Introduzione
L'obiettivo della tesi è quello di mettere in rilievo il complesso percorso che il
Regno Unito ha deciso di intraprendere, abbandonando l'Europa e lasciandosi
alle spalle anni di storia comunitaria. Il problema relativo al recesso del Regno
Unito dall'Ue è, ormai, un tema ricorrente considerata la sua portata giuridica e i
profondi impatti che tale recesso avrà sul sistema comunitario a livello
economico. Infatti l'argomento è stato trattato dai giornali e dai mass media in
tutto il mondo. I maggiori esperti in diritto e in economia si sono chiesti se questa
fosse la scelta giusta per una Nazione che ora dovrà cominciare tutto da capo. La
questione, inoltre, è molto spinosa in quanto non è facile per le istituzioni
europee, né tanto meno per il governo di Londra riuscire a raggiungere un’intesa
che possa soddisfare gli interessi di ambedue le parti. Nonostante l'Ue abbia
espresso chiaramente il suo rammarico per la scelta presa dai britannici, ha
comunque ribadito che metterà al primo posto, durante i negoziati, i diritti e gli
interessi degli stati europei in quanto questi vanno tutelati e salvaguardati.
La parola “Brexit” non è altro che la fusione tra due termini inglesi ovvero
“Britain” ed “exit”che ricalca un po' il modello Grexit, termine che era stato
utilizzato per indicare l'uscita della Grecia dall'unione doganale. Il termine Brexit
è stato utilizzato la prima volta a partire dal 2012 e sta ad indicare il processo
attraverso il quale il Regno Unito sta portando a compimento il divorzio con l'Ue.
Le ragioni che hanno indotto Londra a recedere dall'Europa non sono recenti ma
si rifanno alle difficili relazioni che intraprese nel corso del tempo tra le due
entità. Ancora prima dell'approvazione dell'European Communities Act nel 1972,
i britannici si erano dimostrati ostili a qualsiasi forma di collaborazione con gli
stati europei data la particolare conformazione insulare del territorio e le diversità
culturali e sociali che li contraddistinguevano dalla tradizione romano-germanica.
L'Eca è stato introdotto nell'ordinamento giuridico britannico a partire dal 1
gennaio 1973, apportando una serie di significative modifiche all’interno
dell’ordinamento anglo-sassone. Innanzi tutto l'act ha permesso l'ingresso della
legislazione comunitaria nel sistema britannico. Dunque i britannici hanno
dovuto adattare il proprio ordinamento giuridico sulla base di quello comunitario.
L'art. 2 recita appunto che: “tutti i diritti, poteri, responsabilità e restrizioni
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derivanti dai trattati e tutti i rimedi e le procedure di volta in volta previsti dai
Trattati sono, senza necessità di promulgazione, efficaci nel Regno Unito e
devono essere quindi riconosciuti e applicati”.
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Per la prima volta nella storia britannica, con l’approvazione dell’Eca, il Regno
Unito aveva concesso una limitazione del principio della sovranità parlamentare
che come è ben noto costituisce il caposaldo della Unwritten Constitution. Ed ora
con la Brexit si procederà all'abrogazione di tale bill e alla conservazione di tutte
quelle leggi comunitarie che sono, ormai, considerate parte integrante del sistema
britannico.
