Le politiche di tutela ambientale dell'Unione Europea intendono porre le regioni
dell'Obiettivo 1 in condizione di affrontare la grande sfida comune a tutti i paesi ad
elevata industrializzazione: integrare le attività produttive nel tessuto urbano, risanare i
danni ambientali, recuperare aree allo sviluppo delle città, tutelando nel contempo i
terreni naturali non ancora edificati.
In tale ottica, l'opera di bonifica di un sito contaminato, oltre che strumento di tutela
del territorio e della salute umana, diviene un importante vettore dello sviluppo sociale
ed economico, favorendo la trasformazione di intere aree da zone improduttive a zone di
riqualificazione ambientale, urbana ed economica.
La scelta della tecnologia di bonifica più idonea per il risanamento di un sito
contaminato non è sempre semplice, e deve essere orientata da valutazioni di natura
tecnica, ma anche da considerazioni di tipo economico. Le soluzioni disponibili oggi
sono piuttosto ampie, tuttavia le varie soluzioni presentano tempi di realizzazione,
effetti secondari di impatto ambientale e costi fortemente differenziati.
L'obiettivo della presente tesi di laurea è quello di studiare le potenzialità della
tecnologia water-jet nel trattamento in situ dei suoli contaminati da idrocarburi,
attraverso la messa a punto delle attrezzature di laboratorio necessarie per l'esecuzione
delle prove sperimentali, nell'ambito di un più vasto programma di ricerca che
coinvolge l'Università di Cagliari (DIGITA1 e DICM2) in collaborazione con il CRS43 e
l'impresa privata Scilla s.r.l..
Il progetto, denominato «Nuove tecnologie per la bonifica e il ripristino ambientale
di siti contaminati» è cofinanziato dall'Unione Europea nell'ambito del P.O.N. 2000 -
1
DIGITA: Dipartimento di Geoingegneria e Tecnologie Ambientali, Università di Cagliari
2
DICM: Dipartimento di Ingegneria Chimica e Materiali, Università di Cagliari
3
CRS4: Center for Advanced Studies, Research and Development in Sardinia - Pula (CA)
2006 (Misura I.3 - Azione A: Ricerca scientifica, sviluppo tecnologico, alta
formazione).
Le attività, che hanno preso avvio nel 2002 e si concluderanno nel 2005, sono
articolate in una prima fase di monitoraggio delle tecnologie esistenti, e successive fasi
di studio, sperimentazione in laboratorio e sviluppo di alcune tecnologie di risanamento
(elettrocinesi, phytoremediation e lavaggio con water-jet).
In particolare, la fase di studio e sperimentazione della tecnologia water-jet è
finalizzata al raggiungimento di due obiettivi fondamentali:
1) Incremento della permeabilità in terreni contaminati sui quali debbano essere
applicati trattamenti in situ e rimozione selettiva dalla matrice del suolo di
frazioni granulometriche altamente contaminate o dei contaminanti stessi.
2) Introduzione e distribuzione nel terreno contaminato di additivi (sostanze o
composti, in forma di soluzione o sospensione) in grado di ridurre o limitare
gli effetti della contaminazione.
I risultati sperimentali finora raggiunti e di seguito descritti si riferiscono
esclusivamente al primo dei due obiettivi sopra richiamati. In particolare, le attività
svolte presso i laboratori del DIGITA hanno compreso le seguenti operazioni:
a) Messa a punto e collaudo del sistema di selezione, omogeneizzazione e
compattazione dei campioni di suolo;
b) Messa a punto e collaudo della lancia water-jet e stesura del piano sperimentale;
c) Esecuzione del piano sperimentale di bonifica con water-jet su campioni
costituiti da suolo sabbioso, alcuni dei quali opportunamente inquinati con
gasolio per autotrazione.
1. IL SUOLO
1.1. GENERALITA'
1.1.1. La pedogenesi
Le rocce, sotto l'influenza di fattori chimici, fisici e biologici, si disgregano e si
alterano, dando luogo al regolite. L'intervento della vegetazione, che apporta
progressivamente sostanza organica, trasforma poi il regolite in suolo. Esso può
definirsi come corpo tridimensionale, appartenente alla crosta terrestre, posto
all'interfaccia tra atmosfera, litosfera e biosfera, e risultante dalle loro interazioni
chimiche, fisiche e biologiche. Il suolo non è composto soltanto da frazioni minerali, ma
comprende più fasi, e precisamente:
una fase cristallina, costituita da argille (smectiti, caoliniti, cloriti, illiti), da
composti cristallini del Fe e dell'Al (goethite, ematite, gibbsite), da calcite,
quarzo ed altri minerali;
una fase amorfa, costituita dagli idrossidi di Fe e di Al, dalle sostanze organiche
e talora dagli allòfani (alluminosilicati idrati, a scarso ordine cristallino);
una fase liquida, rappresentata dalle soluzioni acquose del suolo;
una fase gassosa, dovuta alla presenza di O2, CO2, ecc.
