Caratteristiche chimico-fisiche e morfologiche del fango attivo di impianti MBR per la rimozione dei nutrienti 1
Premessa
La volontà di terminare i miei studi con un lavoro in grado di dar loro
concretezza, mi ha spinto con grande volontà e perseveranza a realizzare una
tesi fondata essenzialmente sull’attività sperimentale, che credo mi permetterà
in un futuro, spero non lontano, di inserirmi più facilmente nel mondo del
lavoro. La rappresentazione e l’interpretazione dei risultati sperimentali
rappresentano la parte principale della mia tesi, da essi la mia formazione ha
tratto dei vantaggi penso non quantificabili.
L’attività di studio è stata realizzata interamente presso il Dipartimento di
Ingegneria Idraulica ed Applicazioni Ambientali dell’Università di Palermo. La
ricerca eseguita nell’ambito della Tesi di Laurea ha previsto un periodo iniziale
dedicato ad uno studio approfondito della letteratura esistente.
L’approfondimento bibliografico è stato affiancato, successivamente,
dall’attività sperimentale effettuata in pieno campo e in laboratorio.
In particolare sono state osservate, in periodi differenti, due tipologie
diverse di impianti MBR installati presso l’impianto di depurazione di Palermo
(in località Acqua dei Corsari) e dissimili per configurazione e tipo di
membrana utilizzata: il primo è stato realizzato con membrane piane (I periodo)
e con schema di predenitrificazione; il secondo invece con membrane cave (II
periodo) e con schema UCT. I due periodi d’investigazione sperimentale sono
compresi: il primo tra settembre 2008 e novembre 2008; il secondo tra ottobre
2009 e dicembre 2009. Bisogna precisare che si è avuta l’opportunità di seguire
i suddetti due impianti in periodi diversi ma non si è avuta la possibilità di
effettuare la sperimentazione nelle medesime condizioni operative in modo da
poter effettivamente confrontare i due sistemi, in quanto gli stessi sono stati
finalizzati al raggiungimento di obiettivi differenti e ben specifici. Lo studio,
quindi, è stato affrontato analizzando i due sistemi in modo indipendente;
solo alla fine si sono evidenziati affinità o aspetti accomunabili ai due
impianti, o differenze palesemente riconducibili a condizioni di processo
specifici.
Il testo della tesi è composto da otto capitoli ed è suddiviso in quattro parti.
2 Premessa
Nella prima parte, composta dai primi tre capitoli, è riportata un’ampia
letteratura scientifica mirata all’approfondimento dei processi e delle
problematiche caratterizzanti il sistema MBR, con l’obiettivo appunto di
individuare lo scenario in cui si è realizzata l’attività sperimentale. Nel Capitolo
2, in particolare, sono illustrati gli aspetti caratterizzanti i reattori MBR
attraverso l’analisi dettagliata delle caratteristiche peculiari delle membrane
(classificazione, configurazione, materiali costruttivi, ecc.), dei processi di
separazione (osmosi inversa, nano, micro o ultrafiltrazione) e del sistema MBR
nel suo complesso (schemi di installazione, analisi dei fenomeni influenzanti il
processo). Nel Capitolo 3, è fornito un quadro generale degli aspetti biologici
del sistema, attraverso un’analisi dei fenomeni di crescita batterica e degli
aspetti morfologici e microbiologici della biomassa.
Nella seconda parte, composta dai Capitoli 4 e 5, vengono descritte le
caratteristiche chimico-fisiche e morfologiche della biomassa negli impianti
MBR, riportando inoltre studi e risultati ottenuti da vari autori che hanno
osservato l’andamento delle suddette caratteristiche nel tempo e in diverse
condizioni operative. Naturalmente si tratta di una parte importantissima della
mia tesi, in quanto costituisce il fondamento dell’attività sperimentale svolta e
dell’interpretazione dei risultati conseguiti.
