Sommario
• Molti management si stanno sempre più interessando al rapporto che la propria impresa
instaura con il cliente, ed in questa prospettiva adottare una strategia di valorizzazione delle
risorse immateriali, in particolar modo della marca, espressione diretta del prodotto agli
occhi del consumatore, può risultare un’alternativa vincente. Anzitutto, è stato riconosciuto
il loro fondamentale ruolo nella costruzione del vantaggio competitivo e, conseguentemente,
nel processo di generazione del valore d’impresa. Successivamente, sono state indagate le
caratteristiche distintive di tali risorse, nonché la loro natura e i processi di generazione e
sviluppo. Più recentemente, l’attenzione della comunità accademica e di quella
imprenditoriale si è concentrata sui modelli di gestione della risorse immateriali e, in misura
ancora maggiore, sulle modalità di misurazione del loro valore. Conoscere bene la propria
impresa, i suoi punti deboli e i suoi punti di forza così come vengono percepiti dal mercato è
infatti un presupposto fondamentale per qualunque strategia di posizionamento e
comunicazione con la propria clientela.
Obiettivi del lavoro
Dopo aver definito in maniera qualitativa i concetti di brand e di brand equity (ovvero come
un’adeguata gestione della marca possa portare ad un vantaggio competitivo), si andrà a mostrare,
per quest’ultimo concetto, le due principali ottiche di approccio allo stesso:
1. approccio di marketing: brand equity misurata tramite indicatori;
2. approccio finanziario: brand equity misurata attraverso misure finanziarie.
Figura 1- gli approcci possibili al concetto di brand equity
Fonte:produzione propria
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1. Approccio di marketing: questa metodologia si propone di misurare il valore del brand
secondo un approccio basato su una serie di indicatori rappresentanti le componenti dello
stesso. Tra le molteplici metodologie esistenti in letteratura sono state prese in esame le
seguenti (Figura 2):
• Modello di Adams: la brand equity viene vista come una delle più significative risorse di
fiducia delle imprese. Essa rappresenta un potenziale di generazione delle risorse, che per
essere attivata richiede una definizione dei suoi specifici elementi. Questi vengono suddivisi
secondo tre determinanti, a loro volta scomponibili ulteriormente. Le tre determinanti
analizzate sono: la conoscenza della marca, la fedeltà alla marca e le relazioni con i soggetti
esterni all’impresa.
Vantaggi Svantaggi
• Facilmente comprensibile
• Facilmente misurabile
• Visione troppo riduttiva
• Non considera la qualità percepita
• Modello di Aaker: il lavoro di David Aaker analizza il valore della marca in relazione alle
risorse che l’impresa riesce a costruire. La brand equity viene definita secondo una serie di
attività e passività, sostanzialmente riconducibili alla fedeltà alla marca, alla consapevolezza
della marca, alla qualità percepita e alle associazioni collegate con la marca.
Vantaggi Svantaggi
• Facilmente comprensibile
• Metodologia molto utilizzata
• Non vengono considerate le
relazioni che l’impresa ha con
l’ambiente esterno
• Indicatori non legati tra loro
• Modello evolutivo del valore della marca: si fonda essenzialmente su tre stadi evolutivi
(accumulazione, ampliamento, attivazione), su tre vettori (valorizzazione, astrazione e
sperimentazione), che agiscono quali driver in ciascuno stadio, e su tre livelli di potenzialità
(differenziazione, diffusività e apprendimento), che rappresentano la risultante e la fonte dei
vettori indicati.
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Vantaggi Svantaggi
• Analisi focalizzata sulle risorse
• Forte interazione tra indicatori
• Bassa comprensibilità
• Scarsa concretezza
• Modello della forza della marca: si fa riferimento alla posizione occupata dalla marca
rispetto a quelle concorrenti, e si evidenzia, così, come sia fondamentale considerare tutte le
azioni che hanno reso e che rendono possibile il raggiungimento dei risultati aziendali:
creare caratteristiche peculiari per un prodotto, mantenere un valido livello di qualità,
realizzare un programma di comunicazione con l’esterno efficace e un’offerta di servizio
vendita e post-vendita puntuale e selettivo (azione sulle leve di marketing mix: prodotto,
prezzo, promozione/pubblicità, distribuzione). La forza della marca dipende da quattro
fattori determinanti: le caratteristiche dell’ambito competitivo di riferimento; le performance
dei prodotti vincolati al marchio; la longevità/vulnerabilità del marchio; l’estensibilità e il
potenziale di crescita del marchio.