Specialmente nelle regioni temperate e fredde umide, il processo di formazione del
suolo è strettamente connesso alle migrazioni dei composti organici di origine vegetale
e animale ed alle loro trasformazioni biochimiche. I cicli della materia vivente rivestono
grande importanza nel condizionamento della pedogenesi, soprattutto per le numerose
interazioni che essi hanno con le trasformazioni mineralogiche e chimiche che
avvengono nei suoli.
La parte fondamentale della sostanza organica è costituita dai resti vegetali che si
depositano al suolo, ma, oltre a questi, vi sono i prodotti dell'alterazione indotta dai
microrganismi sui residui stessi (carboidrati, acidi organici, grassi, protidi, resine, cere,
lignine, ecc.), ed infine vi sono l'humus e le forme pre-umiche, risultanti dalla intima
compenetrazione tra componenti vegetali e minerali.
I materiali organici, evolvendosi o degradandosi, liberano dei composti solubili o
gassosi, come l'ammoniaca (NH3), l'acido nitrico (HNO3), l'anidride carbonica (CO2):
questa parte del processo è detta mineralizzazione della sostanza organica. In parte
invece generano dei complessi colloidali (complessi umici o humus), sufficientemente
stabili da resistere all'azione microbica e capaci di partecipare alla umificazione.
Quest'ultimo processo è definibile come un insieme di sintesi che conducono alla
genesi di composti umici colloidali di neoformazione (Duchaufour, 1970). I due
processi - in parte antagonisti tra loro - che l'evoluzione dei materiali organici può
seguire, sono riassunti nello schema seguente:
da Casati - Pace, Scienze della Terra - vol. 2, Città Studi Edizioni
Seguendo lo schema di classificazione proposto da Duchaufour (1984), i processi di
formazione dei suoli possono essere distinti a seconda che la materia organica vi svolga
o meno un ruolo centrale, con la ovvia possibilità che essi possano essersi svolti
simultaneamente o essersi sovrapposti in tempi diversi per mutate condizioni ecologico
- ambientali:
a) processi legati all'umificazione (fra cui la brunificazione, la lisciviazione, la
carbonatazione, la podzolizzazione), dominati dall'alterazione biochimica, che
presiedono alla formazione dei suoli postglaciali di clima temperato e freddo,
poco profondi e poco evoluti;
b) processi caratterizzati dall'evoluzione dei complessi argillo - umici, caratteristici
degli ambienti a forti contrasti climatici, con stagione secca marcata: lo ione Ca2+
assume un ruolo importante; i complessi argillo - umici, in grossi aggregati
molto stabili, sono profondamente incorporati alla matrice del suolo (isoumismo)
e la neoformazione di grandi quantità di argille gonfianti (smectiti) e semi-
gonfianti (minerali argillosi interstratificati) conferisce al suolo grande capacità
di dilatazione e contrazione (vertisolizzazione);
c) processi tipicamente geochimici, con alterazione spinta per idrolisi, in ambienti
tropicali e subtropicali a drenaggio regolare; la materia organica viene
rapidamente ossidata e partecipa quindi marginalmente alla pedogenesi; in
rapporto alla perdita crescente della silice e delle basi si verifica, in clima
mediterraneo subtropicale, la fersiallitizzazione (dominanza delle argille a
reticolo 2:1), in clima tropicale la ferruginazione (argille miste), in clima
equatoriale la ferrallitizzazione (argille 1:1 e ossidi di Fe e Al liberi);
d) processi dipendenti da condizioni fisico-chimiche stazionali, fra cui l'idromorfia
- dovuta a saturazione idrica temporanea (pseudogley) o permanente (gley),
parziale o totale, con conseguenti fenomeni di ossido-riduzione, in particolare del
Fe - e la salinizzazione o la alcalinizzazione del suolo, dovute ad eccesso di Na+,
rispettivamente in forma salina (NaCl) e in forma scambiabile, legata al
complesso di scambio;
e) processi evolutivi a ciclo lungo, risalenti alle fasi interglaciali, talora a clima più
caldo e umido dell'attuale: due diversi cicli pedogenetici - quello recente e
attuale, olocenico, e quello antico, pleistocenico - si sono sovrapposti (suoli
poiiciclici), generando profonde differenze fra parti superficiali (in equilibrio
tendenziale con l'ecosistema attuale) e parti profonde (relitti di paleosuoli) del
medesimo profilo, spesso dotato di eccezionale spessore.
