3
È nostra convinzione che uno studio serio su Bonhoeffer non possa non
considerare le opere accademiche spesso ingiustamente dimenticate alla
stessa stregua delle altre più famose e popolari.
Siamo concordi col pensiero di molti nel ritenere, che la vera chiave
ermeneutica del pensiero bonhoefferiano vada ricercata nelle opere giovanili
cioè in quelle opere scritte proprio nel periodo della formazione delle strutture
permanenti del suo pensiero.
Ci è sembrato quindi essenziale considerare l’impressionante sforzo
accademico profuso da Bonhoeffer, tra i ventuno ed i ventisette anni, che lo
ritrae impegnato nel costruire una concezione teologica unitaria, originale e
creativa, in rapporto alle correnti filosofiche e teologiche a lui contemporanee,
proteso anche nella ricerca di una rinnovata fedeltà al pensiero originario di
Lutero.
Il concetto dell’uomo presente in Sanctorum Communio caratterizzato dalla
sua apertura strutturale agli altri è stato definito una forma di Personalismo
volontaristico teologico-ontologico-sociale, trovante il suo centro prospettico
e il suo asse portante sia nella persona assoluta di Dio che nell’uomo inteso
come esistenza personale e dialogica.
L’oggetto affrontato da Bonhoeffer, in Sanctorum Communio, è risolvibile nel
sottotitolo dell’opera stessa che chiarisce l’intento del lavoro: Una ricerca
dogmatica sulla sociologia della Chiesa.
4
Suo scopo consiste nel saldare la sociologia e la filosofia sociale con la
teologia della rivelazione. Il tema affrontato è la determinazione della
struttura specifica della Chiesa ma prima ancora del perché della Chiesa
stessa. O la Chiesa – si domanda Bonhoeffer – c’è perché essa è di istituzione
divina oppure la Chiesa c’è perché l’uomo, “essere di compagnia” (secondo la
definizione di Calvino) necessita di questa società nella quale ogni singolo
riconferma la sua fede e rinnova la sua speranza.
Non si intende con ciò fondare filosoficamente un idea di chiesa-società,
quanto sostenere che la spiritualità universale dell’uomo è inviluppata nella
rete della socialità.
Trasformando il noto paradigma cartesiano del cogito ergo sum si potrebbe
affermare: io mi relaziono agli altri, quindi sono.
Dobbiamo pertanto ricordare che per Bonhoeffer il concetto di persona è
essenzialmente dialogico e relazionale e che in Sanctorum Communio
Bonhoeffer sottolinei soprattutto come l’uomo colga se stesso come Io
personale e tensione etica, a partire dal confronto-scontro con il Tu di Dio e
del prossimo. Infatti dall’esperienza della intangibile libertà e della
insondabile interiorità dell’Altro emerge il senso singolare ed indivisibile
della propria libertà ed interiorità. E il Trascendente, divino e umano, non è
dato nella falsa immediatezza di una conoscenza razionale-empirica ma
nell’esperienza di un limite etico, di una separazione di coscienze e di volontà
colmabile solo dalla fede dell’Io e dell’automanifestazione del Tu dell’Altro.
5
Il mistero dell’uomo e della sua autocomprensione resta allora nascosto in
Dio e nella sua assoluta Rivelazione. Si può concludere, quindi, criticamente
che una conoscenza teologica così intesa dispone di concetti sì scientifici e
universali ma privi di una vera oggettività perché ontici e che al contrario una
conoscenza di fede si presenti sì oggettiva ed autenticamente ontologica ma
non scientifica perché esistentiva e a-teoretica. Il legame organico tra queste
due vie conoscitive è ciò che si è cercato di dimostrare in questa tesi.
Con Atto ed Essere Bonhoeffer cerca di superare l’alternativa
ontologismo/attualismo nella comprensione della rivelazione di Dio; un
alternativa che egli pensa sia negativamente condizionata dalla situazione
teologica del suo tempo.
Soprattutto Atto ed Essere è il titolo che Bonhoeffer polemicamente
attribuisce alla sua tesi di dottorato del 1931. Non atto o essere ma atto ed
essere, non una alternativa ma un’unità capace di superare le contrapposizioni
e la loro inevitabile parzialità.
Dunque Bonhoeffer affronta - come egli stesso dice nella prima parte
dell’opera - il Problema atto-essere presentato in via propedeutica, come
problema della teoria della conoscenza, sul modello della comprensione
autonoma dell’Esserci nella filosofia. Con ciò pone in rilievo il problema
atto-essere in riferimento alla gnoseologia in quanto “essa stessa è il tentativo
dell’io di comprendere se stesso”. Dobbiamo ricordare che Bonhoeffer, in
questo scritto si pone in dialogo oltre che con Hegel anche con Heidegger e in
6
particolare con Heidegger di Sein und Zeit, di cui recupera il concetto di
“temporalità” e di “decisione” dell’Esserci (Dasein).