Il primo capitolo illustra brevemente le tappe storiche che hanno condotto il
Regno Unito ad entrare nell’Ue. Una delle maggiori personalità politiche che ha
indotto la Nazione verso la strada dell'integrazione europea è stato Winston
Churchill. Egli ha ritenuto che per il Regno Unito, al termine di sanguinosi
conflitti dovuti allo scoppio della seconda guerra mondiale, fosse giunto il
momento di cooperare economicamente con gli stati europei per fondare i nuovi
“Stati Uniti d’Europa”. L’ingresso del Regno Unito nell’allora Cee era stato
sancito con l’approvazione dell’European Union Communities Act. Nel 1975, per
permettere alla popolazione di decidere se far parte della Cee oppure se
abbandonare il sogno europeista era stato indetto un referendum a livello
nazionale. I britannici, in quell’occasione, avevano votato per rimanere nel
circuito comunitario. Nel corso del tempo, nonostante il Regno Unito continuasse
a far parte dell'Ue, il sentimento euroscettico non era mai tramontato, al contrario
era accresciuto tra gli anni 80' e 90'. Con la nomina della Tatcher in qualità di
Primo Ministro si era assistito a un periodo di sorprendenti riforme in quanto la
“lady di ferro” era riuscita ad ottenere delle importanti concessioni dall'Europa. A
partire dagli anni '90 erano riemerse le voci dissenzienti in merito alla
partecipazione della Nazione alla Ce in quanto gli euroscettici avevano ritenuto
che la permanenza della Nazione all'interno del circuito comunitario avesse
inciso negativamente sul sistema britannico, limitando la sovranità del
parlamento britannico e subordinando gli interessi britannici a quelli europei.
Questo scetticismo, aveva indotto l’ex premier David Cameron a promettere,
durante la campagna elettorale del 2015, di ritrattare la posizione britannica in
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http://www.legislation.gov.uk/ukpga/1972/68/pdfs/ukpga_19720068_en.pdf .
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sede comunitaria e di indire un referendum qualora avesse vinto le elezioni.
Il secondo capitolo invece si focalizza sulle elezioni del 2015 e l'ascesa al potere
di David Cameron. A partire dal gennaio del 2013, in un discorso tenuto a
Bloomberg, l’ex leader conservatore aveva promesso che qualora fosse stato
eletto Prime Minister si sarebbe impegnato affinché si fosse tenuto un
referendum entro il 2017 sulla permanenza o meno della Nazione nel circuito
comunitario. Cameron aveva dichiarato, in quella occasione, che avrebbe voluto
rinegoziare i rapporti tra l'Ue e il Regno Unito. Il Premier, in realtà, aveva deciso
di indire un referendum nazionale sia per cercare di arginare le correnti
euroscettiche presenti all'interno del partito conservatore sia per arrestare l’ascesa
del partito Ukip che dalle elezioni europee ne era uscito vittorioso. Vinte le
elezioni del 2015, il giorno successivo alla sua nomina, il leader aveva inviato
una lettera a Tusk nella quale erano contenute tutte le proposte avanzate dal
Primo Ministro. Intanto, il 23 giugno 2016 si era tenuto un referendum in
territorio britannico per dare l'opportunità agli elettori britannici di poter
esprimere un proprio giudizio in merito. Il referendum, come verrà illustrato
nella tesi, ha innescato una serie di perplessità dal punto di vista giuridico tanto
da chiamare in causa la Corte Suprema per redimere le controversie. L'elaborato,
dunque, analizza l'impatto che ha avuto il risultato referendario sull'ordinamento
britannico. Il governo May, pertanto ha dovuto prendere atto della volontà del
popolo britannico di abbandonare l’Ue nonostante non avesse alcun obbligo
giuridico ma esclusivamente morale nei confronti degli elettori, in quanto il
referendum nel sistema britannico è uno strumento di natura consultivo e non
determina alcun vincolo giuridico. Il capitolo, inoltre, analizza gli sviluppi che si
sono ottenuti nei rapporti tra Regno Unito e Ue in merito ai negoziati. Infatti
sono stati indetti diversi incontri tra le istituzioni europee e la May per
raggiungere un'intesa comune nel settore economico e per risolvere la questione
del confine irlandese. Le trattative, tuttavia sono ancora in corso.
