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INTRODUZIONE
La prima volta che ho sentito parlare di cancro ero una bambina.
Non ricordo né dove né da chi, forse in qualche programma televisivo, o
forse leggendo l’enciclopedia medica che tanto mi appassionava. O forse
ancora,ascoltando distratta qualche conversazione tra adulti.
Ricordo che il termine mi aveva immediatamente evocato
qualcosa di devastante e corrosivo, associandone l’immagine al più noto
granchio, qualcosa che ti rosicchia tenendoti stretto tra le chele e che si
nasconde negli anfratti bui o sotto la sabbia per evitare di farsi scovare.
Da una parte ne ero affascinata, proprio perché concetto
sconosciuto e misterioso, dall’altra spaventata e inquieta, tanto da
pensare che sarei morta di cancro un giorno o che la malattia avrebbe
colpito qualcuno a me caro.
Crescendo, ho cominciato ad intuire quanto le emozioni siano
rilevanti e incidenti sul benessere fisico e mentale di ognuno. Ho cercato
di capire il nesso tra il mostrarsi abitualmente triste e pessimista e la
malattia o, al contrario, tra un umore allegro, gioviale e un atteggiamento
energico e uno stato di buona salute psicofisica. Ho pensato anche che,
forse, chi si ammalava di cancro aveva affrontato ed affrontava la vita e i
suoi dolori in modo diverso da altri che li superavano senza ammalarsi,
perché le spiegazioni sulle cause di questa malattia, che chissà come,
colpisce alcuni e non altri, non erano sufficienti: come è possibile che,
tra gli accaniti fumatori, solo alcuni si ammalano di tumore ai polmoni, e
altri no? Perché chi finisce il suo percorso lavorativo andando in
pensione, spesso si ammala di cancro? Perché una persona devastata da
un lutto, nel giro di pochi mesi scopre di essere affetta da una neoplasia
maligna? Grazie a questi e ad altri interrogativi, senza apparente risposta,
il mio interesse per l’eziologia della malattia neoplastica si è accresciuto.
Questo lavoro mi ha dato l’opportunità di approfondire, di cercare
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spiegazioni e collegamenti tra il cancro e la psiche.
Attraverso l’esame della letteratura scientifica ho tentato di
dimostrare fino a che punto una delle possibili cause della malattia
neoplastica è da ricercare nelle emozioni, nei traumi, nelle angosce, nei
sensi di colpa di chi è colpito dal cancro.
Nel corso della trattazione è certamente emerso come il cancro sia
una malattia complessa e multifattoriale, sia riguardo l’eziologia sia
riguardo alle complicanze che riguardano non solo il malato stesso, ma il
contesto familiare e sociale in cui il malato è inserito.
Si è cercato di individuare, attraverso l’analisi della ricerca
scientifica, la correlazione tra l’ammalarsi di cancro e le emozioni
particolarmente dolorose; in particolare, se e in che misura, queste
emozioni possono effettivamente essere una concausa. Si è, allo stesso
tempo, provato a verificare quanto le emozioni influiscano sul decorso e
sulla prognosi della malattia neoplastica.
Il concetto di salute è sicuramente complesso e non si può
spiegare solo con la semplice assenza di malattia. Essere colpiti da una
malattia come il cancro fa sentire completamente devastati, impotenti,
invasi. Le conseguenze di questo insieme di emozioni hanno
ripercussioni sulla vita dell’individuo andando ad influire su tutti gli
aspetti che lo riguardano e minacciando e interferendo su tutte le
dimensioni su cui si fonda la vita: fisica, psicologica, spirituale,
relazionale (Massaglia, Bertolotti et al., 1999).
I nuovi orizzonti della fisica nucleare, della scienza biomedica,
della chirurgia e della psicobiologia si intrecciano con una visione
olistica della malattia oncologica, che non è solo un nemico da
sconfiggere, bensì un’esperienza esistenziale totalizzante che pone
interrogativi sul senso della sofferenza e sul senso della vita stessa.
La ricerca ha permesso grandi progressi della terapia con aumento
delle aspettative di vita, tuttavia la comprensione dell’esperienza
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neoplastica è ancora lungi dall’essere completa e soddisfacente.
La malattia oncologica non va considerata solo come un “errore”
della natura che va corretto con tecniche sempre più sofisticate, non si
tratta solo di una “cellula impazzita” o di sfortuna, di un castigo divino,
di un “brutto male”: nella malattia va riconosciuto un senso ed un
processo psico-biologico che si lega a conflitti psichici e a leggi
biologiche di adattamento (Passerini A., Torlasco S., 2011).
Nel primo capitolo della trattazione viene presa in esame la
psiconcologia come branca di studio specifica nella trattazione della
malattia neoplastica e degli aspetti psicologici e sociali ad essa correlati.
È posta particolare attenzione all’approccio multidisciplinare e al
concetto di benessere biopsicosociale attraverso l’analisi delle due
principali correnti teoriche che orientano la psiconcologia e l’esame dei
principali compiti individuati dalla comunità scientifica. Ciò che si è
tentato di far emergere è l’attenzione non alla malattia organica, ma al
soggetto malato nella sua unicità e nella sua esigenza di un approccio
terapeutico mirato e personale che non si focalizzi solo sull’alterazione
di funzione d’organo.