Sintetizzando il ragionamento che sottende tutta questa opera, Bonhoeffer è di
fronte ad un duplice problema:
a) la questione del metodo in teologia;
b) la dicotomia tra spiegazione attualistica e spiegazione ontologica della
rivelazione.
Bonhoeffer cioè si trova davanti due modelli di rivelazione allora discussi
nell’ambiente universitario ed ecclesiastico: il modello protestante di carattere
trascendentale nel quale il soggetto si coglie in riferimento a quel che lo pone
in discussione ed il modello cattolico che muove da una valorizzazione
dell’ontologia dell’umano o del rapporto tra divino e umano.
Ora tale visione del problema per Bonhoeffer va ribadito così: l’essere nella
rivelazione è l’essere della comunità delle persone. Dunque, il momento della
relazione equivale al momento fondazionale della verità.
Ben si comprende quanto si è ridotto al nocciolo le questioni presenti nello
scritto rimandando tuttavia per una analisi più esaustiva e chiara ai prossimi
capitoli.
Durante il periodo che va dal 1931 al 1933 Dietrich Bonhoeffer in qualità di
assistente all’Università di Berlino è invitato a presiedere alcuni corsi e
seminari. Noi ne abbiamo analizzati due tenuti nel 1933 ed in particolare
quello sulla Cristologia e il seminario sulla Filosofia della religione in Hegel.
7
Abbiamo pensato di scegliere (tra gli altri) questi, perché crediamo in primo
luogo necessario evidenziare un debito ideologico che Bonhoeffer deve ad
Hegel. Ciò che ci sembra infatti accomunare entrambe i filosofi parte dal
comune tentativo di realizzare una “Ricomposizione dell’Unità”. E ci
spieghiamo meglio. Questo sforzo “di ricomporre l’unità” è in Bonhoeffer
naturalmente condizionato dal clima culturale del momento: la frantumazione
della cultura nell’età post-guglielmina; la separazione tra chiesa e mondo,
caratteristica dell’era contemporanea e che provoca la frantumazione
dell’esistenza cristiana; il ripiegamento dell’io su se stesso che infrange
l’unità del soggetto. Ora ricomporre l’unità equivale al proporre il metodo
platonico o meglio socratico del dialogo ed anche il metodo hegeliano della
dialettica.
Presentare cioè un procedimento capace di togliere le polarità, le
contrapposizioni dal loro isolamento per guadagnarle a nuova luce,
mettendole in rapporto “polemico” tra loro e restituendo dinamismo al loro
confronto senza comprometterne l’identità di ciascuna.
In sintesi da un lato Platone quale filosofo del dialogo, dall’altro Hegel quale
filosofo della dialettica.
Ci sembrava interessante dedicare, in ultima analisi, un lungo capitolo ad
Hegel filosofo di Stoccarda percorrendo seppur con i limiti e le difficoltà che
la lettura di Hegel presenta l’intero suo arco di vita attraverso una selezione
delle opere per noi più significative.
8
Con ciò si è voluto evidenziare l’importanza del fondamentale concetto di
dialettica, il rapporto con la religione, l’importanza della storia. Tornando
invece a Bonhoeffer l’ardua trattazione della sua Cristologia ha scoraggiato
molti critici dalla sua analisi tuttavia abbiamo creduto opportuno proporla
comunque all’attenzione del lettore, in quanto crediamo e non siamo soli, di
indicare nella linea cristologica la costante, l’elemento di continuità presente
in tutti gli scritti bonhoefferiani da Sanctorum Communio agli scritti di Tegel.
In apertura del corso sulla Cristologia, Bonhoeffer affronta un problema non
sorto prima circa la questione della scientificità della teologia, o meglio, la
giustificazione della presenza della teologia all’interno della “universitas
litterarum”. Il problema in breve è questo: come è possibile che un fatto
storico sopporti la pretesa di assolutezza senza trasformarsi in historia sacra?
Come il logos umano che “inquadra” la realtà in un “ordine” può conoscere il
logos divino, che invece si dichiara oltre la realtà, quindi trascendente,
rompendo l’ordine conoscitivo reale ? Se una cristologia così concepita
rivendica il titolo di scienza non potrà proporsi che come crisi del concetto di
scienza in generale. Bonhoeffer allora cerca di perseguire un duplice
obiettivo: da una parte, vuole mantenere ferma la critica alla concezione
moderna dell’autonomia scientifica dall’altra, vuole evitare l’eteronomia del
cristianesimo.
La soluzione sta nel concepire la cristologia come scienza kat’exochén, cioè
come centro della scienza in generale.