La terza parte rappresenta il cuore della tesi perché in essa sono riportati i
dati e i risultati utili a descrivere l’intera sperimentazione eseguita. In
particolare, nel Capitolo 6, è riportata la descrizione della campagna
sperimentale e della caratteristiche costruttive dei due differenti impianti pilota;
inoltre, sono descritte le metodologie utilizzate per le analisi di laboratorio e per
le analisi microscopiche dei fiocchi del fango attivo. Nel Capitolo 7, vengono
analizzati i risultati sperimentali ottenuti indipendentemente sui due impianti
MBR, focalizzando l’attenzione sulle differenze e sulle affinità possibilmente
esistenti tra le due tipologie di impianto, visto che un confronto vero e proprio
non può essere effettuato a causa delle motivazioni descritte prima.
Infine, la quarta parte, composta dal Capitolo 8, sono presentate, alla luce
dei risultati dell’attività sperimentale, le conclusioni e le prospettive di sviluppo
future della ricerca.
Caratteristiche chimico-fisiche e morfologiche del fango attivo di impianti MBR per la rimozione dei nutrienti 3
Capitolo 1
Introduzione
L’acqua è da sempre la risorsa fondamentale in grado di rendere possibile
qualsiasi forma di vita sul nostro pianeta, in particolar modo capace di
soddisfare i più svariati fabbisogni dell’uomo.
Il principio assodato che l’acqua però è anche una risorsa finita e
vulnerabile ha trovato conferma negli eventi che si sono susseguiti nel nostro
Paese negli ultimi periodi: aumento dei deficit di soddisfacimento della
domanda idrica, dovuto all’aumento dei fabbisogni ad uso potabile, considerato
prioritario sia per problemi legati alla quantità che alla qualità della risorsa, e
degli usi quali industriale, irriguo, paesaggistico, ecc…; impoverimento e
inquinamento delle falde; aumento delle superfici impermeabili che fanno
affluire nel sistema di drenaggio urbano elevati volumi di acqua con problemi
relativi al dimensionamento dei collettori e al corretto funzionamento
dell’impianto di depurazione; perdite e sprechi nelle reti di adduzione e di
distribuzione. Le maggiori conoscenze degli effetti dell’inquinamento delle
acque sulla salute umana e sull’ambiente, inoltre, ha condotto le leggi a fissare
requisiti di qualità sempre più restrittivi. Di conseguenza il patrimonio idrico,
già limitato sul piano quantitativo, diventa ancora più scarso sul piano
qualitativo.
A livello mondiale è ormai consolidato l’impegno per un uso “sostenibile”
della risorsa “acqua” dal punto di vista ambientale e sociale. La necessità di
proteggere le risorse idriche disponibili e di ottimizzarne la gestione è
ampiamente recepita dalla legislazione vigente che stabilisce precise regole per
la tutela delle acque dall’inquinamento e la disciplina degli scarichi. La
depurazione delle acque reflue, mirata alla riduzione dell’inquinamento in
termini di sostanza organica, di solidi sospesi, di sostanze minerali fitotropiche
(ad esempio azoto e fosforo) o tossiche (metalli pesanti), nonché di virus e
microrganismi patogeni, è quindi, ormai, un obbligo certo.
4 Capitolo 1 - Introduzione
Il problema della depurazione dalle acque di scarico rappresenta quindi una
priorità in seguito alla riduzione delle risorse idriche determinate, in maniera
rilevante, dal consumo eccessivo da parte dell’uomo. Si pensi che
complessivamente la domanda, soprattutto a carico dell’agricoltura e
dell’industria, è triplicata dal 1950 ad oggi e si prevede che la domanda attuale
raddoppi entro il 2050.
