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della soluzione.
Si propone quindi, per ovviare alle suddette difficoltà, l’utilizzo degli “algoritmi
genetici” per la risoluzione di tali sistemi di equazioni non lineari.
Si tratta di una metodologia sviluppata negli anni ’80 per risolvere svariati
problemi matematici caratterizzati da una spiccata non linearit�, in grado di
prescindere totalmente dall’assegnazione di un punto iniziale di ricerca.
In particolare, dopo aver esaminato nei primi due capitoli il problema generale
della progettazione delle reti idrauliche in pressione, si concentra l’attenzione, nel
resto di questo lavoro, sul problema specifico della verifica delle reti in pressione,
evidenziando come il sistema di equazioni su cui si basa la verifica della rete sia
anch’essa affetta dalle problematiche accennate di non linearità con le annesse
complicanze numeriche.
Si applicano allora gli algoritmi genetici alla risoluzione del problema di verifica
delle reti idrauliche in pressione, dall’implementazione dei quali emerge tuttavia un
evidente rallentamento progressivo della velocità di convergenza a fronte, comunque,
dei vantaggi legati alla capacità di determinare la soluzione “globale”.
Si decide pertanto di optare per una tecnica mista algoritmi genetici/metodo di
Gauss-Newton in modo da poter usufruire allo stesso tempo dei vantaggi degli algoritmi
genetici, capaci di determinare soluzioni “globali”, e dei vantaggi dei tradizionali
metodi di Newton, notoriamente molto efficienti.
Nell’algoritmo si sono implementate, inoltre, la possibilità di erogare portate
uniformemente distribuite lungo i tronchi e la possibilità di calcolare le perdite di
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carico con la formula di Colebrook allargando il campo d’investigazione del moto
anche al regime turbolento di transizione.
Il programma è infine testato su alcune reti, già risolte con altri metodi
“accreditati”, per confrontare i risultati.
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CAPITOLO I
Reti di distribuzione: il problema ingegneristico
Premessa
Si premette, innanzitutto, che la rete di distribuzione non è che una delle parti che
compongono un acquedotto di acqua potabile.
L’acquedotto è costituito schematicamente da un’opera di presa, una condotta di
adduzione esterna, un serbatoio, una rete di distribuzione interna e impianti privati di
consegna.
In questa tesi, come da premessa, ci si occuperà solo della rete di distribuzione
dell’acquedotto.
1.1 Ipotesi ingegneristiche
La prima ipotesi ingegneristica sulla rete di distribuzione è che sia una rete in
pressione.
Tale è ipotesi ha le seguenti motivazioni:
1) consentire la regolazione da valle delle portate ovvero far sì che le portate che
attraversano la rete siano funzione univoca della richiesta d’acqua istantanea delle
utenze (cioè del numero di rubinetti contemporaneamente in un certo istante),
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regolazione altrimenti attuabile solo in regime di corrente lenta.
2) consentire una maggiore flessibilità per il tracciato altimetrico in modo da poter
seguire il profilo delle strade attraversate, senza necessità di ulteriori scavi o rinterri con
i relativi costi, quando non risulti addirittura impossibile servire alcuni tratti della rete
con condotte a pelo libero per motivi altimetrici (eventualità che si verifica in special
modo in aree poco pianeggianti).
3) assicurare la potabilità dell’acqua in quanto l’acqua del terreno o l’acqua delle
eventuali condotte fognarie, essendo a pressione inferiore, non può infiltrarsi nelle
tubazioni.
4) proteggere la rete da manomissioni e attacchi esterni (per esempio avvelenamenti) in
quanto eventuali immissioni dovrebbero vincere la pressione interna dell’acqua
5) rendere più agevoli e snelle le opere di presa che non sarebbero più condizionate dai
livelli idrici della condotta.
Tale ipotesi consente già di definire il profilo altimetrico della rete in quanto esso
può ritenersi quasi sempre coincidente con il profilo altimetrico del terreno attraversato a
meno di una grandezza costante che è rappresentata dalla profondità di posa in opera
delle condotte.
La seconda ipotesi riguarda invece il tracciato planimetrico della rete che verrà per
lo più sovrapposto al tracciato della rete stradale già esistente per le seguenti ragioni:
1) evitare l’attraversamento di proprietà private (suoli o eventuali fabbricati) con i
conseguenti oneri di espropriazione fortemente incidenti sul costo totale dell’opera
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2) facilitare le operazioni di scavo e posa in opera essendo la strada il luogo più
facilmente raggiungibile dai mezzi di scavo e di trasporto delle tubazioni.
