CAPITOLO I 
1. L’INFLUENZA DEL NETWORK TRA IMPRESE SULL’ATTIVITÀ DI 
BREVETTAZIONE 
Il tema delle relazioni esistenti tra network di imprese e la domanda di brevetti 
posta in essere dalle stesse impresse che appartengono al network si offre a 
diverse interpretazioni, di natura organizzativa, manageriale, strategica, 
competitiva. 
Le caratteristiche principali di queste relazioni network-attività di brevettazione 
sono facilmente evidenziabili: le imprese appartenenti ad una rete ottengono un 
vantaggio competitivo rispetto alle imprese che fanno affidano esclusivamente 
sulle proprie risorse; le imprese che partecipano ad una rete, inoltre, hanno un 
incentivo ulteriore a investire nuovamente in attività innovative; le unità 
all’interno di una rete possono apprendere le une dalle altre e beneficiare dello 
sviluppo di nuove innovazioni sviluppate da altre unità; la diffusione e la 
condivisione di conoscenze tra le unità organizzative fornisce opportunità di 
apprendimento e cooperazioni inter-unit che stimolano la creazione di nuove 
innovazioni e, contemporaneamente, contribuiscono ad aumentare la propensione 
ad innovare delle singole imprese. In tempi più recenti gli studi economici hanno 
riconosciuto l’esistenza di svariate ragioni per cui le impresse possano decidere di 
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condividere parte delle informazioni tecniche riguardo ai propri processi di 
innovazione; la motivazione più citata è l’alto costo del processo innovativo che le 
imprese possono sostenere più agevolmente in gruppo che individualmente. In 
uno studio di economia industriale, Baumol presenta un proprio modello 
all’interno del quale, analizzando diverse variabili tipiche dei processi di 
innovazione quali la spesa in R&D delle imprese, i risultati degli investimenti in 
R&D, il tempo, etc., dimostra una serie di proposizioni che delineano i carrettieri 
delle imprese all’interno di una rete. In modo particolare, per un’impresa che non 
fa parte di un network, è dimostrato come i suoi profitti attesi derivanti dallo 
sfruttamento dell’output del processo di innovazione sono minori di quelli di 
un’impresa che fa parte del network, oltre al fatto che l’incremento del numero 
delle imprese che condividono i risultati dei loro processi innovativi, riduce il 
costo di produzione di ogni impresa appartenente al network stesso. Nonostante 
questi elementi possono incoraggiare la messa in atto di comportamenti 
caratterizzati da collaborazione e condivisione delle informazioni tra le imprese 
all’interno di una rete, Baumol presenta anche lo scenario in cui un membro della 
rete possa pensare di trarre profitto dalle innovazioni fornite dalle altre imprese, 
senza, a sua volta, fornire accesso alle proprie innovazioni. È evidente che nel 
breve periodo questa linea “disonesta” appare la più lucrativa; nel lungo periodo 
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però non è così. Nei modelli di network caratterizzati dalla condivisione dei 
processi innovativi esistono, secondo Baumol, almeno due tratti salienti che 
disincentivano la condotta “disonesta”. Il primo è la possibilità di ciascuna 
impresa di richiedere forme di collaborazioni formali in cui gli scambi e le 
relazioni sono specificate esplicitamente, evitando in questo modo la possibilità di 
vedere condivisi i propri sviluppi del processo di innovazione senza che le altre 
imprese possano pensare di non condividere i propri. La forma più diretta che può 
assumere un accordo di questo tipo è la concessione di diritti sui brevetti. Il 
secondo aspetto che disincentiva le imprese a non rispettare gli accordi è 
l’eventualità di poter essere espulsi dalla rete. Questo, in un gioco ripetuto, 
implica che l’espulsione sarà un evento verosimilmente molto costoso, specie nel 
lungo periodo. I due aspetti descritti rendono i network incentrati sui processi di 
innovazione profondamente diversi dagli accordi tra le imprese aventi come 
oggetto un’intesa sui prezzi. In questi ultimi i consumatori “premieranno” 
l’impresa che ha praticato prezzi inferiori rispetto ai prezzi delle altre imprese 
della rete acquistando i prodotti ad un prezzo inferiore, ma nelle reti caratterizzate 
dalla condivisione delle innovazioni tecnologiche non vi è alcun cliente che può 
immediatamente “premiare” l’impresa che sfrutta le innovazioni altrui senza 
condividere le proprie. In più le imprese in un network tecnologico, 
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tendenzialmente si muovono lungo il processo di sviluppo delle innovazioni con 
gli stessi passi in avanti. 
