II
Attraverso una ricerca bibliografica, la mostra per il centenario di
Adalberto Libera, tenutasi a Roma nel marzo 2004, ed alcuni
sopralluoghi, purtroppo rari per la scarsa disponibilità dei proprietari, mi
hanno consentito lo studio dell’impianto architettonico della casa,
individuandone prima l’evolversi delle diverse fasi costruttive fino al
completamento dell’opera e poi la complessità dell’intervento di
restauro del 1994, resosi necessario per l’azione corrosiva degli eventi
metereologici e per l’insufficente manutenzione cui è stata esposta la
villa.
Riguardanti casa Malaparte esistono numerose opinioni, spesso in
contrasto fra loro, che esprimono ammirazione ed interesse per
un’architettura tra le più amate ed allo stesso tempo odiate dell’isola di
Capri. L’architetto G. Vaccaro grande amico e maestro di A. Libera
trattando di questa casa la definisce come:
“ un oggetto mirabile fuso con il paesaggio;
intende essere niente nei confronti della natura,
essere senza ritmo : Talmente svuotato di tutti gli
effetti esteriori che entra ed è parte della natura
stessa
2
”;
mentre per Bruno Zevi è:
“ un manufatto burbero e corrucciato nei
confronti della natura
3
”.
Ma ancora molti altri intellettuali sono intervenuti a proposito, e mi
riferisco a Manfredo Tafuri così la descrive:
2
Cfr. A. ALIERI, M. CLERICI, F. PALPACELLI, G. VACCARO, Adalberto
Libera (1903-1963), n. 129, luglio 1966, p. 198.
3
Cfr. B. ZEVI, Spazi dell’Architettura Moderna, schede 338- 339, Torino 1973 , p.
340.
III
“ un natante arcaico, senza tempo: come senza
tempo, oscillanti fra memorie di edilizia
mediterranea e giochi di astrazione, sono gli
impianti delle sue facciate
4
”.
La scelta di Capri da parte di Curzio Malaparte fu una scelta di solitudine
e d’amore per il luogo prescelto, ma anche una scommessa con se stesso
per la realizzazione di un’impresa ritenuta impossibile.
La tenacia dimostrata da Malaparte per voler a tutti i costi costruire in
quel sito, dimostra quale e quanta seduzione avesse esercitato
quell’angolo solitario dell’isola di Capri sullo scrittore e con che slancio
egli si fosse dedicato al progetto di farne il proprio rifugio.
L’isola con il suo paesaggio particolarmente drammatico aveva un potere
evocativo per Malaparte legato alle esperienze e ai ricordi del periodo di
confino a Lipari.
Proprio quello scenario meraviglioso consentì allo scrittore di vivere la
sua stagione letteraria più felice, componendo i suoi due romanzi più
famosi, Kaputt e la Pelle
5
.
La villa fu meta di appuntamenti tra letterati e artisti di statura mondiale,
soprattutto durante il periodo del regime. Malaparte parlando di come
avrebbe voluto che fosse la sua città e la sua casa dice:
“ Vorrei costruirla tutta con le mie mani, pietra su
pietra, mattone su mattone, la città del mio cuore.
Mi farei architetto, muratore, manovale, falegname,
stuccatore, tutti mestieri farei perché la città fosse
4
Cfr. M. TAFURI, L’ascesi e il gioco, in “Gran Bazaar”, n. 15, luglio-agosto 1981,
p. 92-99.
5
Cfr. Cfr. C. MALAPARTE, La pelle, Roma- Milano 1949, ed. consultata 2003, p.
V, biografia a cura di L. BALDACCI; Kaputt fu pubblicato nel 1944, mentre La
Pelle nel 1949.
IV
mia, proprio mia, dalle cantine, ai tetti, mia come la
vorrei. Una città che mi somigliasse, che fosse il mio
ritratto e insieme la mia biografia… E tutti, appena
entrandoci, sentissero che quella città sono io, che
quelle strade sono le mie braccia aperte ad
accogliere gli amici. L’intonaco dei muri, le
persiane, gli scalini…vorrei che fossero la parte
migliore di me, i lineamenti del mio viso e del mio
spirito, gli elementi fondamentali dell’architettura e
della storia della mia vita. Che mi somigliasse, e che
ciascuno sentisse, vivendoci, di stare dentro di me”.
“ Le case le vorrei tutte di bella pietra, ben
squadrate, con le altalene aperte sui golfi del
cielo
6
”.
