1
CAPITOLO I
Salvatore Dalì, Il Sogno
“Il paziente non lo sa, ma il vero medico è quello che ha dentro di
sé. E noi abbiamo successo quando diamo a quel medico la possibi-
lità di fare il suo lavoro”.
(Albert Schweitzer)
2
IL CANCRO AL SENO.
Esistono appuntamenti nella nostra esistenza ai quali preferiremmo
davvero sottrarci, e quando arrivano, sconvolgono la persona e chi
le sta intorno rompendo ogni equilibrio raggiunto, ricordando
drammaticamente la presenza del corpo ed incrementando
l’insicurezza sulle proprie capacità progettuali, di azione e di deci-
sione.
Mi riferisco al cancro al seno, che è la forma di tumore più fre-
quente nelle donne. Infatti, secondo l’Organizzazione Mondiale del-
la Sanità (OMS)
tra tutti i tipi di tumori, il cancro al seno è del 23%
più diffuso rispetto agli altri tumori, e ogni anno vengono diagno-
sticati oltre 1.000.000 di nuovi casi con una media di 67 casi ogni
100.000 donne, di cui 400.000 muoiono per questa malattia. Il tasso
più alto di morbilità è registrato nei paesi sviluppati ed in modo par-
ticolare negli Stati Uniti, invece il tasso più basso è registrato nei
paesi asiatici ed africani. Per quel che riguarda l’Europa vengono
registrati circa 350.000 casi ogni anno di cui 38.000 solo in Italia.
Dai dati ufficiali del Ministero della Salute italiano, risulta che in
Italia sono stimati tumori al seno con una prevalenza complessiva di
416.000 casi ogni anno. L’incidenza per fascia d’età è di oltre 100
nuovi casi ogni 100.000 donne tra i 25 e i 40 anni, salendo dai 200 e
oltre i 300 casi tra i 50 e i 70 anni di cui 11.000 sono le morti stima-
te (Piscitelli et al., 2009).
Tuttavia se da una parte è stato registrato un aumento dei casi dia-
gnosticati, dall’altra viene registrata una diminuzione negli ultimi
decenni del 20% del numero dei decessi, e questo grazie agli
screening diagnostici, alle nuove risorse terapeutiche ed anche a
maggiori risorse di informazioni che hanno portato le donne oggi ad
avere più cura ed attenzione per il proprio corpo, cosa che favorisce
la diagnosi precoce.
1. Genetica e Fattori di rischio.
Molte volte si sente parlare del cancro come di una “malattia mo-
derna”, invece i primi tumori sono stati scoperti nelle ossa di dino-
3
sauri dell’era Mesozoica. E’ difficile determinare l’epoca esatta, ma
può essere collocata trai i 500.000 e gli 800.000 anni fa. Nessuno
può dire se il nostro più antico antenato fosse immune dal cancro,
visto che le aspettative di vita di quel tempo erano molto limitate e
ben pochi individui sopravvivevano alla cosiddetta età/cancro
(Nemez, 2011). Ma ciò che si può affermare con certezza è che il
cancro è una “malattia vecchia” quanto la vita stessa, ossia da
quando nell’oceano i primi soggetti unicellulari si moltiplicarono, e
i discendenti della prima cellula assunsero diverse dimensioni, se-
condo un modello ordinato. Ma quando alcune di queste cellule di-
rottarono da tale modello ordinato, ci fu per la prima volta la com-
parsa del cancro.
Biologicamente parlando, le cellule tumorali sono presenti in tutti
gli organismi e sono sotto il controllo del sistema immunitario. Ma
molte volte una o più cellule precedentemente tranquille e conside-
rate sane sfuggono da tale controllo e cominciano ad agitarsi, si di-
vidono e si moltiplicano prima lentamente e poi con una velocità
sempre maggiore fino a non riuscire più ad avere il loro controllo. Il
processo tumorale è quindi la proliferazione incontrollata delle cel-
lule cosiddette “impazzite” che si moltiplicano all’infinito a danno
del tessuto o dell’organo da cui si sono generate e, se non si inter-
viene in tempo, di tutto l’organismo.
Da un tumore maligno una o più cellule possono staccarsi e rag-
giungere altre parti dell’organismo, formando nuovi tumori secon-
dari (le metastasi).
Nel caso del carcinoma mammario, questo insorge nell’epitelio
1
della terminazione duttulo-lobulare
2
e da qui può diffondersi
nell’organismo attraverso tre vie.
