2
Ed è proprio sui dibattiti sul voto che una parte di questo lavoro si
sofferma ed in particolar modo su quelli tenuti nel periodo di
transizione fra lo stato liberale ed il regime fascista.
Nel suddetto periodo si fece più intenso il dibattito parlamentare,
timidamente iniziato negli anni immediatamente precedenti il
conflitto, sulla “capacità giuridica delle donne”, ed in particolare sul
loro diritto al voto.
Numerosi sono i resoconti del dibattito parlamentare di quel periodo
e la lettura degli atti relativa agli anni in questione, sistematica ed
accurata, ha consentito la stesura dei paragrafi del primo capitolo di
questo lavoro.
In quella fase il tema del suffragio era tra quelli che maggiormente
potevano prestarsi a strumentalizzazioni e demagogie, tra i più adatti
a creare ambiguità in un momento in cui Mussolini voleva mostrarsi
garante della tradizione liberale.
Nella trattazione, ricordando l’avvento del regime fascista e la
conseguente impossibilità di qualsiasi tipo di dibattito durante quel
periodo, si arriva alla Costituzione che ha segnato il primo e
fondamentale momento di partecipazione delle donne alla vita
politica.
La Costituzione, introducendo l’obbligo da parte dello stato ad
eliminare le disuguaglianze di natura sociale ed economica fra uomo e
donna, ha sì, sancito un profondo concetto di eguaglianza ma che
3
rischiava di rimanere puramente formale se non fossero intervenute
misure effettive a limare le disuguaglianze economiche e sociali.
Con il terzo capitolo si è voluto, in maniera riassuntiva, fare
riferimento proprio a questo tipo di conquiste, specificatamente a
quelle nel mondo del lavoro, consapevole del fatto che il tema del
lavoro per le donne è risultato sempre inestricabilmente legato a
quello del riconoscimento della donna a livello sociale e istituzionale.
Questo processo, che trova giustificazione e spinta propulsiva nei
dettami della Costituzione, ha attraversato gli anni della seconda metà
del Novecento, le grandi battaglie degli anni Settanta, le “battaglia
delle idee” degli anni Ottanta, battaglia, questa, che ha trovato il suo
punto fermo nell’approvazione della legge 1° aprile 1991, n° 125, sulle
azioni positive per la realizzazione della parità uomo donna in tema di
lavoro.
4
Capitolo primo
PRIMI PASSI NELLA QUESTIONE DEL SUFFRAGIO
FEMMINILE
1.1. Piccola storia di un grande popolo.
Alle soglie del primo conflitto mondiale, in tutta Europa, nel
momento in cui le battaglie sembravano al loro momento culminante
(in Italia l’allargamento del suffragio concesso nel 1912 è solo
maschile) si diffuse un’ondata di attivismo femminile che coinvolse
ampi settori del movimento suffragista europeo.
Fu dalle testate di alcuni giornali femministi inglesi e francesi che
arrivarono parole come “Donne, il vostro paese ha bisogno di voi (…)
Facciamo in modo di mostrarci degne del diritto di cittadinanza,
indipendentemente dal riconoscimento della nostra rivendicazione”.
1
In Italia capofila dell’interventismo fu Teresa Labriola
2
che, pur
essendo femminista e suffragista, si staccò dal cuore profondamente
1
L. DEROSSI (a cura di), 1945 Il voto alle donne, Franco Angeli Editore, Milano 1998, p. 12.
2
M. DE GIORGIO, Le italiane dall’Unità ad oggi, Laterza, Bari 1993.
Capitolo primo: Primi passi nella questione del suffragio femminile
5
antimilitarista del femminismo schierandosi a favore della guerra già
in occasione della campagna di Libia.
Secondo la Labriola, le donne, attraverso la mobilitazione per la
guerra nel fronte interno, avrebbero potuto trovare l’occasione per
“consolidare l’idea del valore sociale della propria attività, rispetto alla gratuità
delle iniziative benefiche” e per elaborare “l’idea di una patria comune a
uomini e donne come parte costitutiva (…) di un diritto di cittadinanza”.
3
Sulla linea dell’interventismo si posero, come il pensiero futurista
grande sostenitore della guerra imponeva, anche le donne aderenti al
movimento futurista. La celebrazione della donna, quale elemento
indispensabile alla guerra, ebbe come merito quello di aver aperto la
strada al raggiungimento, da parte delle donne, di diritti civili,
giuridici e di voto in alcuni paesi Europei. Nell’autunno del 1919 il
suffragio femminile è valore aggiunto di paesi europei quali la
Germania, l’Inghilterra, la Polonia e la Cecoslovacchia, mentre l’Italia
condivide con la Francia il dibattito su esso, cosa che la Francia
raggiungerà limitatamente alle elezioni municipali nel 1925.
4
In Italia la guerra rese le donne molto importanti proprio da un punto
di vista pratico.