Vantaggi Svantaggi
• Molto importante il ruolo
dell’ambiente esterno
• Forte oggettività
• Difficoltà nel definire una metrica
delle determinanti della forza
• Poca correlazione tra le determinanti
• Modello della brand value chain: rappresenta uno strumento di analisi che agevola
l’individuazione delle diverse attività aziendali che contribuiscono alla creazione di valore,
in modo da consentire il passaggio dall’analisi strategica e di marketing alla valutazione
propriamente intesa. Queste attività si alimentano non solo con investimenti nelle risorse
tangibili, misurabili attraverso la lettura dei dati contabili, ma anche, e a volte soprattutto,
con risorse intangibili che non sono rappresentate nei bilanci aziendali.
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Vantaggi Svantaggi
• Analisi aggregata su molteplici
processi
• Individua i value driver
• Individuazione degli attributi e dei
processi dei value driver
• Richiede l’utilizzo di strumenti
analitici troppo specifici
• Richiede una completa visibilità dei
processi aziendali
• Eccessiva rigidità nell’analisi
• Modello Brand Asset Valuator: si analizza il valore di una marca secondo quattro
componenti (diversità, rilevanza, stima, familiarità) e si studiano le relazioni tra le stesse
attraverso uno strumento chiamato power grid.
Vantaggi Svantaggi
• Modello analitico
• Permette confronti tra marche e
l’evoluzione delle stesse nel tempo
• Power grid troppo riduttivo
• Si focalizza solo su alcune
peculiarità
Seguiranno contributi analitici di una società di consulenza specializzata nella gestione dei
brand attraverso l’analisi più puntuale delle componenti della brand equity.
Nell’ambito della teoria resource-based, questi approcci di valutazione dei beni
immateriali fanno perno sull’identificazione dello “stato” degli stessi attraverso una serie di
indicatori che si rifanno alle dimensioni chiave della percezione degli acquirenti e ai risultati
di mercato ottenuti dalla marca. Le risorse immateriali di fiducia sono riconducibili
sostanzialmente in termini di reputazione e di relazioni. La prima è misurabile attraverso
l’immagine, la seconda attraverso il grado di fedeltà. Tali risorse, ovviamente, sono
influenzate in maniera efficace dal livello di customer satisfaction raggiunto. La brand
equity, dunque, dipende fortemente dal prezzo che il prodotto riesce a ottenere, dal numero e
dalla frequenza degli acquisti/riacquisti che attiva, che in ultima analisi sono il risultato della
forza con cui una marca fidelizza i clienti. L’uso dei modelli è quindi finalizzato a mettere in
evidenza le condizioni che fanno della marca una realtà di mercato che crea valore per il
consumatore e per l’impresa. Il fine prioritario dell’attività di marketing fondata su questi
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modelli è dunque la conquista profittevole dei consumatori. Questo scopo si realizza con la
predisposizione di una proposta di offerta coerente con le leve analizzate capace di attrarre il
consumatore e di trattenerlo nel tempo.
Figura 2 – I modelli scelti per la valutazione degli indicatori nell’approccio di marketing
Fonte:produzione propria
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2. Approccio finanziario: a fianco dei modelli di valutazione di marketing, in letteratura sono
stati sviluppati anche molteplici criteri per una valutazione monetaria del marchio, vista la
crescente necessità di una valorizzazione delle risorse immateriali, come precedentemente
accennato.
Figura 3 – Criteri utilizzati
Fonte: produzione propria
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Tale valutazione del marchio può avvenire per diverse finalità, quali:
• l’assorbimento di una differenza di fusione, ovvero dell’imputazione di un goodwill
precedentemente accertato;
• la valutazione complessiva dell’impresa;
• per completare l’informazione sulla struttura e sulla consistenza degli asset
dell’impresa;
• ai fini della acquisizione separata dei marchi;
• ai fini della cessione di un marchio.