La prima è diretta e va ad infiltrarsi nei tessuti circostanti, ossia
quelli più vascolarizzati e più resistenti, conferendo un aspetto stel-
lato. La seconda, attraverso i canali linfatici, raggiunge i linfonodi
satelliti e da qui può diffondersi determinando metastasi a distanza.
Infine l’ultima, percorre l’interno dei dotti risalendo alla periferia
1
Epitelio: è un tessuto costituito da cellule contigue, fittamente stipate tra loro, la cui funzione
è quella di proteggere le superfici del corpo esposte ad abrasioni,attrito e perdita d’acqua.
2
Terminazione duttulo-lobulare: è quell’unità terminale costituita dai dotti sub-segmentari, ca-
ratterizzata da un duplice strato di cellule che poggiano sulla membrana basale.
4
fino ad arrivare al capezzolo, che di conseguenza può essere sogget-
to ad infiltrazioni. Quindi il carcinoma mammario è una malattia
del sistema duttale, che però generalmente parte dall’intero lobo e
per questo oggi viene considerata una malattia lobare, la cui tra-
sformazione maligna può colpire una o più zone diverse del lobo
colpito, contemporaneamente o anche in tempi diversi. (Dolfin et
al., 2007)
Ma oltre ai tumori maligni esistono anche i tumori benigni, i quali
non producono metastasi, restano localizzati, circoscritti e sono fa-
cilmente operabili, quando c’è bisogno. Nel caso del tumore al se-
no, quelli benigni più comuni sono i fribroadenomi
3
ed i lipomi
4
.
Inoltre vi sono malattie della mammella che prendono il nome di
precancerose, in quanto presentano una potenziale evoluzione verso
la malignità, che non sono da sottovalutare e per questo vanno cura-
te con decisione. Ve ne sono di due tipi: una è l’iperplasia duttale
e/o globulare atipica
5
e l’altra è la papillomatosi
6
diffusa dei dotti.
Ma che il tumore sia benigno o maligno, è comunque una malattia
multifattoriale, quindi può dipendere da più fattori e la sua genesi
(carcinogenesi) attraversa più stadi.
1.1 Fattori di rischio.
Massimo Biondi (1987, citato da Baldoni, 2010) formula una teoria
nota come modello di rischio trifattoriale, secondo la quale vi sono
tre principali fattori, la cui interazione può contribuire
all’insorgenza di cancro. Il primo è il fattore cellulare, che è legato
al rischio di mutazioni neoplastiche che sfuggono al normale con-
trollo di geni soppressori e del sistema immunitario. Il secondo è il
3
Fibroadenomi: noduli di consistenza parenchimatosa con contorni lisci o a volte polilobati, si
possono trovare sia a livello superficiale che negli strati più profondi della mammella. Rappre-
sentano la lesione benigna tipica dell’età giovanile.
4
Lipomi: accumuli di grasso nel tessuto sottocutaneo che possono assumere diverse dimensio-
ni, in genere vanno dai due ai quindici centimetri. Possono insorgere a qualsiasi età.
5
Iperplasia duttale e/o globulare atipica: lesione proliferativa dei dotti terminali intra-
extralobulari e dei lobuli, caratterizzata dalla cospicua proliferazione endoluminale che si stra-
tifica e struttura all’interno del lume dilatandolo con confluenza delle unità sub-lobulari in più
ampie cavità similduttali.
6
Papillomatosi: è una patologia dei dotti galattofori della mammella e la manifestazione clinica
più frequente è la secrezione del capezzolo. (www.senologia.it)
5
fattore ambientale, che è legato invece alla presenza di sostanze
cancerogene, che nell’ultimo secolo grazie all’inquinamento sono
sempre più presenti sia nell’aria che respiriamo che negli alimenti
che mangiamo ed il semplice contatto o ingestione di queste, au-
menta il rischio di neoplasia. Il terzo è il fattore psiconeurobiolo-
gico, che riguarda invece quegli aspetti di natura psicologica, com-
portamentali e legati allo stress che, attraverso la mediazione di
meccanismi biologici possono influenzare lo sviluppo ed il decorso
del cancro. Quindi vediamo come oltre a geni, ambiente, alimenta-
zione e stili di vita, tra le cause vanno annoverati anche lo stress, gli
eventi di vita stressanti e la capacità di ogni individuo di gestirli al
meglio.
Cercando di seguire un ordine, i maggiori fattori di rischio sono:
L’età è il principale fattore di rischio.
