5
Introduzione
Come scrive Roland Barthes in un denso quanto discusso saggio del
1968, «[d]onner un Auteur à un texte, c‟est imposer à ce texte un cran d‟arrêt,
c‟est le pourvoir d‟un signifié dernier, c‟est fermer l‟écriture»
1
.
Oggi, nell‟epoca della rivoluzione digitale, l‟auspicio barthesiano di una
«écriture multiple», in cui tutto è «à démêler», «à parcourir»
2
, sembra quasi
essersi materializzato attraverso la rete nelle forme specifiche della testualità
elettronica.
I cambiamenti introdotti nel corso dell‟ultimo decennio dall‟informatica e
dalle nuove tecnologie hanno avuto un forte impatto anche sul mondo della
letteratura determinando l‟esigenza sempre più pressante di adottare nuovi
approcci conoscitivi per la comprensione della realtà in cui viviamo, complessa
e in continuo movimento.
Tali cambiamenti hanno segnato il culmine di un‟epoca caratterizzata da
un forte bisogno di rinnovamento degli orizzonti culturali che ha investito anche
gli statuti del narrare provocandone la crisi. Fin dagli anni ‟60, infatti, si
affermano nuovi approcci ermeneutici come lo strutturalismo, che dialogando
con la teoria dell‟informazione e le scienze avrebbero creato le condizioni per la
nascita di nuove estetiche e nuovi modi di fare letteratura.
Alla base della cosiddetta rivoluzione digitale si trovano dunque non solo
le possibilità offerte oggi alla scrittura dall‟uso del computer ma anche
un‟innovativa teoria letteraria che affonda le sue radici molto più indietro rispetto
alla nascita dell‟ipertesto elettronico.
Certi autori del „900, con le loro ardite sperimentazioni, hanno stravolto
l‟assetto classico del romanzo, superandone i confini attraverso la
moltiplicazione all‟infinito dei punti di vista, degli incipit narrativi o dei
personaggi, in modo da originare più intrecci e percorsi di lettura. Il merito della
macchina informatica è quello di avere accelerato questo processo ed
agevolato un mutamento delle pratiche di scrittura e lettura che era già in atto
molto prima della sua invenzione. Non si tratta semplicemente del passaggio ad
1
BARTHES, Roland, "La mort de l‟auteur", in Le bruissement de la langue. Essais critiques IV,
Seuil, Paris, 1984, p.67.
2
Ibidem.
6
un nuovo supporto ma di una trasformazione profonda della relazione tra autore
e lettore e di questi due attori con l‟opera stessa.
In questo senso, l‟esempio offerto dalle opere di due autori come Borges e
Calvino è emblematico di una nuova concezione delle modalità di scrittura che
conduce alla creazione di un testo aperto, polisemico e multilineare, costruito su
più livelli e che affranca i lettori dall‟obbligo di lettura sequenziale imposto dalla
narrativa tradizionale. Oggi, l‟alternativa della lettura non-lineare è quella offerta
al lettore dall‟ipertesto digitale all‟interno del quale può muoversi liberamente
seguendo i percorsi più disparati e contribuendo automaticamente alla
costruzione del racconto stesso. Non sembrerà azzardato dunque affermare
che attraverso queste nuove modalità di fruizione il lettore viene elevato a una
dimensione di co-autorialità che lo rende partecipe della costruzione del senso.
Già in Borges, il potere dell‟immaginazione unito a sofisticate tecniche di
riscrittura allarga i confini del testo fino a dissolverli in un ideale continuum di
relazioni con altri testi, mettendo in atto un fittissimo ed erudito gioco
citazionale. Analogamente in Calvino, l‟uso di una combinatoria del tutto
originale «produce l‟emblematizzazione di una lettura continuamente interrotta
e tuttavia ininterrotta, in un gioco intertestuale che coinvolge la pratica della
scrittura e la pratica della lettura»
3
. Non a caso, la straordinaria
consapevolezza delle virtualità comunicative insite nel linguaggio ha spinto
molti critici a qualificare queste opere come iper-narrative, ancor prima
dell‟avvento del virtuale.