Nell’ultimo ventennio numerose sono state le occasioni di incontro e
discussione tra le principali organizzazioni internazionali che hanno sottolineato
l’importanza vitale dell’acqua per il futuro dell’umanità. La prima importante
che possiamo citare è la Conferenza Internazionale di Dublino del 1992, che ha
stabilito alcuni principi fondamentali tra i quali quello che lo sviluppo e la
gestione della risorsa acqua dovrebbero essere basati su un approccio
partecipativo che coinvolga gli utilizzatori, i pianificatori e i politici; e quello
che l’acqua ha un valore economico in tutti i suoi possibili usi e dovrebbe essere
considerata a tutti gli effetti un bene economico. Più recentemente il vertice
mondiale di Johannesburg ha considerato l’acqua una risorsa vitale per lo
sviluppo sostenibile del nostro pianeta e i governi, che ad esso hanno
partecipato, hanno assunto l’impegno di dimezzare entro il 2015 il numero di
abitanti del pianeta che non hanno accesso all’acqua potabile sicura, e il numero
di coloro che non hanno accesso ai servizi sanitari di base. Il 2003 è stato
proclamato dalle Nazioni Unite “Anno Internazionale dell’Acqua”, con lo scopo
principale di focalizzare ulteriormente l’attenzione mondiale sull’importanza
cruciale della risorsa e promuovere le iniziative per una migliore gestione e
protezione della stessa. Tra gli eventi principali celebrati nell’anno vi è stato il
terzo forum mondiale sull’acqua, che si è tenuto a Kyoto dal 16 al 23 marzo, nel
corso del quale, i ministri e capi di governo riuniti in assemblea hanno
concordato una dichiarazione che sintetizza gli impegni presi per un uso
sostenibile della risorsa dal punto di vista ambientale e sociale. Tra di essi anche
l’impegno per una attenta politica di uso dell’acqua che preveda l’adozione di
misure di contenimento delle perdite e dei consumi e la promozione di nuove
tecnologie, quali la dissalazione e il riutilizzo, che rendano disponibili risorse
non-convenzionali.
Nel corso del 2002 e del 2003 in Europa e in Italia si sono succeduti una
serie di avvenimenti naturali che hanno ulteriormente richiamato l’attenzione
dell’opinione pubblica sull’importanza di una corretta gestione della risorsa
acqua. Nell’estate del 2002 l’emergenza idrica nelle regioni del sud Italia ha
raggiunto livelli particolarmente gravi. Nella torrida estate del 2003 la calura e
la siccità hanno creato gravi difficoltà soprattutto alle regioni del centro-nord
Italia dove i fiumi hanno registrato secche storiche e l’agricoltura ha subito
danni gravissimi.
Caratteristiche chimico-fisiche e morfologiche del fango attivo di impianti MBR per la rimozione dei nutrienti 5
Questi avvenimenti hanno mostrato che vaste zone del nostro Paese sono
potenzialmente soggette a crisi idriche e quindi hanno evidenziato la necessità
di adottare misure che a breve termine consentano di ottimizzare la disponibilità
delle risorse idriche. I principali e più recenti provvedimenti legislativi che si
sono succeduti nel nostro Paese, anche in recepimento di direttive comunitarie,
sono:
La legge 183/89 “Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della
difesa del suolo”;
La legge 36/94 “Disposizioni in materia di risorse idriche” (c.d. Legge
Galli);
Il D. Lgs. 152/99 “Disposizioni sulla tutela delle acque
dall’inquinamento e recepimento della Direttiva 91/271/CEE
concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della Direttiva
91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamneto
provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole”, modificato e
integrato prima dal D. Lgs. 258/2000 e poi dal D. Lgs. 152/2006:
Il D.Lgs. 185/2003 “Norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue
ai fini della tutela qualitativa e quantitativa delle risorse idriche”,
aggiornato dal recente D.M. Ambiente 02/05/2006;
Il D.Lgs. 152/2006 “Norme in materia ambientale”, con l’obiettivo di
unificare tutte le disposizioni precedenti in materia ambientale.
