Cenni Storici Studio preliminare La maggior parte del traffico a lunga percorrenza è rappresentata da veicoli
appartenenti a compagnie ed aziende dedicate al trasporto di persone e di
beni appartenenti a terzi.
La fetta più rilevante di veicoli costruiti per alte prestazioni e con soluzioni
tecniche sofisticate e costose viene impiegata da organizzazioni militari, di
ricerca o con finalità sportive.
Il mio obiettivo è di realizzare un sistema di trasporto individuale ad alta
efficienza che possa essere diffuso a condizioni economiche e tecniche non
proibitivi per larga parte della popolazione dei paesi industrializzati o in via di
sviluppo.
Questo significa che velocità supersoniche e autonomia transoceanica non
appaiono realisticamente come caratteristiche incorporabili nel progetto.
Concentrarsi su prestazioni più ridotte e requisiti di manutenzione non
proibitivi appare dunque la premessa più ragionevole.
Seguendo la linea ideale di questo progetto sono portato a non fare uso di
materiali e processi produttivi particolarmente sofisticati e costosi.
Apparentemente questa decisione sembra retrograda e dannosa per le
prestazioni ottenibili tuttavia, i grandi progressi compiuti dai programmi
informatici di progettazione, simulazione e analisi permettono di migliorare le
prestazioni che possiamo essere in grado di ottenere con materiali più
consueti.
Negli ultimi anni è stato fatto molto clamore in relazione a progetti
stupefacenti caratterizzati da materiali come kevlar, fibre di boro, fullerene,
leghe metalliche a memoria di forma o meta materiali nanotecnologici
modificabili tramite appositi segnali elettromagnetici.
Alla prova dei fatti, però, non risultano attualmente disponibili sul mercato
veicoli che traggano vantaggio dalla presenza di tali altisonanti materiali la cui
lavorazione necessita di metodologie e macchinari specifici.
In realtà solo applicazioni limitate e specialistiche come la difesa o
l'esplorazione dello spazio traggono sostanziale beneficio da tali meraviglie
della scienza applicate all'industria.
La stessa affermazione è valida per quanto concerne i promettenti, quanto
esotici, sistemi di propulsione come ramjet ad ozono, getti magneto-
idrodinamici lineari, getti al plasma di ioni, celle a combustibile in tutte le loro
innumerevoli declinazioni.
Lungi da me l' intenzione di sminuire o svalutare le grandiose potenzialità
attribuite a questi ritrovati, una volta fantascientifici, preferisco scegliere, per
la realizzazione del mio progetto, soluzioni correntemente reperibili tra le
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disponibilità per il pubblico generale.
Ritengo che vi siano ancora ampi margini di miglioramento, per quanto è
possibile ottenere con le tecnologie di larga diffusione, alla luce dei progressi
scientifici resi già ad oggi di dominio pubblico.
Un problema, spesso sottostimato, relativo ai veicoli ad alta tecnologia di
nuova costruzione, risiede nella saturazione degli stessi da parte di sistemi a
controllo elettronico e caratterizzati da schemi proprietari, i quali rendono
indispensabile l' intervento di tecnici specialistici autorizzati dalla casa
produttrice.
Tale tendenza, riscontrabile in tutti i settori e in tutte le tipologie di veicoli
commercializzati, tende a rendere più semplice e soddisfacente l' impiego da
parte dell'utilizzatore finale.
In realtà trattasi di una rimozione di conoscenza e di capacità di intervento,
da parte delle case produttrici, che danneggia gli stessi utenti e i tecnici terzi
(coloro che non sono autorizzati alle riparazioni).
Troppo spesso, infatti, questi dispositivi vengono usati come mero tampone di
soluzioni meccaniche mediocri come scorciatoia economica da parte del
produttore, il quale si assicura che eventuali schemi di funzionamento e
manuali operativi siano consultabili solo dai suddetti tecnici autorizzati.
L'esperienza, infatti, dimostra che questo modus operandi nuoce gravemente
alla durata della vita utile del veicolo poiché non vi è possibilità di opposizione
al ciclo di obsolescenza programmata e quindi i costi operativi complessivi,
per il proprietario del veicolo, lievitano in modo consistente.
