CAPITOLO 1: IL NEOREALISMO
«Aderire alla realtà come il sudore alla pelle»
Cesare Zavattini
1.1 La nascita del Neorealismo
Il termine Neorealismo si inizia ad usare negli anni ‟20 con
riferimento alle tendenze artistiche del tempo e alla parola tedesca
Neue Sachlichkeit (Nuova oggettività). Ha anche altri nomi come
neoverismo e neonaturalismo, ad indicare opere con un marcato
interesse per la rappresentazione di una realtà sociale e concreta.
Chi lo usa in modo nuovo nel 1942 è il montatore cinematografico
del film “Ossessione” di Luchino Visconti e già dopo il 1943 il
termine si estende anche nell‟ambito letterario con diverse
interpretazioni e sovrapposizioni con altri termini: realismo in
generale, social realismo, realismo socialista.
La datazione di questo movimento può essere catalogata dall‟età
che va dal 1943 al 1949 anche se, sul finire degli anni ‟30, si sente
già parlare di “nuovo realismo”.
L‟Italia, paese ospitante del movimento fascista, è anche una delle
nazioni che si ribellano ad esso. La rivolta contro il potere
dominante è stata di vitale importanza per ciò che il Paese è stato
poi in grado di dire all‟Europa col movimento neorealista.
Il neorealismo italiano trova le sue origini prima della guerra e
della resistenza.
Già nel 1929 e nel 1930 Moravia e Silone, rispettivamente con “Gli
indifferenti” e “Fontamara”, mostrano al popolo italiano ciò che il
regime fascista stava cercando di nascondere dietro ai cosiddetti
film dei“telefoni bianchi”. Un mondo costruito, che occulta gli
orrori del regime.
Un altro momento significativo nell‟evoluzione storica del
neorealismo sono gli anni „48/‟49 in cui due avvenimenti danno
una svolta a tutto il movimento: nel 1946 l‟Italia vota con suffragio
universale la Repubblica e nel 1948 la Democrazia Cristiana
ottiene la maggioranza assoluta. Questo fatto dimostra che,
mentre lo stato borghese moderno sta nascendo a sinistra, in Italia
si conferma un sistema capitalistico anticomunista e indirizzato
verso il centro-destra.
Il protagonista del secondo avvenimento importante è il PCI, che
aveva impegnato tutte le sue forze nel movimento contro fascisti e
nazisti, e che si dedicò agli intellettuali tanto che questi iniziano a
prenderlo come punto di riferimento obbligato.
La problematica relativa all‟impegno politico è uno dei temi più
discussi ed importanti della storia del neorealismo poiché
coinvolge tutti gli intellettuali del tempo.
Dal punto di vista letterario il fatto più importante è la
pubblicazione dei Quaderni del carcere di A. Gramsci, portata a
termine tra il 1947 e il 1951.
Gramsci invita gli intellettuali a entrare in contatto con la realtà
del paese, promuovendo una riforma della società che prevedesse
di schierarsi dalla parte delle classi subalterne. Non si vuol dire
con questo che nel periodo precedente non ci fossero posizioni
politicamente e ideologicamente orientate, ma che il modo di
creare e di raccontare aveva origini diverse e profondamente
ancorate ad un sentire comune di cui il poeta si faceva interprete.
L‟essere usciti da un‟esperienza comune, ristabilisce una
comunicazione tra lo scrittore e il suo pubblico. Si è alla pari. Tutti
hanno storie da raccontare, la rinata libertà di parola dà alla gente
la possibilità di rendere partecipi tutti della propria esperienza.
Il 1945 è una data di confine per l‟Italia e per il resto del mondo. E‟
la data della fine della Seconda Guerra Mondiale, è la data della
Liberazione.
Durante la guerra il mondo civile e quello intellettuale si sono
trovati a combattere fianco a fianco contro il nemico comune.
Il popolo, stremato dagli orrori bellici, riscopre la narrazione. Il
neorealismo nasce proprio da questo desiderio di raccontare,
cercando la verità. La ricerca della verità di ripercuoterà in tutte le
forme d‟arte, dal cinema alla pittura, dalla fotografia alla
letteratura. L‟irruzione del vissuto impone la scelta della casualità
e dell‟arbitrio che, nel cinema, vuol dire la ricerca di riprese
quanto più vere possibili. Si cerca dunque di limitare le location
d‟interni dando maggior spazio alle vedute di strade, piazze dei
quartieri di periferia. Anche la recitazione subirà un mutamento
sostituendo il rigido copione con dialoghi spontanei, improvvisati,
scritti a contatto con la folla.