Con le nuove prescrizioni del suddetto D. Lgs. 152/06, l’imposizione di
limiti molto più restrittivi per lo scarico delle acque reflue depurate nei corpi
idrici ricettori e l’invito a ricorrere al recupero e al riuso delle stesse,
comportano la necessità di migliorare le rese depurative degli impianti di
depurazione municipali. Pertanto oggi è necessario implementare processi di
rimozione biologica più spinti e completi; ciò porta tuttavia a scontrarsi con una
realtà complessa, che incontra sempre maggiori difficoltà nel momento in cui si
decida o di realizzare un nuovo impianto di depurazione o si preveda di
ampliare quelli già esistenti. La progressiva urbanizzazione, il crescente costo
delle aree occupate e le implicazioni di natura socio-economica rendono questo
problema di grande attualità. D’altronde, la considerevole domanda di
superficie necessaria per gli impianti che fanno riferimento ai tradizionali
processi a fanghi attivi, aumenta ulteriormente laddove sia richiesta un’elevata
efficienza di rimozione degli inquinanti ( per la necessità di prevedere unità di
maggiori dimensioni e notevoli trattamenti di affinamento.
6 Capitolo 1 - Introduzione
Tali ragioni giustificano così il sempre crescente interesse del mondo
scientifico e tecnologico verso processi di depurazione innovativi che, a fronte
di più elevate efficienze di rimozione, siano in grado di offrire consistenti
risparmi in termini di ingombro planimetrico e volumetrico. In tal senso la
tecnologia che più di ogni altra permette di soddisfare i requisiti sopra indicati è
quella dei Bioreattori a Membrana (MBR - Membrane Biological Reactor).
L’idea di fondo consiste nell’eliminare lo stadio di sedimentazione, a
favore di una fase di filtrazione. Il vantaggio di questa tecnologia è quello di
produrre un refluo qualitativamente superiore rispetto a quello ottenuto con le
tecnologie tradizionali, di rendere possibile un retrofit di un impianto esistente e
di occupare molto meno spazio dei sistemi tradizionali. La tecnologia “MBR”
consiste nella rimozione del materiale biodegradabile dalle acque reflue
mediante ultrafiltrazione su membrane denominate “low pressure
microfiltration”. A differenza dei sistemi a fanghi attivi l’efficienza della
depurazione non è più dipendente dall’efficienza del sedimentatore che deve
garantire la separazione del fango dall’acqua depurata a valle dei reattori
biologici. Il processo non richiede stadi di sedimentazione primaria né
secondaria e nessun trattamento terziario o di sterilizzazione del permeato. Un
reattore MBR richiede un tempo di ritenzione idrica dell’ordine di 7.5 – 8 ore ed
assicura una età media del fango di 15 giorni. La tecnologia MBR presenta
dunque importanti vantaggi rispetto alle tecnologie standard:
1. Bassa sensibilità alle variazioni dell’alimentazione: ingresso di sostanze
tossiche o un improvviso aumento del carico idraulico od organico o di
pH.
2. Controllo dell’età del fango: lo spurgo del fango viene controllato e
regolato quindi l’età del fango può essere esattamente controllata.
3. Riduzione della produzione di fango: la produzione di fango è
notevolmente ridotta in quanto le sostanze organiche vengono
ricircolate nel bioreattore e trattenute per lungo tempo in modo che le
popolazioni batteriche hanno maggior tempo per completare il processo
di degradazione biologica; questo offre estremi vantaggi per il
dimensionamento della sezione di ispessimento e disidratazione del
fango e quindi con una notevole diminuzione dei costi di smaltimento.
4. Miglioramento della qualità dell’effluente: “teoricamente” nessun
solido sospeso attraversa le membrane, non si ha, di conseguenza,
trascinamento di fango nell’effluente e quindi vengono più facilmente
raggiunti i valori richiesti dal D.Lgs. 152/06 rispetto ai processi
tradizionali.
Caratteristiche chimico-fisiche e morfologiche del fango attivo di impianti MBR per la rimozione dei nutrienti 7
5. Limitazione degli ingombri: lo spazio richiesto è inferiore a quello di
un impianto tradizionale poiché non è più necessaria l’installazione di
un bacino di sedimentazione.
6. Riciclo dell’effluente: come già accennato, la qualità dell’effluente è
sicuramente ottimale e non richiede né sterilizzazione mediante UV né
clorazione. Questo permette il riutilizzo dell’effluente per gli scopi
previsti dal D.M. 185/03.
