INTRODUZIONE
La figura di Luigi Giuseppe De Simone ha acquistato sempre più importanza negli ultimi
anni non solo come storico e archeologo, ma anche come folklorista.
Questo ambito della sua ricerca sarebbe rimasto tuttora sconosciuto se Eugenio Imbriani, in
occasione dell’edizione de La Vita della Terra d’Otranto, non avesse messo in luce la sua attività.
La pubblicazione, aprendo un insospettabile scenario, è risultata determinante per restituire a De
Simone il fondamentale contributo etnografico nel panorama degli studi.
Nella Biblioteca Provinciale di Lecce si conservano dal 1938 le carte di De Simone, vendute
dal figlio Gennaro all’Amministrazione Provinciale. I due faldoni costituenti La Vita della Terra
d’Otranto rappresentano il punto di partenza del nostro lavoro.
Si tratta di documenti cartacei datati di mano dell’autore 1857-1877. Sfogliandoli, si
percepisce perfettamente la passione di De Simone verso le tradizioni culturali popolari: accanto
agli scritti teorici, in cui condensa il frutto delle sue ricerche, si trovano descrizioni di feste,
credenze, costumi, ricette culinarie, annotazioni storiche.
In questo magma inesplorato, la nostra attenzione è stata concentrata sul Ms. 293, fasc. 1,
composto da circa duecento pagine di vario contenuto. Per la maggior parte, si tratta di canti
popolari, anche albanesi, di diversa provenienza: Isernia, Massafra, Trani, Roccaforzata, Roma,
Mottola, Grottaglie, Lizzano e Taviano. Inoltre, segnaliamo la presenza di iscrizioni rupestri, di un
disegno dell’abito contadinesco isernino e la trascrizione musicale di una Gallipolina per flauto.
Oggetto della nostra trascrizione è il corpus omogeneo degli ottantaquattro canti popolari di
Isernia raccolti da De Simone nell’aprile 1866 in occasione del suo mandato di giudice presso la
città molisana.
La fedele trascrizione della raccolta desimoniana ci è sembrata non solo l’operazione
filologicamente più corretta, ma soprattutto la più idonea a far emergere il valore etnografico di De
Simone raccoglitore di canti popolari.
La maggior parte dei canti di Isernia è stata raccolta di prima mano da De Simone, mentre i
canti [LXX - LXXXIII] da Erennio Piccoli. In più, il fatto che il manoscritto contenga lettere e
raccolte di canti popolari effettuate dai collaboratori, testimonia che nella sua attività di ricerca De
Simone si è avvalso dell’aiuto di amici e colleghi.
La ricchezza delle informazioni raccolte ha permesso di conseguire due risultati
fondamentali da un punto di vista filologico: da un lato, cogliere i profondi rapporti che legano il
Ms. 294, fasc. 4 all’omologo Ms. 293, fasc. 1; dall’altro restituire alle intenzioni dell’autore l’intera
raccolta. Difatti con nostra grande sorpresa, De Simone predilige un raggruppamento per generi,
piuttosto che per territorio. Inoltre, inserisce denominazioni e generi sconosciuti alla coeva
letteratura sui canti popolari: è il caso delle Lallate, delle Marcossee, dei Min-min Ton-ton.
Tuttavia, i canti di Isernia sono collocati tra i canti di amore e di sdegno, e per alcuni di essi De
Simone conduce nel Ms. 294 un’interessante opera di revisione.
Al fine di attestare la popolarità, e soprattutto la tradizionalità, diacronica e diatopica, del
canto non possiamo tralasciare la ricerca delle varianti. Il confronto con i Canti popolari delle
Provincie Meridionali di Casetti e Imbriani ci è parso il più adatto per almeno due motivi. Innanzi
tutto De Simone è un collaboratore che, seppure non menzionato nei ringraziamenti, condivide la
finalità della raccolta: dimostrare l’unità morale degli abitanti la penisola italica. Inoltre, è possibile
inserire i canti di Isernia in un contesto geografico più ampio, ma tuttavia omogeneo, della sola
regione molisana.
Sebbene il rinvenimento delle varianti non è stato possibile per ogni canto, il risultato è
stato comunque confortante. I canti sono ben inseriti non solo nel solco della tradizione orale, che
viene così arricchita di nuove attestazioni sui processi di creazione e modificazione, ma anche della
tradizione scritta, come testimonia la diffusione delle stampe popolari. Questo canale di diffusione
culturale, oggi ben conosciuto, agisce tra la scrittura e l’oralità, giungendo a un fruitore non
alfabetizzato attraverso un mediatore istruito o semi istruito. Nei sei volumi di stampe popolari
raccolte da De Simone, oggi conservati nella Biblioteca Provinciale, le due forme, scritta e orale,
vengono mantenute separate. Il frutto della sua ricerca viene condiviso con amici e colleghi, e
sottoposto ad analisi storiche e filologiche. Il suo straordinario contributo, anche per questo,
meriterebbe di essere menzionato al fianco di Francesco Novati e Alessandro D’Ancona,
tradizionalmente considerati pionieri di questi studi.