La scelta di Capri non è casuale, perché non solo un’isola del golfo di
Napoli, proprio questa isola in particolare rappresenta una perfetta sintesi
degli elementi essenziali della sua ricerca, un luogo favorito in quegli
anni dall’alta società del regime, in omaggio ai suoi trascorsi
“imperiali”, nella quale ritrovava anche la natura e i paesaggi da lui
vagheggiati. Capri un tempo era rifugio di uomini di cultura ma in quegli
anni era anche un ricercato luogo di vacanza dell’élite del regime.
Sembrava che Malaparte avesse scelto di sposare la causa del
razionalismo più avanzato, di una nuova antiretorica linearità, di un
funzionalismo più a misura d’uomo, rivelando anche il suo
coinvolgimento e la sua informazione su tematiche non strettamente
letterarie.
6
Cfr. C.MALAPARTE, “Città come me”, prima pubblicazione in “Corriere della
Sera”, 14 febbraio 1937; ultima ristampa in “Il meglio dei racconti di Curzio
Malaparte” a cura di L. MARTELLINI, Milano 1991.
V
In quegli anni a riguardo di casa Malaparte si erano accese polemiche
tra i critici, e la stampa si occupava diffusamente del dibattito degli stili
architettonici poiché, l’architettura, arte concreta e al tempo stesso
simbolica, era considerata una sintesi tra tutte le arti, appariva come il
mezzo più adatto per esprimere l’immagine e il messaggio del regime
fascista.
La casa dello scrittore pratese è inquadrata e esaltata dalla natura che a
sua volta la domina divenendo co-protagonista nel dialogo con il
Mediterraneo e la montagna, per Malaparte la sua villa è la creazione di
una realtà che lo rappresenta.
Casa Malaparte asseconda l’andamento del suolo, e per far sì che ciò
avvenisse ci fu bisogno di un accurato studio delle varie combinazioni
possibili per la distribuzione degli ambienti in rapporto con la loro
esposizione, all’uso a cui erano destinati ed al minimo impiego di
materiale di costruzione. Roberto Pane, negli anni Sessanta sottolinea
giustamente:
“ Sta di fatto che oggi l’isola non conta neppure
un edificio moderno che possa definirsi
“architettura”, mentre la miriade di nuove ville e
villette è tutta contrassegnata da volte cementizie,
ad imitazione di quelle antiche. (…) L’idea di
imitare le case contadine è nata proprio dal
malinteso rispetto dei valori paesistici dell’isola
7
”.
In base a quanto detto il ruolo di casa Malaparte risulta ancora più
importante, del suo progettista e del suo proprietario che nonostante il
7
Cfr. R. PANE, Capri: mura e volte, Napoli 1965, p. 41.
VI
clima in cui si trovavano riuscirono a realizzare un’architettura moderna
ed affascinante, forse l’unica esistente nell’isola di Capri.
E’ stato possibile risalire alla costruzione di casa Malaparte grazie
all’accurata descrizione di B. Chatwin, pubblicata sulla rivista
“Casabella” nel 1997. Questo articolo spiega con molta attenzione la
villa al momento della costruzione e durante il restauro avvenuto agli
inizi degli anni ’90 ad opera dell’impresa edile Artedile Broggi e grazie
ai finanziamenti sovvenzionati dalla Sovrintendenza ai Beni Culturali di
Capri. Confrontando altri testi ho condotto un’analisi dettagliata degli
interventi di restauro e durante un sopralluogo effettuato personalmente
ho rilevato che a pochi anni di distanza la casa versa nuovamente in
condizioni precarie, ciò a dimostrazione del fatto che l’opera necessità di
una manutenzione ordinaria, continua nel tempo. Lo stato di degrado in
cui si trova casa Malaparte è dovuto principalmente alle difficili
condizioni ambientali. La conservazione di villa Malaparte dovrebbe
preservare l’oggetto dal suo deterioramento, perciò mantenerlo in vita,
custodendo la testimonianza del fare umano in cui si può riconoscere il
valore della civiltà, e per far sì che ciò avvenga bisogna innanzitutto
conoscerlo. Nella terza parte ho approfondito la nozione di bene
culturale attribuito a casa Malaparte, ripercorrendo il cammino dello
sviluppo del concetto di conservazione e di restauro a difesa del quale
furono emanate le leggi di tutela, che il 19 aprile 1994, vincolarono casa
Malaparte a tutte le disposizioni di tutela contenute nella legge n. 1089
del 1 giugno 1939
8
. Casa Malaparte, è l’evidente dimostrazione, che
8
Archivio della Sovrintendenza dei Beni Culturali di Napoli, Ufficio Vincoli, poi
ASBCN, modulario 5 C.A. -58.