3) agevolare l’allacciamento alla rete da parte delle utenze private grazie alla facile
esecuzione degli scavi sul bordo stradale, nonché per le distanze modeste che
usualmente corrono dal punto di allacciamento all’erogazione vera e propria potendo
la rete anche seguire strade secondarie (reti di distribuzione III ordine).
Per quanto concerne la tipologia di rete si avranno due possibilità: reti ramificate e
reti a maglie chiuse o magliate.
Nelle reti ramificate, ogniqualvolta si verifichi un’interruzione per guasto o per
manutenzione in un punto qualsiasi della rete, resta senza fornitura d’acqua il tronco di
rete a valle del punto stesso con i gravi disagi che ciò comporta.
A questo grave inconveniente si può porre rimedio adottando il secondo tipo di reti:
a maglie chiuse.
La maglia chiusa permette all’acqua di raggiungere qualsiasi punto della rete
mediante più percorsi e quindi by-passando il punto di interruzione.
Difatti ciascun tronco della rete può essere percorso in due sensi creando così una
molteplicità di possibili percorsi ed elevando consequenzialmente l’elasticità e
l’affidabilità del sistema.
L’ultima delle ipotesi sulla rete di distribuzione concerne l’introduzione di una
nuova grandezza: la portata distribuita uniformemente lungo il percorso.
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Essa è chiaramente un’astrazione teorica in quanto nella realtà le portate
consegnate ai singoli utenti della rete sono prelievi concentrati nei punti di
allacciamento.
Per l’enorme difficoltà di poter prevedere a priori sia l’esatta localizzazione dei
punti di allacciamento sia le rispettive portate di consegna, si è introdotta la portata
uniformemente distribuita che si calcola assommando le singole portate consegnate in
tratto di condotta e quindi ipotizzando di distribuire tale portata in modo uniforme lungo
lo stesso tratto di condotta.
L’approssimazione che si compie nell’ipotizzare questo tipo di distribuzione è
ovviamente duplice.
In primo luogo, infatti, si approssima una serie discreta di distribuzioni con una
distribuzione continua. In secondo luogo si ipotizza che tale distribuzione continua sia
anche costante e pari alla distribuzione media delle distribuzioni puntuali nel tratto
corrispondente.
1.2 Definizione del comprensorio
Il passo successivo, nell’ambito delle ipotesi generali fin qui schematicamente
enunciate, è la definizione del comprensorio che la rete dovrà servire.
Si ipotizza in questa sede (al fine di poter meglio schematizzare la progettazione
dell’acquedotto) che si sia già stabilito, al momento della progettazione della rete, il
numero e l’ubicazione dei serbatoi, e quindi non si entrerà nel merito della scelta, né del
numero, né dell’ubicazione degli stessi, supponendo già risolta tale questione.
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1.3 Ipotesi sul tracciato della rete
Il passo successivo è il tracciamento della rete. Questa la si suppone suddivisa
gerarchicamente su più livelli o ordini.
La rete di I ordine corrisponde alle condotte di distribuzione principale del
comprensorio.
E’ questa la porzione di rete che segue le strade principali e che trasporta i più
elevati volumi d’acqua; viene usualmente progettata a maglie chiuse in quanto ad essa
si relega il compito di consegnare l’acqua alle reti di II e III ordine collegate in cascata
(la rete magliata assicura maggiormente la consegna delle portate in caso di guasti
localizzati)
La rete di II e III ordine hanno invece, usualmente, una struttura ramificata che
segue le strade di importanza minore, per giungere il più vicino possibile alle utenze
finali dell’acquedotto.
Si opta normalmente per una struttura ramificata per ovvi motivi di costo.
Difatti, eventuali rotture creerebbero disagi di entità molto più modesta (il bacino di
utenza a valle della rottura sarebbe alquanto limitato) e a cui sarebbe molto più semplice
porre rimedio (si tratta infatti di tubazioni di modesto diametro).
Da questo momento quindi si rivolgerà l’attenzione sulla rete principale (cioè di I
ordine) in quanto è per essa che si vengono a creare i maggiori problemi legati alla
progettazione essendo la sua struttura a maglie chiuse; mentre non crea particolari
difficoltà la progettazione delle rete secondaria e terziaria trattandosi, come appena
detto, di una struttura ramificata.
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1.4 Profondit� e modalit� di posa in opera della condotta
Terminata l’enumerazione delle ipotesi principali, il passo successivo consiste nello
stabilire il tracciato planimetrico e altimetrico della condotta.
Restando fedeli alle ipotesi fatte sinora, si fanno passare le condotte principali
dell’acquedotto lungo le arterie stradali principali della località in esame in modo che
esse formino un reticolo composto di maglie chiuse.
