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INTRODUZIONE
Il cambiamento organizzativo è un fenomeno pervasivo e continuo nelle organizzazioni
moderne, che caratterizza in via permanente il loro funzionamento. In passato era
considerato un fenomeno transitorio, vagamente pianificato e implementato, necessario
per l’adattamento del sistema alle mutate condizioni ambientali; oggi non può piø
considerarsi un evento eccezionale e perturbativo che si genera soltanto al fine di
ristabilire equilibri sistemici perduti, ma un evento che si produce in modo continuativo
mettendo alla prova l’efficacia e l’efficienza delle organizzazioni. Si tratta di un
fenomeno evolutivo, risultato della combinazione di forze endogene derivanti dal
contesto organizzativo interno e da forze esogene del contesto ambientale esterno.
Essendo il contesto caratterizzato da incertezza, imprevedibilità e turbolenza, le
organizzazioni devono essere in grado di esprimere un’elevata capacità di adattamento e
di comportamento proattivo. Tali caratteristiche ambientali derivano dalla
globalizzazione, che causa un’elevata correlazione ed interdipendenza dei mercati e
quindi l’intensificarsi della concorrenza, dagli sviluppi della tecnologia, dai trend
demografici, dall’evoluzione culturale e dei valori sociali e professionali che
comportano una modifica nei gusti dei consumatori sempre piø rapida. La capacità di
cambiamento diventa quindi la prima regola di un’organizzazione: le aziende, i gruppi,
gli individui, così come qualunque organismo vivente, sono in continuo cambiamento e
quando tale caratterista viene meno il soggetto scompare, poichØ il concetto di esistenza
è strettamente connesso con quello di cambiamento.
Le organizzazioni sono costrette a ricercare modelli, processi, meccanismi di
coordinamento e forme organizzative piø flessibili e dinamici e a gestire efficacemente
le risorse umane, poichØ dal loro contributo e dalla loro motivazione dipende in buona
parte il successo delle imprese. Affrontare e gestire i cambiamenti risulta spesso un
processo complesso e stressante che può generare negli individui diverse emozioni, che
vanno dal supporto alla resistenza. La resistenza rappresenta il principale motivo di
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fallimento di un processo di cambiamento e spesso, in seguito all’apprendimento della
notizia di un cambiamento organizzativo, si generano delle resistenze e degli elevati
livelli di stress, dovuti soprattutto all’incertezza in merito agli obiettivi e agli esiti futuri.
Gli individui sono quindi inizialmente riluttanti e resistenti verso il cambiamento; per
questa ragione le organizzazioni devono motivarli e stimolarli ad assumere un’attitudine
positiva e a sconfiggere la paura del cambiamento, caratteristica innata dell’essere
umano che è per sua natura orientato a conservare quanto ha raggiunto attraverso
l’esperienza. Sono le persone che costituiscono l’organizzazione a influenzarne i
risultati e in particolare per avere successo il cambiamento deve essere supportato da
coloro che ne sono coinvolti.
Nella presente ricerca si indaga l’orientamento individuale al cambiamento in relazione
alle caratteristiche del lavoro, quali l’autonomia, la sicurezza del lavoro, i rapporti con i
superiori e i colleghi, il carico emotivo del lavoro e le possibilità di crescita
professionale; inoltre si indaga la relazione tra orientamento individuale al cambiamento
e supporto organizzativo e dei superiori. Nel primo capitolo si cerca di inquadrare il
cambiamento organizzativo descrivendone le dimensioni, le tipologie, le fasi, i modelli
ricorrenti in letteratura e gli approcci di gestione; si introduce poi l’importanza
dell’orientamento individuale al cambiamento ai fini del successo dell’implementazione
di un processo di cambiamento organizzativo descrivendo come l’organizzazione può
stimolare tale attitudine positiva. Il secondo capitolo tratta delle pratiche gestionali del
cambiamento organizzativo: si fa in particolare riferimento alla necessità di adottare una
struttura organizzativa a supporto del cambiamento, coerente cioè con la necessità di
reagire sempre piø rapidamente; all’importanza del ruolo della leadership in un simile
processo, data la capacità dei leader di generare consenso, motivare, far crescere le
risorse umane trascinandole in modo convinto verso un fine. La conduzione di un
processo di cambiamento inizia con la definizione di una visione del futuro e delle
strategie necessarie a raggiungerla, passa poi attraverso l’orientamento delle persone, la
comunicazione e la motivazione per fare in modo che le persone si muovano nella
giusta direzione superando i vincoli e le resistenze al cambiamento. Si affronta poi il
tema della gestione delle risorse umane a supporto dei processi di cambiamento
cercando di individuare strumenti, metodi e processi per lo sviluppo della leadership e
per stimolo e la valorizzazione le capacità individuali delle risorse umane, quali la
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formazione, la comunicazione, la motivazione e supporti di carattere comportamentale -
psicologico e cognitivo - manageriale. Nel terzo capitolo si indaga il tema del
cambiamento organizzativo nell’ambito delle imprese sociali, in particolare delle
cooperative sociali. Nel quarto capitolo si svolge un’analisi empirica sui dati raccolti
presso due cooperative sociali, in particolare si analizza l’orientamento individuale al
cambiamento in relazione alle caratteristiche dell’organizzazione e della gestione delle
risorse umane.
