7
ad altrettante interpretazioni: purificazione, esilio, avventura o semplicemente
svago e vacanza. Ho tracciato in seguito l'evoluzione del viaggio dal punto di
vista letterario citando i nomi dei maggiori esponenti di questa letteratura sia in
campo inglese che in quello ispano-americano. Ho proseguito analizzando la
Patagonia, una terra mitologica, in cui si avvistano ancora balene e pinguini,
ma che per molti è ancora una regione sconosciuta. Per i nostri due autori, la
Patagonia è il punto di partenza ma anche quello di arrivo, non solo hanno
scritto dei capolavori sulla regione ma vi hanno vissuto, viaggiato o vi sono
nati.
L'analisi di questa terra estrema è stata condotta sotto vari profili:
geografico, storico, politico, mitologico e letterario.
Il secondo capitolo è incentrato tutto sulla figura di Bruce Chatwin, nato
nel 1940 e morto nel 1989. Nato, quindi, durante la seconda guerra mondiale,
cresciuto nel clima della ricostruzione, maggiorenne ai tempi della Swinging
London, Chatwin ebbe poco a che spartire con i miti e i riti della sua
generazione. Si ispirava al mondo della gioventù, pieno di vita, un modello
alternativo per uomini e donne.
La sua breve vita è stata caratterizzata da varie attività, a volte in
contrapposizione tra loro; lavorò presso la casa d'aste, studiò archeologia, fu un
8
giornalista affermato, ma la sua grande passione era il viaggio. Voleva
viaggiare e descrivere la vita che conducevano i nomadi, nonché la natura e le
culture degli altri paesi, gli interessavano soprattutto le vite degli emarginati,
delle persone che vivevano ancora in modo primitivo a stretto contatto con la
natura. Il suo obiettivo dal punto di vista letterario era di scrivere un libro sui
nomadi, The Nomadic Alternative. Non ci riuscì, ma nelle altre opere, come in
In Patagonia, ritroviamo i concetti che avrebbe voluto esporre in quel libro, e
le motivazioni dei suoi viaggi. Bruce morì in un periodo di trasformazione
dell'Europa centrale, ma prima della rivoluzione in campo tecnologico; odiava i
computer come odiava la combustione della benzina, ma per certi versi si può
definire il precursore dell'età di Internet in quanto Bruce aspirava ad un mondo
senza barriere che dava, così, accesso a diverse culture.
Ho affrontato il terzo capitolo dedicato a Luis Sepúlveda allo stesso
modo. Scrittore cileno, legato alla sua terra natia che per questioni politiche ha
dovuto abbandonare in giovane età, pur senza averla mai dimenticata.
Politicamente attivo da sempre, Sepúlveda fu nella guardia personale di
Salvador Allende, contro il regime di Pinochet. Imprigionato per sette mesi, fu
liberato grazie all'UNESCO; dopo aver peregrinato per sette anni si imbarcò
con Greenpeace per una giusta causa: la salvaguardia della natura. Scopriamo
9
tutta la sua vita nelle opere quali Frontera Extraviada, El mundo del fin del
Mundo e Patagonia Express, in cui, inizialmente, dà conferma dell'incontro
avvenuto in Spagna con Chatwin.
L'ultima parte del lavoro riguarda le differenze e le analogie tra i due
autori sia per quanto riguarda la vita e la produzione letteraria sia per quanto
riguarda la loro concezione della Patagonia, come riflessa nelle loro opere.
I due scrittori-viaggiatori sono, oggi, dei colossi della narrativa
moderna, che sono riusciti a trasmettere al pubblico non solo le immagini dei
posti che hanno visitato, ma anche i loro sentimenti e stati d'animo; le loro
opere riguardanti la Patagonia ci hanno riferito quanto questa terra sia
sconosciuta e, quanto sarebbe entusiasmante poterla visitare.
CAPITOLO I: il viaggio
1.1. PER UNA STORIA DEL VIAGGIO
La storia del viaggio ci permette di individuare certi aspetti della
modernità (l’individualità, la democrazia, la separabilità delle persone
dalle strutture sociali, i rapporti sociali tra estranei) come caratteristiche
di società plasmate dalla mobilità e riscontrabili nelle società viaggianti
più antiche.
Il viaggio é un terreno di metafore di provenienza globale, un
giardino di simboli con cui si esprimono transizioni e trasformazioni
d’ogni genere. Esso é evidentemente un agente e un modello di
trasformazione, un’esperienza di mutamento continuo familiare a tutti gli
esseri umani dal momento in cui acquisiscono la locomozione durante la
prima infanzia.