Nell‟investigare le condizioni che hanno costituito la base per la nascita
della cosiddetta “estetica elettronica”, si è ritenuto dunque opportuno
riconsiderare in prima istanza come la comparsa, in diverse epoche, di supporti
di lettura e scrittura sempre diversi e innovativi abbia sempre determinato dei
mutamenti anche nel rapporto tra testo e fruitore. Né è apparso meno rilevante
rintracciare i mutamenti culturali in atto, le tendenze e le correnti che hanno
ispirato questo nuovo modo di fare letteratura affidandosi a una “macchina”
dietro la quale l‟autore potesse temporaneamente scomparire, per riapparire –
3
ESPOSITO, Rossana, “Italo Calvino. La lezione dei classici e l‟intertestualità”, in Gli Scrittori
d'Italia – XI Congresso Nazionale dell'ADI, Napoli 26-29 settembre 2007, p.3,
www.italianisti.it/FileServices/113%20Esposito%20Rossana.pdf
7
sulle orme del narratore-lettore eclettico di Borges o di Calvino –
come novello internauta nel mare magnum della rete.
CAPITOLO I
Tradizione e innovazione nelle pratiche di lettura e scrittura
9
1.1 Invenzione della stampa e rivoluzione digitale
Nel 1455 l‟invenzione del torchio da stampa e dei caratteri mobili costituì
nella storia della lettura un passaggio cardine di straordinaria importanza,
dando vita al primo libro, stampato in folio, capostipite di quella che è stata tutta
la successiva produzione fino ai nostri giorni.
Prima di allora i testi scritti venivano redatti dagli amanuensi, inizialmente,
agli albori dell‟era cristiana, su rotoli, in genere di papiro o di pergamena, la cui
lettura risultava alquanto disagevole: il rotolo infatti, dovendo essere tenuto con
entrambe le mani, impegnava tutto il corpo e non consentiva di leggere e
scrivere contemporaneamente. L‟arrivo del codice, formato di più semplice
consultazione, più maneggevole e più adatto ad essere facilmente riposto e
conservato, aveva già, pur nella sua forma manoscritta, favorito una lettura più
rapida e dato un considerevole impulso allo sviluppo culturale dell‟epoca.
È chiaro che quanto sopra era ancora ben lontano dalle possibilità che si
aprirono con l‟invenzione della stampa e con la realizzazione, da parte di
Johann Gutenberg, un tipografo di Magonza, della Bibbia a 42 linee di stampa,
che segnò l‟inizio di una nuova era.
Infatti man mano che, grazie alla nuova tecnologia, la produzione del libro
diventava nel tempo un processo sempre più industrializzato, la lettura si faceva
una pratica ampiamente diffusa ed aperta anche agli strati inferiori della società,
favorendone la progressiva alfabetizzazione e il conseguente innalzamento del
livello culturale.
Non c‟è dubbio che questo passaggio, come peraltro i precedenti, abbia
indotto una serie di cambiamenti sia per quanto riguarda lo stesso modo di
porsi del testo letterario nei confronti del pubblico sia per ciò che concerne le
modalità di fruizione e i ruoli di chi scrive e di chi legge che si andarono
distinguendo in maniera sempre più netta.
Già il passaggio dall‟oralità alla scrittura era stato contrassegnato dalla
separazione dell‟autore dal fruitore, il quale nella tradizione orale riportava i
contenuti trasmessigli dopo averli memorizzati e fatti propri senza l‟ausilio di
alcun supporto ma servendosi esclusivamente delle proprie capacità
mnemoniche e oratorie.
10
Platone nel suo Fedro mostra il suo scetticismo nei confronti della parola
scritta facendo dire al faraone Thamus, al quale Theuth ha appena illustrato i
pregi dell‟arte della scrittura:
Quest‟invenzione […] porterà alla dimenticanza nelle menti di chi
l‟apprenderà, perché essi non eserciteranno la memoria. Infatti,
facendo affidamento sulla scrittura, trarranno i ricordi dall‟esterno, da
segni estranei, e non dall‟interno, da se stessi. […] ai tuoi discepoli
porterai non la vera sapienza, ma solo una parvenza di essa poiché
diventeranno ascoltatori di molte cose senza bisogno di
insegnamento, e crederanno di essere molto dotti quando invece non
sapranno nulla
4
.
Come ci fa osservare Federico Gobbo, docente di Storia e Filosofia
dell‟Informatica all‟Università degli Studi dell‟Insubria,
[l]a critica del filosofo greco è duplice: da un lato egli sostiene che la
scrittura, in quanto estrinsecazione statica dell‟interiorità, tende ad
atrofizzare l‟organo della memoria umana; dall‟altro lato afferma che il
pensiero dell‟autore, affidato alla scrittura, si allontana dal “padre” e
resta in balìa dell‟interpretazione-traduzione-tradimento del lettore
5
.