Leggendo le innumerevoli annotazioni di De Simone, saremo in grado di scoprire un metodo
sorprendentemente moderno nella sua complessità. De Simone, infatti, basa la formulazione di tesi
teoriche su una cosciente metodologia. Si interroga sull’origine del canto popolare e sui mezzi di
trasmissione conducendo attente osservazioni sul campo mediante inchieste molto più vicine ai
modelli attuali che a quelli ottocenteschi. Oggi conosciamo non solo il nome e cognome dei suoi
informatori, ma anche il loro lavoro e, in un caso, il livello di alfabetizzazione. Questo dato, perciò,
testimonia lo strato sociale in cui il canto popolare è effettivamente tramandato: aspetto da non
sottovalutare, soprattutto facendo riferimento al concetto di popolo-nazione diffuso nel 1800.
Inoltre, ancora nel confronto con il suo tempo è da rimarcare la totale assenza di pregiudizi nei
confronti degli errores populares.
Tra i canti popolari di Isernia, De Simone include non solo canti tradizionali, ma anche canti
nuovi creati dal popolo, non indietreggiando di fronte ad espressioni di forte carica aggressiva o
volgari. In un momento in cui, a causa dei profondi cambiamenti sociali è diffuso un atteggiamento
censorio, possiamo parlare non solo di modernità, ma soprattutto di democraticità nei confronti
della produzione culturale popolare.
I canti popolari sono dunque fenomeni rilevanti sul versante etnografico ma anche ed in
particolare su quello linguistico. Avvalendoci della consultazione incrociata di ben sette dizionari
dialettali e riportando i termini più marcatamente dialettali, ne ricostruiamo in appendice
l’evoluzione diatopica: anche le parole, come i canti, nascono e muoiono, vivono e si diffondono,
cambiando continuamente forma e significato.
Nonostante non sia uno specialista, e non possa avvalersi dei moderni strumenti, come le
trascrizioni fonetiche, De Simone si rivela un raccoglitore capace e attento anche nella trascrizione
del dialetto di Isernia. Infatti, anche provenendo da una provincia con matrice dialettale nettamente
differente, riporta numerosi casi di betacismo (viata ‘beata’ [XIV]; sbenturato ‘sventurato’ [I]),
sviluppi da –d- ad –r- in posizione debole (fere ‘fede’ [XVII]; perocchi ‘pidocchi’ [LXXX]),
l’allungamento di –m- intervocalica (gesommine ‘gelsomino’ [XLIII]). In questi ultimi due casi, De
Simone evidenzia il fenomeno con tratti orizzontali, posti sopra o sotto la consonante interessata:
questo evidenzia il suo alto grado di consapevolezza e un critico atteggiamento per l’oggetto
d’indagine.
In definitiva, il risultato di queste osservazioni non può essere taciuto: il contributo di De
Simone agli studi folklorici, fino ad oggi conosciuto solo in minima parte, meriterebbe di essere
studiato approfonditamente in tutte le sue sfaccettature.
Nella speranza che le nostre riflessioni restituiscano a De Simone il prestigio che merita,
concludiamo con l’auspicio di un suo inserimento nel circuito nazionale.
Cogliamo l’occasione per ringraziare in questa sede i supervisori di questa tesi. La relatrice,
Prof. ssa Anna Merendino, guida costante e paziente, ma soprattutto competente, ci ha proposto un
lavoro estremamente appassionante che ha permesso di applicare con profitto le conoscenze,
seppure modeste, sviluppate negli anni di formazione universitaria.
Ringraziamo particolarmente il co-relatore, Prof. Eugenio Imbriani, non solo per aver
fornito più di qualche spunto al nostro lavoro, ma soprattutto perché è a lui che dobbiamo l’origine
di questi studi e il merito straordinario di avere scoperto De Simone folklorista.
Inoltre, non possiamo dimenticare i preziosi consigli ricevuti dalla Prof.ssa Manuela Mosca
e dalla Dott.ssa Lorella Ingrosso per quanto concerne la trascrizione del manoscritto.
Ultimo, ma non meno importante, è il riferimento al Prof. Marcello Aprile che ha accolto e
seguito con entusiasmo il progetto del lessico dialettale.
Raffaella Quarato.
DESCRIZIONE DEL MANOSCRITTO
1
1. Descrizione esterna
Il Ms.293, fasc.1 è conservato nella Biblioteca Provinciale “N. Bernardini” di Lecce.
Si tratta di un documento cartaceo, datato di mano dell’autore 1857-1877, sia sul foglio di
guardia che sulla carta successiva.
La dimensione esterna del fascicolo è di mm. 360x210, ma all’interno le misure variano da
mm. 135x104 a mm.338x220.
c.[I r.]: [linea] / L. G. DE SIMONE / [linea] / La Vita della Terra d’Otranto / Vol.4° / [linea] /
Addizioni e complementi / alla parte edita / della / Vita della Terra d’Otranto / 1857-1877. / IV. /
[linea];
c.[II r.]: [linea] / L. G. DE SIMONE / [linea] / Collezione di canti popolari / con / Note di
costumi / corredate / di alcune Memorie de’ [della mia cancellato] tempi e de’ luoghi / [segue
Raccolta di canti popolari cancellato] / ne’ quali detti canti e le Note furono scritti / [segue e
Costumi italiani cancellato] / 1857-1877. / [doppia linea] / Vol.1° / [linea].