La profondità di scavo deriva invece da un’attenta analisi costi-benefici che metta a
confronto il costo dello scavo con i vantaggi derivanti da una maggiore profondità di
posa in opera quali: un miglior isolamento termico dell’acqua, una maggiore protezione
delle tubazioni dai sovraccarichi stradali e dalle possibili manomissioni esterne.
Inoltre la profondità sarà legata alla presenza concomitante di una fogna (nera).
Qualora sulla stessa strada si debba far passare sia la condotta dell’acquedotto sia
quella della fogna le norme raccomandano di porle in opera in due scavi diversi e
distanti tra loro ponendo la condotta della fogna ad una profondità maggiore rispetto
all’altra di modo che eventuali perdite della fogna (a pelo libero) non raggiungano
l’acquedotto.
Ove ciò non sia possibile, per motivi di spazio e di costo, è consentita la posa in
opera nello stesso scavo a condizione che la fogna si trovi sempre a quota inferiore
rispetto all’acquedotto e che le due condotte siano poste ad una certa distanza di
sicurezza.
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1.5 Studio demografico e urbanistico del comprensorio
Preliminarmente si effettua un attento studio demografico ed urbanistico della
località per poter determinare la popolazione residente, turistica e pendolare nonché
l’effettiva dislocazione sul territorio, nel periodo di vita dell’acquedotto.
Occorre conoscere la distribuzione degli abitanti di ciascun isolato; ove tali dati
non siano direttamente accessibili o esistenti, e stante l’importanza dell’opera, un studio
in tal senso può essere commissionato a parte.
Come ultima possibilità si possono utilizzare gli indici di fabbricabilità delle
singole zone del piano regolatore come stimatori, per quanto approssimati, della
popolazione residente.
Quindi si deve stabilire la vita dell’opera che si va a progettare. Si ipotizza che un
acquedotto abbia una vita media di 50 anni.
Occorre pertanto fare delle previsioni sia demografiche, al fine di determinare la
popolazione e quindi le portate da distribuire fino al termine della vita dell’opera, sia
urbanistiche, per poter stabilire come la popolazione futura sarà distribuita nelle aree di
espansione (a tal uopo è necessario consultare il piano regolatore della località).
1.6 Tracciato planimetrico della rete
Una volta nota l’effettiva distribuzione della domanda d’acqua sul territorio,
all’inizio ed al termine della vita dell’opera, occorre stabilire l’effettivo tracciato
planimetrico della rete. Questo passo della progettazione è probabilmente il più delicato.
Si premette che una rete magliata si compone di maglie chiuse, di nodi e di tronchi.
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Un nodo è un punto di confluenza di più condotte della rete; un tronco è un tratto di
rete che unisce due nodi adiacenti; le maglie sono costituite da più tronchi consecutivi
che formano un percorso chiuso.
Le maglie della rete andranno tracciate sul reticolo stradale avendo cura che tutti i
punti di consegna dell’acquedotto siano coperti dalle maglie ovvero che le distanze tra i
punti e la rete principale (da coprire mediante la rete di II e III ordine) non siano
eccessive.
Distanze elevate comporterebbero perdite di carico eccessive rispetto alla rete
principale rischiando di consegnare l’acqua con pressione troppo bassa o non riuscire a
consegnarla affatto.
La rete dovrebbe essere pertanto distribuita in modo uniforme sul territorio con una
densità del reticolo direttamente proporzionale al numero di utenze da servire nella
stessa zona ed indipendente dalle portate.
Queste ultime condizionano i diametri finali delle condotte mentre il numero di
allacciamenti per unità di area (sempre che essi siano distribuiti in modo all’incirca
uniforme nell’area in questione) condiziona la densità del reticolo.
Sarebbe inoltre opportuno che, trattandosi della rete principale (con portate e quindi
diametri rilevanti), essa percorra le strade principali sia per ragioni di spazio sia perché
le strade principali seguono usualmente percorsi poco tortuosi e sono ben collegate tra
loro.
Lo spazio è necessario per interrare i maggiori diametri, i pezzi speciali di
intersezione, intercettazione e derivazione per le reti di importanza inferiore, poiché gli
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allacciamenti alla rete degli utenti che si affacciano su tali strade non avvengono sulla
rete principale (per le difficoltà e gli inconvenienti che ciò comporterebbe), ma sulle
condotte della rete secondaria poste parallelamente alle condotte principali sulle stesse
strade e connesse ad esse solo in alcuni punti.
La strada deve poter quindi alloggiare entrambe le tubazioni più l’eventuale rete
fognaria. Esiste quindi un limite massimo per i diametri delle condotte connesso
all’ampiezza della strada, a sua volta funzione dell’importanza della stessa.
