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CAPITOLO UNO
IL GIOVANILESE: UN NUOVO GERGO?
1.1 La dimensione internazionale del linguaggio giovanile
Il primo studioso ad affrontare la questione della dimensione
internazionale dei linguaggi giovanili è stato Edgar Radtke (1992). Le
sue ricerche hanno messo in luce, agli inizi degli anni Novanta, due
aspetti ben precisi della dimensione internazionale delle varietà
giovanili: da un lato l‟esistenza di premesse socio-psicologiche che
sembrano essere, pur in contesti socio-culturali diversi, molto
omogenee; dall‟altro lato la tendenza ad accogliere e diffondere
elementi lessicali internazionali sentiti in contrasto con la lingua di
tutti i giorni.
I movimenti giovanili vanno intesi come internazionali prima di tutto
perché il loro status sociale in continuo mutamento, sotto qualsiasi
cielo, in qualsiasi nazione, ha favorito la formazione di un nuovo sub
standard linguistico che ha avuto, come prima conseguenza,
l‟erosione dei dialetti un po‟ ovunque. I giovani, proprio per marcare
la propria identità (sia dal punto di vista estetico attraverso varie
mode tra cui piercing, tatuaggi, abbigliamento specifico ecc), tendono
a distinguersi, anche linguisticamente, dagli altri gruppi e lo fanno sia
utilizzando gli stessi processi morfologici di formazione delle parole,
in particolare la suffissazione, che utilizzando figure retoriche quali la
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metafora e la metonimia. Le varietà giovanili sono anche ricche di
internazionalismi, grazie ai quali le nuove generazioni possono
soddisfare il loro bisogno di trovare contatti con l‟esterno e con
l‟ambiente internazionale poiché l‟Italia, ma il discorso vale per
qualsiasi altra nazione, viene sentita come una realtà troppo piccola,
ristretta, poco consona alle esigenze sovranazionali dei giovani. Sulle
nuove generazioni pesa in particolare l‟influenza della cultura
angloamericana. I prestiti linguistici in alcuni casi finiscono per essere
assorbiti a tutti gli effetti dalla lingua standard (come nel caso italiano
del termine “zapping”, che significa “cambiare di continuo il canale
televisivo”). In altri casi il prestito avviene per necessità ( è il caso,
nella lingua italiana, di parole come “bar”, “shopping”, concetti per i
quali non si dispone di altri sinonimi). Tutti gli altri casi sono quelli
che rappresentano la vera e propria dimensione internazionale del
linguaggio giovanile. Con specifico riferimento al linguaggio giovanile
italiano, sostituendo “ragazzo” con “boy”, o “città” con “city”, i
giovani si servono di un atteggiamento linguistico per superare sia la
conformità linguistica che la dimensione provinciale.
L‟americanizzazione delle mode musicali, comportamentali, culturali
dei giovani europei è un fenomeno macroscopico anche se
l‟anglomania, pur essendo un aspetto importante, non è tutto.
Non è infatti da ignorare l‟influenza esercitata da altre tradizioni
linguistiche tra cui, in particolare, lo spagnolo. In Italia già dai primi
anni Ottanta la rivista “Paninaro” , organo ufficiale del movimento
dei “paninari”
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, non solo documentava ma, addirittura, coniava la
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Con il termine paninaro si identifica una sottocultura giovanile nata a Milano nei primi anni
Ottanta e da lì diffusasi in tutta Italia. La caratterizzavano l’ossessione per le griffe
nell’abbigliamento, il rifiuto per la politica e uno stile di vita basato sul divertimento e la
spensieratezza. Il luogo più frequentato dal paninaro era ovviamente il fast-food. Il nome stesso
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connotazione ispanizzante facendone l‟elemento atto a individuare “il
vero uso paninarese”. Ed ecco che negli scritti dell‟epoca si
incontrano frequentemente forme ed espressioni quali: los dineros “i
soldi”, non tengo dinero “essere senza soldi”, andare alla playa, cuc(c)adòr
“chi ha fortuna con le donne” (Radtke, 1990, pp. 148-149). Il prestito
da una lingua affine, come è il caso dello spagnolo, potenzia la
dimensione ludica del linguaggio giovanile italiano. Lo spagnolo
assume la qualità di effetto deformante dello standard e, di
conseguenza, veicola effetti umoristici.