È la storia a raccontarci che, dopo un più o meno lungo periodo in cui le
due pratiche, orale e scritta, coesistettero seppur con qualche incompatibilità,
alla fine la cultura scritta ebbe la meglio su quella orale e che, una volta
radicatasi nel sistema sociale, non poté che andare incontro a sempre nuove
evoluzioni. La più significativa è rappresentata dal già citato «codice» che
forniva vantaggi e possibilità sufficienti a facilitarne l‟imposizione: dalla
dimensione del supporto all‟ordinazione delle pagine piegate e legate insieme,
dall‟impiego della carta al posto del papiro o della pergamena all‟utilizzo di un
alfabeto e di una calligrafia che potesse essere comune a tutti. Ma nonostante il
codice possedesse tali caratteristiche, passò qualche secolo prima che
incontrasse il modello tecnologico più adatto a metterle in risalto e a consentire
4
CRANE, Gregory, “Libro e tecnologia dell‟informazione: prospettive storiche”, in CAVALLI,
Nicola e SOLIDORO, Adriano (eds.), Oltre il libro elettronico – Il futuro dell’editoria libraria,
Guerini, Milano, 2008, p.208.
5
La lezione “Dall‟oralità alla scrittura” è disponibile all‟indirizzo web:
http://www.dicom.uninsubria.it/~fgobbo/it2005GobboF-OralitaScrittura.pdf
11
il conseguente e definitivo superamento del rotolo. I primi utilizzatori infatti,
abituati allo spazio aperto e continuo del rotolo, mal si adeguavano allo spazio
rigido e limitato della pagina che non permetteva una visualizzazione più
completa delle informazioni contenute nel testo. Tuttavia, nel periodo che va dal
II al V secolo, in seguito alle modifiche e ai perfezionamenti apportati, i rotoli
vengono interamente soppiantati dai corrispondenti codici e la loro esistenza
rimane così confinata nell‟Età Antica.
Lo stesso codice si vide presto minacciato da una tecnologia più
innovativa, quella del libro stampato, il cui impatto fu enorme e immediato per la
rapidità con cui poteva essere prodotto e in un numero di esemplari identici
considerevole, tale da garantirne una diffusione che si può definire, senza alcun
dubbio, di massa. Il libro consente adesso una serie di operazioni simultanee
come la lettura, la sottolineatura, l‟annotazione, operazioni che si traducono in
un vero e proprio dialogo tra autore e lettore. Tuttavia va sottolineato che
mentre da un lato il nuovo formato apriva al pubblico dei lettori delle nuove
possibilità, dall‟altro ne precludeva di vecchie sancendo l‟inalterabilità del
“prodotto-libro” che da questo momento in poi si presenta sotto forma di testo
chiuso, completo, finito, contenitore del pensiero definitivo del suo autore.
Non trascorrono neanche cinque secoli dall‟invenzione della stampa che
l‟ennesima innovazione giunge rivoluzionando ancora una volta la pratica della
lettura nell‟Età Moderna. Se quindi la prima rivoluzione ha offerto il vantaggio di
una lettura più veloce ma soprattutto più intima e silenziosa, la seconda
rivoluzione coincide con un incremento notevole della produzione di libri, con il
loro formato più ridotto, con la nascita di vere e proprie istituzioni che
promuovevano la lettura rendendola così una pratica sempre meno impegnata
e di conseguenza più disinvolta, la terza rivoluzione è quella che stiamo vivendo
attualmente e dalla maggioranza conosciuta con il nome di “rivoluzione
digitale”. Questa s‟identifica con la creazione dei cosiddetti “testi elettronici”, le
cui caratteristiche peculiari verranno dettagliatamente descritte più avanti, le cui
origini affondano non solo nelle incredibili possibilità offerte oggi dalla scrittura
al computer ma anche in una ricerca letteraria e cognitiva che ha preceduto
temporalmente la nascita dell‟editoria elettronica.
Naturalmente anche in questo caso, come nei precedenti, non mancano
atteggiamenti di diffidenza e rifiuto nei confronti del nuovo formato. Sin dalle
12
loro prime apparizioni, infatti, l‟ipertesto e il formato multimediale hanno
affrontato la resistenza di rappresentanti dell‟“establishment letterario”
contemporaneo preoccupati degli effetti che questi potrebbero avere sulla
letteratura. Lo scrittore peruviano Mario Vargas Llosa, quest‟anno vincitore del
Premio Nobel per la letteratura, esprime così il proprio timore: «qué
desesperación si la pantalla supliera a las páginas del libro […] se perdería la
comunicación íntima»
6
.
Non manca tuttavia la voce di chi, sicuramente da tutt‟altra prospettiva,
guarda invece al potenziale insito nelle nuove piattaforme tecnologiche e
accoglie con favore l‟applicazione dell‟ipermedialità alla letteratura
considerandola addirittura un passo necessario che il postmodernismo doveva
compiere per poter finalmente mettere in pratica alcune delle idee che in
passato non avevano trovato terreno fertile per svilupparsi.