Oltre ai processi chimici e biochimici che influiscono sulla pedogenesi, altri eventi
di natura fisico - meccanica, causati da agenti abiotici o biotici, intervengono a
modificare i lineamenti naturali del suolo.
Essi vengono definiti come pedoturbazioni e si possono così distinguere:
a) pedoturbazioni zoogeniche, dovute ad attività della fauna (insetti, lombrichi,
roditori, talpe);
b) pedoturbazioni fitogeniche, provocate dalla caduta e dallo sradicamento di alberi
che lasciano cavità aperte nel terreno, ed inoltre dalle forze divaricatrici degli
apparati radicali delle piante nelle fessure e nei pori delle rocce e dei suoli;
c) crioturbazioni e soliflusso, connessi ai cicli di gelo e disgelo, con aumenti e
diminuzioni di volume dell'acqua e del ghiaccio, ed ai movimenti di masse di
suolo e detrito, imbibiti d'acqua, per azione della gravita lungo i pendii;
d) contrazioni e rigonfiamenti ciclici di minerali argillosi a reticolo espandibile
(vertisolizzazione), in stagione siccitosa prima e umida poi, con rivolgimento del
suolo;
e) aeropedoturbazioni, per movimenti di sostanze gassose nel suolo durante e dopo
le precipitazioni piovose;
f) ruscellamento ipodermico, per scorrimento subsuperficiale dell'acqua, nei suoli
molto porosi o fessurati;
g) cristallopedoturbazioni, per accrescimento di cristalli di neoformazione (gesso,
salgemma);
h) sismopedoturbazioni, dovute alle vibrazioni ed agli scuotimenti prodotti dai
terremoti;
i) cumulizzazioni, generate dall'accumulo gravitativo di materiali erosi a monte e
ridepositati a valle (colluvium), anche su brevi percorsi, dalle acque di
dilavamento o dai venti. Questo processo è assai diffuso e può portare alla
formazione di sedimenti di suolo, costituiti da detriti provenienti dall'erosione di
profili pedologici.
1.1.2. La classificazione dei suoli (USDA)
Dove non intervengano azioni estranee, i prodotti risultanti dalla pedogenesi,
unitamente ad altri di natura humica, si distribuiscono verticalmente, formando
successivi strati, ad andamento pressoché orizzontale, diversi tra loro sia per aspetto che
per proprietà fisiche, chimiche, mineralogiche e biologiche, i quali ricoprono la «roccia
madre». Tali strati si definiscono col nome di orizzonti, i quali, nella loro successione
stratigrafica dalla superficie fino alla roccia inalterata, costituiscono il profilo
pedologico. Detto profilo varia da luogo a luogo in relazione alle condizioni climatiche
e con la natura fisica e chimica della roccia madre.
La classificazione più adottata a livello internazionale è la Soil Taxonomy proposta
dall'USDA4. Tale criterio di classificazione è adottato anche dal sistema FAO-
UNESCO. Per la classificazione tassonomica di un suolo, il sistema USDA richiede il
riconoscimento preliminare, su base morfologica e analitica, dell'orizzonte diagnostico e
dei regimi di temperatura e di umidità. Un orizzonte è detto diagnostico quando
possiede un complesso di proprietà definite quantitativamente, cosicché esse possano
essere univocamente utilizzate per identificare delle unità pedologiche. Poiché tali
proprietà degli orizzonti si sono estrinsecate attraverso dei processi che hanno portato
alla formazione del suolo stesso, il sistema viene dunque a basarsi su principi generali di
pedogenesi. Gli orizzonti sono distinti in due categorie:
a) orizzonti diagnostici di superficie o epipèdon, ricchi di sostanza organica e
capaci di conservare le loro proprietà essenziali anche se interessati da
coltivazioni agrarie;
b) orizzonti diagnostici di profondità, di composizione prevalentemente minerale.