VII
nonostante l’importanza dei Regolamenti edilizi del 1921 e del 1931 a
Capri, il potere del regime fascista non fu rispettoso delle zone soggette
a vincoli paesaggistici. Ho proseguito il mio percorso esponendo le
nuove teorie della conservazione e del restauro espresse a livello
nazionale ed internazionale negli anni del dopoguerra. Nella coscienza
dei popoli di tutto il mondo maturò, in questi anni, la consapevolezza di
dover difendere il patrimonio culturale dell’umanità, dalle distruzioni
causate dai conflitti bellici, sia da cause connesse all’azione erosiva degli
agenti atmosferici nel tempo, ma anche da interventi di restauro
indiscriminati. Perciò venne istituito un organo delle Nazioni Unite,
l’UNESCO, che si occupò della promozione, protezione e
valorizzazione del patrimonio culturale. La definizione di “bene
culturale”, espressa durante i lavori della Commissione Franceschini del
1964, ha abbracciato a partire da questa data, oltre i singoli manufatti,
anche parti del territorio, come i “centri storici”, riportando la necessità
di una conservazione integrata nella vita della collettività, che renda il
“bene” comune patrimonio culturale, secondo quanto previsto dalla
Convenzioni di Parigi del 1972, dalla Dichiarazione di Amsterdam del
1975 e definito ulteriormente dalla Convenzione di randa del 1985. In
fine nel 2004 è stato approvato il Codice dei beni culturali e del
paesaggio presentato dall’attuale Ministro Giuliano Urbani per difendere
il Patrimonio del nostro Paese.
Casa Malaparte costituisce un importante documento di architettura
razionalista a Capri e per ciò deve essere recuperata e salvaguardata.
Come me molti si augurano che la villa in futuro possa costituire, con
l’aiuto delle istituzioni, insieme ad altre antiche dimore di Capri, un
VIII
luogo di rilancio culturale per l’isola. In questo modo sarà possibile
realizzare per Capri quel centro internazionale di cultura, che Malaparte
in punto di morte decise di donare alla Repubblica Popolare Cinese.
1
CAPRI: CASA MALAPARTE
INTERVENTI E RESTAURI.
Capitolo 1
La storia di Capri.
Il primo capitolo di questo lavoro è dedicato allo studio dell’isola di Capri,
poiché il progetto di casa Malaparte è fortemente legato alla storia
dell’isola al punto che la costruzione, esempio di architettura razionalista
del ‘900, può essere considerata oramai parte integrante dei luoghi in cui è
sorta ed allo stesso tempo elemento di risalto di Punta Massullo.
1.1 L’isola di Capri.
Capri, l’isola che secondo un antico mito fu il luogo prediletto dalle
Sirene, sorge splendida nelle acque del golfo di Napoli. Amata dagli
imperatori romani, cantata da poeti e musicisti, ammirata dai turisti di
tutto il mondo, è una ricercata meta di vacanza. Raccoglie in sé bellezze
incomparabili come un piccolo scrigno, tanto che le venne attribuito
2
l’appellativo di “perla del Tirreno”, volendo con ciò paragonarla al più
prezioso gioiello del mare
1
.
Il clima gradevole, di tipo marino e moderatamente secco, la costante
serenità del cielo, la ricca vegetazione tipica della flora mediterranea, il
fascino del suo paesaggio incomparabile, l’incanto dei panorami ne hanno
fatto una delle isole più belle al mondo ed una delle mete più ambite del
turismo internazionale.
Capri si offre agli occhi dei suoi visitatori come un miraggio insolito, una
visione fantastica, le sue superbe scogliere si stagliano nitide all’orizzonte,
precipitando nel mare sottostante e rifrangendosi nell’azzurro dell’acqua.
Spettacolo imponente e maestoso, ma al tempo stesso dolce e gradevole
per lo sfumare dei colori, l’atmosfera limpida e il susseguirsi delle distese
verdeggianti.
