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2.1. Populismo: un fenomeno complesso
Il populismo è un fenomeno complesso la cui definizione risulta
altrettanto difficile trovare nella dialettica moderna fermo restando una
matrice omogena del termine che rievoca il concetto di popolo
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, depositario
di valori positivi che si scontra con i poteri forti dell’establishment politico e
del centralismo statale.
Si è affermato che il populismo è «una parola pigliatutto che tira
dentro, come se appartenessero alla stessa natura, cose vecchie e cose nuove,
manifestazioni di protesta radicale dell’altro ieri e forme di rivolte elettorale
di oggi e forse di domani, i populisti russi dell’Ottocento e i qualunquisti
italiani»
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.
Invero, nel contesto dell’Unione Europea, i movimenti populisti
contrastano proprio tutte quelle forze politiche che, in spregio ai valori e alle
tradizioni delle singole nazioni, promuovono gli interessi delle grandi
multinazionali e delle lobbies finanziarie a discapito del cittadino comune.
Nonostante il termine sia di origine latina, furono i Greci ad
attribuirgli un significato sia collettivo che individuale che rievoca l’idea
essenziale che esprime la parola popolo stessa ovvero un insieme di individui
riuniti insieme sotto vari aspetti: territorio, lingua, leggi, religione, tradizioni,
usi, costumi, territorio.
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L’etimologia della parola popolo si riallaccia alla radice indoeuropea par- o pal- che esprime il
concetto di riunire, mettere insieme. Anche il greco antico ha assorbito questa radice che ritroviamo,
ad esempio nella parola πλῆθος (plethos) = folla. www.etimoitaliano.it. Sotto l’aspetto
squisitamente giuridico, il popolo è il complesso di cittadini, dei soggetti, cui lo stato riconosce quel
particolare status o condizione giuridica che è la cittadinanza (vale a dire l’insieme delle situazioni
giuridiche attive e passiva che pongono i cittadini in relazione esclusiva con l’apparato autoritario).
Il riconoscimento della cittadinanza ha segnato il passaggio da un mero stato di soggezione al potere
pubblico (sudditanza), ad uno stato di libertà, che implica anche il diritto di partecipare alla vita
politica del proprio paese. Il popolo non va confuso con la popolazione, che esprime una nozione di
carattere demografico, in quanto comprende le diverse persone che in un dato momento convivono
sul territorio statuale, siano essi cittadini stranieri o apolidi. Del tutto distinto è anche il concetto di
nazione, intesa come società naturale di uomini accomunati da unità di territorio, di origine, di
costumi e di lingua e conformati a comunanza di vita e di coscienza sociale. R. Bin – G. Petruzzella,
Diritto Costituzionale, Giappichelli, Torino 2017.
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M. Revelli, Populismo 2.0, Einaudi, Torino, 2017.
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Tale aspetto accede al concetto stesso di democrazia
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ovvero il
governo “non per pochi ma per molti”; tuttavia, occorre fin da subito fugare
ogni dubbio circa il fatto che, sebbene la politica populista miri ad eliminare
l’aspetto pluralistico per fare del popolo un’entità con una sola voce, tale
impostazione è ravvisabile sia nelle politiche di destra che in quelle di
sinistra; ne consegue che se a prevalere è il concetto di popolo inteso come
popolo-nazione, il populismo assume connotati nazionalisti e
(tendenzialmente) di destra, al contrario, quando a prevalere è l’idea di
popolo inteso come popolo-classe, il populismo assume una dimensione
normalmente collocata a sinistra.
Ne consegue che il populismo abbraccia tutti quei movimenti che da
sinistra a destra si ergono a difensori civici di un popolo al quale élite
antidemocratiche hanno sottratto la sovranità e il controllo del potere politico.
Da un punto di vista storico, il termine populismo è stato utilizzato per
la prima volta in Russia
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, sul finire del XIX secolo, ed affonda le sue radici
nelle campagne politiche di ispirazione radicale e slavofila il cui obiettivo era
la promozione del riscatto della popolazione contadina in contrapposizione
alle politiche zariste.
Narodničestvo (dall’unione della radice narod, popolo, plebe, stirpe,
nazione, con il suffisso spregiativo – nicestvo), questa la prima locuzione che
si associa all’odierno concetto di populismo e che, da subito, fu espressione
di una categoria ampia e frammentata che riuniva al suo interno gruppi e
persone in realtà molto eterogenei; per cui narodničestvo si riferisce a una
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Il concetto di democrazia dal greco δημοκρατία comp. di δῆμος «popolo» e -κρατία «-crazia»),
esprime una forma di governo basata sulla partecipazione di cittadini uguali, in cui il potere è
esercitato dallo stesso popolo per mezzo di rappresentati liberamente eletti. www.treccani.it.
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Il populismo russo proponeva l’abolizione della servitù della gleba all’insegna del motto “Terra e
libertà” nonché un generale miglioramento delle condizioni di vita delle classi diseredate, specie dei
contadini, e la realizzazione di una specie di socialismo in antitesi alla società industriale
occidentale. La propaganda ha un ruolo particolare, attraverso con gli intellettuali che si occupavano
di convincere il popolo traducendo un’azione rivoluzionaria, culminata effettivamente nel 1881 con
l’uccisione dello zar Alessandro II. F. Crispini, Del populismo. Indicazioni di lettura, Luigi
Pellegrini Editore, 2012.