Gli autori, di fronte al problema della misurazione delle risorse immateriali, hanno proposto
diversi criteri, che basandosi sui costi sostenuti, o sulle royalties ottenibili, o sul reddito,
tengono conto delle diverse componenti della brand equity in via mediata. I criteri di
valutazione presi in esame nei capitoli successivi sono riconducibili a tre famiglie: i criteri
basati sui costi, i criteri basati sui flussi di beneficio e i criteri basati sugli indicatori di
mercato.
Criteri basati sui costi
Tali metodi si propongono di misurare il complesso dei benefici futuri generati dalla risorsa
oggetto di stima, attraverso la determinazione delle risorse monetarie che occorrerebbe
impiegare per sostituire quella stessa risorsa con una del tutto identica, o comunque dotata
della stessa idoneità ad offrire il medesimo servizio. L’ottica è quella della determinazione
di un valore espressivo di una realtà patrimoniale attuale e in grado di rendere possibile la
produzione, in futuro, di redditi.
Si possono individuare due criteri di costo :
1. Il metodo del costo storico aggiornato: esprime il valore della marca sulla base della
riespressione, a valori correnti, dei costi sostenuti, in passato, per sviluppare il marchio.
L’obiettivo è quello di pervenire ad un valore complessivo che sia valida espressione degli
sforzi, sostenuti dall’impresa, per creare quel complesso di risorse che formano il bene
immateriale.
2. Il metodo del costo di rimpiazzo: stima “i costi che si dovranno sostenere, alla data di
valutazione, per disporre di una risorsa immateriale del tutto simile a quella oggetto di
valutazione. Esso rappresenta l’investimento necessario per la ricostruzione della marca, al
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fine di disporre, date le condizioni attuali del contesto competitivo, di un asset dotato delle
caratteristiche, in termini di valore, simili a quelle da valutare” (Brasco, 1991; Renoldi,
1992; Guatri, 1994).
I metodi basati sul costo presentano vantaggi e svantaggi che li rendono maggiormente utili
per la stima del valore delle marche solo in certe circostanze.
Vantaggi Svantaggi
• Semplicità
• Ampia applicabilità
• Comprensibilità
• Basati su dati storici, senza
considerare i benefici futuri, di cui
si vuole ottenere una stima
• Mancata valutazione dell’efficacia
degli investimenti
Le osservazioni precedenti suggeriscono quindi l’utilizzo dei metodi basati sul costo solo in
particolari contesti aziendali. Si tratta in sostanza:
• di aziende nelle quali i metodi di stima metodologicamente più efficaci come quelli
finanziari o reddituali non sono applicabili sia per ragioni attinenti alla speciale
natura dell’intangible sia per ragioni riferibili all’impresa;
• di aziende in perdita o in situazione di redditività estremamente ridotta dotate però di
intangible assets di un certo valore. In questo caso è la condizione di scarsa
redditività dell’azienda a rendere incoerente l’uso di metodi alternativi.
Criteri basati sui flussi di beneficio
I criteri di valutazione basati sui flussi di risultato identificano il valore del capitale
d’azienda, o di uno specifico asset, in funzione dei flussi di risultato futuri attesi a quelli
riferibili.
Tali metodi di valutazione si distinguono per basarsi sulla individuazione di grandezze di
risultato economico, legate intrinsecamente all’efficacia e all’efficienza della gestione
aziendale, affermando, così, l’esistenza di un nesso causale tra risultati economici e valore
del marchio.
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Nello specifico i criteri analizzati sono:
• i metodi finanziari dei flussi di cassa, sulla base del quale il valore il marchio è
espresso in termini di valore attuale dei flussi di cassa futuri attesi;
• il metodo dell’Adjusted Present Value, che determina il valore del capitale operativo
come somma di due elementi: il valore unlevered della marca, cioè il valore ottenuto
attualizzando i flussi monetari operativi (FCFO) al tasso rappresentativo il costo del
capitale proprio unlevered K
e
; e il valore attuale dei benefici relativi alla deducibilità
fiscale degli oneri finanziari effettivamente risultanti dal piano finanziario, riferibile
all’asset che si valuta.