I visitatori sono stupiti oltre che dallo spettacolo offerto dalle bellezze
naturali, dall’intrigante articolazione delle stradine dei centri abitati,
dall’armonia diffusa delle casette bianche, caratterizzate da ampli arconi e
terrazzi che sono da tempo, parte integrante della storia e del fascino di
Capri. Gli interessanti monumenti che offre non sono per nulla inferiori
alla bellezza dei suoi panorami, anzi l’uno mette in risalto l’altro.
1
Cfr. TOURING CLUB ITALIANO, poi T.C.I., Napoli e dintorni, Milano 2001, p.
584; il termine “perla del Tirreno” venne costituito, in seguito al grande successo, che
l’isola di Capri ottenne dopo il progredire del Grand Tour ottocentesco. Capri era
entrata a far parte delle mete più ambite del mondo per le sue doti paesaggistiche ed
ambientali. I numerosi intellettuali, ispirati dalle sirene capresi le conferirono questo
titolo, che le dava un maggior senso di preziosità. Essendo la perla un gioiello di nota
rarità, questo appellativo volle sottolineare la singolarità di quei luoghi che
valorizzano il Mar Tirreno. Per gli altri autori che hanno trattato di Capri si rimanda
alla bibliografia allegata.
3
Capri si erge, tra Capo Miseno ed Amalfi, fa parte dell’arcipelago
denominato Partenopeo che comprende le isole di Ischia e Procida.
A differenza di queste che si accomunano geologicamente alla zona di
origine vulcanica dei Campi Flegrei
2
, Capri si uniforma al territorio di
origine sedimentaria della Penisola Sorrentina. Essa era legata a Sorrento
anche dagli stessi vincoli politici e religiosi ed ebbe rispetto alle isole del
gruppo pitacusano
3
uno scarso rilievo nel quadro degli avvenimenti storici
dell’età greca e sannitica in Campania.
Si suppone che Capri, in epoche remote, fosse unita alla parte continentale
costituendo così una punta avanzata verso occidente; di seguito, in
conseguenza di numerose e lente trasformazioni, di movimenti della terra
e di profonde fratture, questo pezzo di terra, progressivamente staccatosi
dal continente si è trovato in posizione isolata, ad una distanza di circa 4
miglia marine
4
.
L’isola era ed è soggetta a sollevamenti e abbassamenti, dovuti a
fenomeni bradisismici; il sensibile abbassamento verificatosi dall’epoca
romana a oggi è osservabile nella Grotta Azzurra e nella zona denominata
Bagni di Tiberio, dove vi sono resti di opere murarie romane, ora
2
Cfr. T.C.I. op. cit. (2001), p. 586; i Campi Flegrei comprendono il territorio
collinoso su cui sorge la stessa Napoli e che si stende dall’antico alveo del fiume
Sebeto a capo Miseno e a Cuma; A. MAIURI, Capri, storia e monumenti, Roma 1957,
p. 13
3
Cfr. T.C.I., op. cit. (2001), p. 586;; le isole del gruppo pitacusano erano Cuma e
Neapolis.
4
Cfr. T.C.I., Napoli e dintorni, Milano 1976 , p. 474; i movimenti della terra e le
profonde fratture hanno distaccato Capri da Sorrento di 5 km e non di 4; L. SANTINI,
Capri, l’isola azzurra, Terni 1995, p. 4; Capri ha una superficie di 10.36 km
2
e un
perimetro di 17 km.
4
affondate
5
. I Bagni di Tiberio, realizzati in età augustea ci offrono i resti
più consistenti di una casa e di un muraglione di scarpata, situati in
prossimità del vecchio porto romano
6
.
Dagli studi geologici ci si è resi conto che le condizioni del mare e del
clima non sono cambiate dalla fine del Pliocene
7
ad ora; essendo la fauna
fossile marina per genere e dimensioni identica nei secoli a quella vivente
contemporanea, si è dedotto, per analogia, che Capri fu popolata,
probabilmente anche nel periodo in cui erano ancora attivi i vulcani dei
Campi Flegrei. Orograficamente, é formata da due altopiani, Anacapri, ad
ovest, di forma quadrangolare, più massiccio e con pareti ripidissime, a
picco sul mare, culminanti col Monte Solaro
8
e l’altro Monte Tiberio, ad
est, meno elevato, con pareti a strapiombo sul mare
9
. Il monte Solaro
forma con lo strapiombo delle sue pareti, un insormontabile diaframma fra
il versante di levante e di ponente, dividendo l’isola in due parti quasi
indipendenti l’una dall’altra.