In che modo il viaggio agisce come una forza che muta il corso
della storia umana? Come può un semplice spostamento nello spazio
11
influenzare gli individui, plasmare i gruppi sociali e modificare quelle
durature strutture di significato che chiamiamo cultura?
Il viaggio assume, indubbiamente, valore diverso a seconda del
periodo in cui si effettua. Per gli antichi il viaggio spiegava il fato umano
e la necessità, essi lo concepivano come sofferenza, punizione,
purificazione ma anche spirito di sacrificio. I pericoli e le fatiche del
viaggio rimanevano, in un certo senso, il banco di prova dell’eroismo del
viaggiatore, erano “causa” e “misura” di quanto il viaggiatore fosse
segnato e messo alla prova da quell’esperienza, dopo la quale diveniva
esperto e saggio.
Nella letteratura di viaggio occidentale, la prima partenza
raccontata nei particolari, quella di Gilgamesh per la campagna contro il
Libano, avviene per ordine divino. I motivi di Gilgamesh erano
caratteristici dei “viaggi eroici”: egli voleva la fama e il viaggio era il
mezzo per ottenerla.
Nel Cinquecento e nel Seicento il viaggio era visto come
un’impresa filosofica e scientifica perché permetteva al viaggiatore di
fare confronti, di “riconoscere il meglio e il peggio” e formulare così
valori più universali indipendenti dai costumi. Dal Rinascimento in poi,
12
il viaggio divenne un metodo strutturato e altamente elaborato per
impadronirsi del mondo sotto forma di notizie e questo diventò il motivo
ufficiale per viaggiare meglio accetto: per vedere e conoscere il mondo,
registrarlo e metterne insieme un’immagine completa e particolareggiata.
Fu nei secoli XVI e XVII che si celebrava la partenza come
liberazione e purificazione dei sensi, uno spogliarsi di intersoggettività
radicate nella lingua e negli usi comuni, che creava le condizioni
epistemologiche per la realizzazione di una descrizione veritiera e
scientifica del mondo naturale.
La ridefinizione del viaggio come osservazione regolata, come
scienza dell’induzione e arte della descrizione, provocò modificazioni
fondamentali nella letteratura di viaggio del XVIII secolo. Il linguaggio
oggettivo richiedeva la soppressione di tutti i dati soggettivi. Questa
divenne la “convenzione più chiaramente definita della letteratura di
viaggio settecentesca: l’autore non doveva parlare di sé”.
I libri di viaggio dei secoli XVII – XVIII erano sostanzialmente
compilazioni di tutti i tipi di notizie che sovraccaricavano la forma del
viaggio, e quest’ultimo divenne il metodo principale con cui gli europei
analizzarono, osservarono e misero per iscritto un mondo. La verità di un
13
testo si valutava in base alla sua conformità ai dati dell’esperienza. La
cosa fondamentale era “l’informazione”, il “dato”, che presupponeva la
prospettiva limitata di un osservatore, che non poteva vedere altro che le
superfici e i dati materiali dei fenomeni. Quindi il resoconto del viaggio
era una particolare forma letteraria in cui tutti gli elementi soggettivi
erano proiettati verso l’esterno, nel mondo, come oggetti, da descrivere,
registrare, classificare, ai quali imporre un nome e una catalogazione.
Il viaggio e la partenza visti, quindi, come “purificazione”,
“denudamento” del soggetto, ma anche un avvenimento capace di
migliorare e chiarire i contorni della persona, poiché insieme al luogo
d’origine si possono lasciare anche certe realtà sconvenienti della
persona stessa: vizi, cattive maniere, orgoglio. In breve, le separazioni
della partenza sono un esperimento morale per determinare quali aspetti
dell’‘io’ possano essere lasciati alle spalle con il contesto con cui sono
germinati, e quali invece costituiscano i caratteri ineliminabili
dell’individualità in movimento.
Il dolore causato dalle partenze inducono a chiedersi perché in
assoluto le persone partano, perché si intraprendano i viaggi, affrontando
oltretutto i grandi sforzi e spese che comportano. Ma ogni separazione da
14
un luogo deve essere interpretata dal punto di vista della storia
particolare di un individuo, tenendo conto della natura delle rotture e
delle separazioni che hanno definito quell’individuo, poiché ogni
partenza, per quanto sia di routine e non eccezionale, fa parte di una
storia di separazioni; tutte le partenze possono suscitare associazioni
profonde e forti. Un grande dolore può essere provocato, ad esempio, da
una partenza non volontaria, ma forzata, provocata dalla necessità, dal
mutamento o dal disastro, dal crimine o dalla violazione di una norma.
La partenza forzata o necessità dà luogo a un viaggio che é sofferenza e
penitenza rendendo problematica e ambigua l’identità del viaggiatore. Si
tratta spesso di viaggi di sola andata, o di viaggi senza fine come l’esilio.