L‟altro aspetto comune ai linguaggi giovanili di tutta Europa che
emerge dalle analisi di Radtke è quello extralinguistico e fa riferimento
ai parametri offerti dalla sociolinguistica all‟analisi linguistica delle
varietà giovanili: il nesso fra realtà e identità, il territorio come
categoria della cultura giovanile, la ribellione (radicale) o, al contrario,
l‟attaccamento (radicale) alla tradizione, la nostalgia per un mondo
idilliaco, il narcisismo, i consumi, la tecnica del mascheramento, il
senso di frustrazione, la ricerca di un proprio status, di una propria
identità e il rafforzamento del senso di appartenenza ad un gruppo.
del movimento giovanile deriva dal bar milanese “Al Panino” (Piazza Liberty). Al movimento dei
“paninari” era legata la rivista a fumetti “Il Paninaro”
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1.2 L’evoluzione storica del giovanilese italiano
e le periodizzazioni proposte negli anni Novanta
E‟ difficile ripercorrere la storia del linguaggio giovanile in Italia. Almeno
fino agli anni Novanta mancano ricerche e dati diacronici, esistenti
invece per i linguaggi giovanili di altre nazioni. Qualche dato generale
possiamo però averlo: il fatto che il linguaggio giovanile si sia diffuso in
concomitanza con l‟abbandono da parte del dialetto come lingua
espressiva ed affettiva e il fatto che abbia avuto nelle città e nei grandi
centri urbani, soprattutto a Nord, il suo principale perno. Fino agli anni
Novanta gli studiosi di linguistica e comunicazione avevano a
disposizione solo molte fonti indirette provenienti per lo più dalla
stampa studentesca, dalla letteratura, dal cinema ed è partendo da tali
fonti che alcuni di loro hanno tentato di fornire una serie di
“periodizzazioni” del fenomeno. La prima, che risale al 1992, è quella di
Coveri, il quale suggeriva di considerare il ‟68 e il ‟77 come due anni
cruciali per l‟evoluzione storica del “giovanilese”, anni a cui risalgono le
due prime grandi raccolte complessive di termini giovanili. La prima,
intitolata Il Mercabul, del giornalista Cesare Lanza (1974, poi ristampata
nel 1977), elencava, senza indicazione di fonti, di localizzazione e di
ambiti d‟uso, gergalismi vecchi e nuovi, dialettismi, forme dell‟italiano
popolare; la seconda, Pesta duro e vai tranquillo, di Manzoni e Dalmonte
(1980), tracciava perlomeno il ritratto linguistico di un ambiente ben
preciso, il DAMS di Bologna, ma proprio per questo la raccolta era
insufficiente a rappresentare una tendenza di tipo nazionale.
Una seconda periodizzazione, che prende spunto da quella fornita da
Coveri, è quella di Sobrero (1992, pp.45-57) , il quale ha proposto di
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ampliare il numero di fasi del fenomeno giovanile fino ad individuarne
quattro: la goliardia pre-‟68, il sinistrese legato alle rivolte studentesche
del „68, il riflusso (dalla fine degli anni ‟70) con il suo conseguente ritorno
al privato, e il post-moderno (paninari, punk, dark, ecc.). Cortelazzo,
riprendendo la classificazione di Coveri e inserendovi le integrazioni di
Sobrero, è arrivato a formulare una terza periodizzazione (Cortelazzo,
1994). Tale periodizzazione includeva una prima fase coincidente con gli
anni precedenti al ‟68, contrassegnati dalla centralità, sia pure in negativo,
dell‟istituzione scuola e, quindi, da un linguaggio paragoliardico; una
seconda fase, quella del ‟68, centrata sul politico e quindi linguisticamente
coincidente con la lingua dei movimenti di contestazione del tempo e
con vistosa terminologia sociologica, psicoanalitica e sindacale; una terza
fase, quella del ‟77 e oltre, dominata dal ritorno al privato, dal parlare di
sé che ha trovato espressione nelle radio private; e, infine, una quarta
fase: il post-moderno degli anni Ottanta, caratterizzato dalla presenza di
gruppi, modi di vestire, di parlare, luoghi e modalità di incontro ben
definite e spesso in opposizione tra di loro (paninari, punk, dark ecc). La
seconda fase di questa periodizzazione, il ‟68, rappresenta, a suo avviso, il
vero momento di rottura di una sostanziale continuità nell‟esistenza di
un linguaggio giovanile.
