situati in
prossimità di prati e ruderi indica come un tempo le superfici prative fossero più estese, mentre ora,
per mano dell’uomo o per processi di ricolonizzazione da parte del bosco, si siano notevolmente
ridotte. Dal fondovalle procedendo verso quote maggiori si incontra un alternarsi di orno-ostrieti
(sia primitivi che tipici) e pinete di pino silvestre (primitive ed esalpiche) situati in versanti
soleggiati, mentre le faggete primitive e submontane con ostria vegetano in zone più fresche. A
quote superiori si incontrano in successione altitudinale la faggeta montana tipica esomesalpica e la
faggeta altimontana tipica e le zone franose e gli sfasciumi di rocce sono colonizzati dal pino mugo,
che lungo la Val di Neva e la Val Delle Grave raggiunge il fondovalle affiancato da pino silvestre e
pino nero.
Figura 2.3.2: la Val Canzoi dalla Val Delle Grave.
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Lungo il torrente Caorame, classificato come “sistema ecologico di alta vulnerabilità”, si incontrano
formazioni di abete rosso su terreno alluvionale e formazioni riparali, nonché piccole superfici di
piceo-faggete dei suoli mesici inserite tra la faggeta con ostria e le peccete secondarie.
Valle di San Agapito
Questa valle è collocata solo parzialmente all’interno dei confini del Parco, con la parte terminale
situata in prossimità dell’abitato di Cesiomaggiore. Essa è percorsa dal torrente Salmenega che
nasce dalle pendici del monte Tre Pietre ed è più breve e meno incisa rispetto alle valli descritte in
precedenza. La maggior parte della superficie boscata è formata da piccole proprietà private che
sono gestite a ceduo e, a causa di questa frammentazione, c’è un’elevata diversità nella struttura del
bosco. La situazione dal punto di vista delle tipologie forestali è molto varia e vede la prevalenza
delle latifoglie. Infatti, dal fondovalle alle quote superiori prevale l’orno-ostrieto tipico e quello
primitivo, tra i quali si inseriscono l’aceri-tiglieto di versante, il carpineto, la faggeta tipica e
submontana con ostria fino ad un’altitudine di circa1300 metri, mentre alle quote superiori in alcune
aree si collocano la faggeta montana ed altimontana e dove il suolo è meno evoluto si osserva la
colonizzazione della mugheta. Da notare è la presenza di aree di varie dimensioni (anche molto
estese) di corileto e di altre formazioni transitorie disposte in modo sparso, che testimoniano
l’abbandono colturale di queste zone da parte dell’uomo e si collocano generalmente in prossimità
di grandi superfici prative e di ex-pascolo.
Val Scura
Anche la Val Scura, come le valli precedenti, si colloca nel versante meridionale delle Alpi Feltrine
e si inserisce nel sottogruppo del monte Pizzocco, in comune di Santa Giustina. Questo territorio
contiene boschi privati e comunali, ma la maggior parte della superficie è proprietà demaniale
statale e quindi gestita dalle ex ASFD.
Dalla confluenza di rii e ruscelli prende origine il torrente Veses che incide il territorio formando
una gola profonda. Questa valle sale per circa 2 km circondata da rilievi che raggiungono le quote
massime con il monte Tre Pietre (1965 m s.l.m.) posto sulla destra orografica e con il monte
Pizzocco di 2186 metri (sulla sinistra orografica). Sui due versanti si trovano anche dei ruderi ed
una “calchera”(struttura utilizzata un tempo per la produzione della calce recentemente ristrutturata
dall’Ente Parco) che rivelano come nel passato l’uomo sfruttasse più di ora le risorse di queste zone.