7. Up-grading di impianti esistenti: possibilità di potenziare impianti
esistenti senza realizzare nuove volumetrie, ma semplicemente
installando dei moduli a membrana, intervenendo così in spazie tempi
ridotti.
Figura 1.1 Schema di funzionamento tipico di un impianto con trattamento MBR.
Tuttavia a fronte dei vantaggi citati precedentemente, ancora oggi
rimangono incertezze relativamente ad alcuni aspetti non sufficientemente
approfonditi a causa della rapidità con cui questa tecnologia sta sviluppandosi.
La principale limitazione operativa alla diffusione estesa dei processi MBR è
indubbiamente rappresentata dalla tendenza delle membrane a sporcarsi,
riducendo progressivamente la propria permeabilità; il verificarsi dei fenomeni
di sporcamento (fouling) durante l’esercizio degli impianti MBR impone,
infatti, l’esigenza di applicare specifici protocolli di lavaggio chimico che, se
eseguiti troppo di frequente, contribuiscono a diminuire la vita utile dei moduli
stessi. Poiché la voce di costo rappresentata dall’acquisto dei moduli filtranti e
della loro periodica sostituzione costituisce uno dei maggiori limiti dell’utilizzo
delle membrane nel campo della depurazione dei reflui, risulta indubbiamente
8 Capitolo 1 - Introduzione
necessario finalizzare parte delle future ricerche scientifiche allo studio delle
cause che portano al fouling.
In questo contesto è stato individuato l’obiettivo dello studio sperimentale
realizzato e descritto in questa tesi. Dalla lettura di una vasta bibliografia si è
potuto constatare che le caratteristiche della biomassa sviluppatasi all’interno di
un reattore biologico provocano effetti non poco rilevanti sulla formazione del
fouling (vedi parag. 4.5 e 5.4)
Lo scopo della sperimentazione svolta nel corso della tesi è stato quindi
quello di analizzare uno degli aspetti più interessanti del processo MBR, che si
rivela assai importante nella sua gestione e nell’ampliamento delle conoscenze
scientifiche: la caratterizzazione del fango attivo aerobico sia dal punto di vista
chimico-fisico che dal punto di vista morfologico. A tal fine sono state valutate
le concentrazioni dei solidi sospesi totali, degli EPS e degli SMP, la viscosità,
l’idrofobicità e la dimensione dei fiocchi del fango attivo; tutti questi fattori
vengono considerati parametri fondamentali nell’evoluzione del grado di
sporcamento delle membrane, in relazione al reale stato fisiologico del fango
attivo che rimane, ad oggi, un argomento alquanto discusso.
Caratteristiche chimico-fisiche e morfologiche del fango attivo di impianti MBR per la rimozione dei nutrienti 9
Capitolo 2
Le tecnologie MBR nella
depurazione delle acque reflue
I processi a membrana, nell'impiantistica moderna, trovano applicazione
nel potenziamento degli impianti di depurazione a fanghi attivi. In Italia, in
Europa e, soprattutto, nel mondo, gli impianti MBR sono già stati realizzati,
soprattutto in quelle attività che richiedono acqua con caratteristiche qualitative
particolarmente elevate.
La maggior parte di queste realizzazioni sono up-grading di impianti
esistenti a fanghi attivi. Numerosi sono gli schemi di impianto proposti
configurati per la rimozione sia del carbonio che dei nutrienti (azoto e fosforo).
Inoltre, i bioreattori a membrana possono adottare moduli di differenti
configurazione e porosità nominali nel campo dell'ultrafiltrazione o della
microfiltrazione.
2.1 La depurazione delle acque reflue civili con i sistemi
MBR
In generale, le acque di scarico urbane ed industriali sono il risultato delle
diverse attività sociali, produttive e ricreative realizzate dall’uomo per il proprio
sostentamento e benessere. Poiché esse contengono i residui delle numerose
sostanze utilizzate dall’uomo e i residui del metabolismo umano ed animale, per
poter essere restituiti all'ambiente, devono necessariamente essere sottoposte ad
un trattamento depurativo.