Lo Stato aveva bisogno del loro lavoro e del loro coraggio per il
successo sul “fronte interno”. C’era innanzi tutto, poiché la
maggioranza degli uomini era al fronte, la responsabilità e la fatica di
3
F. TARICONE, Teresa Labriola, Franco Angeli Editore, Milano 1994, p. 72.
4
F. FARINA (a cura di), Esistere come donna. Catalogo della mostra, Mazzotta, Milano 1983.
Capitolo primo: Primi passi nella questione del suffragio femminile
6
mandare avanti le famiglie. In condizioni economiche veramente
difficili, con il costo della vita che lievitava di giorno in giorno, le
donne, anche quelle che non l’avevano mai fatto prima, furono
costrette a cercarsi un lavoro fuori casa. Ma questo divenne
improvvisamente molto facile, data la mancanza della forza lavoro
maschile e ciò offrì alle donne un potere contrattuale nuovo: l’Italia
aveva bisogno di loro nelle fabbriche come nelle campagne, negli
uffici e ovunque l’assenza maschile avesse lasciato possibili spazi.
5
Per le donne, dunque, la guerra significò sì, dolore, stanchezza, ma
anche concreta presa di coscienza femminile e sociale.
Per la prima volta, si parlava di “mobilitare” le donne nell’interesse
nazionale. Intorno al 1916/1917, addirittura il governo italiano puntò
l’attenzione sui loro sacrifici coniando medaglie per premiarne
l’eroismo.
6
Lo sforzo richiesto alle donne, divise fra i loro ruoli tradizionali, quali
quelli di madri e mogli (e ora più spesso di vedove) e quelli emersi dal
nuovo scenario bellico, che andavano dalla mansione di operaia al
servizio di volontaria della Croce Rossa, o negli ospedali militari, o
nei servizi postali,
7
le portò ad una maggiore consapevolezza dei
propri diritti.
5
Episodio significativo, indice di una accresciuta identità delle donne come lavoratrici e
di una nuova importanza nel processo di produzione sono gli scioperi delle filatrici del
piacentino e poi di tutto il settore tessile in Veneto e Lombardia nel 1916. Su questo
tema vedi V. DE GRAZIA, Le donne nel regime fascista, Marsilio Editori, Venezia 1993.
6
V. DE GRAZIA, Le donne nel regime fascista, Marsilio Editore, Venezia 1993, p. 17 e ss.
7
Ibidem.
Capitolo primo: Primi passi nella questione del suffragio femminile
7
Questo periodo fu così ricco di spunti, che la guerra fu talvolta
presentata come acceleratore delle riforme nei settori più arretrati del
diritto di famiglia, come il venir meno delle restrizioni che
imponevano divieti e vincoli ai matrimoni dei militari o all’apertura di
nuove vie legali per il riconoscimento dei figli naturali.
8
In questo scenario non fu tuttavia abbandonato l’impegno
specificatamente suffragista, come dimostrano i temi trattati nel 1916
dalla Federazione Nazionale Pro Suffragio. Il programma prevedeva la
collaborazione con le organizzazioni di classe per ottenere qualche
garanzia sulla continuità del lavoro dopo la guerra, in condizioni di
uguaglianza salariale tra i sessi a parità di lavoro; l’apertura di tutte le
professioni alle donne, con l’occupazione immediata nei pubblici
uffici in attesa che la legislazione ponesse termine all’inferiorità
giuridica; ed infine, naturalmente, la conquista dei diritti politici.
9
Mentre la tragicità degli eventi bellici aveva messo momentaneamente
in sordina le rivendicazioni suffragiste, sul piano culturale fu un
gruppo maschile a rilanciare la questione: i futuristi. Movimento
letterario nato ufficialmente il 20 febbraio 1909, dalle colonne del
“Figaro” parigino su cui apparve il “Manifesto” dei Futuristi, firmato
da Marinetti, il movimento evidenziò subito la sua volontà di
8
P. UNGARI, Storia del diritto di famiglia in Italia, Il Mulino, Bologna 1974.
9
P. BARONCHELLI GROSSON, La donna della Nuova Italia: documenti del contributo femminile alla guerra (maggio 1915 – maggio
1917, Quintieri, Milano 1917.
Capitolo primo: Primi passi nella questione del suffragio femminile
8
penetrare nei più diversi ambiti della cultura gridando un forte “no” al
passato in nome del nuovo.
10
I futuristi si spinsero così avanti al punto di dare vita ad un loro
partito, nazionalista ed antiborghese, e sotto questa veste chiesero il
voto per le donne.
Tra il 1918 ed il 1920, per i futuristi fautori della guerra “sola igiene del
mondo”,
11
si erano presentati i problemi di riconversione da tempi di
guerra a tempi di pace: dalle pagine della rivista “Roma futurista”,
rivista pilota del movimento, si chiarisce che il marinettiano “disprezzo
della donna” doveva intendersi come rifiuto di una concezione della
donna legata al mito dell’eterno femminino.