Il personaggio del viaggiatore non ne viene definito, ma vi diventa
ambiguo.
In questo modo spesso si identifica la partenza con la morte,
perché entrambe sono causa di separazioni ed é per questo che tanto
spesso l’una é usata come metafora dell’altra, cioè la morte é vista come
una partenza e la partenza diventa una morte civile.
Il viaggio in generale e “l’esplorazione” in particolare, si possono
considerare motivati dal desiderio di ridurre l’incertezza che esse
15
comportano con mezzi attivi e aggressivi. L’esplorazione, che nel
periodo moderno diventa un’attività alla quale si attribuisce un valore
culturale, viene messa in moto dall’ignoto e cessa quando esso diventa
familiare, cioè quando é raggiunto quello che forse é il suo scopo. Forse
quello é uno dei “piaceri” del viaggio, la gioia dell’incontro con realtà
diverse e strane, non é altro che una riduzione della tensione e
dell’angoscia che l’ignoto provoca fin dall’infanzia.
La “mente del viaggiatore” non é separata dal corpo del
viaggiatore e i mutamenti che vengono registrati come abiti mentali,
obiettività, astrazione, relativismo, coscienza comparativa, generalità,
procedono dal soma, dalla sensazione e da reazioni alle sensazioni del
movimento.
Caratteristica assurda del viaggio é che, pur provocando dolore per
l’allontanamento, esso non rende il viaggiatore moralmente “migliore”,
anzi spesso lo rende molto peggiore, infatti fa parte dell’arte del
viaggiatore saper evitare l’inganno, e dissimulare l’onestà. E tuttavia
l’accusa é dimostrata.
Nella letteratura di viaggio troviamo associati a questo fenomeno -
la necessità per i viaggiatori di adattarsi, mutare, fingere e dissimulare - i
16
più profondi disagi e le energie più elevate e, a conferma di ciò basta
ricordare le caratteristiche principali della figura del picaro.
Nel ventesimo secolo l’immagine del viaggiatore ha acquistato una
connotazione sociologica più precisa:
é “l’estraneo”, la persona “liminale” o “marginale”. Ma queste figure
contemporanee contengono ancora tutte quelle caratteristiche a cui pensavano gli
antichi quando definivano il viaggiatore come “filosofo” e anche quelle idee che
all’inizio dell’età moderna portarono all’attribuzione di una particolare dignità al
viaggiatore che si comportava come un osservatore oggettivo e un descrittore del
mondo
1
.
I moderni concepiscono il viaggio come manifestazione di libertà,
come fuga dalla necessità e dallo scopo, é oggi un piacere ed un mezzo
per ottenerne. Il viaggio, nelle situazioni moderne, é considerato
importante non tanto perché rivela quelle forze ingovernabili che sono
fuori dal controllo umano quanto perché fornisce un accesso diretto a un
mondo materiale e oggettivo di cose diverse, che il viaggiatore coglie
acquisendo una nuova coscienza della propria identità.
La storia del viaggio come destino dell'uomo non é incidentale
nella storia della civiltà, ne é estranea a uno dei problemi della storia
occidentale: perché l'occidente in tutte le sue fasi culturali é una civiltà in
1
E.J. Leed, La mente del viaggiatore, Il Mulino, Bologna, 1992, p.142.
17
"espansione", che arriva a plasmare la mappa del mondo e a creare la
prima economia
globale. Ci permette di vedere questa espansione non come un
impressione di impulsi Faustiani o dell'innata audacia dell'uomo
occidentale, ma come un prodotto di processi sociali dei quali spesso
erano chiaramente consapevoli coloro che promossero crociate, avventure
spedizioni in paesi stranieri. La santificazione medievale del viaggio in
armi con le crociate creò un'ideologia che continuò a valere, senza
mutamenti rilevanti, in tutto il periodo delle scoperte fino al Seicento. Il
braccio di questa ideologia, la sua personificazione, era il cavaliere
errante, la prima immagine della persona moderna definita dai suoi
distacchi e dalle sue mobilità, un'immagine che peraltro conobbe
approssimazioni successive, l'artista, lo studioso della natura e, sulla
frontiera, il cowboy e il gaucho, per giungere all'uomo in genere. Eric J.
Leed afferma che:
non abbiamo più le scelte di cui disponevano i nostri antenati. La forza del
viaggio é corrosiva, riduttiva e distruttiva, e la civiltà che l'ha prodotto e
caratterizzata tanto da ciò che le manca quanto da ciò che ha.
2
2
E.J. Leed, Op. Cit, p.130.