Tanto la filmografia che la letteratura del neorealismo affrontano
in molte opere il problema della miseria e delle difficili condizioni
delle classi disagiate. Si può dire che la stragrande maggioranza
dei film e delle opere letterarie, qualunque fosse la loro tematica
fondamentale, hanno toccato il problema della misera materiale e
spirituale della popolazione italiana negli anni difficili del
fascismo, della guerra e del dopo guerra.
Nella letteratura autori che maggiormente si interessano di questo
argomento sono prima della guerra, i meridionalisti (come Carlo
Levi ad esempio), che hanno denunciato le condizioni di
arretratezza del sud, mentre durante e dopo la guerra prevalgono
altre tematiche, come quelle dell‟antifascismo, della resistenza e
della lotta politica.
Nella filmografia assume particolare rilievo il problema della
miseria presente in opere come Sciuscià, Ladri di biciclette, Miracolo
a Milano, L’oro di Napoli, La ciociara di De Sica e La terra trema di
Visconti. Germania anno 0 di Rossellini resta invece l‟unico caso in
cui un regista italiano si occupa delle difficoltà e dei problemi
della ricostruzione in Germania, ma anche perché per la prima
volta le difficoltà dell‟immediato dopoguerra sono analizzate e
rappresentate anche dal punto di vista del popolo tedesco,
considerato da tutti responsabile del dramma della Seconda
Guerra Mondiale, ma che in realtà ne ha solo subito le
conseguenze.
La resistenza è stata l‟ultima e più drammatica fase della lotta
contro il fascismo e l‟antifascismo in Europa durante la guerra.
In Italia l‟esperienza della resistenza comincia dopo che la caduta
del fascismo (25 luglio 1943) e l‟armistizio (8 settembre 1943)
trasformano le forze tedesche da alleate in forze di occupazione
con la conseguente lotta partigiana contro la Repubblica di Salò.
Ad uno studio odierno, è evidente che la letteratura sulla
resistenza e quella sull‟antifascismo hanno molte caratteristiche
comuni, ma una si distingue per alcuni elementi particolari: forte
desiderio corale di raccontare le esperienze vissute durante la
guerra e l‟esperienza partigiana, maggiore intensità
nell‟approfondimento dei valori umani e morali che sono stati alla
base della resistenza, e infine l‟espressione di una maggiore
consapevolezza politica che ha portato molti intellettuali ad
aderire al PCI che ha avuto un ruolo fondamentale nella lotta per
la liberazione.
Anche la filmografia del neorealismo ha affrontato il problema
della resistenza con opere di grande valore artistico, di cui alcune
originali, come Roma città aperta e Paisà di Rossellini.
1.2 Il neorealismo in fotografia.
La fotografia non ha mai avuto nomi o opere capitali paragonabili
anche lontanamente a quelle del cinema.
Se la fotografia fosse in prevalenza una questione di “nomi” e di
“stili”, secondo la concezione che viene ormai definita “autoriale”,
i suoi “nomi” e i suoi “stili” dovrebbero sempre essere collocati
uno o più gradini sotto quelli del cinema a distanza anche
cronologica.
La fotografia è concepibile come funzione, comunicazione,
rappresentazione, i tre termini chiave che sintetizzano le modalità
secondo le quali il neorealismo ha guardato ad essa, prendendola
a modello per il raggiungimento di determinati intenti. Rispetto al
cinema, la fotografia neorealista del decennio d‟oro del
neorealismo interessa solo ad una cerchia ristretta di
appassionati.¹
Prima ancora di Paul Strand era la fotografia senza “nomi” e senza
“stili” che affascinava Cesare Zavattini, uno tra i maggiori
esponenti del neorealismo cinematografico. Grazie anche a
Zavattini nasce “Tempo” (1939-1943), rotocalco italiano di epoca
fascista e post-fascista. Cerca nel fotogiornalismo un certo tipo di
rappresentazione.
La comprensione del rapporto tra la fotografia e il neorealismo
diventa più approfondita quanto più ci si allontana dai binari
adottati da coloro che fino ad ora hanno scritto la storia della
fotografia. L‟Italia era ancora legata al culto della propria arte
tradizionale (scultura e pittura in primis). Se il cinema ce l‟aveva
fatta era soprattutto grazie alla sua artificiosità². La fotografia è
discordante col regime fascista, si può dire che la fotografia
fascista è non-fotografia. Fotografia è sinonimo di libertà. Il regime
l‟ha comunque utilizzata durante il decennale della Marcia su
Roma come comunicazione visiva. Diventa lingua per gli occhi e
per le menti. La fotografia assume una funzione politica di enorme
portata. Dopo il 1932 gi italiani sono vittime della multimedialità.