Esiste infatti un‟ampia serie di autori che, ancora prima dell‟avvento delle
attuali tecnologie elettroniche, attraverso le loro ricerche e sperimentazioni
nell‟ambito narrativo, «hanno contribuito alla creazione delle condizioni
“culturali” […] per un‟estetica elettronica»
7
.
1.2 Da Gutenberg all’HTML
Come è importante rimarcare ai fini del nostro discorso, le rivoluzioni di cui
sopra non hanno unicamente condotto ad un semplice passaggio da un
supporto di lettura ad un altro poiché ciò ha direttamente implicato non solo un
continuo mutamento del rapporto intavolato dal lettore con il testo, se vogliamo
con lo stesso autore, ma anche una progressiva trasformazione delle modalità
di fruizione del testo in base ai diversi ruoli che questi due attori si sono trovati a
ricoprire nel corso dei secoli.
All‟epoca in cui predominava l‟oralità, il pubblico era abituato a recepire il
sapere attraverso l‟ascolto, ad assorbirlo facendolo proprio per poi trasmetterlo
a sua volta ad altri. Ovviamente l‟attraversamento di questi stadi implicava che i
6
CHIAPPE, Doménico, “Hipermedismo, narrativa para la virtualidad” in Literatura Electrónica,
ed. digitale Biblioteca Virtual Miguel de Cervantes, Alicante, 2009, p.7.
7
PAMINI, Alessandro e GAMBA, Massimo, “Letteratura ed editoria verso il testo elettronico”, in
SABATINI, Angelo G., L’arte nella transizione verso il 2000, l’impiego delle tecnologie
elettroniche nei processi di ideazione, realizzazione e fruizione del prodotto artistico: letteratura
e editoria elettronica, arti visive,cinema e televisione, musica, Tempo presente, Roma, 1990,
p.4.
13
vari oggetti della conoscenza risultassero in parte trasformati da questo
processo, il che vuol dire che il passaggio di bocca in bocca rendeva
compartecipe della costruzione del senso il recettore. Essendo l‟unica tecnica di
comunicazione il linguaggio parlato, ciascuno si trovava pertanto a codificare e
interpretare le onde sonore emesse da chi parlava, immagazzinarle nella
propria mente e in momenti successivi rendere disponibili tali contenuti, anche
parzialmente, agli altri. I caratteri distintivi della parola parlata e della
conoscenza tramandata attraverso di essa sono quindi la copartecipazione,
data dalla possibilità d‟intervento nel processo di trasmissione, e l‟immediatezza
della comunicazione.
Il successivo affermarsi della parola scritta dimostrò invece i limiti di tale
immediatezza e con l‟introduzione dell‟alfabeto e dunque di regole riconosciute
e accettate da intere comunità consentì finalmente la trascrizione del linguaggio
parlato e il suo utilizzo in momenti, luoghi e condizioni diverse da quelle
originarie di produzione. Inizia da qui un processo di dogmatizzazione del
pensiero che ha reso del tutto asimmetrico il rapporto comunicativo tra chi
scrive e chi legge, conferendo autorità alla sola figura dell‟autore. Infatti le due
conseguenze fondamentali che cominciano ad essere visibili già con
l‟affermarsi della scrittura, e che diventano poi schiaccianti con l‟avvento della
stampa, sono proprio l‟imperatività della figura autoriale e la conseguente
perdita, da parte del recettore, del suo diritto di partecipazione co-creativo.
La relazione del testo con il lettore, d‟altronde, non fu l‟unica a mutare nel
periodo compreso tra il Medio Evo e il Rinascimento, anche quella del testo con
il suo autore era destinata a subire dei mutamenti indotti da una nuova “cosmo
visione”.
La identidad del texto escrito, colocado en el vértice de la masiva
divulgación que entrañaba la imprenta, aunada a la conciencia
antropocéntrica que vitalmente desarrollaba el Humanismo, condujo
inexorablemente a que el emisor del texto se convirtiese en una
suerte de marca comercial, que no tenía nada que ver con la noción
de autor[idad] manehada hasta entonces por el auctor, y que trajo
14
como consecuencia la minimización del receptor/co-creador a un
receptor/lector
8
.