5
Cfr. R. MANGONI, Ricerche storiche, topografiche ed archeologiche sull’isola di
Capri, Napoli 1834, p. 215; la Grotta Azzurra è un’ antica cavità carsica, ampliatasi a
causa di frane ed abbassatasi per effetto del bradisismo in età geologica di m 15-20
rispetto all’attuale livello marino; L. SANTINI, op .cit., p. 4; scoperta dal poeta
Kopisch, fu riesplorata su iniziativa del caprese Ferraro.
6
Cfr. R. MANGONI, op. cit., p. 218, Bagni di Tiberio vennero completati sotto
l’imperatore Tiberio dal quale traggono il nome; A. MAIURI,op. cit., p. 70.
7
AA.VV , Il grande dizionario Garzanti, giugno 1990, p. 1428; il
Pliocene è la
seconda epoca geologica del Neogene e l’ultima dell’era cenozoica.
8
Cfr. T.C.I. op. cit. (2001), p. 550; la vetta del Monte Solaro raggiunge i 500 m di
altezza , da questo luogo si può godere di uno dei più ampi e vari panorami che spazia
su tutta l’isola fino alla costa campana; A. MAIURI, op. cit., p. 13; secondo quanto
scritto in questo testo la vetta del Monte Solare raggiungerebbe i 589 m di altezza.
9
Cfr. L. SANTINI, op. cit., p.7; l’ insellatura comprende il porto d’approdo principale
di Marina Grande e Marina piccola a sud, luogo prettamente residenziale.
5
Sul Monte Tiberio sorgono le rovine di Villa Jovis
10
, che costituisce uno
dei motivi di maggior interesse storico-artistico dell’isola, eccezionale
documento di villa–palazzo, cioè di quell’edilizia imperiale che arricchì
Capri dopo che l’imperatore Augusto, incantato dalle sue bellezze, ne fece
la sua residenza prediletta . I due altopiani
sono divisi da un’insellatura
fertile, popolata e con facili accessi. La popolazione è di 7235 abitanti
quasi tutti concentrati nei comuni di Capri, Anacapri e Marina Grande
11
.
Quest’ultima costituisce l’approdo principale per chi raggiunge l’isola dal
mare. L’architettura tipica di questo posto e dell’isola in generale,
caratterizzata soprattutto dall’uso ripetuto di archi a volta, , tende a
sfruttare, attraverso la realizzazione di costruzioni basse, gli esigui spazi
disponibili
12
.
Marina Grande si collega a Capri attraverso due strade: la strada
provinciale di Marina Grande, in cui si possono osservare le abitazioni,
prevalentemente intonacate di bianco, con qualche tocco di colore rosso,
addossate l’une sulle altre, e la Funicolare costruita nel 1907, che conduce
10
Ibidem, p. 86; la Villa Jovis è anche conosciuta come villa Tiberio perché venne
costruita da questo imperatore. Il complesso degli scavi mette in evidenza la
grandiosità della costruzione ed anche la sua originale configurazione. Occupa, infatti,
7000 mq sul Monte Tiberio; T.C.I. op. cit. (2001), p. 551; A. MAIURI, op. cit., p. 29;
Svetonio parlando di questa villa la chiama con il nome di Jonis, che la tradizione
umanistica accoglie in Jovis; mentre lo studioso Bubbe nel 1926 supponeva che la villa
si chiamasse Jonis da un quadro rappresentante il mito di Io. Questa tesi non viene
ritenuta valida in quanto le dodici ville imperiali portano i nomi delle divinità
dell’Olimpo e il nome di Giove spettava alla villa che dominava e sovrastava come
l’arx del Capitolium le altre ville imperiali dell’isola.
11
Cfr. T. C. I., op. cit.,(2001), p. 555; Marina grande è una frazione del comune di
Capri situata al centro dell’insenatura Nord. La località costituisce la base di partenza
tradizionale per la visita di Capri e del resto dell’isola.
12
Cfr. A. MAIURI, op. cit., p. 16.; G. CANTONE, G. SARNELLA, Capri, la città e
la terra, Napoli 1992, p. 67.
6
direttamente a piazza Umberto I
13
. Quest’ultima, conosciuta con il nome
di “Piazzetta” costituisce il centro mondano dell’isola. Lo spazio
racchiuso è piuttosto piccolo ed è delimitato dalla Torre dell’Orologio,
dalla chiesa di Santo Stefano e da vecchi palazzotti.