12
La loro posizione fu a
tal punto propagandistica da affermare:
“Noi futuristi, nemici di tutte le prigioni, siamo propugnatori della
eguaglianza di diritti per gli uomini e le donne. Riconosciamo alla
donna fortissime qualità d’intelligenza, di carattere e di energia (…)
non possiamo assolutamente approvare lo stato di servitù sociale in
cui si trova”
13
Al termine del conflitto, il movimento femminista crebbe
rapidamente: al centro del movimento di lotta per la parità dei diritti
continuavano a trovarsi i gruppi di estrazione borghese, in particolare
10
A. BUDRIESI, Letteratura: forme e modelli, vol. 4°, Sei, Torino 1989, pp. 196-197.
11
dal Manifesto del Futurismo di Tommaso Marinetti.
12
C. SALARIS, Le donne futuriste nel periodo tra guerra e dopoguerra, in La Grande Guerra, a cura di D. Leoni e C. Zadra, Il
Mulino, Bologna 1986.
13
Il fascismo dei primi anni si avvarrà, quindi, anche di questo tipo di movimento, notoriamente militarista ed
antifemminista, per presentarsi come una forza moderna e liberatrice agli occhi di alcune donne. Sull’ideologia
futurista E. SETTIMELLI, Il futurismo e la donna. Il disprezzo della donna, in “Roma futurista”, I (30 settembre 1918), n. 2.
Capitolo primo: Primi passi nella questione del suffragio femminile
9
il Consiglio Nazionale delle Donne Italiane fondato nel 1903,
l’Unione femminile, la Federazione nazionale per il voto alle donne, la
Federazione Italiana Laureate e Diplomate Istituti Superiori.
14
Accanto a questi gruppi si annoveravano circa centoquindici gruppi di
donne socialiste che ruotavano intorno al settimanale “Difesa delle
Lavoratrici”.
Alla diffusione delle idee femministe nell’Italia del dopoguerra
contribuì sensibilmente l’aumento della scolarità, che permise la
circolazione di idee aperte alla considerazione della necessità per la
donna di conquistare la propria indipendenza.
Ma il dramma del dopoguerra, per la condizione della donna, fu la
disoccupazione. La crisi economica costrinse le donne a ritornare a
casa, e se addirittura una femminista socialista come Laura Casartelli
Cabrini potè dire “Le donne non debbono, esercitando il loro lavoro, tagliare
la strada agli uomini e togliere loro i posti”
15
ciò sottintende la
conflittualità esistente tra uomini e donne nell’immediato dopoguerra.
Alla luce di questi scenari è comprensibile come le donne, con il
ritorno dei soldati, furono spinte da una pressante propaganda a
lasciare liberi i posti che fino a quel momento avevano occupato con
competenza e senza risparmio di forze.
La guerra aveva avuto bisogno del sostegno dei civili e dell’aiuto delle
donne. Nonostante l’iniziale diffidenza europea ad ammettere tale
14
V. DE GRAZIA, op. cit., pp. 115-117.
15
L. CASARTELLI CABRINI, Attività femminile sociale, in “Almanacco della donna”, 1922.
Capitolo primo: Primi passi nella questione del suffragio femminile
10
necessità, la realtà dei fatti contraddiceva tale diffidenza: nel 1918 in
Francia un quarto della mano d’opera totale era femminile, in
Inghilterra tra il luglio 1914 ed il novembre 1918 si era registrata una
crescita del 50% degli impieghi femminili, nel 1917 in Germania il
rappresentante del Ministero dell’interno osservava che “..quando oggi
vediamo le donne impegnate nei compiti più pesanti talvolta bisogna guardarle
bene attentamente per sapere se ci troviamo al cospetto di un uomo o di una
donna” .
16
In Italia la situazione non era certo diversa e gli uomini, dal canto
loro, in virtù della stessa propaganda, tendevano a presentare le donne
come usurpatrici delle mansioni maschili.
Quando, l’11 novembre 1918, risuonarono le campane dell’armistizio,
la guerra lasciò un’Europa esangue accanto ad un’America trionfante,
paesi vinti che presto sarebbero stati smembrati (come i grandi imperi
di Austria-Ungheria e di Germania), stati vincitori ma traumatizzati,
come la Francia, il Regno Unito e l’Italia. Per le donne, alle quali
sull’onda di una esaltazione momentanea era stato promesso un
radioso avvenire o quanto meno una indispensabile partecipazione agli
sforzi di ricostruzione, era giunta l’inesorabile ora di restituire il
posto occupato.
16
F. THEBAUD, La grande guerra: età della donna o tempo della differenza sessuale?, in Storia delle donne in Occidente, a cura di G.
Duby e M. Pierrot, Laterza, Bari 1991, pp. 30-35.