Nel terzo capitolo, invece, vengono messe in rilievo tutte le implicazioni
giuridiche che ha sollevato il caso Brexit. È stato fatto ricorso, infatti, alla Corte
Suprema per cercare di redimere le controversie sorte tra il Governo e il
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Parlamento sia in merito all’interpretazione della procedura di attivazione
dell'art. 50 sia in relazione al ruolo che le Nazioni devolute devono avere in tale
processo. D'altronde l'attivazione dell'art. 50 del Trattato di Lisbona costituisce
un episodio nuovo nella storia degli stati europei in quanto mai uno stato prima
di allora, aveva abbandonato l'Ue. La Corte ha sancito che fosse necessaria
l'approvazione parlamentare affinché il governo di Londra potesse notificare alle
istituzioni comunitarie la volontà di recedere.
Il ricorso alla Corte Suprema ha rappresentato un evento significativo, in quanto
ha permesso di cogliere i due elementi chiave che contraddistinguono
l’ordinamento britannico da tutti gli altri. Il primo è rappresentato dal principio
della sovranità parlamentare che costituisce il punto cardine del sistema inglese e
il secondo riguarda il rapporto di subordinazione che intercorre tra il Governo e il
Parlamento.
A seguito della sentenza, è stata inoltrata, il 29 marzo 2017, la notifica dal
Segretario di Stato britannico per comunicare la volontà del Regno Unito di
abbandonare l’Ue e sono cominciati per la Nazione i lavori preparatori. È stato,
pertanto, presentato l'European Union (Withdrawal) Bill in Parlamento che ha
concluso il suo esame alla Camera dei Comuni il 20 giugno. Dunque entrambe le
Camere hanno concordato il testo del disegno di legge che attende la fase finale
del Royal Assent. Tale bill, conosciuto come Brexit Bill, prevede l’abrogazione
dell’Eca e la conservazione di tutta la legislazione europea all’interno
dell’ordinamento nazionale britannico per evitare lacune normative nel sistema
britannico conseguenti all’uscita dall’Ue.
Con la Brexit, inoltre, si è anche parlato di “soft Brexit” e di “hard Brexit. Questi
due termini sono stati coniati per indicare le due differenti strade che ha la
possibilità di percorrere il Regno Unito per recedere dall’Ue. Con il termine soft
Brexit si intende avviare un processo moderato per preservare determinati legami
con l'Europa e per continuare a far parte del mercato unico come è accaduto per
Svizzera e Norvegia. La seconda opzione, quella dell’hard Brexit, prevede un
recesso definitivo: estinguendo i rapporti tra le due parti, rinunciando a un posto
nel Consiglio dell’Unione Europea, senza poter fare ricorso alla giurisdizione
della Corte europea e comportando la perdita del diritto di circolazione di beni,
servizi e persone tra le due parti e infine l'abbandono del mercato unico,
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innalzando barriere e dazi doganali con gli stati europei. Il Primo Ministro, in
merito alla questione, ha espresso più volte la volontà di voler avviare un “hard
Brexit” in modo tale da rendere autonomo il Ragno Unito dall'Ue. Dunque, è
possibile affermare che, gli effetti della Brexit hanno ricadute nell’ambito
giuridico, in quanto è necessario salvaguardare le norme comunitarie presenti
nell'ordinamento britannico che sono state garantire con l’approvazione dell’Eca,
le quali saranno convertite in normativa nazionale. Inoltre, come sarà facilmente
comprensibile, il processo d’uscita avrà ripercussioni anche nel settore
economico-finanziario. Un altro aspetto che viene trattato, riguarda l’intenzione
da parte di alcuni anti-brexiters di non voler arrendersi alla Brexit. Di fatti, è
cominciata a dilagare nella Nazione, l'ipotesi di indire un secondo referendum,
terminati i negoziati, per comprendere se il nuovo assetto possa soddisfare le
esigenze del popolo britannico. In realtà tale ipotesi, per il momento resta
irrealizzabile in quanto è necessario un atto dal parlamento di Westminster che
vada a legittimare l'indizione di una seconda consultazione popolare.