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CAPITOLO I
IL CAMBIAMENTO ORGANIZZATIVO
1. Introduzione al Cambiamento Organizzativo
Lo scenario economico internazionale odierno è caratterizzato da un processo di
globalizzazione e allo stesso tempo di personalizzazione dei prodotti e dei servizi; la
tecnologia evolve continuamente riducendo così il ciclo di vita dei prodotti e
aumentando la necessità di innovazioni di prodotto e di processo; la distanza fisica non
rappresenta piø un limite per l’espansione delle imprese e la proprietà è sostituita dal
possesso. Cambiano le componenti del valore, le idee e i fattori intangibili sostituiscono
i beni materiali, la capacità di instaurare un rapporto a lungo termine con il cliente è piø
importante del mero scambio di beni.
In un contesto così complesso e incerto le organizzazioni devono essere in grado di
esprimere un’elevata capacità di adattamento e di comportamento proattivo, per questo
sono costrette a ricercare modelli, processi, meccanismi di coordinamento e forme
organizzative piø flessibili e dinamici. Devono inoltre instaurare un rapporto
cooperativo con gli altri attori facenti parte dell’ambiente di riferimento per lo scambio
di risorse e conoscenze. La creazione di una rete di relazioni che si basano su accordi,
alleanze strategiche e cooperazioni, permette alle organizzazioni di focalizzarsi sulle
conoscenze chiave e accedere a competenze esterne ad esse funzionali. Il valore della
conoscenza e la gestione del sapere attraverso l’apprendimento diventano un bene
sempre piø prezioso poichØ rappresentano la spinta allo sviluppo e all’innovazione,
fattori critici per il raggiungimento del vantaggio competitivo e per fornire risposte
efficaci alla continua e imprevedibile domanda di cambiamento. Una volta divenute
obsolete le conoscenze devono essere abbandonate e le organizzazioni devono
apprenderne e crearne di nuove, così come avviene per tutte le altre risorse componenti
della produzione (Frassetto, 2003).
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La capacità di cambiamento diventa la prima regola di un’organizzazione: i business
system, le aziende, i gruppi, gli individui, così come qualunque organismo vivente, sono
in continuo cambiamento; quando tale caratterista viene meno il soggetto scompare
poichØ il concetto di esistenza è strettamente connesso con quello di cambiamento
permanente (Consiglio, 2000). Nonostante il cambiamento sia una costante della nostra
vita, affrontare e gestire i cambiamenti risulta spesso un processo complesso e
stressante. Infatti è sì richiesta capacità di cambiamento ma allo stesso tempo è
necessaria anche una certezza delle regole, è necessario che struttura e comportamenti
siano flessibili ma anche obbligatorio rispettare standard certificati e riconosciuti, i
confini organizzativi devono essere mobili ma ci deve anche essere una definizione
chiara delle modalità di coordinamento da utilizzare, alla razionalità si accompagna la
necessità di interpretare e costruire il destino della propria realtà in modo creativo, per
cui risulta difficile trovare un equilibrio (Tosi, 2002).