Inoltre, il conducente viene desensibilizzato dai numerosi filtri posti tra lui e la
natura meccanica del veicolo, inducendolo a sottovalutare la responsabilità
relativa alla conduzione del veicolo.
Io non rifiuto l' impiego di sistemi elettronici, a patto che essi siano utilizzati là
dove vi sia una evidente necessità che ne giustifichi l' aggravio in termini di
peso e consumi energetici.
Nel mio progetto propongo, infatti, di impiegare componenti elettronici
standard, dotati documentazione disponibile al pubblico al fine di facilitare
l'impiego e la manutenzione del veicolo, ove indispensabile e, nel contempo,
utilizzare ogni qual volta sia possibile soluzioni non proprietarie.
Un aspetto preoccupante, se non proprio allarmante, del mercato globale dei
prodotti industriali è rappresentato dalla necessità che quanti più compratori
possibile accettino il concetto del consumare un bene per poi gettarlo e
sostituirlo in tempi brevi con uno tecnologicamente più o meno simile ma
apparentemente nuovo e diverso.
In questo caso, viceversa, l' aspirazione è volta a realizzare un mezzo di
trasporto originale, dotato di una forte personalità, capace di trascendere le
mode e, se possibile, essere riconosciuto, negli anni a venire, alla stregua di
classici come la Lada Niva o il Cessna 152.
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La concorrenza Caratteristiche peculiari Un veicolo, di qualsiasi tipo si tratti, sia che percorra la superficie terrestre o
sia che voli sopra ad essa, si trova ad incontrare una certa resistenza
opposta dall'aria.
La resistenza aerodinamica rappresenta, quindi, un problema comune a tutti i
veicoli che non viaggino nello spazio al di fuori dell' atmosfera o al di sotto
della crosta terrestre.
Un mezzo di trasporto individuale, ad uso, civile che non richieda l' utilizzo di
infrastrutture speciali non può, quindi, in alcun modo, avventurarsi nello
spazio al di fuori della terra o trivellare cunicoli nella roccia.
Una delle maggiori difficoltà che dovrò affrontare nello sviluppo del mio
progetto consiste nella ricerca di modalità al fine disturbare il meno possibile
il flusso d' aria che si scontrerà con ciò che mi pongo come obiettivo di
realizzare.
La maggioranza dei veicoli terrestri, da trasporto individuale si sposta ad una
velocità media di circa 100 chilometri orari e raggiunge dai 500 ai 1000
chilometri di autonomia con consumi che variano dai 4 ai 20 litri di carburante
per percorrere 100 chilometri.
I velivoli di aviazione generale sportiva si spostano, invece, ad una velocità
media di circa 200 chilometri all' ora con una autonomia che oscilla tra i 1000
ed i 2000 chilometri, impiegando dai 15 ai 40 litri di carburante per percorrere
gli stessi 100 chilometri.
Non prendo in considerazione le barche, gli aerei di linea e da affari o i mezzi
militari poichè nessuna di queste categorie può essere ritenuta compatibile
con l' utilizzo privato individuale.
Come si può notare esiste una certa linearità tra le prestazioni ottenibili
tramite un veicolo terrestre in relazione a quelle fornite da uno aereo.
In realtà non è assolutamente da dare per scontato che il consumo orario e l'
autonomia ottenibili aumentino in relazione lineare con la velocità di
percorrenza.
Se analizziamo più nel dettaglio le prestazioni ottenibili tramite i veicoli
terrestri, scopriamo che l' efficienza complessiva decade in modo disastroso
in relazione all' aumentare della velocità al di sopra della soglia dei 100
chilometri orari.
Gli autoveicoli vengono costruiti in modo tale che siano abbastanza robusti e
sicuri da resistere a sollecitazioni violente e far sopravvivere gli occupanti in
caso di incidente,
Questo aspetto è responsabile del tremendo aumento di peso che ha avuto
luogo ad ogni generazione successiva nello sviluppo dei sopra citati veicoli e,
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quindi, della intrinseca inefficienza energetica.
Un veicolo caratterizzato dalla struttura pesante in grado di assorbire urti di
elevata entità è una soluzione sicuramente efficace fino alla soglia di 50
chilometri orari.