• i metodi del flusso operativo del brand, che comprende: i criteri del reddito operativo
residuale, incentrato sul differenziale di rendimento atteso fra investimenti tangibili e
risorse intangibili dell’impresa; quelli dei differenziali di risultato (premium price e
gross profit), che valorizzano i beni immateriali in funzione dei flussi di risultato
addizionali che la marca può assicurare; il metodo dei differenziali di margine,
secondo il quale il valore della brand equity può essere ottenuto attualizzando il
differenziale dei margini netti relativi alla marca considerata; e il criterio del brand
profit, secondo cui il valore del bene immateriale è funzione del flusso atteso dei
risultati ad esso riferibili.
Vantaggi Svantaggi
• Valutazione completa ed esaustiva • Dati spesso incompleti o mancanti
• La redditività di breve periodo non è
un indicatore del potenziale della
marca, ma del grado di sfruttamento
della stessa
Criteri basati sugli indicatori di mercato
Tra i possibili approcci alla valutazione del marchio, di grande interesse è quello relativo
all’apprezzamento, da parte del mercato dei capitali, degli investimenti compiuti per
incrementare il patrimonio intangibile delle imprese.
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Sommario
I metodi analizzati nel presente lavoro, basati sugli indicatori di mercato, sono:
• il criterio delle royalties, ovvero la stima del valore della marca attualizzando i
risultati attribuibili alla stessa in funzione delle royalties ottenibili sul mercato dalla
cessione in licenza d’uso della medesima. Tale metodo si va diffondendo fra gli
operatori per la maggiore oggettività che gli sarebbe riconosciuta;
• i criteri basati sui multipli, tra cui il metodo dei differenziali di multiplo e il metodo
Interbrand. Il primo consente di determinare il valore di un bene sulla base dei prezzi
negoziati in mercati regolamentari, rappresentativi di quote del capitale di imprese
comparabili, mettendo in relazione il prezzo con variabili economiche aziendali,
quali utili, cash flows, ricavi, patrimonio netto. Il multiplo, così individuato, viene
poi applicato alla medesima variabile economica dell’azienda oggetto di valutazione,
al fine di giungere, per moltiplicazione, alla determinazione del valore. Il metodo
Interbrand, invece, perviene alla stima del valore economico della marca,
collegando, in maniera diretta, la forza della marca al valore della stessa.
Quest’ultimo è, quindi, il risultato del prodotto fra il reddito attribuibile al marchio
ed il moltiplicatore indicativo della forza della marca stessa.
Vantaggi Svantaggi
• Semplicità
• Valutazione riconosciuta a livello
mondiale (Interbrand)
• Limiti relativi alla disponibilità,
confrontabilità e attendibilità dei
dati di base
• Il metodi dei multipli non sono
esaustivi e devono essere affiancati
da ulteriori valutazioni.
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Capitolo 1 – Cenni storici e funzioni attuali della marca
1 CENNI STORICI E FUNZIONI ATTUALI DELLA MARCA
Cenni storici dell’importanza degli intangibles
Dai precetti di Taylor e Ford era nato un nuovo modo di produrre, una produzione di massa:
grandi quantità di beni uguali tra loro, in tutto e per tutto, che andavano a soddisfare i bisogni di un
consumatore cui non era possibile esprimere le sue esigenze particolari.
Tutto partì dal progetto e dalla convinzione che era giunto il momento di tentare una nuova
grande modifica nell’ambito della produzione, di rendere quella che fino ad allora era stata una
produzione su piccola scala, rivolta ad un pubblico solitamente ristretto, una produzione di massa
con volumi elevatissimi tali da rendere possibile l’applicazione delle economie di scala
1
.
La domanda era costantemente rivolta a beni e servizi standardizzati, omogenei, per nulla
personalizzati.