Il cambiamento organizzativo è un fenomeno pervasivo e continuo nelle organizzazioni
moderne, che caratterizza in via permanente il loro funzionamento. In passato era
considerato un fenomeno transitorio, vagamente pianificato e implementato, necessario
per l’adattamento del sistema alle mutate condizioni ambientali; oggi non può piø
considerarsi un evento eccezionale e perturbativo che si genera soltanto al fine di
ristabilire equilibri sistemici perduti, ma un evento che si produce in modo continuativo
mettendo alla prova l’efficacia e l’efficienza delle organizzazioni. Si tratta di un
fenomeno evolutivo risultato della combinazione di forze endogene derivanti dal
contesto organizzativo interno e da forze esogene del contesto ambientale esterno
(Compagno, 1997). Piccardo e Colombo (2007), raccogliendo i contributi di vari autori,
individuano tre tipi di spinte al cambiamento: le spinte esterne, le spinte interne e le
spinte individuali. Le spinte esterne al cambiamento sono rappresentate dalla
globalizzazione, dall’introduzione e dalla gestione di nuove tecnologie, dalle
caratteristiche della forza lavoro e da forze derivanti da eventi politici e sociali quali le
guerre o le decisioni politiche internazionali. Le spinte interne derivano da problemi
connessi alla gestione delle risorse umane e dai comportamenti manageriali; rientrano
tra i problemi connessi con alla gestione delle risorse umane le percezioni dei
dipendenti in merito al lavoro che svolgono, al senso di equità, la soddisfazione al
lavoro e quindi anche la motivazione, l’assenteismo e il turnover, la produttività, piø in
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generale il coinvolgimento nel lavoro. Rientrano invece tra i comportamenti manageriali
i conflitti tra management e collaboratori, lo stile di leadership, il sistema retributivo, la
struttura organizzativa eccessivamente gerarchica. Infine le spinte individuali al
cambiamento riguardano per esempio la transizione di ruolo lavorativo, che implica un
periodo di perturbazione e rottura che trasforma le relazioni e le abitudini
dell’individuo. Rebora e Minelli (2007) interpretando la ricerca in materia raggruppano
le diverse spinte in due gruppi capaci di generare tensione strategica e pressione sulle
risorse. La tensione strategica deriva dalla variabilità e dall’incertezza che
caratterizzano l’ambiente, che sono fonti di opportunità e minacce per l’azienda. I fattori
che generano tensione strategica sono la concorrenza, gli sviluppi della tecnologia, i
trend demografici, l’evoluzione culturale e dei valori sociali e professionali. La
pressione sulle risorse (finanziarie, tecnologiche, umane) deriva piø direttamente dalle
vicende dell’organizzazione dalle quali possono derivare dei limiti alla disponibilità
delle risorse necessarie al suo sviluppo. La pressione, in pratica, può derivare dagli
assetti di governance e dalle decisioni, dalla scarsità di risorse, dalle situazioni di
emergenza o di crisi, dall’emergere di nuovi vincoli normativi.
Le organizzazioni sono sistemi sociali aperti, cioè integrati in un contesto turbolento e
imprevedibile, caratterizzato da un’elevata complessità e in continuo cambiamento;
l’elevata correlazione ed interdipendenza dei mercati e il contesto generale di
riferimento che cambia sempre piø velocemente, porta le organizzazioni ad assumere un
comportamento dinamico in continua evoluzione; per cui si trovano ad essere
inevitabilmente coinvolte in processi di cambiamento al fine di garantirsi la
sopravvivenza e la permanenza nel mercato. Il cambiamento organizzativo dipende
dalla complessità e dall’incertezza che caratterizzano il contesto di riferimento; esse non
alterano le tradizionali problematiche connesse alla progettazione organizzativa nØ la
ricerca del grado di coerenza tra strategia e struttura, ma mutano il grado di prevedibilità
dell’ambiente di riferimento e quindi limitano le capacità di interpretazione e di
previsione delle dinamiche evolutive dell’ambiente; pertanto non esiste la possibilità di
governare il cambiamento nel senso della predeterminazione dei comportamenti: le
organizzazioni devono fronteggiare la dinamica ambientale attraverso strategie che
divengono sempre piø emergenti, ovvero la strategia deliberata viene impostata in modo
generale lasciando che i dettagli si formino spontaneamente, permettendo libertà di
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adattamento alla dinamica dell’ambiente (Frassetto, 2003). Nonostante ciò il
cambiamento nelle organizzazioni può essere pianificato. Drucker (1981, p. 57) sostiene
che gli eventi unici, ovvero quelli che cambiano la configurazione in modo drastico,
“non possono essere pianificati. Tuttavia essi possono essere previsti, o meglio, ci si
può preparare a trarne vantaggio. Si possono avere strategie per il domani che
anticipano le aree in cui è probabile che si verifichino i maggiori cambiamenti, strategie
che mettono in grado un’impresa o una istituzione pubblica di trarre vantaggio
dall’imprevisto e dall’imprevedibile. La pianificazione cerca di ottimizzare domani le
tendenze di oggi. La strategia mira a sfruttare le nuove diverse opportunità di domani”.
Il cambiamento pianificato è il risultato di uno specifico sforzo da parte di agenti di
cambiamento nel momento in cui viene percepita una discrepanza in termini di
prestazione tra uno stato desiderato e lo stato attuale. L’obiettivo è quindi quello di
produrre benefici nella direzione dello stato desiderato e ciò richiede pianificazione,
razionalità e intenzionalità (Piccardo, Colombo; 2007). Il cambiamento non pianificato
invece si verifica spontaneamente e in modo del tutto casuale, senza l’attenzione di un
particolare agente di cambiamento; generalmente è indotto da fattori esterni, come forze
di mercato, crisi economiche o cambiamenti sociali. In questo caso l’organizzazione
deve agire immediatamente con l’obiettivo di minimizzare le conseguenze negative e
massimizzare per quanto possibile ogni beneficio eventuale (French et al, 2008). Molti
autori sostengono che solo nel primo caso si possa parlare di cambiamento
organizzativo, per esempio Quaglino (2007, p. 35) identifica il cambiamento
organizzativo “con quell’insieme di attività pensate e orientate dichiaratamente e
deliberatamente verso un obiettivo di mutamento dell’organizzazione”.