L‟ ultima e più recente periodizzazione è quella proposta nel 2004 da
Ambrogio e Casalegno nell‟introduzione di Scrostati Gaggio! Dizionario
storico dei linguaggi giovanili. Le fasi individuate nell‟introduzione al
dizionario sono le seguenti: un primo periodo, precedente al ‟68, in cui, a
loro avviso, il linguaggio giovanile coincideva con il gergo studentesco;
un secondo periodo che abbraccia l‟arco temporale compreso tra il ‟68 e
il ‟77, in cui si assiste alla preminenza del politico e della lingua della
contestazione; un terzo periodo che si estende dalla fine degli anni ‟70
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agli inizi degli anni ‟80 e coincide con un ritorno al privato; e, infine, un
quarto e ultimo periodo che inizia negli anni ‟90, durante il quale si
assiste ad una polverizzazione di modelli, gusti e tendenze e, soprattutto,
ad un ritorno all‟attività politica questa volta, però, in ambito pacifista e
no-global
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.
Rispetto al passato, oggi le cose sono cambiate o stanno comunque
cambiando perché nessuno mette più in dubbio la centralità del
fenomeno giovanile nella società e perché il linguaggio giovanile, che è
sempre esistito come controcanto alternativo o più spesso scherzoso a
quello dei grandi, è passato dalla periferia al centro del repertorio
linguistico italiano, dai margini della lingua al suo cuore.
1.3 Differenze e affinità tra gergo e giovanilese
La cripticità dei linguaggi giovanili è tale da aver indotto gli studiosi che
si sono occupati dell‟argomento a classificarli, inizialmente, come gerghi
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,
ma è poi stato notato che il “giovanilese” non ha come funzione
primaria quella di produrre una comunicazione incomprensibile agli
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Il termine globalizzazione, di cui si parla molto negli ultimi anni, indica il fenomeno di crescita
progressiva delle relazioni e degli scambi a livello mondiale in diversi ambiti, il cui effetto
principale è una decisa convergenza economica tra vari paesi. I movimenti no-global sono tutti
quei gruppi e quelle organizzazioni non governative che si oppongono alla globalizzazione.
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Tra le varie definizioni di gergo proponiamo quelle di Maurizio Dardano e di Gaetano Berruto.
“Il gergo è una lingua convenzionale, parlata da un gruppo più o meno ristretto di persone con
l’intento di non farsi capire dagli estranei e di marcare l’appartenenza al gruppo stesso”
(Dardano, 2007, glossario). Berruto definisce il gergo “una varietà di lingua che è marcata al
tempo stesso in diafasia (in quanto è impiegata solo in determinate situazioni) e in diastratia (in
quanto si forma all’interno di un certo gruppo sociale, e ne diventa contrassegno tipico); che è
caratterizzata da un lessico spesso difficilmente decodificabile dai non appartenenti al gruppo”
(Berruto, 2004, 2008)
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adulti ed è così che si è iniziato a considerare i linguaggi giovanili come
“varietà”
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della lingua.
Mentre altre lingue rivendicano in sé una tradizione storica del linguaggio
giovanile, non esiste per l‟italiano una simile documentazione diacronica.
Il sorgere di varietà giovanili sembra essere rintracciabile solo dopo la
seconda guerra mondiale.
Negli ultimi venticinque anni, per la prima volta nella storia della
linguistica italiana, si è iniziato a parlare del linguaggio giovanile come
una varietà che non è marcata né a livello diatopico (quindi in base alla
provenienza geografica) né a livello diastratico (strato sociale). Le varietà
giovanili hanno riempito il vuoto diafasico lasciato da una vitalità
dialettale in forte regressione.
In Italia il linguaggio giovanile non è sorto dappertutto nello stesso
momento. I giornalisti ne hanno osservato le prime tracce soprattutto nel
Nord. Il prestigio di certi movimenti come quello dei “paninari”,
movimento nato nella Milano dei primi anni Ottanta, si è diffuso, non a
caso, da Nord a Sud portando con sé la scìa del suo gergo. E fu così che,
proprio in quegli anni, oltre alla diffusione di uno stile di vita che
rifiutava l‟impegno sociale e gli aspetti più angoscianti della vita per
assaporarne così solo il lato più effimero, dal punto di vista linguistico
voci come cuccare ( “prendere in giro”) ricevettero da Milano un nuovo
impulso per un rilancio a livello nazionale.