18
Coloro che appartengono per nascita alla società dei viaggiatori
possiedono tutte quelle caratteristiche e quelle difese che anticamente si
attribuivano alle società di viaggiatori medievali e moderne, questi
individui godono di una certa libertà di manipolazione dell'essere, delle
identità e degli status sociali. C'é sempre la speranza di diventare
qualcun'altro, l'aspettativa di un rinnovamento, di una rigenerazione o
almeno di un mutamento.
Lo spirito del viaggiatore é una mentalità moderna ed é
un'ortodossia implicita all'interno delle società di viaggiatori. E' uno
spirito che fa a meno di quelli assoluti e di quelle fedi che vengono
attribuiti agli antichi e ai predecessori, e che é incredulo verso i valori
ultimi.
19
1.2. CENNI SULLA LETTERATURA DI VIAGGIO
INGLESE
La letteratura di viaggio é un genere letterario al quale
appartengono descrizioni e osservazioni su luoghi visitati dall'autore. Si
tende a definire come specificamente appartenenti al genere, opere che
abbiano come soggetto luoghi visitati realmente e che ne descrivono
l'ambiente fisico, sociale, storico e culturale. Alla semplice descrizione si
affianca il racconto dell'esperienza soggettiva connessa al viaggio stesso,
che può essere fonte di avventure ulteriori. Nel corso della sua storia la
letteratura di viaggio oscillò dunque fra questi due caratteri, l'aderenza
all’oggettività e la valorizzazione soggettiva di quell'esperienza; da un
lato, quindi, il mondo (naturale, culturale, sociale ecc.) e dall'altro il
protagonista dell'impresa raccontata.
La testimonianza di viaggio é un genere antichissimo. Era già
conosciuto nella letteratura dell'antico Egitto con Il racconto del
naufrago, databile intorno al 2000 a.C. che é l'archetipo della cosiddetta
letteratura di viaggio; in epoca medievale, il testo sicuramente di
20
maggiore importanza fu il cosiddetto Milione di Marco Polo, redatto alla
fine del XIII secolo in francese antico.
Le origini del racconto di viaggio inglese si rifanno, probabilmente,
all’epica con il Beowulf il cui viaggio era di tipo eroico ed ha avuto molto
successo perché narra le gesta e i viaggi di questo personaggio.
Una diffusione quasi analoga ebbero The Travels of Sir John
Mandeville, ovvero trattati delle cose più meravigliose e più notabili che
si trovano al mondo, di John Mandeville, un viaggiatore inglese del
Trecento. “Made up of travellers’ tales series of imaginary journeys and
incredible sights”.
3
A partire dalla fine del Quindicesimo secolo si
moltiplicano le testimonianze e i documenti relativi alle esplorazioni e
alle conquiste che cominciano ad essere viste come fonte di ricchezza.
The voyage of exploration to the New Word also began to arouse the interest of
men of letters. The idea of an English colony behind the seas, the possibility of
profits from new territories, curiosity about the Indians, and the first settlers’
experiences gave rise to a “pro-colonial literature” by diarist and
historiographers. This literature had a moral and political implications, and had
the task of persuading the public that exploration was an “honourable and indeed
a sanctified activity.
4
3
Salmoiraghi - Mingazzini, The New Mirror of the Times, Morano, Napoli,1996,p.46.
4
Salmoiraghi-Mingazini, Op. Cit, p.46.
21
Furono le grandi spedizioni geografiche della fine del 15^ secolo,
quindi, che diedero l’ispirazione per una vera e propria letteratura di
viaggio.
Le nuove scoperte di Colombo e di Pigafetta aprirono nuovi
orizzonti e affascinarono anche la fantasia di scrittori come More,
Sidney, Spenser, Marlowe, Shakespeare, Greene e Nashe e Daniel Defoe
(sebbene questi sia stato influenzato, anche, dal capolavoro picaresco
inglese per eccellenza: Unfortunate Traveller di David Nashe, (1594),
che si ispirò, a sua volta, al movimento letterario spagnolo, poiché
proprio in questo territorio esso ha le sue origini).
T. More, in Utopia imposta un dialogo con un viaggiatore
immaginario ma vi sono altri esempi di allegoria di viaggio; infatti nel
Seicento, ricordiamo la presenza di John Bunyan con The Pilgrim’s
Progress che insieme alla Divina Commedia di Dante e a Faerie Queen
di Spenser, possono essere considerate le più grandi allegorie di viaggio
della letteratura mondiale.
Di notevole importanza é anche il capolavoro di Jonathan Swift,
Gulliver’s Travels, che non é solo un racconto di viaggio ma é anche
satira contro le istituzioni politiche, sociali, religiose, ma soprattutto,