In questo capitolo si è dato spazio, altresì, al significato del
cancro, al suo simbolismo, dimostrando l’importanza dell’approccio
psicologico affiancato a quello tradizionale medico. Così come si sono
individuate, attraverso la letteratura, le caratteristiche di personalità del
malato di cancro.
Si è quindi affrontato il rapporto tra la psicosomatica e le
neuroscienze analizzando sia le tipologie di causalità in patologia
(Valabrega, 1997), sia il significato del sintomo attraverso l’esame di più
modelli teorici, sia il concetto di stress e delle patologie correlate,
attraverso l’analisi dei meccanismi biologici e fisiologici, e della loro
azione sul sistema nervoso, neuroendocrino e immunitario.
Il secondo capitolo è dedicato ai significati della malattia,
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all’esperienza dell’essere malato, al concetto di dolore e ai conseguenti
processi adattivi che il malato e i suoi familiari sono costretti a mettere in
atto a seguito di una diagnosi di cancro.
Si sono presi in considerazione gli stili di reazione alla malattia
(Greer e coll., 1979) e i loro effetti su prognosi e decorso. Si è trattato
della diagnosi e delle fasi di reazione del paziente (Biondi, Costantino,
Grassi, 1995) per concludere con le tipologie dei percorsi di cura che un
malato oncologico deve affrontare. Infine ci si è dedicati al soggetto
malato esaminando le complicazioni psico-fisiche che derivano dalla
“sindrome psiconeoplastica” (Guarino, 1994) e le dimensioni sociali
sulle quali ricadono le conseguenze della malattia. L’analisi della
letteratura più recente ha permesso di evidenziare come la malattia non
colpisca solo il soggetto malato, ma ha ricadute importanti sulla famiglia,
sul caregiver e sul contesto relazionale tanto da costituire un’influenza a
doppio senso: la malattia sconvolge l’assetto familiare e la reazione
familiare ha un forte ascendente sul decorso e sulla prognosi della
malattia. In definitiva, il cancro è un evento traumatico e ad esso si
devono applicare tutte le dimensioni del trauma, compresi gli aspetti
positivi e di sviluppo che fanno parte del costrutto di crescita post-
traumatica (Annunziata, 2001).
Il terzo capitolo è dedicato alle emozioni. Si è cercato di dare una
definizione di emozione attraverso i diversi approcci teorici così come si
sono trattate le principali teorie sull’emozione tenendo conto anche delle
evidenze scientifiche più recenti come l’influenza dei neuroni specchio,
dal punto di vista emozionale, per il loro ruolo nelle strategie di
adattamento e nel riconoscimento del dolore (Gallese, 2004; Singer,
2004; Freedberg, 2007). Tuttavia, il corpus del capitolo è stato dedicato
all’influenza degli stati affettivi sulla malattia neoplastica e in
conseguenza ad essa.
Il cancro non può essere guardato solo da un punto di vista
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strettamente medico ed organico, è necessario un approccio olistico che
tenga anche in considerazione la soggettività del paziente, il quale ha un
proprio modo di affrontare e reagire alla malattia.
In questo ultimo capitolo si è cercato di verificare quanto le
emozioni possano essere una delle cause scatenanti della patologia
tumorale cominciando dall’esame dell’alessitimia e del suo ruolo nella
predisposizione alla malattia neoplastica.
Fulcro della trattazione è la relazione tra mente e cancro attraverso
l’analisi delle ricerche empiriche che hanno evidenziato il ruolo
dell’aspetto emozionale e delle evidenti ripercussioni sul benessere
psicofisico.
Tra le emozioni prese in considerazione, si sono esaminate nel
dettaglio il senso di colpa, la vergogna, il senso di perdita e il lutto
correlati alla patologia neoplastica, anche attraverso l’analisi di alcuni
casi clinici e all’esame delle alterazioni della funzione immunitaria ed
endocrina.
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CAPITOLO 1
PSICONCOLOGIA E SINDROME NEOPLASTICA
La natura profonda delle cose, ama nascondersi
(Eraclito)
1.1. LA PSICONCOLOGIA
La psiconcologia, o psicologia oncologica, è la disciplina che si
occupa della vasta area delle variabili psicologiche connesse alla
patologia neoplastica e delle implicazioni psico-sociali della malattia
cancerosa.
Riunisce ciò che attiene al campo strettamente medico (oncologia)
a ciò che appartiene invece alla sfera della psicologia (psicosomatica). Si
impone nel mondo scientifico grazie alle complesse problematiche
psicologiche ed emozionali che interessano i pazienti affetti da cancro e
che si esprimono attraverso i suoi sintomi e la sua sofferenza.
All’oncologia sono riferiti gli aspetti più oggettivi e tangibili di questi
sintomi e di questa sofferenza.
Sebbene questi siano aspetti ascrivibili al paziente già malato e
diagnosticato, ci sono anche altri campi di interesse che ruotano attorno
all’eziologia neoplastica: la psicologia oncologica si occupa, infatti, di
verificare la possibile relazione tra fattori psicologici ed emozionali e la
malattia.
È possibile che fattori psicologici abbiano un ruolo nella genesi
del cancro?
È possibile quindi parlare di prevenzione modulando proprio
questi fattori psicologici?
Nell’evoluzione stessa della malattia, quanto intervengono i fattori
psicologici?