Al di sopra di essa le forze di inerzia che vengono prese in considerazione
durante un eventuale incidente sono di ordine ben superiore rispetto a quanto
una cellula in lamiera possa sopportare ed ogni aumento di peso va a
gravare drammaticamente sugli occupanti all' interno.
Ciò significa che, per quanto la sicurezza passiva delle vetture sia stata
migliorata, durante gli anni, mediante l' impiego di cinture di sicurezza con
pretensionatore, dispositivi di airbag disposti nei punti di maggiore
pericolosità e strutture ad assorbimento di urto programmate, un incidente
che avviene al di sopra dei 50 chilometri all' ora può liberare forze
assolutamente mortali.
Possiamo comprendere perchè esistano ancora oggi i limiti di velocità a 50
chilometri orari e il motivo per il quale anche su autostrade dotate di elevati
standard di sicurezza in molti paesi del mondo non sia possibile superare la
apparentemente bassa velocità di 100 chilometri orari.
Un autoveicolo medio, pesante circa una tonnellata e mezzo, dotato di un
motore a ciclo diesel da circa 2 litri di cilindrata, che viaggia alla velocità di 50
chilometri all' ora su di una strada asfaltata, incontra una resistenza
all'avanzamento piuttosto modesta.
Questa difficoltà nell' avanzare è causata per metà dal rotolamento dei
pneumatici sulla superficie del manto stradale e, solamente, per l' altra metà
risulta imputabile alla resistenza aerodinamica.
Lo spazio necessario ad eseguire una frenata di emergenza per arrestare
completamente la marcia è contenuto in circa 10 metri ed il consumo orario, a
velocità costante, si attesta a circa 4 litri per cento chilometri.
Alla velocità di 100 chilometri di cento chilometri all' ora, invece, soltanto il 20
percento della resistenza all' avanzamento è originato dalla resistenza di
rotolamento dei pneumatici.
Un altro 10 per cento viene perso, sottratto dagli attriti meccanici interni
aggravati proprio dal peso della automobile.
La restante percentuale relativa alla difficoltà di penetrazione è determinata
dalla aumentata resistenza aerodinamica dovuta da un profilo e una sezione
del corpo vettura fortemente inefficiente.
A questa velocità, lo spazio necessario per arrestare completamente il veicolo
in una frenata di emergenza aumenta a 40 metri ed il consumo orario, a
velocità costante, supera gli 8 litri per cento chilometri.
A 200 chilometri all' ora oltre il 90 percento della resistenza viene causata dai
forti disturbi indotti nell'aria circostante dal corpo vettura in movimento.
Lo spazio di arresto in caso di frenata di emergenza si attesta ad oltre 160
metri ed il consumo orario supera, in genere, i 30 litri per cento chilometri.
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Le considerazioni relative a questa velocità sono solo teoriche poichè un
autoveicolo medio che tenti una frenata di emergenza si troverà a dover fare i
conti con le asperità del manto stradale e l' effetto portante causato dalle
turbolenze indotte nella parte posteriore della vettura.
Le asperità e le turbolenze possono facilmente far rimbalzare la vettura da
una parte all' altra della strada fino a farla urtare, ribaltare, decollare e
ricadere in una carambola dall' esito fatale.
Nel caso che l' automobile fosse dotata di un motore diesel, più efficiente del
benzina di circa il 20 percento nel convertire il carburante in movimento, il
consumo orario sarebbe stato di 2, 5 e 20 litri per cento chilometri
rispettivamente alla velocità di 50, 100 e 200 chilometri orari.
Se al posto di una pesante autovettura fosse stata impiegata una ben più
compatta motocicletta, il confronto tra la velocità e l'efficienza non sarebbe
stato maggormente positivo.
Considerando che quasi tutte le auto moderne possono essere dotate di
motori a ciclo diesel sovralimentati tramite turbocompressore ed, invece, la
totalità dei motocicli viene, di fatto, equipaggiata con gruppi termici a ciclo
otto o persino a due tempi alimentati a benzina, possiamo comprendere che
nel sopra citato confronto le prestazioni, sempre in rapporto al consumo,
appaiono ancora di più a svantaggio dei motocicli.
A 50 chilometri orari la resistenza all' avanzamento è composta, in misura
simile al caso dell' autoveicolo, per metà dall' attrito derivante dal rotolamento
dei pneumatici e, per l'altra metà, dalla resistenza opposta dall'aria.