Infine nel quarto capitolo viene affrontato il tema più caldo: il coinvolgimento
delle amministrazioni devolute nel processo Brexit. Infatti, la riforma della
Devolution ha permesso a Scozia, Galles e Irlanda del Nord di amministrare
svariati settori locali e di rendere permanenti, nel corso del tempo, le proprie
istituzioni. Il problema della Devolution, in relazione alla Brexit, si è presentato
nel momento in cui è stata introdotta dall’Esecutivo, all’interno del Brexit bill, la
clausola 11. Scozia e Galles si sono opposti a tale emendamento che disponeva il
conferimento di poteri temporanei, compresi i settori amministrati dalle
Assemblee devolute a Londra. Le due Nazioni hanno considerato l’emendament
nocivo per l’intero sistema devolutivon e pertanto hanno approvato i così definiti
Continuity bills per preservare i loro poteri. Pertanto, il governo ha deciso di fare
ricorso alla Corte Suprema per valutare la legittimità di tali atti. Intanto la
situazione è migliorata nel corso delle trattative in quanto Londra è riuscita a
raggiungere un accordo con il Galles mentre con la Scozia i rapporti sono rimasti
difficili in quanto non è disposta a scendere a compromessi con il Governo.
Infine viene affrontata nell’ultimo paragrafo, la questione relativa al confine
Nord-Irlandese. Dal momento che il Regno Unito ha deciso di abbandonare
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l’unione doganale e di procedere con una hard Brexit, si è ritenuto che questa
scelta causerebbe il ripristino di un confine con barriere e controlli tra il Nord-
Irlanda e la Repubblica Irlandese, minando la stabilità del territorio. Come è
noto, l’Irlanda del Nord ha dovuto affrontare un periodo difficile, dovuto alle
guerre che sono state combattute tra le due fazioni, quella unionista e quella
nazionalista. Il territorio, è bene ricordarlo, è stato diviso in due parti: il Nord-
Irlanda che è una delle Nazioni che costituisce il Regno Unito e la Repubblica
irlandese che, invece, è uno stato autonomo e indipendente. Per tali ragioni, il
Governo vuole scongiurare un opzione che preveda un “harder border” dal
momento che questa soluzione potrebbe mettere a repentaglio l’Accordo del
Venerdì Santo che garantisce, tutt’oggi, la pace nel territorio. Tuttavia, le
trattative tra Londra e Bruxelles sono ancora in corso e, non è stata ancora presa
una decisione definitiva in merito al problema.
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1.1 L’ingresso del Regno Unito nella Cee e il referendum del 1975
Il termine Brexit è formato dalle due parole inglesi “Britain” e “Exit” ed è
stato coniato per la prima volta nel 2012 per indicare il processo che condurrà il
Regno Unito ad abbandonare l’Ue. La Gran Bretagna ha deciso di lasciare
l’Europa in seguito al referendum che si è tenuto il 23 giugno 2016. La questione
è stata ampiamente discussa a livello internazionale negli ultimi anni in quanto la
Brexit costituisce un tema complesso e spinoso. Infatti, la decisione presa dal
Regno Unito di recedere dall’Ue non può essere riconducibile esclusivamente ad
una mera scelta politica ma piuttosto è da considerarsi un processo che
gradualmente si è sviluppato nel Regno Unito. La Gran Bretagna, come è noto, si
è sempre mostrata diffidente nei confronti della creazione di una Comunità
europea. Questa diffidenza deriva principalmente dal fatto che la Nazione ha
sempre considerato la propria collocazione insulare e le proprie tradizioni come
dei veri e propri tratti distintivi che non permettono, ancora oggi, al popolo
britannico di sentirsi a pieno cittadini europei. Nonostante questa
predisposizione, i britannici si sono sempre mostrati inclini a mantenere relazioni
con l’esterno, soprattutto per ragioni economiche, attraverso scambi commerciali
e culturali con altri Paesi. È importante tenere a mente, inoltre, che “the historical
epoch of the British Empire has significantly influenced the way the British
political elites sees the position of the country in Europe”.