1.1 UN POSSIBILE INCONVENIENTE: IL TRADEOFF TRA INCENTIVI PER GLI 
INNOVATORI ED ATTIVITÀ DI BREVETTAZIONE ALL’INTERNO DI UN NETWORK 
Nonostante gli evidenti caratteri di spillover che tende ad assumere il processo di 
innovazione all’interno di un network, il sorgere del tradoff tra incentivi 
all’innovazione e benefici ricavati da altri soggetti non deve essere un deterrente 
per le imprese appartenenti ad una rete a investire ulteriormente in R&D allo 
scopo di ricavarne innovazioni di successo da trasformare in brevetti. 
La teoria tradizionale prevede che soltanto un valore di spillover nullo possa 
incentivare le aziende al raggiungimento dell’investimento ottimale in R&D, 
evitando che le stesse imprese possano decidere di investire in innovazione una 
quantità di risorse inferiore al livello ottimale o inferiore ai precedenti livelli di 
investimento anteriori alla presa di coscienza dell’esistenza di caratteristiche di 
spillover dei propri output dei processi innovativi. Ma nonostante si è propensi a 
ritenere, come avviene unanimemente nella letteratura, che solo l’assenza di 
spillover possa essere incentivante per le imprese a impiegare le proprie risorse 
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nell’attività di R&D, in realtà bisogna evidenziare una componente positiva 
fondamentale di questi spillover: con il risultante incremento innovativo, e in 
modo particolare nelle situazioni in cui i processi d’innovazione si concludono 
con l’ottenimento di brevetti per invenzioni, viene a determinarsi un 
accrescimento del livello di benessere economico che si riflette nella popolazione 
(imprese, clienti, fornitori, consumatori) nel suo complesso. In questa prospettiva, 
a trarre beneficio dallo sviluppo e, ancora di più, dalle implementazioni delle 
innovazion, non è soltanto chi ha preso parte direttamente al processo che ha 
portato alla realizzazione di quel brevetto. È chiaro che questi spillover 
rappresentano quindi anche dei benefici sociali, frutto degli sforzi delle aziende in 
R&D. Ma è altrettanto chiaro che questi benefici sociali possono venire a 
configurarsi soltanto in presenza di spillover che avranno sicuramente un valore 
maggiore di zero. E data la tipica caratteristica degli spillover in forza della quale i 
profitti per gli innovatori non riflettono il livello ottimale poiché l’attività oggetto 
di spillover sarà in parte utilizzabile anche dalle imprese che non hanno 
partecipato al processo innovativo, saranno inevitabilmente gli stessi innovatori a 
dover sopportare questo sacrificio di non ricevere i profitti corrispondenti al 
livello ottimale, per potersi configurare la formazione di benefici sociali 
dell’innovazione. È questa la teoria alternativa alla maggior parte della letteratura 
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economica in tema di tradeoff che viene a generarsi in situazioni di processi 
innovativi condivisi in rete; è proprio l’esistenza di questo tradeoff che consente 
di distaccarsi dalla tradizionale visione in base alla quale la totale assenza di 
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spillover possa essere una situazione ottimale. È chiaro che gli studi più analitici 
di economia industriale si soffermano sul grado di spillover ottimale, rifiutando la 
banale supposizione che qualsiasi livello di spillover possa generare effetti 
positivi visto che non è individuabile un unico livello di spillover che generi 
automaticamente benefici sociali. 
2. L’INNOVAZIONE NEL NETWORK IN UN APPROCCIO KNOWLEDGE-BASED 
In tema di innovazione, il passaggio dall’approccio incentive-based all’approccio 
knowledge-based avviene sulla base di una serie di considerazioni che fanno i conti con 
le esperienze reali delle aziende, i contesti competitivi all’interno dei quali le stesse 
imprese operano, cooperano e competono, gli eventi passati da analizzare per cercare di 
produrre uno studio in grado di prevedere gli eventuali accadimenti futuri. 
Gli approcci incentive-based, con i loro concetti chiave che si sostanziano in decisioni 
strategiche pienamente razionali e in stretta correlazione con i livelli di costi di 
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 Si veda ad esempio, Baumol, La macchina dell ’innovazione, Il rapporto di spillover, l’ottimalità e 
l’equilibrio, p. 140. 