Da quanto emerge dalla letteratura di riferimento, il linguaggio giovanile
non è da ritenersi un gergo quanto piuttosto un modo di comunicare, ma
comunque condivide con i gerghi la funzione principale: quella sociale di
affermare il senso di appartenenza al gruppo e di delimitazione del
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Per varietà si intende la forma di una data lingua utilizzata dai parlanti stessi. Le varietà si
studiano e si caratterizzano lungo gli assi sociolinguistici diastratici, diafasici, diamesici e diatopici
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gruppo verso l‟esterno. Non sono invece comuni ai gerghi le altre due
funzioni ricoperte dal linguaggio giovanile: quella ludica e quella
personale, di affermazione, cioè, sia della propria autonomia nei
confronti degli adulti che della propria personalità all‟interno del gruppo.
Il gergo è una varietà di una lingua marcata sia in diafasia (in quanto è
impiegata solo in determinate situazioni) e al tempo stesso in diastratia
(in quanto si forma all‟interno di un determinato gruppo sociale del quale
ne diventa poi contrassegno tipico). Il giovanilese non mira né alla
stratificazione sociale né tantomeno all‟emarginazione (tipica invece di
alcuni gruppi di gerganti quali i mendicanti, i malavitosi, i drogati ecc). Il
linguaggio giovanile mira a differenziare l‟uso contestuale-situazionale,
per questo lo si colloca più nella dimensione diafasica.
A proposito del gergo e delle sue peculiari caratteristiche Carla Marcato e
Glauco Sanga hanno sottolineato come il gergo sia “una lingua
particolare, diversa dall‟italiano e dai dialetti
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, propria delle classi
marginali” e come i gerganti “si riconoscano subito dall‟aspetto, ma, se vi
fosse qualche dubbio, ci si può rivolgere in gergo alla persona interessata
così da poterne testare l‟identità” (Marcato, 2002; Sanga : Sobrero, 2003)
Entrambi individuano un uso proprio del termine gergo che fa
riferimento alla lingua dei gruppi sociali marginali, e uno improprio,
quello cioè che fa riferimento al linguaggio settoriale o tecnico ( il gergo
dei giornalisti, quello sportivo ecc). Nonostante il linguaggio giovanile
condivida con i “gerghi in senso proprio” i procedimenti di formazione
delle parole, tuttavia il termine gergo, a proposito del linguaggio
giovanile, si usa a loro avviso spesso in senso improprio.
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Il dialetto secondo la definizione proposta da Gaetano Berruto è “una lingua che ha fatto
carriera” e la differenza rispetto alla lingua ufficiale di una determinata nazione è di tipo
“quantitativo e non qualitativo” in quanto “la lingua ha una diffusione geografica più ampia
rispetto a quella del dialetto” (Berruto, 2004, 2008)
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1.4 Caratteristiche sociolinguistiche, fonti e funzioni delle
varietà giovanili
Nell‟affrontare la tematica del linguaggio giovanile si deve tener presente
che il legame che unisce i vari socioletti si basa esclusivamente sul fatto
che una generazione produce una varietà linguistica in contrasto con la
lingua comune, anche se in realtà è difficile presupporre un livello
omogeneo comune a quattordicenni e ventenni. In ogni caso esiste tutta
una serie di fattori che condizionano la variabilità all‟interno di questa
varietà globale dei giovani:
1. Di ordine diatopico
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: Ogni lingua varia attraverso lo spazio e a
seconda della provenienza geografica il parlante adotta determinati
regionalismi piuttosto che altri. In Italia la maggiore presenza del
linguaggio giovanile nel Settentrione ha determinato un dislivello
geografico che si è manifestato attraverso il ruolo egemone delle
varietà settentrionali, che hanno fissato l‟uso per il resto d‟Italia (si
pensi al lessico dei paninari). La letteratura di riferimento utilizzata
per lo studio e l‟approfondimento del linguaggio giovanile sembra
condividere l‟opinione che il “giovanilese” riempia il vuoto
diafasico lasciato da una dialettalità in forte regressione. Sebbene
le nuove generazioni siano sempre più italofone, qualche elemento
dialettale si trova in quasi tutti i gruppi giovanili. La funzione dei
dialettalismi non è generalmente quella di inserti neutri quanto
piuttosto quella di elementi marcati in senso espressivo o usati
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La terminologia qui adottata è stata coniata sul modello sassuriano di diacronia/sincronia dal
linguista Eugenio Coseriu