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pluralità di entità ma non trova un suo perfetto contrappunto nel termine
italiano “populismo”.
Invero, non tutti sono concordi sul significato di populismo “russo”
che esprime l’idea che le masse contadine sono superiori agli intellettuali
ovvero rievoca le teorie del socialismo che campeggiavano in Russia; ancora,
nel significato più generico, il termine abbraccia il pensiero politico del
socialismo russo ovvero una politica che era il risultato della comune rurale
del tempo, infine
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, nel suo significato più ristretto, esprime l’idea e il
sentimento autentico del popolo.
Il populismo, in definitiva, rappresenta una ideologia del popolo,
compatibile con basi sociali, sostenuta da dottrine politiche e regimi
differenti.
Le radici storiche del fenomeno, oltre che in Russia, si rinvengono
anche in altri contesti sociali come gli Stati Uniti d’America, in particolare
con l’ascesa sulla scena politica del Partito del popolo ovvero People’s
Party
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; si fa riferimento ad un periodo storico caratterizzato dall’emersione
delle prime associazioni regionali che per la prima volta miravano a tutelare
gli interessi agrari e dei piccoli proprietari terrieri; questo politica
identificava il suo popolo nella gente comune, utilizzando espressioni
eloquenti come “noi” e “loro” da contrapporre al “nemico”.
A queste due correnti populiste si può aggiungere anche quella dei
paesi dell’America latina dove questi movimenti nacquero come promesse di
riscatto della sovranità popolare calpestata dall’élite; in particolare, nella
figura di Porfirio Dìaz in Messico, nella democrazia della Concordancia
argentina negli anni ’30, ancora, nel patto oligarchico brasiliano della
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M. Revelli, Populismo 2.0, Einaudi, Torino, 2017.
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Il populismo nordamericano mirava alla diretta mobilitazione dei ceti medi (in particolare dei
piccoli proprietari terrieri del West e del South), era contro le élite finanziarie e politiche della costa
atlantica. Nel 1891, a Cincinnati, viene fondato il People’s Party, ma inserendosi nel contesto
peculiare del bipartitismo statunitense, come elemento tanto disturbatore quanto riformista, finisce
per disperdersi parte nei ranghi democratici progressisti parte in quelli repubblicani conservatori.
Tale fenomeno si è trasformato, negli anni successivi, in un movimento prettamente xenofobo e
nazionalista. F. Crispini, Del populismo. Indicazioni di lettura, Luigi Pellegrini Editore, 2012.
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Repubblica Velha, infine, nel bipartitismo colombiano negli anni ’40 o
venezuelano negli anni ’90.
Sebbene portatrici di idee diverse, tratto distintivo del populismo
sembra essere l’identificazione di un popolo omogeneo e indistinto, custode
dei valori universali, al quale contrapporre l’élite corrotta dei potenti; per cui
è possibile affermare in linea generale che se il populismo russo era
espressione di un movimento protestatario che mirava a contestare l’operato
dei governanti, quello statunitense assumeva i contorni di un movimento
identitario, il cui obiettivo finale era la tutela della propria nazione.
2.2. Populismo e crisi dell’integrazione europea
Sebbene il fenomeno del populismo sia stato sempre marginale sulla
scena politica europea, negli ultimi anni, si è assistito ad una progressiva
inversione di tendenza dimostrata anche dalle campagne elettorali che i
portavoce dei cc.dd. partiti tradizionali sono stati costretti ad impiantare per
contrastare l’avanzata dei “nuovi” partiti, definiti spesso “sovranisti” perché
impegnati nella difesa degli interessi nazionali.
Basti pensare ad un dato: nel 1998 solo la Svizzera e la Slovacchia
avevano movimenti populisti in seno alla compagine governativa, nel corso
degli ultimi anni, questi partiti hanno triplicato la loro presenza in Europa,
assicurando abbastanza voti per inserire sulla scena politica i loro leader in
cariche governative in 11 paesi: si è partiti con il partito per la libertà di
estrema destra in Austria nel 1956, poi in Norvegia, Svizzera e Italia negli
anni ’90, fino alla fine del secolo quando le idee populiste hanno iniziato a
proliferare nei Paesi Bassi, in Francia, in Ungheria e in Polonia.
Se in passato circa 12,5 milioni di europei vivevano in un paese con
almeno un membro del gabinetto populista nel 1998, nel 2018, il dato è
aumentato di oltre dieci volte, passando a 170,2 milioni.
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(Fonte: Indagine The Guardian, 2018 in www.theguardian.com)
La diffusione del fenomeno è stata attribuita a molti fenomeni sociali
quali la globalizzazione, la recessione economica, i fenomeni migratori. Sul
punto, si possono ricordare gli ultimi dati statistici diffusi da EUROSAT: nel
2017 sono immigrate in uno degli Stati membri dell’Unione Europea 4,4
milioni di persone, mentre almeno 3,1 milioni di migranti hanno lasciato uno
Stato membro dell’UE; di questi 4,4 milioni di immigrati nel 2017 2,0 milioni
sono cittadini di paesi terzi (cifra stimata), 1,3 milioni possiedono la
cittadinanza di uno Stato membro dell’UE diverso da quello in cui sono
immigrati, circa 1,0 milioni sono persone immigrate in uno Stato membro
dell’UE del quale avevano la cittadinanza (per esempio cittadini che
rimpatriano o cittadini nati all'estero) e circa 11.000 sono apolidi.