Pertanto il ruolo di chi legge viene adesso ridotto allo svolgimento di una
mera operazione di decodifica. Da un altro punto di vista tutto questo può
essere spiegato partendo da ciò che differenzia la logica e la retorica orali da
quelle scritte e cioè il fatto che le rispettive strutture discorsive sono costruite
l‟una su di un asse policronico e l‟altra su di un asse diacronico. In particolare,
la seconda, muovendosi secondo un ordine sequenziale del tipo passato-
presente-futuro, non può che indurre una linearità nel processo di decodifica
che soltanto la narrativa magico-realista (la quale prese piede intorno agli anni
‟20 del secolo scorso nell‟ambito della letteratura latino-americana) ha cercato
di rompere, in maniera quasi analoga all‟ipertesto, seppur più timidamente,
introducendo una concezione temporale di tipo circolare.
Oggi l‟ipertesto si può dire che stia costituendo un‟inversione di rotta
rispetto alla stampa poiché, sebbene si tratti pur sempre di un testo scritto,
racchiude in sé quella policronia tipica del testo orale e in qualche modo riesce
a ripristinare le antiche caratteristiche dei testi che precedettero l‟era della
stampa, restituendo il ruolo di co-creatore al lettore e la condizione di
anonimato all‟emittente. Come i trovatori di un tempo raccontavano una storia
che una volta recepita poteva essere rinarrata da chi l‟aveva ascoltata in
maniera diversa, attraverso un ampio spettro di versioni, così l‟ipertesto
consente operazioni di editing dei contenuti testuali sia tramite l‟aggiunta di
nuovi contenuti testuali che con l‟inserzione di contenuti ipertestuali ai quali si
potrà accedere grazie ad un semplice collegamento posto in corrispondenza di
una certa parola presente nel corpo del testo. Il processo a cui si assiste oggi in
rete è lo stesso che avveniva ai tempi della letteratura orale dal momento che
c‟era sempre un emittente, un recettore che immagazzinava il messaggio per
poi trasferirlo ad altri recettori modificato/rielaborato seguendo i meccanismi
della propria memoria che svolgeva la funzione di conservazione del testo. Oggi
questa funzione è svolta dalla tecnologia anziché dalla nostra memoria.
8
ALAYÓN GÓMEZ, Jerónimo, “Retórica y discurso hipertextual: del trovador oral al trovador
hipermedial. Notas para un estudio”, in Literatura Electrónica, ed. digitale Biblioteca Virtual
Miguel de Cervantes, Alicante, 2009, p.2.
15
Da un‟ottica puramente letteraria i prodotti di queste tecnologie non si
sono finora dimostrati, se non in qualche raro caso, di particolare rilievo.
Tuttavia, così come il codex nel V secolo, anche il formato elettronico o
perlomeno la logica ipertestuale, si stanno negli ultimi tempi affermando più per
motivi utilitaristici che per ragioni spiccatamente letterarie.
1.3 I pionieri del testo elettronico
Risale a un articolo del 1933 pubblicato sulla Technology Review
9
del
Massachusetts Institute of Technology la prima idea di un calcolatore analogico
dotato di un sistema di archiviazione. Dietro il “Memex”, considerato oggi il
precursore del PC e dell‟ipertesto, c‟è lo scienziato e tecnologo Vannevar Bush.
Egli fu il primo, infatti, a concepire uno strumento di organizzazione della
conoscenza di tipo reticolare, partendo dalla constatazione che la letteratura
scientifica stesse iniziando a espandersi in maniera troppo rapida soprattutto
rispetto alle capacità umane di comprensione e controllo della stessa. Il Memex
nasce dunque come risposta a un‟esigenza precisa, vale a dire quella di
cercare di facilitare l‟accesso alle informazioni contenute nelle banche dati delle
università attraverso un‟archiviazione più efficiente delle stesse che ne
agevolasse il reperimento.
Dopo la sua prima apparizione nell‟articolo sopra citato, il Memex
(abbreviazione di “memory expansion”) viene più approfonditamente descritto
nel saggio fondamentale di Bush “As We May Think”
10
. Doveva trattarsi di un
sistema meccanizzato in grado di archiviare nella propria memoria tutti i libri, i
documenti, le comunicazioni personali e qualunque altro tipo di materiale di un
individuo, il quale vi avrebbe avuto accesso in maniera veloce e versatile.
Il dispositivo è dunque progettato per un uso di tipo individuale, privato,
come se si trattasse di un prolungamento della memoria umana; ed è
principalmente per questo motivo che è ritenuto l‟antesignano dei personal
computer di oggi.
9
BUSH, Vannevar, “Future perfect”, Technology Review, Massachusetts Institute of
Technology, 1933. È possibile leggere l‟intero articolo registrandosi al seguente indirizzo web:
http://www.technologyreview.com/computing/26571/
10
In The Atlantic Monthly, n.176, July 1945, consultabile sul sito web:
http://www.theatlantic.com/past/docs/unbound/flashbks/computer/bushf.htm