Le acque reflue, che in passato contenevano quasi esclusivamente sostanze
biodegradabili, presentano attualmente maggiori problemi di smaltimento a
causa della presenza sempre più ampia di composti chimici di origine sintetica,
impiegati prevalentemente nel settore industriale.
10 Capitolo 2 – Le tecnologie MBR nella depurazione delle acque reflue
I corpi idrici recettori, quali il mare, i fiumi ed i laghi, non sono in grado di
ricevere una quantità di sostanze inquinanti superiore alla propria capacità
autodepurativa senza compromettere la qualità delle acque ed i normali equilibri
dell'ecosistema. E' evidente quindi la necessità di depurare le acque reflue
attraverso l’applicazione di tipologie di trattamento appropriato al tipo di
inquinante. Perciò, i reflui urbani e quelli industriali vengono trattati
separatamente date le diverse origine e composizione. Il trattamento di un refluo
è tanto più spinto quanto più il contenuto di inquinanti è alto ed i corpi idrici
recettori (mari, fiumi, laghi, etc.) risultano a rischio di inquinamento cronico.
Lo schema di un impianto convenzionale di depurazione di reflui civili
prevede diverse fasi di trattamento di seguito indicati (Figura 2.1):
• Trattamenti preliminari: hanno lo scopo di separare dal liquame le
sostanze solide estranee in grado di creare problemi agli impianti di
depurazione (detriti, rifiuti solidi, oli, sabbie) attraverso griglie
grossolane e fini, dissabbiatori e disoleatori.
• Trattamenti primari: hanno l'obiettivo di rimuovere gli SST (solidi
sospesi totali) prevalentemente di natura organica, presenti nel liquame
influente. Il processo può essere agevolato attraverso l'impiego di
particolari sostanze flocculanti che aumentano il grado di aggregazione
delle particelle e quindi la loro sedimentabilità.
• Trattamenti secondari: sono finalizzati all'abbattimento della sostanza
organica biodegradabile e alla rimozione dei solidi in forma colloidale,
non sedimentabili e, quindi, non separabili con trattamenti di tipo fisico.
• Trattamenti terziari: hanno lo scopo di perfezionare la depurazione
riducendo il carico di elementi nutrienti (fosforo e azoto) presenti
nell'effluente secondario. In certi casi, il trattamento terziario elimina
sostanze poco biodegradabili che non sono state eliminate attraverso il
metabolismo batterico.
• Disinfezione: è essenziale per l'abbattimento della carica microbica
dell'acqua in uscita dall'impianto, riducendola a valori di concentrazione
residua accettabili dal punto di vista sanitario e ambientale; in modo
quindi da garantire il raggiungimento degli obiettivi di qualità
ambientali o gli usi in atto del corpo idrico recettore.
Caratteristiche chimico-fisiche e morfologiche del fango attivo di impianti MBR per la rimozione dei nutrienti 11
Figura 2.1 Schema di impianto convenzionale a fanghi attivi (Gugliemi 2002).
Il sistema tecnologico che negli ultimi decenni è stato più diffuso e
utilizzato è quello a fanghi attivi o a biomassa sospesa. L’ampia diffusione è
stata legata all’efficienza ed economicità di questo sistema rispetto ad altre
tipologie conosciute, pur essendo caratterizzato da aspetti critici che rendono
preferibili, oggi, nuove tecnologie cosiddette “avanzate” e tra queste i sistemi
MBR, ossia i Bioreattori a Membrana, rappresentano oggi una realtà più che
consolidata.
I sistemi MBR, in particolare, nascono dall’accoppiamento delle membrane
ai tradizionali processi a fanghi attivi. Ma dei reattori biologici a membrana si
avrà modo di parlare nel paragrafo 2.3, si descriveranno invece ora le
componenti fondamentali degli MBR: le membrane.
2.2 Le membrane
Una membrana (Figura 2.2), nel campo dei processi di filtrazione, può
essere definita come una “fase”, di solito eterogenea, che agisce da barriera
selettiva nei confronti di specie ioniche o molecolari presenti in sistemi liquidi o
gassosi a contatto con la sua superficie.