Un motociclo di medie dimensioni, pesante 200 chili, dotato di un motore di
0,6 litri di cilindrata, andrà ad arrestarsi, a seguito di una frenata di
emergenza, negli stessi 10 metri richiesti dalla autovettura e consumerà circa
2 litri di benzina per 100 chilometri.
E' necessario considerare che nel caso si incontrino asperità stradali, il
motociclo troverà molta più difficoltà ad arrestare la sua corsa a causa della
ridotta superficie di contatto dell'unico pneumatico anteriore e della
mancanza di sistemi antibloccaggio e antislittamento, ormai presenti nella
maggioranza delle autovetture.
A 100 chilometri orari il motociclo incontrerà molta più resistenza opposta
dall'aria e genererà molti più disturbi dei flussi aerodinamici rispetto ad una
qualsiasi autovettura.
Ciò è dovuto alla forma del tutto inadatta, poco meglio se coperta da
carenature, a transitare ad alta velocità attraverso un fluido come l'aria.
Il consumo di carburante si attesta quindi a circa 6 litri per 100 chilometri; per
quanto ciò possa sembrare un risparmio, rispetto all' esempio dell'
autovettura, preme sottolineare che il peso in ordine di marcia di questo
veicolo è di ben 5 volte inferiore a quello dell'autovettura con la quale è stato
posto a confronto.
Se, malgrado il dislivello in termini di peso, il risparmio possa sembrare
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accettabile, non dimentichiamo che difficilmente sopra una moto si viaggia
facilmente in due persone, mentre su di una autovettura è possibile sedere
comodamente in quattro circondati da piacevoli dispositivi come l' aria
condizionata e l' impianto stereo.
Parti come i parafanghi sporgenti, le ruote scoperte, le forcelle acuminate e la
figura umana esposta senza alcuna protezione se non un cupolino in plastica,
contribuiscono, tutti insieme, a rendere il motociclo avvolto da rovinosi
mulinelli di aria fortemente turbolenta.
Si tratta, quindi, di scelta sciagurata in termini di efficienza aerodinamica e
sicurezza di utilizzazione senza possibilità di appello.
Fin dagli anni '50, infatti, in molti hanno cercato di proporre motocicli
caratterizzati da carenature estese volte a proteggere il guidatore e ad offrire
molta più sicurezza, stabilità ed efficienza nei consumi.
Inutile dire che ogni volta questi tipi di carenature sono apparse, non sono
state che osteggiate, derise e persino vietate dalle federazioni, probabilmente
a causa di una mentalità che disprezza le più elementari norme di sicurezza
fino a mancare di rispetto al valore della vita umana.
Ad accorta osservazione, dunque, si ripone una fiducia a dir poco eccessiva,
considerando familiare e tranquillamente sicuro cio' che in realtà non lo è poi
così tanto, nel sistema di trasporto terrestre su gomma basato su veicoli
costruiti da gabbie di tubi e lamiere in acciaio.
Non ritengo necessario scendere nei dettagli, ma esistono prove che
documentano episodi di accordi orditi dalle grandi case costruttrici di
automobili al fine di svantaggiare e danneggiare, in svariati modi, i sistemi di
trasporto collettivi basati su binari e navigazione per promuovere la diffusione
di veicoli individuali.
Mentre può essere considerato innegabile una forte necessità, da parte delle
masse di acquirenti, di dotarsi di carrozze a motore per assolvere alle
necessità di spostamento, è altrettanto evidente che durante gli ultimi
sessant' anni le masse siano state testimoni di ben altro.
La comunicazione pubblicitaria ha ricercato molteplici strategie per
convincere le masse di quanto la motorizzazione su vasta scala fosse
indispensabile e, non solo, si è persino impegnata in modo tale da far
emergere il concetto che il valore della persona sia rappresentato in modo
sostanziale in relazione a quale veicolo possiede e dalla frequenza con la
quale essa si trovi ad impiegarlo.
Durante il boom economico degli anni '50 i paesi industrializzati hanno
assistito ad un impressionante sviluppo delle infrastrutture stradali dedicate al
trasporto individuale e commerciale su gomma.
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