Fino ad alcuni anni fa il cancro al seno faceva la sua comparsa in
donne dai 50 anni in su, oggi purtroppo questa malattia colpisce an-
che donne molto giovani e vediamo come tra i 30 e i 40 anni la pro-
babilità di ammalarsi è del 4-5%, invece dopo i 40 e negl’anni im-
mediatamente successivi, la probabilità sale al 25%.
Secondo il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) in Italia il ri-
schio di contrarre cancro al seno aumenta rapidamente con l’età, in-
fatti è stato registrato che in epoca menopausale per ogni 100.000
donne, più di 150 sono colpite ogni anno e tale tasso aumenta len-
tamente fino a tarda età. Tuttavia questi dati si riferiscono a tutte
quelle popolazioni che hanno un’incidenza ed una mortalità stabili.
Nelle popolazioni in cui il rischio è in rapido aumento si vede come
a essere maggiormente colpite sono le donne più giovani, infatti le
donne in età premenopausale presentano un’incidenza di cancro al
seno uguale o addirittura superiore a quella delle donne in età po-
stmenopausale. (Bevilacqua et al., 2004)
La familiarità è un altro fattore di rischio accertato,
ed è stato dimostrato che per quelle donne che hanno un parente di
primo grado (madre, sorella, figlia) o di secondo grado (nonna, ni-
pote, zia) il rischio di sviluppare cancro al seno aumenta da 1,5 a 3
volte in più. Le cause di questo notevole aumento sono in connes-
sione non solo per la probabile condivisione dei geni, ma anche per
6
la condivisione di determinati stili di vita e per l’esposizione agli
stessi fattori ambientali (Stamenic e Strnad, 2011).
L’ereditarietà che spesso viene confusa con la
familiarità, in quanto ad essa collegata, è un altro importante fattore
di rischio su cui oggi si concentrano diversi studi.
Per quelle donne che hanno avuto in famiglia quattro o più parenti
colpiti da tumore al seno nell’arco di tre generazioni, presentano un
rischio molto elevato di sviluppare la malattia, al punto tale da ren-
dere necessaria la somministrazione del test genetico per verificare
la mutazione dei geni BRCA-1 e BRCA-2 (BRest CAncer 1 e 2).
Le donne che hanno ereditato le mutazioni di uno o di entrambi i
geni, incorrono in un alto rischio di contrarre carcinoma mammario
(attorno all’80% considerando un arco di vita fino ai 70anni) e nel
caso dello sviluppo della malattia, questa avrà un’evoluzione meno
favorevole rispetto alle donne che non hanno questo tipo di muta-
zione genetica. Comunque c’è da sottolineare che la probabilità di
trovare una mutazione BRCA 1/2 è alta (più del 50%), soprattutto
quando la storia familiare riporta numerosi casi di tumore al seno in
giovane età (meno di 40anni), invece se vi è la presenza di un solo
caso di tumore al seno in giovane età, la mutazione BRCA 1/2 sem-
bra avvenire in meno del 10% dei casi (Antoniou et al., 2003; Sta-
menic e Strnad, 2011).
Tra i fattori di rischio tradizionali, sono da
aggiungere quelli che riguardano la storia riproduttiva e mestrua-
le. Oggi è noto che il rischio di sviluppare carcinoma mammario è
tanto minore quanto più tardivo è il menarca e quanto più precoce è
la menopausa: soprattutto quest’ultima, è abbastanza marcata in
quanto, un anticipo di 10anni della menopausa dimezza il rischio di
carcinoma mammario per tutta la vita e gli studi dimostrano proprio
la pericolosità delle terapie ormonali per ritardarne l’arrivo, soprat-
tutto quelle a base di progestinici
7
(Beral et al., 2011).
Per quanto riguarda la storia riproduttiva è risaputo ormai da anni
che le nullipare
8
incorrono in un rischio notevolmente maggiore di
7
Progestinici: farmaci a base di progesterone (ormone femminile) utilizzati soprattutto in me-
nopausa.
8
Nullipare: donne che non hanno mai avuto figli.
7
contrarre cancro al seno, rispetto alle donne che invece hanno avuto
uno o più figli. L’effetto protettivo di queste ultime è dovuto princi-
palmente all’allattamento al seno ed alla giovane età al momento
della prima gravidanza, infatti è stato riscontrato che partorire dopo
i 30anni sembra essere invece un altro fattore di rischio da non sot-
tovalutare.