La numerazione, saltuaria, è a pagine, di mano di De Simone: le indicazioni sono vergate
solo sul recto con numeri dispari in cifre arabe. Si è eseguita quindi la numerazione a carte senza
intervenire sul manoscritto, che risulta composto da c.[II+196+X].
Presenza di pagine bianche (10; 12; 16; 49-50; 53-56; 58; 66; 70-74; 76-78; 80; 86; 91; 94;
105-106; 108; 114; 118; 122; 124-125; 134; 163-164; 167-168; 178; 186; 188; 190; 192; 201; 263;
265-266; 268; 280; 283; 286; 288; 290; 292; 294; 296; 304; 306; 319-322; 38; 46; 54; 56)
2
.
1
Si segue A. Petrucci, La descrizione del manoscritto. Storia, problemi, modelli, Roma, La Nuova Italia Scientifica,
1984.
2
L’indicazione delle pagine segue la numerazione adottata da De Simone.
Il manoscritto è redatto in carattere minuscolo corsivo con inchiostri di colore differente
(nero, bruno, rosso); in alcune parti è scritto a matita. Alcune annotazioni in matita rossa e blu fanno
pensare ad un intervento di revisione di mano di De Simone.
Si segnalano: p.67: iscrizione in carattere gotico; tra p.152-153: inserto di c.[6] che riporta
iscrizioni rupestri in greco e latino; p.153 (foglietto cucito su p.163): iscrizioni rupestri in greco e
latino; p.299; 301-303; 305: col. A in albanese, col. B in italiano. Ancora: p.68-69: disegno del
prospetto della Chiesa di Grottaglie; p.79: disegno e descrizione dell’abito del contadino di Isernia;
p.181: trascrizione musicale di una Gallipolina per Flauto; p.267-279: brani da “Fiori e Memorie”
3
.
Il supporto cartaceo è diversificato: carta comune, rigata e no, fogli di quaderno a righe e a
quadretti, anche colorati, fogli azzurri.
Sono presenti mani diverse: p.65: lettera di Nicolino Annicchiarico; p.81-84; 93: raccolta di
canti popolari effettuata dal Sig. Erennio Piccoli; p.85; 87-90: lettera di Francesco Scarano; p.97-98;
103-104: raccolta di canti popolari compilata da Leonardo Scarola; p.109 B; 119 B-120 B; 121:
estratto di un manoscritto di mano del Marchese Giampaolo Muti; p.169; 171: canti popolari
dell’Arciprete D. Vincenzo Maranò di Grottaglie; p.179-180; 183: lettera di Emanuele Barba;
p.193-261: canti popolari di Taviano raccolti da Giuseppe De Simone; p.301-302; 305: mano
diversa non identificata; p.13-15; 17-18: mano diversa non identificata.
Il testo è redatto gran parte su 1 col., ma è scritto anche su 2 col. (p.9; 81-84; 87-88; 90; 97-
98; 100-101; 110; 113; 115-116; 135; 139-142; 301-303; 305; 35; 37), a volte solo sulla col. B (p.1-
7; 59-64; 119: con annotazioni su col. A; p.119-120: col. A scritta in senso contrario da De Simone;
inserto di c.[6] tra p.152-153).
Numero di righe variabile, ca 29.
Il manoscritto è legato da un foglio di guardia e cucito con filo.
3
Fiori e Memorie: canti popolari di Arnesano, con osservazioni sul dialetto leccese, in l’«Eco dei due Mari» (Taranto),
III (1866); IV(1867).
2. Storia del manoscritto
4
Il materiale esistente a Villa S. Antonio, di proprietà dell’ultimo figlio Gennaro De Simone
Paladini, fu acquistato dall’Amministrazione Provinciale, retta dal Preside Duca Nicola Lopez y
Royo.
Nell’agosto del 1938 la Biblioteca Provinciale di Lecce venne in effettivo possesso dei
manoscritti salentini della Collezione De Simone, comprendenti carte varie, documenti e schedari
autografi (139 cartelle), nonché una discreta quantità di libri ed opuscoli.
3. Descrizione interna
Dato il carattere non omogeneo del fascicolo si ritiene opportuno dividerlo in serie indicate
con numeri romani e un titolo generico, racchiuso fra parentesi quadre. Segue una sommaria
descrizione delle singole sezioni identificabili all’interno della serie, distinte con numeri arabi.
I [Isernia]: 1. visita; 2. notizie storiche sulla Reazione d’Isernia del 1860; 3. canti popolari.
II [Roma]: ……………
4
Da «Rinascenza Salentina» (Lecce), VI (1938), n. 3. Notizie. I manoscritti della Collezione De Simone nella
Biblioteca di Lecce, p. 281.