Si riconoscono inoltre degli orizzonti diagnostici secondari, utilizzati per distinguere
alcuni gruppi di suoli. Complessivamente, la classificazione USDA raggruppa i suoli in
dieci ordini fondamentali.
1.1.3. Proprietà idrogeologiche del terreno
Le principali proprietà idrogeologiche del terreno sono rappresentate dalla porosità e
dalla permeabilità.
4
United States Department of Agriculture, 1975
La porosità totale (Φ) indica la percentuale del volume dei vuoti sul totale del
volume di terreno esaminato (a patto che tale volume sia rappresentativo). La porosità
totale delle argille è molto grande, in quanto questi terreni sono formati da elementi
microscopici in percentuale pressoché equivalente ai vuoti; un poco minore è la porosità
totale dei limi, mentre decisamente minore è quella di sabbie e ghiaie.
Tuttavia, agli effetti idrogeologici, occorre distinguere all'interno della porosità totale
la porosità efficace (Φeff), cioè la frazione che può essere occupata da acqua libera,
espressa dalla percentuale del volume dei vuoti comunicanti sul totale del volume di
terreno esaminato. Ciò spiega allora perché le argille, pur avendo una elevata porosità
totale, sono considerate impermeabili in quanto la loro porosità efficace è molto bassa.
Essa è invece massima nelle sabbie grossolane, e di poco inferiore al massimo nelle
ghiaie.
La capacità di ritenzione è data dalla differenza Φ − Φeff, e indica la percentuale
rispetto al volume totale dei vuoti occupati da acque di ritenzione (sia acqua libera che
acqua "imprigionata" all'interno dei vuoti non comunicanti). Il diagramma di Eckis
presenta i rapporti tra granulometria e i diversi tipi di porosità: si osserva che i più
elevati valori di porosità efficace (sabbie) si aggirano intorno al 35%.
Diagramma di Eckis
La porosità dipende chiaramente dal tipo di contatto tra i granuli: essa è maggiore se
il contatto è solo puntiforme, mediocre se esso avviene lungo una faccia piana dei
granuli, minima se ogni granulo è completamente circondato da altri a stretto contatto
lungo tutta la superficie (contatto completo).
Un altro parametro di grande interesse per la determinazione delle proprietà
idrogeologiche dei terreni è la permeabilità o conducibilità idraulica, ossia l'attitudine
del terreno a lasciarsi attraversare dall'acqua. I terreni a grana grossa, come ghiaie e
sabbie, avendo elevata permeabilità, si comportano come un sistema aperto, cioè i vuoti
interstiziali sono fra loro connessi a formare una serie di venature attraverso le quali
l’acqua può circolare sotto l’azione della gravità. Questi terreni presentano quindi una
bassa resistenza all'attraversamento da parte del fluido, cioè sono molto permeabili. I
terreni a grana fine (limi e argille) al contrario, si comportano come un sistema chiuso,
all’interno del quale l’acqua si muove con maggiore difficoltà; questi terreni sono cioè
poco permeabili.
La Legge di Darcy esprime le proprietà del moto di filtrazione di un liquido
attraverso un mezzo poroso. Il moto di un liquido reale può essere laminare o
turbolento, in funzione del numero di Reynolds5. Le velocità di filtrazione usuali sono
molto piccole, quindi il moto nei meati del terreno è prevalentemente laminare (con
valori di Re molto bassi), perciò la legge di Darcy è espressa dalla relazione seguente:
V = K . i ovvero iAKQ ⋅⋅=
La velocità media del fluido V è direttamente proporzionale alla pendenza i (cadente
piezometrica); Q è la portata [m3/s], A la sezione [m2], i la cadente piezometrica e K la
permeabilità, che assume le dimensioni di una velocità. Nella pratica, il moto del fluido
5
Numero di Reynolds:
µ
ρ
=
dVRe dove ρ è la densità e µ la viscosità dinamica del fluido.
è condizionato dal suo peso specifico (la velocità aumenta al crescere del peso
specifico) e dalla viscosità (una viscosità elevata tende a rallentare il flusso).
Non esistono terreni perfettamente impermeabili: tale definizione è utilizzata
soprattutto in senso relativo, e cioè per strati la cui permeabilità è molto bassa rispetto a
quella degli strati vicini.