Molte delle teorie sul cambiamento pianificato prendono spunto da un modello mutuato
dalle teorie biologiche dell’adattamento degli organismi, il modello di Lewin (1951)
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poichØ risulta utile per comprendere dei processi di base che un’organizzazione può
impostare per ottenere un efficace cambiamento. Dal punto di vista biologico gli
organismi si adattano alle pressioni del proprio ambiente, quando l’organismo si è
adattato a tali pressioni per un periodo prolungato di tempo esso diviene resistente a
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Per approfondimenti si veda Lewin, K. (1951) Field theory in social science; selected theoretical
papers, D. Cartwright (ed.), New York: Harper & Row.
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qualsiasi cambiamento che sconvolga l’equilibrio raggiunto e affinchè si verifichino
cambiamenti in futuro sono necessari forti cambiamenti nell’ambiente. Il cambiamento
organizzativo può essere visto in questa prospettiva (Tosi, 2002). Usando la
terminologia di Lewin, affinchè si realizzi un cambiamento in un’organizzazione
devono esistere tre fasi:
1. Unfreezing
2. Transformation
3. Refreezing
Con la prima fase (Unfreezing o scongelamento) si mira a rendere le persone propense
al cambiamento e minimizzarne la resistenza; ciò implica che si provveda a creare,
attraverso opportune azioni di comunicazione dirette al personale e al management, una
motivazione diffusa e una disponibilità a cambiare lo status quo. Quindi lo
scongelamento del sistema rappresenta la significativa pressione che induce
l’organismo, di per sØ resistente al cambiamento, a cambiare. Motivare al cambiamento
è una fase necessaria a rendere i soggetti predisposti e capaci ad accogliere le
trasformazioni future e quindi a imparare nuovi concetti e prospettive e disimparare le
vecchie abitudini; questa è una fase critica poichè comporta incertezza, ansia, instabilità
e insicurezza. Molti processi di cambiamento falliscono semplicemente perchØ a monte
non c’è stato uno “scongelamento” adeguato; il concetto è quello di generare energia
per la trasformazione inducendo le persone a supportare il cambiamento. La
trasformazione è la fase in cui il cambiamento viene effettivamente implementato,
quindi si realizza l’insieme delle modifiche sulle persone, sulle mansioni, sulla struttura
o nella tecnologia, previste dal progetto di cambiamento. ¨ necessario passare alla
seconda fase soltanto dopo che si sono create le giuste fondamenta per il processo di
cambiamento attraverso la fase dello “scongelamento”. I manager devono diffondere
positività verso il cambiamento in modo che il personale a sua volta risponda in modo
positivo; la disponibilità all’ascolto, a fornire chiarimenti risultano quindi determinanti.
Infine, con la terza fase, il cambiamento viene reso permanente attraverso il processo di
ricongelamento. In questa fase è necessario evidenziare i risultati positivi che sono stati
raggiunti e fornire supporto per le difficoltà che sono state incontrate durante il processo
di transizione. Al termine del processo viene costituito un nuovo punto di equilibrio e i
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fattori ed i cambiamenti introdotti entrano a far parte dell’organizzazione in modo
organico e permanente.
Figura 1 - Evoluzione del processo di cambiamento
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Fonte: nostra elaborazione.
Come precedentemente visto il primo passo nel processo di cambiamento è lo
“scongelamento” del sistema per indurre successivamente la trasformazione. ¨ quindi
necessario conoscere le componenti organizzative chiave che possono essere
considerate le principali leve per attivare e condurre il cambiamento. Tra i fattori che
possono essere considerati tali Tosi (2002) indica il contesto, il management e le
capacità manageriali, la cultura organizzativa e il gruppo. Con il termine contesto si fa
riferimento agli aspetti che riguardano la storia dell’organizzazione, il rapporto con il
mercato di riferimento e gli stakeholder esterni. Se talvolta il contesto può rappresentare
un ostacolo per l’organizzazione, come nel caso di un piano regolatore che limita le
possibilità di crescita di un’impresa, ci sono situazioni in cui l’introduzione di leggi
(vedi deregulation) o la storia dell’organizzazione come fonte di apprendimento,
rappresentano una pulsione verso il cambiamento. Altro fattore che rappresenta una leva