Più precisamente, i trattamenti a membrana sono processi fisici di
separazione di una o più sostanze da una corrente fluida, chiamata “alimento”.
Dal punto di vista strutturale le membrane applicate al trattamento delle acque
reflue permettono il passaggio di alcune componenti fisiche e chimiche presenti
nella miscela, a differenza di altri che sono invece trattenuti nel bulk fluido. In
questi termini la membrana rappresenta, quindi, una barriera perm-selettiva, la
cui permeabilità è relazionata ai composti che possono attraversarla
(costituendo il permeato, caratterizzato da una concentrazione delle sostanze da
separare minore di quella dell’alimento) o a quelli da essa trattenuti (da cui il
12 Capitolo 2 – Le tecnologie MBR nella depurazione delle acque reflue
retentato o concentrato, caratterizzato da una concentrazione delle sostanze da
separare maggiore di quella dell’alimento).
Figura 2.2 Schematizzazione di una membrana.
Le membrane intese come barriere perm-selettive estendono il concetto
della mera separazione solido-liquido di un normale processo di filtrazione, in
quanto agiscono non solo sui solidi sospesi ma anche sui colloidi e su una
frazione della componente disciolta sfruttando le ridotte dimensioni dei loro
pori. In Figura 2.3 viene schematizzato il processo di filtrazione:
Figura 2.3 Descrizione del bilancio del processo a membrana (Antonelli et al.,
2000).
La struttura delle membrane può essere molto differente a seconda del tipo
di filtrazione che viene adottata. In generale le membrane devono avere una
buona resistenza meccanica sia per le tipologie di processo nelle quali verranno
utilizzate, sia per i gradienti di pressione a cui verranno sottoposte.
Caratteristiche chimico-fisiche e morfologiche del fango attivo di impianti MBR per la rimozione dei nutrienti 13
Tale resistenza è direttamente proporzionale allo spessore della membrana
stessa: maggiore sarà però lo spessore e minore sarà il flusso di permeato che
passerà attraverso la membrana. Inoltre per trattenere anche le particelle più fini
la dimensione dei pori dovrà essere molto piccola, il che comporta un flusso
minore. Si tende a realizzare quindi delle membrane con dimensioni di pori
piccole ma con alta porosità in modo da garantire una buona filtrazione.
2.2.1 Classificazione delle membrane
Le membrane possono essere classificate in base a vari parametri:
geometria, caratteristiche fisiche, meccanismo di separazione, ecc. a seconda
dell’interesse preciso in questa tecnologia. In commercio, quindi, esistono
diverse classificazioni a cui si può far riferimento per individuare le membrane:
in base al tipo di forza motrice che permette al permeato di attraversare
la superficie filtrante, che può essere dovuta o ad un gradiente di
pressione, o ad un gradiente di concentrazione (dialisi), o ad un
potenziale chimico (osmosi) o ad un potenziale elettrico (elettrodialisi);
in base alla porosità effettiva che rappresenta la capacità di
trattenimento caratteristica (tramite prove porometriche si cerca di
determinare in termini statistici la dimensione caratteristica dei pori
medi delle membrane);
in base al tipo di materiale che le costituiscono;
in base alla struttura con cui sono realizzate;
in base al peso molecolare dei composti trattenuti, detto anche taglio
molecolare (MWCO, Molecolar Weight Cut Off), connesso alle
dimensione molecolari del soluto trattenuto e funzione delle
caratteristiche chimico-fisico delle membrane.
Forza motrice
I processi a membrana tradizionali possono essere suddivisi essenzialmente
in due categorie a seconda della forza motrice che rende possibile il trasporto
dell’acqua e il processo di separazione: nel caso di membrane scariche perm-
selettive e semi-selettive, a maglie con diametro decrescente, la forza motrice è
rappresentata dalla “pressione” applicata tra le due superfici della membrana
stessa. I processi che utilizzano tali membrane si differenziano per il tipo di
membrana impiegata e per il campo di pressione al quale lavorano; tra essi
distinguiamo i processi di microfiltrazione, ultrafiltrazione, nano filtrazione e
osmosi inversa.