La situazione è destinata timidamente a variare in seguito alla crisi del ’29. Il famoso
venerdì nero della borsa di New York ha fatto capire come in realtà il mercato fosse assolutamente
instabile e soggetto alle paure e alle aspettative dei consumatori. In seguito a quel fatto, la pressione
concorrenziale aumentò in maniera del tutto nuova, tanto da rendere insufficiente la capacità di
assorbimento del mercato. La soluzione più immediata fu quella di cercare affannosamente di
allargare i vecchi mercati, ricercandone di nuovi o tentare di trovare un impiego più proficuo o
nuove attività per lo sfruttamento e l’utilizzo delle risorse disponibili. L’orientamento industriale
alla produzione lascia così posto ad una nuova era economica, detta “sales era” ovvero era dell’
orientamento alle vendite.
Il fulcro del nuovo sistema passa dall’interesse a produrre in quantità elevate, all’interesse a
vendere ciò che si produce. Le imprese cercano di spingere i loro prodotti con due tecniche
differenti: attraverso lo sfruttamento delle leve del “communication mix”, cioè con la pubblicità, la
vendita personale o le promozioni, oppure con l’adozione di forme primitive di “standardizzazione
relativa”, che consiste in una “realizzazione, anche in linee di produzione distinte, di prodotti con la
medesima funzione d’uso ma orientati a tipi di consumatori che presentano fra loro caratteristiche
differenziate”.
E’ durante gli anni ’70 che , a seguito dello shock petrolifero e dei disordini sociali del ’68,
si passa dall’orientamento alla vendita, “all’orientamento al marketing” (Kotler, 2000). Il
consumatore è spinto a cercare qualcosa di diverso nei prodotti che compra, non si ferma più alla
1
Economie che permettono di ottenere il minor costo unitario per prodotto scegliendo le tecnologie ottimali
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Capitolo 1 – Cenni storici e funzioni attuali della marca
qualità del bene e al modello culturale accettato passivamente cui esso rimanda, ma si rende
soggetto attivo della relazione, assegnando un significato personale ed individuale al processo di
acquisto.
Il nuovo approccio lascia più spazio alle esigenze della domanda, divenuta più attenta ai
particolari dell’offerta e quindi meno standardizzabile. Il consumatore della nuova era ricerca una
valenza simbolica in ciò che acquista, mettendo in secondo piano la funzione primaria del
bene/servizio.
Il ruolo del consumatore moderno nell’economia attuale risulta quindi come un risultato di
quel processo evolutivo che, partendo da una produzione di massa del tutto omogenea nei contenuti
e indifferenziata rispetto alla domanda, ha reso possibile l’introduzione di un modo di produrre
diametralmente inverso al precedente, come evidenziato in figura 4, in cui l’attenzione dell’impresa
è concentrata non più sull’insieme indistinto degli individui che costituiscono il suo target, quanto
invece sul singolo consumatore, sulle sue particolari esigenze e sulle sue personali aspettative.
Figura 4 – Superamento del trade-off tra portata e varietà
Reach (portata)
Richness
(varietà)
Segmentazione della
domanda e differenziazione
dell'offerta
Personalizzazione
Marketing
indifferenziato
Fonte: Vicari, 1998
Non si possono quindi evitare di cogliere le profonde differenze che quindi il modello
economico degli ultimi decenni presenta rispetto al precedente, con riferimento particolare al modo
di pensare al consumatore e al suo rapporto con la marca in particolare. La marca infatti acquista le
funzioni riscontrabili anche ai giorni nostri.
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Capitolo 1 – Cenni storici e funzioni attuali della marca
L’aspetto immateriale, simbolico, del bene prodotto acquista evidentemente un’importanza
crescente a discapito di quello materiale. La marca, con le sue funzioni ludiche e di
personalizzazione, è sempre più una forma di conoscenza, e come tale si muove e si veicola tramite
una rete condivisa di esperienze e significati tra i diversi utenti che ne fanno uso.