Un aumento del rischio di contrarre tumore al seno
deriva anche dall’alimentazione e dallo stile di vita. Ossia un con-
sumo eccessivo di grassi ed un ridotto apporto di fibre alimentari
contribuiscono a mantenere un alto livello di estrogeni, ovvero degli
ormoni che favoriscono l’insorgenza di questi tumori. Da ciò si e-
vince come l’obesità sia un altro fattore di rischio oggetto di nume-
rosi studi, i quali confermano che le donne obese, ed in modo parti-
colare l’obesità addominale (circonferenza della vita maggiore di 80
cm.), non solo presentano una maggiore morbilità alla malattia ma
questa si presenta e si sviluppa con maggiore ricorrenza e velocità
rispetto alle donne che presentano un peso forma. In più vi è una
particolarità, che l’obesità porta ad un maggiore sviluppo di carci-
noma mammario controlaterale e può anche promuovere una cresci-
ta più rapida delle metastasi (Kulie et al., 2011; Shahar et al., 2010).
Lo sviluppo dell’obesità è fortemente legato allo stile di vita se-
dentario, ed è stato chiaramente osservato che l’inattività fisica per
tutta la durata della vita aumenta da 2 a 5 volte in più il rischio di
contrarre cancro al seno (Bak, 2004). Quindi è molto importante fa-
re attività fisica almeno 3 volte a settimana sia in premenopausa che
in postmenopausa, ed è stato dimostrato che una regolare attività fi-
sica, oltre che ovviamente a ridurre l’indice di massa grassa nel
corpo, ritarda anche l’età al menarca e regolarizza il ciclo mestruale
influenzando la produzione degli ormoni ovarici, andando di conse-
guenza a ridurre il rischio di tumore al seno (Inumaru et al., 2011;
Shahar et al.,2010).
Sempre legato ad un corretto/scorretto stile di vita, tra
questi fattori va annoverato il consumo (eccessivo, ci sono ancora
molte incertezze sull’uso moderato) di alcol. Nonostante le polemi-
che, ci sono molte prove che l’alcol può aumentare il rischio di tu-
more al seno attraverso vari meccanismi, ormoni-dipendenti e non.
8
L’etanolo
9
può agire come carcinogenico aumentando la permeabi-
lità della membrana cellulare degli agenti cancerogeni, inibendo la
disintossicazione di questi da parte del fegato, danneggiando il me-
tabolismo dei nutrienti che porta allo stress ossidativo
10
(Inumaru et
al., 2011).
Per quanto riguarda i fattori di rischio esterni, va
sottolineato l’effetto cancerogeno delle radiazioni ionizzanti
11
,
che dipende sia dalla dose cumulativa, che dall’età in cui ci si espo-
ne. Il fenomeno è legato alla diversa suscettibilità del tessuto
mammario agli stimoli cancerogeni: questa è massima prima della
pubertà (prima dei 20anni), diminuisce progressivamente con la
maturazione (tra i 20 e i 40 anni), per poi diventare quasi trascurabi-
le nel corso degli anni. L’effetto cancerogeno di queste radiazioni
sulla mammella ha una lunghissima durata, quindi bisogna avere
molta prudenza nel prescrivere a donne al di sotto dei 20-30 anni,
esami radiologici al torace (Schonfeld et al., 2010).
Infine come menzionato sopra, lo sviluppo di cancro
al seno dipende anche dallo stress e dagli eventi di vita stressanti.
O per lo meno questo è quel che si pensava fino a non molto tempo
fa.
L’idea che il cancro potrebbe essere correlato allo stress ed a fatto-
ri emotivi, può essere fatta risalire al 200 d.C. quando Galeno ha
notato che le donne depresse erano molto più suscettibili di contrar-
re cancro al seno, rispetto alle altre. Invece Frank Mcfarlane Burnet
(1970, citato da Baldoni, 2010) ha formulato la teoria
dell’immunosorveglianza, secondo la quale i fattori psicosociali, di
cui lo stress, possono portare le difese ad avere uno specifico deficit
dal quale si può incorrere nel rischio di una proliferazione di cellule
tumorali, che riuscirebbero a sfuggire al controllo del sistema im-
munitario.
9
Etanolo (o alcol etilico): è un alcol a catena libera.
10
Stress ossidativo: è un tipo particolare di stress chimico indotto dalla presenza, in un organi-
smo vivente, di un eccesso di specie chimiche reattive, secondario ad un’aumentata produzione
delle stesse e/o a una ridotta efficienza dei fisiologici sistemi di difesa antiossidanti.
11
Radiazioni ionizzanti: sono onde elettromagnetiche capaci di ionizzare la materia. Le più
comuni sono i raggi X utilizzati da molti anni nella diagnostica radiologica ed oggi soprattutto
nella tomografia assiale computerizzata (TAC).