14 Capitolo 2 – Le tecnologie MBR nella depurazione delle acque reflue
Nella Tabella 2.1 si riporta una classificazione dei processi di filtrazione in
funzione della pressione e della porosità: in generale risulta che la diminuzione
della porosità delle membrane permette la rimozione di particelle sempre più
piccole, ma richiede pressioni sempre maggiori.
PROCESSO POROSITA’ PRESSIONI SOSTANZE MWCO
NOMINALE DI RIMOSSE (DALTON)
(Å) ESERCIZIO
(BAR)
Microfiltrazione 100 ÷ 200 0.3 ÷ 3.5 Particelle -
sospese, batteri
Ultrafiltrazione 20 ÷ 200 1.5 ÷ 7.0 Batteri, virus, 500 ÷ 100.000
proteine
Nanofiltrazione 10 ÷ 20 5.0 ÷ 13.8 Ioni divalenti 500
Osmosi inversa 1 ÷ 10 15 ÷ 70 Ioni 100 ÷ 200
Tabella 2.1 Classificazione dei processi di filtrazione in base alla pressione e alla
dimensione dei pori.
La seconda categoria è composta da membrane cariche su cui non ci si
sofferma, in quanto non applicate nella depurazione, e si rimanda alla letteratura
scientifica per l’approfondimento (Andreottola et al., 2003).
Porosità effettiva
Il grado di selettività e filtrazione dipende dalla dimensione specifiche dei
pori della membrana. La porosità si muove in ampio raggio da dimensioni di 0,1
nm fino a dimensioni di 50 micron. La selezione secondo porosità, raffigurata in
Figura 2.4, comprende in ordine, da porosità maggiore a porosità minore, la
microfiltrazione che permette di intercettare batteri fino al 40 micron,
l’ultrafiltrazione che permette di separare proteine, carboidrati e virus, la
nanofiltrazione per molecole organiche di piccola entità come zuccheri e sali
disciolti ed infine l’osmosi inversa la quale permette di intercettare gli atomi
liberi disciolti.
In generale, in base alla loro porosità le membrane possono essere divise in
dense o porose (Andreottola et al., 2003). Vengono inoltre definite due nuove
misure: il diametro nominale e il massimo diametro equivalente. Il diametro
nominale è la dimensione della particella o molecola al di sopra della quale è
trattenuta una certa percentuale di soluto, che è stimata secondo metodi statistici
che portano alla curva di distribuzione delle dimensioni dei pori.
Caratteristiche chimico-fisiche e morfologiche del fango attivo di impianti MBR per la rimozione dei nutrienti 15
Il massimo diametro equivalente dei pori è quello per cui tutte le particelle
aventi dimensioni superiori a tale diametro non possono attraversare la
membrana, almeno fino ad un determinato valore di concentrazione
nell’alimento
Figura 2.4 Classificazione delle membrane basata sul grado di selettività (diametro
o peso molecolare) delle sostanze rimosse.
Materiale
Da materiale di tipo inorganico plastico si arriva anche a nuove e
sperimentali proposte di strutture caratterizzate da particolari materiali organici
non ultima la costruzione possibile con membrane derivanti da scarti di gusci di
crostacei e comunque anche di natura organica come fibre speciali di materiale
cellulosico. Comunemente, in base al materiale con cui sono realizzate, le
membrane possono essere classificate in: organiche o inorganiche; naturali o
sintetiche; solide o liquide.
Struttura
La struttura delle membrane può essere (Figura 2.5): simmetrica, in questo
caso si hanno membrane isotrope; asimmetrica, in questo caso si hanno
membrane anisotrope, composita. Le prime sono in genere le membrane non
porose e tutte le membrane porose che hanno il diametro dei pori costante nella
sezione. Le seconde hanno invece una densità asimmetrica nella direzione del
flusso del permeato: la dimensione dei pori è quindi variabile nello spessore.