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Gli avvenimenti
storici dimostrano che il Regno Unito era riuscito a conquistare, nei secoli, vasti
territori, sino a diventare uno degli imperi più grandi a livello mondiale in quanto
aveva posseduto colonie in tutti i continenti e in tutti gli oceani. La creazione di
un impero cosi grande aveva permesso, nel tempo, di accrescere, nel popolo
britannico, l’idea di essere un popolo superiore rispetto ad altre popolazioni,
tanto da dover preservare la propria identità. Perciò, in seguito alla creazione
della Ceca, quando si era presentata l’occasione di collaborare e cooperare con
gli stati continentali europei ( quest’ultimi aveva voluto lasciarsi alle spalle la
dura esperienza della guerra e quindi avevano deciso di avviare un processo
comunitario a livello economico) i britannici, inizialmente, si sono tirati indietro.
Questi avevano ritenuto che un rapporto cooperativo con gli stati europei andasse
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B. Perisic, Britain and Europe: a History of difficult Relations, Institute for Cultural Diplomacy,
Berlin, 2010.
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a minare necessariamente l’influenza che fino ad allora avevano esercitato a
livello mondiale. Dunque, si può affermare che i rapporti che si sono instaurati
nel corso del tempo, tra la Country England e l’Ue sono, perciò, sempre stati
altalenanti e ambigui. Tuttavia prima di fare richiesta ed entrare a far parte
dell’allora Cee, si sono presentate due occasioni per la Gran Bretagna per aderire
alla Comunità.
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La prima a partire dagli anni ‘50, anni in cui si era creata la
Comunità del Carbone e dell’Acciaio, ma il Primo Ministro Clement Attlee
aveva rifiutato l’iniziativa. La seconda opportunità, invece, si era presentata con
l’entrata in vigore dei Trattati di Roma (1957) che avevano sancito la creazione
della Comunità economica europea e la Comunità europea dell’energia atomica.
Tuttavia, anche in quell’occasione il governo conservatore guidato da Anthony
Eden non aveva considerato vantaggioso il Trattato per il proprio Paese e aveva
respinto la proposta. La Cee, negli anni successiva alla sua nascita, aveva
conosciuto periodi di grande prosperità a differenza di quanto era accaduto, in
quegli anni, nel Regno Unito che, invece, era stato investito da una grave crisi
economica. È importante, tuttavia, osservare, quanto sia stato difficile per la
corrente euroscettica presente all’interno dei diversi partiti politici britannici
accettare l’ingresso della Nazione nella Cee. Infatti, il Regno Unito come tanti
altri stati, era entrato a far parte della Comunità in una fase successiva rispetto a
quella dei 6 Paesi fondatori, perciò tutti i nuovi stati che avevano deciso di
aderirvi, si erano trovati dinanzi ad un’istituzione già
pre-costituita, dotata di proprie regole, alla quale era difficile adeguarsi.
Pertanto, la stessa cosa era accaduta alla Gran Bretagna che aveva dovuto
affrontare una serie di difficoltà. Di fatti, gli inglesi avevano dovuto adattarsi a
politiche già stabilite che delle volte erano in conflitto con i principi cardini su
cui si basa, tutt’oggi, la Costituzione britannica. Inoltre, era difficile per la
corrente euroscettica accettare che il Regno unito potesse rinunciare ai propri
caratteri distintivi, alla propria politica nazionale per adeguarsi alle norme e ai
regolamenti imposti dalla Comunità. L’euroscetticismo, quindi, ha costituito per
l’United Kingdom un freno nel processo di integrazione europeo, non
permettendo, il più delle volte, di conciliare gli interessi nazionali con le
politiche europee. Quando il Regno Unito era entrato a far parte della Comunità
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A. Wright, A. Turner, D.Gowland, Britain and the European Integration since 1945: on the Sidelines,
Routledge, 2010.
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