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produzione, non considerano alcuni aspetti cruciali delle strategie competitive delle 
imprese che nel tempo si sono modificate adattandosi alle evoluzioni dei mercati di 
riferimento. Senz’altro gli studi incentive-based e le analisi del tipo costi-benefici hanno 
svolto e svolgono un ruolo importante, ma i comportamenti delle imprese sono 
influenzati anche da diversi fattori come l’apprendimento, le motivazioni individuali e 
collettive, la fiducia reciproca, etc. È il ruolo di questi fattori che viene considerato 
esplicitamente dall’approccio knowledge-based. Nel passaggio da una prospettiva 
incentive-based a quella knowledge-based gli approcci evolutivi hanno evidenziato un 
decisivo cambiamento nell’analisi dei processi innovativi. Questi ultimi, in quest’ottica, 
sono passati da considerazioni razionali costi-benefici a forme di sperimentazione e di 
problem solving collettive. 
La vera natura della conoscenza e dello sviluppo tecnologico impedisce uno 
sfruttamento dell’innovazione illimitato. La conoscenza in generale, e le nuove abilità 
tecnologiche in particolare, non sono più considerate disponibili così liberamente, ma 
piuttosto circoscritte in contesti strategici definiti, tacite e complesse. Per capire ed 
usare le competenze e le abilità necessarie per il raggiungimento di risultati efficienti in 
R&D, sono sempre più necessarie specifiche competenze che necessitano di tempo e di 
un processo di miglioramento continuo per poter essere sfruttate al meglio dalle 
imprese. 
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Quanto detto produce evidentemente un impatto significativo sulle analisi dei network 
di innovazione, nonché sui processi innovativi che prendono forma all’interno delle reti a 
cui partecipano diverse imprese. Questi network vanno compresi non solo in termini di 
costi di transazione, ma anche in termini di apprendimento, fenomeni di path 
dependencies, opportunità tecnologiche e attività complementari. Il network non 
influenza esclusivamente la coordinazione delle risorse tra le diverse imprese, ma offre 
un contributo significativo per la sua stessa creazione. Questo va visto sotto una duplice 
ottica: da un lato, la condivisione di competenze differenti all’interno di un network di 
imprese migliora il processo di creazione delle innovazioni sfruttando le competenze 
complementari, dall’altro, la stessa condivisione di competenze differenti crea un 
maggior valore reale grazie alle sinergie tra le imprese che nel tempo si sviluppano. 
Come possono i network influenzare il processo di innovazione delle imprese che ne 
fanno parte? Senza una base di conoscenza comune e di esperienze condivise il semplice 
trasferimento di competenze non è possibile. Ciò che è necessario è lo sviluppo comune 
delle conoscenze. In questa prospettiva il network rappresenta un meccanismo per la 
diffusione delle innovazioni attraverso la collaborazione, mentre le relazioni interattive 
tra le imprese assumono non solo la veste di strumento di coordinamento per migliorare 
le risorse, ma anche il ruolo di fattore essenziale per il progresso tecnologico. Per le 
imprese che partecipano ad una rete diventa fondamentale sapere non solo cosa le altre 
imprese stanno facendo, ma anche e soprattutto come lo stanno facendo, per poter 
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sviluppare reciprocamente meccanismi che siano complementari alle varie fasi del 
processo di innovazione completate dalle altre imprese. 
In sintesi, nell'ambito dei network di innovazione analizzati alla luce 
dell’approccio knowledge-based, vanno evidenziate tre implicazioni principali: in 
primo luogo, i network sono considerati come un importante strumento di 
coordinamento e supporto nelle reti di imprese poiché rendono più rapida la 
diffusione di nuove conoscenze tra le imprese che partecipano alla rete. In 
secondo luogo, nell’ambito dei network di innovazione diviene possibile lo 
sfruttamento delle complementarità tra le imprese che partecipano alle varie fasi 
di un comune progetto di innovazione, il che è un prerequisito essenziale delle 
principali innovazioni moderne caratterizzate da complessità e da una 
moltitudine di capacità e conoscenze specifiche coinvolte. In terzo luogo, i 
network di innovazione costituiscono una struttura organizzativa che spalanca la 
strada verso la creazione di sinergie tra le imprese attraverso un processo di 
fusione delle differenti competenze tecnologiche. I processi di innovazione 
all’interno di reti di imprese, sono quindi alimentati da continue opportunità di 
sviluppo tecnologico, le quali, diversamente, non verrebbero ad esistere oppure 
laddove prendono forma procederebbero molto a rilento. 