Il fascismo privilegia la cultura popolare. Come tutte le dittature
cerca di educare il popolo al proprio volere.
Il nesso di comunanza fra cinema e fotografia all‟interno della
vicenda neorealista, risale a ragioni più profonde e strutturali di
quanto non sia stato fatto finora. La visione nettamente prevalente
nel modo di interpretare questa comunanza si è accontentata di
valutare le analogie di superficie nei caratteri generali che le
rappresentazioni fornite da cinema e fotografia hanno espresso. Si
può definire neorealista qualunque fotografia capace di
condividere con il cinema determinati contesti sociali di natura
popolare.³
Nel decennio d‟oro del neorealismo fondamentale è l‟immagine
dell‟Italia che hanno saputo dare i fotografi stranieri. L‟Italia
popolare alla quale i fotografi italiani e stranieri fanno riferimento
è la stessa, anzi, gli stranieri sono i primi a mostrare la miseria
nella quale erano caduti gli italiani.
Sono stati i fotografi a seguito delle truppe alleate che hanno
risalito l‟Italia dalla Sicilia verso Roma a diffondere le immagini
degli orrori bellici.
La fotografia è comunicazione visiva. Si stabiliscono rapporti di
intermedialità fra cinema, fotografia, fotogiornalismo, mostre di
propaganda, fumetto, ma anche tra forme mediatiche poco
conciliabili
4
.
In questo sistema multimediale, come già detto in precedenza, la
fotografia stabilisce un rapporto di speciale comunanza con il
cinema.
Terra di frontiera del sogno dell‟umanesimo moderno, lo scenario
della provincia vede negli anni ‟50 una nutrita schiera di
viaggiatori incantati che accendono l‟universo narrativo della
fotografia del neorealismo di splendide costellazioni mitiche
quando già quei mondi, riflessi e custoditi nello specchio
dell‟immagine, sono, come le stelle, già estinti o in via di
estinzione. Lo scenario della provincia si configura come
l‟orizzonte unitario dell‟eterogeneità di stili, di esiti espressivi e
formali della fotografia, la quale ne accoglie la sfida e ne tenta il
rilancio, dando forma a un atlante della provincia italiana. L‟Italia
è protagonista di un miracolo economico avvenuto a tempo di
record, ma il prezzo del progresso è stato la scomparsa del suo
passato.
La fotografia diventa protagonista di una nuova comunicazione
urbana.
L‟indicazione più corretta a stabilire l‟identità fra la fotografia e la
percezione è data, nel 1932, da Gio Ponti su “Domus”. Ponti
afferma che la fotografia nega il contatto diretto col mondo. Tutto
ciò che ci sta intorno finisce con l‟essere visto attraverso l‟obiettivo
Molti fotografi di provincia proprio per evitare la definitiva
scomparsa del passato dell‟Italia diventano dei narratori
d‟immagini, siano essi sedentari come Mario Giacomelli, Enrico
Pasquali, Enzo Sellerio, oppure nomadi come Carlo Bavagnoli,
Pietro Donzelli, Franco Pinna, Ferdinando Scianna.
5
Di tanti ribelli d‟Oltreoceano approdati in Italia e destinati a creare
il mito dell‟artista déraciné alla ricerca di una frontiera, uno in
particolare era destinato a esercitare una profonda influenza nella
giovane bohème intellettuale: Walker Evans. Il libro che raccoglie
il suo racconto per immagini è American photographs, pubblicato a
New York nel 1939.
Evans è stato il primo fotografo a gettare il ponte tra America e
Europa. Sbarca nel 1926 e scopre la vita artistica di Parigi.
L‟incontro decisivo per il suo mestiere è la fotografia di Atget: una
città, Parigi, sorpresa negli aspetti più dismessi.
Nei sette anni successivi migra per l‟America raccogliendo
materiale finché, nel 1938, il MOMA gli permette di dar forma al
suo lavoro con una mostra il cui tema narrativo è: la strada.
6
American photographs è recensito nel 1939 sulla rivista “Corrente”.
Questa sorta di album della provincia americana provoca sul
giovane Alberto Lattuada, redattore della rivista, fotografo e
critico cinematografico per le riviste “Domus” e “Tempo”, una
forte reazione visiva.