L’impostazione architettonica della Piazzetta risale all’epoca medioevale
e le sue abitazioni risentono l’influenza dell’architettura orientale, segno
riconoscibile delle tante dominazioni straniere
14
.
La vecchia Torre dell’Orologio si eleva sulla piazza ed ha la forma di un
piccolo grazioso campanile aperto in alto. Sul fianco della Torre si apre il
famosissimo Belvedere chiamato “la loggetta”, poiché si affaccia come
un ampio ed arioso loggiato.
Nella stessa piazzetta si trova il Municipio che ha preso il posto
dell’antica sede vescovile. Di fronte al Municipio è situata la chiesa di
Santo Stefano
15
, che si eleva alta sopra la scalinata che parte da piazza
Umberto I. L’edificio presenta forme barocche, reinterpretate in un
pittoresco stile locale, a cui non mancano gli influssi orientaleggianti di
tono esotico. All’interno, la chiesa è abbellita da un’opera di grandissimo
interesse: infatti, ai piedi dell’altare maggiore, si ritrova il pavimento che
nel passato faceva parte dell’antica costruzione romana della Villa Jovis
16
.
13
Cfr. A. MAIURI, op. cit., p. 66; T. C.I., op. cit. (1976), p. 475; T.C.I. op. cit. (2001),
p. 550
14
Cfr. L. SANTINI, op. cit., p. 26; R. MANGONI, op. cit., p. 120; T.C.I. op. cit.
(2001), p. 551
15
Cfr. R. MANGONI, op. cit. p. 120; la chiesa di Santo Stefano venne disegnata
dall’architetto Francesco Antonio Picchiati e da Marziano Desiderio nel XVII secolo.
16
Ibidem, il pavimento di Villa Jovis durante le tante spoliazioni a cui fu soggetto
subito dopo la sua scoperta venne trasferito nella chiesa di Santo Stefano. La sua
manifattura è raffinatissima, ed è costituito da una composizione ad intarsio di marmo
a più colori di grandissimo effetto; L. SANTINI, op. cit., p. 50.
7
Alla destra della chiesa si scorge Palazzo Cerio
17
, costruito in epoca
angioina e dal 1949 sede del Centro Caprense Ignazio Cerio.
Scendendo dalla Piazzetta per via Camerelle si giunge sino alla valle
chiusa fra l’altura del Castiglione e il Monte Tuoro, dove è situata la
Certosa. Secondo i racconti di molte guide turistiche il monastero venne
eretto sopra i resti di una villa imperiale romana, invece secondo altri, è
impossibile che ciò sia avvenuto, in quanto mancano in sito le sicure
tracce della preistenza di una fabbrica imperiale
18
. La Certosa presenta
una costruzione in cui emergono, chiaramente, i caratteri dell’architettura
isolana, contraddistinta da una serie di coperture a piccole cupole, da archi
e voltoni. Il convento è formato da due chiostri, quello piccolo scandito da
elementi architettonici quattrocenteschi, e quello grande costruito invece
nel ‘500; a completare la struttura vi è, insieme alle celle, la stanza del
Priore, che risale sicuramente agli ampliamenti della Certosa, avvenuti
nel XVII secolo. La chiesa della Certosa presenta sulla facciata un portale
adornato da bassorilievi e da affreschi del XIV secolo
19
.
La pianta della chiesa è ad una sola navata, coperta da volte a crociera; la
struttura presenta i segni di diverse sovrapposizioni che non hanno
riguardato soltanto la parte pittorica, ma anche quella architettonica.
17
Ibidem, Palazzo Cerio venne costruito nel 1372; A. MAIURI, op. cit. , p. 68.
18
Cfr. A. MAIURI, op. cit. , p. 110; secondo Maiuri è da escludere dal novero delle
fabbriche imperiali il luogo dove sorge la Certosa; R. DI STEFANO, La Certosa di
San Giacomo, Napoli 1982, pp. 35; mentre secondo Di Stefano non abbiamo nessun
elemento per ammettere o per escludere la preesistenza in questo luogo di una villa
romana; ma la mancanza di tracce di ruderi e la bassa giacitura dell’edificio
monastico,
fanno escludere questa ipotesi.
19
Cfr. A. MAIURI, op. cit., p. 111; il soggetto dell’affresco del portale raffigura la
“Madonna col Bambino tra i Santi Bruno e Giacomo”. R. DI STEFANO, La
Certosa…cit., p. 86.