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2.1 CLASSIFICAZIONI DELLE TIPOLOGIE DI NETWORK INNOVATIVI 
Con il termine di network si fa riferimento ad una moltitudine di relazioni che possono 
instaurarsi tra le imprese che si trovano ad operare all’interno dello stesso territorio e 
all’interno dello stesso mercato di riferimento. Nella letteratura economica, la prima 
distinzione riguarda le reti di imprese e le imprese a rete. Le prime fanno riferimento ad 
imprese diverse che non sono collegate fra loro da relazioni formalizzate di tipo 
proprietario e che condividono attraverso accordi parziali le differenti fasi di uno 
specifico processo innovativo. Sono da considerare come degli agglomerati di imprese 
impegnate su una pluralità di mercati, di prodotti e di tecnologie e che sono collegate da 
relazioni di complementarietà che rendono necessario per ciascuna impresa il ricorso a 
partecipare alla rete in quanto presupposto fondamentale per avere accesso ad una 
serie di abilità, risorse e competenze che ciascuna singola impresa non può possedere. 
Una tipica forma di reti di imprese sono i distretti, all’interno dei quali le imprese sono 
indipendenti tra loro ma al tempo stesso strettamente collegate, così da dar vita ad una 
massa critica che possa configurarsi sul mercato per far fronte alla concorrenza. Negli 
anni si è sviluppata una duplice visione dei distretti: da un lato essi sono visti come uno 
strumento per le imprese che operano negli stessi contesti competitivi per far fronte alle 
grandi imprese; dall’altro, ai distretti viene attribuita la veste di “parassiti” delle risorse 
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pubbliche e di sistemi economici poco concorrenziali e incapaci di sostenersi 
autonomamente. Le reti di imprese sono il modello più adeguato per l’organizzazione 
delle attività economiche in situazioni di rapido cambiamento tecnologico. 
L’impresa a rete invece riguarda la singola impresa che decide di sviluppare un assetto 
organizzativo in modo da prevedere l’organizzazione delle attività in modo reticolare, sia 
dal punto di vista della distribuzione e allocazione territoriale delle risorse, sia dal punto 
di vista degli aspetti formali che la riguardano. Quindi un’impresa organizzata in questo 
modo può, ad esempio, stringere alleanze competitive con i concorrenti per l’esecuzione 
dei programmi di R&D, condividendo le proprie risorse e i propri investimenti con le 
altre imprese. Le imprese rete di questo tipo sono il classico esempio di aziende che 
mettono in atto alleanze competitive e che sviluppano una struttura aziendale che 
apparirà ben sviluppata e diffusa sul territorio. 
Oltre alla distinzione tra impresa a rete e reti di imprese, un’ulteriore distinzione delle 
tipologie di network si basa sui concetti più importanti di classificazione delle reti 
innovative presenti nella letteratura. In particolare, si fa riferimento ai sistemi di 
innovazione regionali e nazionali e alla distinzione tra reti formali e reti informali. Per 
quanto riguarda i sistemi innovativi nazionali e regionali, un importante filone della 
letteratura si concentra sui processi innovativi entro i quali assumono un ruolo 
fondamentale le interazioni tra le differenti imprese. Un sistema di innovazione 
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nazionale va inteso come un insieme strutturato di relazioni in cui è coinvolta una 
pluralità di soggetti che condividono processi d’innovazione. Queste relazioni sono 
strutturate nel senso che spesso vengono a ripetersi, e quindi ad istituzionalizzarsi, ed è 
in questo senso che le istituzioni, formali e informali, esercitano un’influenza importante 
sulle performance innovative. Si intende riconoscere in questo modo, non solo 
l’importante ruolo svolto dalle singole imprese, ma anche dalle istituzioni pubbliche di 
ricerca come le università, etc. Un altro filone della letteratura si concentra su quelli che 
sono chiamati regional innovative systems. Si presti attenzione al fatto che con questa 
espressione non si vuole esprimere incoerenza o distacco con i sistemi innovativi 
nazionali, ma piuttosto che la letteratura che si concentra su questi sistemi innovativi 
regionali è maggiormente interessata agli effetti diretti delle esternalità positive e ai 
fenomeni di economie di scala “intra-imprese” appartenenti al network. Gli esempi più 
famosi di questo tipo di sistemi innovativi sono rappresentati dai network tecnologici 
della Silicon Valley e della Route 128. I tentativi più recenti di evidenziare i vantaggi 
provenienti da questa tipologia di network hanno messo in luce come essi 
rappresentano dei raggruppamenti di risorse, capacità e competenze che determinano 
gli spillover innovativi regionali, i quali sono il fattore più importante del successo, dal 
punto di vista economico e più strettamente innovativo, delle imprese così organizzate. 
In merito alla distinzione tra reti formali e informali, gli assetti di uno specifico network 
possono essere distinti tra precisi accordi contrattuali e imprese che labilmente 
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