Che cos’è un brand
“Si può affermare che il brand è un insieme di attributi tangibili ed intangibili che
distinguono un particolare prodotto o servizio da un altro simile per caratteristiche e funzione. […]
La marca rappresenta quindi un valore per il consumatore e un impegno per la produzione: essere
marca significa infatti soddisfare costantemente le aspettative dell’utenza, o meglio ancora,
prevenirle in base a cambiamenti ambientali che possono verificarsi e che possono far cambiare
queste attese, e proporre prodotti /servizi adatti. Costruire una marca significa, primariamente,
dare ascolto alle esigenze del consumatore e tradurre tali richieste in offerte capaci di rispondere
alle attese mal soddisfate da altri prodotti.[…]
La marca rappresenta inoltre un valore per l’impresa, una risorsa aziendale capace di
sviluppare fiducia e conoscenza, di accrescere la dimensione del capitale economico e le
opportunità di crescita aziendali.” (Kapferer, Laurent, 1991).
Le funzioni attuali di un brand
Chiarito il perché il tema della marca sta assumendo, nell’ultimo periodo più che mai, un
ruolo sempre più centrale nelle decisioni strategiche d’impresa (almeno in un’ottica customer
based
2
), è ora importante enunciare le funzioni che un brand dovrebbe svolgere.
Tipicamente, le funzioni principali della marca sono le seguenti (adattato da J-N. Kapferer, La
Marca, 1991):
• identificazione: rende riconoscibile l’offerta;
• orientamento: permette e facilita la categorizzazione dell’offerta;
• praticità: consente scelte rapide riducendo il rischio dei risultati;
• vivacità commerciale: amplia e differenzia la scelta, rendendo più piacevole lo shopping;
• informazione: veicola una promessa di contenuti specifici;
• garanzia: garantisce la qualità, la costanza dei contenuti promessi, nel tempo e nello spazio;
2
Ottica che privilegia il rapporto con il cliente e la fidelizzazione di quest’ultimo
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Capitolo 1 – Cenni storici e funzioni attuali della marca
• espressività valoriale: rappresenta uno stile, è portatrice di date caratteristiche, ha una certa
immagine, dunque uno strumento che si offre al consumatore per manifestare il proprio
gusto, le proprie preferenze e i propri valori;
• appagamento: poiché rappresenta dati significati e valori, il possederla produce
soddisfazione psicologica (autostima, sicurezza di sé, forza nella relazione con gli altri,
promozione etc…);
• innovazione: attraverso l’innovazione funzionale, di immagine o nella funzione d’uso, può
creare nuove modalità di acquisto/di consumo, nuovi mercati-prodotto, nuove soluzioni,
nuovi contenuti simbolici o di utilità;
• rassicurazione: riflette il fondamentale bisogno di avere una controparte affidabile e
impegnata e capace di prendersi cura e del consumatore e di tutelarne gli interessi;
• cittadinanza: riguarda la crescente attenzione e importanza attribuita dal consumatore
all’eticità dei comportamenti delle imprese, con particolare riferimento all’impegno attivo a
tutela della salute, dell’ambiente e a sostegno delle cause di interesse collettivo.
Risulta evidente come stia assumendo crescente importanza soprattutto questa nuova ultima
funzione della marca, come testimoniato anche dal caso 3M:
“ Brands of the future will have to stand not only for product quality and desirable image. They
will also have to signal something wholesome about the company behind the brand. The next big
thing in brands is social responability” (The Economist).
[I marchi futuri non dovranno mostrarsi soltanto per la qualità dei prodotti e l’immagine
desiderabile. Essi dovranno inoltre trasmettere qualcosa di sano (puro) circa la compagnia che sta
dietro il brand. Il prossimo importante passo nella gestione dei marchi sarà la “responsabilità
sociale”].
Caso 3M
Washington D.C. (7 Marzo 1996) : Il programma “Pollution prevention pays (3P)” della 3M
riceve un Presidential Award per lo “Sviluppo Sostenibile”.
Il vice presidente di allora, Al Gore, ha consegnato il riconoscimento a DeSimone, presidente e
direttore generale di 3M, e Sonstegard, vice presidente, direttore della sezione Tecnologia e servizi
ambientali, direttamente alla Casa Bianca.
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