Per quanto concerne la dimensione ed il numero di maglie della rete principale si
evince che sarebbe opportuno, per motivi di affidabilità, progettare una rete con maglie
molto fitte (ossia piccole e numerose) assicurando a quanti più punti è possibile una
fornitura d’acqua senza interruzioni per guasti o manutenzioni.
Ciò evidentemente si scontra con l’esigenza di contenere i costi in quanto una rete
fittamente magliata è altamente ridondante e questo implica ovviamente costi maggiori
dovuti ai tronchi di tubazione aggiunti alla rete ramificata, cioè a maglie aperte, per
“chiudere” le maglie.
Come accennato in precedenza, le necessità economiche implicano che le maglie
siano abbastanza larghe (la magliatura si opera solo al livello di rete principale) e che il
resto della rete (condotte di secondo e terzo ordine) resti conformata ad albero.
1.7 Verifiche di pressione
A questo punto si introduce il problema della pressione dell’acqua nell’acquedotto.
Innanzitutto occorre verificare, per tutta la rete, non solo che le piezometriche non
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taglino mai le condotte, ma anche che esse non scendano mai sotto i 5 metri sopra il
piano stradale al fine di garantire che la condotta sia sempre in pressione e scongiurare
così la formazione di sacche d’aria nelle condotte e l’eventuale ingresso di sostanze
inquinanti dall’esterno.
Il progettista deve inoltre preoccuparsi che le portate consegnate all’utenza abbiano
valori di pressione soddisfacenti, ove per “valore soddisfacente” non si intende uno
specifico valore bensì un range entro cui la pressione possa variare.
Gli estremi del range dipendono dal tipo di utenza cioè dall’uso che si deve fare
dell’acqua, sebbene particolari esigenze di pressione siano da considerarsi a carico
dell’utente e non del fornitore nel senso che sarà cura dell’utente stesso, mediante
impianto privato di sollevamento, ottenere la pressione desiderata.
E’ il caso, ad esempio, delle elevate pressioni necessarie per un grattacielo o per un
impianto di irrigazione a pioggia (sempre che la rete in esame sia adibita anche ad uso
agricolo).
Il progettista dovrà curarsi invece dei casi più comuni, quali la consegna dell’acqua
a condomini di pochi piani.
Difatti, per i centri abitati, si richiede che la pressione di consegna, nelle ore di
punta, non scenda sotto i 5 metri dal rubinetto più alto del fabbricato idraulicamente più
distante dal serbatoio, al fine di poter assicurare acqua con sufficiente pressione anche
all’ultimo piano di tale edificio (per quanto riguarda l’altezza del fabbricato si fa
riferimento di solito alla tipologia media dei fabbricati del centro abitato).
Si richiede inoltre che nelle ore notturne, di minimo prelievo, le pressioni di
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consegna non superino i 70 metri dal livello stradale onde non provocare danni agli
apparecchi di erogazione (ad esempio la rottura delle guarnizioni) posti nei piani più
bassi dei fabbricati.
Infine, sempre nei centri abitati, è richiesta dai vigili del fuoco la verifica sulle
bocchette antincendio.
Si richiede che concomitantemente al prelievo normale di acqua (prelievo medio
nel giorno di massimo consumo) la pressione sulla bocchetta antincendio
idraulicamente più lontana sia di almeno 20 metri sul livello stradale.
1.8 Scelta dei diametri
Un ulteriore vincolo imposto alla progettazione riguarda la scelta dei diametri e
degli spessori delle tubazioni. E’ ovvio che le aziende produttrici non possono fornire
tutti i diametri possibili.
Del range di diametri compatibile con il materiale e con le sollecitazioni a cui la
tubazione andrà sottoposta, saranno disponibili al progettista solo i diametri
fondamentali: usualmente i valori disponibili sono multipli di 100,50,25 mm e
raramente di 10 mm (le graduazioni inferiori valgono ovviamente solo per i diametri
minori).
Il progettista è quindi vincolato ad impiegare per le tubazioni della rete solo i
diametri commerciali al momento reperibili sul mercato.
Inoltre, per i motivi accennati nel paragrafo 1.6, il diametro massimo utilizzabile
per ogni tronco di condotta è legato alla larghezza della strada su cui si vuole far passare
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la tubazione.
1.9 Scabrezza di progetto
Resta infine da considerare la problematica relativa alla scabrezza delle condotte. Il
coefficiente di scabrezza fornito dalla ditta è riferito alla tubazione nuova in quanto, con
l’usura, la scabrezza aumenta.
Ciò complica ovviamente la progettazione in quanto vincola la rete a dover
soddisfare tutte le condizioni di vincolo per la pressione, che si sono poc’anzi elencate,
durante tutta la vita dell’opera e quindi sia nella condizione di “tubi nuovi” sia in quella
di “tubi usati”.