I terreni permeabili possono essere isotropi o anisotropi: nei primi, il valore della
permeabilità in ogni punto è indipendente dalla direzione del moto; nei secondi, la
permeabilità è funzione del vettore velocità di filtrazione: è il caso delle formazioni
naturali, in cui K varia da punto a punto in funzione della direzione del moto, e pertanto
è espressa da un tensore.
Si osservi che nella legge di Darcy compare la velocità media (V), in quanto la
portata è riferita alla sezione complessiva attraversata dal liquido (non a quella effettiva
dei vuoti, Av), ed è minore della velocità effettiva attraverso i pori (Veff), la quale
dipende ovviamente dalla porosità (Φ):
Φ
⋅
=
iKVeff
Se il fluido in moto è comprimibile, la legge di Darcy assume un'espressione più
generale, tenendo conto del gradiente di pressione e del peso specifico del liquido. In
questo caso, la permeabilità è espressa dalla seguente relazione:
µ
γ
= kK
dove k è la permeabilità intrinseca o specifica e, al contrario di K, dipende solo dalla
composizione microstrutturale del mezzo; dove γ = ρg è il peso specifico e µ la
viscosità dinamica del fluido.
La viscosità dinamica del fluido (µ) si misura in poise : 10 poise (= 1000 centipoise)
equivalgono a 1 kg / m . s. Essa è normalmente definita come il rapporto tra il gradiente
di velocità di un fluido in moto e la forza tangenziale che esso sviluppa su una
superficie unitaria disposta normalmente al gradiente di velocità.
Liquido
p = 1 bar
Viscosità a 20°C
[10-3 kg / m . s]
Acqua 1.00
Acido solforico 25.40
Alcool etilico 1.20
Alcool metilico 0.60
Anilina 4.40
Benzene 0.65
Etere etilico 0.23
Glicerina 1.49
Mercurio 1.55
Olio lubrificante (Castor) 986.00
Toluene 0.59
Xilene 0.81
da Nuovo Colombo, Manuale dell'Ingegnere - vol. I - 83a edizione, Hoepli 1997
La determinazione sperimentale della permeabilità K è estremamente complicata, a
causa del fatto che i valori riscontrati in sito possono essere differenti rispetto a quelli
ottenuti in laboratorio, a causa dell’influenza predominante della macrostruttura del
suolo.
Dalle prove eseguite, si è osservato che, nel caso di materiali fini, la conduttività
idraulica K è funzione della struttura del terreno, in particolar modo del contenuto di
argilla e dell’ambiente di sedimentazione: quest'ultimo influenza il grado di
addensamento, quindi la porosità, mentre un aumento del contenuto di argilla determina
una diminuzione della permeabilità.
Il grafico seguente mostra la relazione fra la porosità (void ratio) e la permeabilità di
alcuni suoli, che si differenziano per il loro contenuto di argilla.
Schema idrogeologico del sottosuolo
#!$!%$"&%"##
2. GLI IDROCARBURI
2.1. Generalità e tipologie
2.1.1. Produzione
Gli idrocarburi sono componenti direttamente derivati dal petrolio grezzo. Esso
infatti è una miscela di numerosissimi elementi, tra i quali prevalgono gli idrocarburi
oltre a composti organici solforati, azotati, ossigenati e composti organometallici. Si
presenta come liquido dal colore scuro, a temperatura ambiente talvolta assume forma
semisolida.
I grezzi non sono tutti eguali tra loro, ma si distinguono sia per il diverso contenuto
dei diversi costituenti, sia per le diverse proporzioni tra le varie classi di idrocarburi
presenti: questi ultimi elementi sono fondamentali nella scelta dei processi di
raffinazione. Tutti i petroli grezzi contengono comunque idrocarburi appartenenti a tre
classi fondamentali:
a) paraffine normali e ramificate;
b) cicloparaffine (nafteni);
c) aromatici (areni).
Le paraffine (alcani) sono idrocarburi saturi, in quanto le loro molecole sono
incapaci di incorporare altri atomi di H, dal momento che la natura dei loro legami è di
tipo semplice. Formano catene lineari, ramificate o anulari. La più semplice delle
paraffine è il metano (CH4) che è il principale gas naturale; vi sono poi l'etano (C2H6), il
propano (C3H8) e il butano (C4H10). Questi ultimi possono essere liquefatti a basse
pressioni per produrre il GPL (Gas Pressure Low) o LNG.