9
Ma a questo punto sorge una domanda: se la scienza non conosce il suo
“centro nascosto” da dove potrà nascere una scienza autentica ? A questo
problema Bonhoeffer darà risposta nell’Etica.
Il seminario sulla Filosofia della religione in Hegel che Bonhoeffer propone a
Berlino ai suoi studenti, oltre ad essere l’ultimo, in sequenza da noi trattato di
Bonhoeffer, rappresenta anche quel punto di congiunzione con l’ultima parte
di questa tesi che come già anticipato, tenta di affrontare anche il difficile
pensiero hegeliano. In poche parole, evidenziamo l’influenza hegeliana in
Bonhoeffer, nella concezione di uno stato legittimato come ragione assoluta e
nel valore dello stato di diritto, presente nelle Lezioni sulla filosofia della
storia. In più, ci sembra che Bonhoeffer scelga Hegel quale filosofo indagante
i misteri della religione al fine di conoscere l’Assoluto. E ancora, preferisca
Hegel per il distacco da una legge morale kantiana universale in cambio di
un’eticità sociale politica. Ora rendiamo presenti i passaggi e gli elementi, per
noi, più significativi in Hegel rimandando per approfondimenti, alla lettura
dei prossimi capitoli.
Tra gli interessi predominanti presenti negli scritti giovanili hegeliani
ricordiamo principalmente quello per la storia. Ciò va sottolineato perché
questo tema si ripresenterà nuovamente nel periodo “maturo” delle Lezioni
sulla filosofia della storia.
Dobbiamo ricordare anche un altro elemento fondamentale: la religione, che
come dirà Hegel, “è una delle questioni più importanti della nostra vita”.
10
Nel periodo giovanile il giudizio religioso in Hegel è molto critico. La
religione, infatti, per Hegel è inganno dei sacerdoti, che si beffano degli
uomini senza Aufklärung, i quali a loro volta si nutrono di vuote fantasie e
non della loro ragione, come nei Greci e Romani.
Anche del cristianesimo Hegel da’ una definizione critica: la denomina
religione positiva, in quanto pone la fede in un singolo (autorità esterna
coercitiva) che viene assolutizzato e da cui proviene una legge morale valida
per tutti. Dell’ebraismo poi, Hegel conclude che è “religione della separazione
e della lacerazione”.
Ci preme sottolineare, che l’antigiudaismo hegeliano è ben lontano da ogni
ideologia razzista è che è altrettanto vero che è di natura filosofica, nel senso
che lo spirito ebraico rappresenta il contrario di quell’ideale di unità e di
totalità dell’uomo che caratterizza la polis greca.
Nel Cristo scevro delle componenti kantiane del Leben Jesu, tuttavia Hegel
vede il simbolo dell’unificazione dell’autentica conciliazione con la vita.
La novità che a noi pare interessante e che tuttavia accomuna Bonhoeffer ad
Hegel è questa continua ricerca di una soggettività capace di concepire
contemporaneamente, la conclusione in sé come relativa come parziale
trovando, invece nell’altro da sé il sé.
Un soggetto, quindi dialettico in quanto unità degli opposti.
Potremmo dire coi termini della Fenomenologia, è il processo di una
coscienza empirica immediata dell’individuo che dopo esperienze dolorose e
11
alienanti, attraverso fasi dialettiche, giunge al Sapere Assoluto riconciliata
con se stessa.
O utilizzando la terminologia delle Lezioni sulla filosofia della Religione è la
religione in quanto relazione reciproca, in quanto coscienza del rapporto dello
spirito finito dell’uomo con lo spirito infinito di Dio: “relazione dello spirito
con lo Spirito assoluto”.
Se infine dovessimo guardare alle Lezioni sulla filosofia della storia, tale
filosofia ha la funzione – dice Hegel – di attuare la conciliazione perché la
meta finale della storia è la libertà in quanto tale.
Dunque tutta la storia del mondo, per Hegel, non è altro che la realizzazione
dello spirito e con ciò lo sviluppo del concetto di libertà di cui poi lo stato è la
realizzazione mondana.
In Appendice abbiamo ritenuto di concludere questo lavoro con un nostro
breve contributo sul rapporto tra Bonhoeffer e il pensiero ebraico, in
particolare evidenziando come finita la fase accademica del cammello
Bonhoeffer si prepari a vivere nell’Azione, quell’esser-ci per gli Altri che lo
porterà a combattere e poi a resistere al Male nazista.
12
Capitolo primo
UNA BIOGRAFIA
13
UNA BIOGRAFIA
“Cari genitori,
…E’ in tempi come questi che si dimostra veramente che cosa significhi
possedere un passato e una eredità interiore che non dipendono dal mutare dei
tempi e degli eventi. La consapevolezza di essere sorretti da una tradizione
spirituale che si estende nei secoli dà una salda sensazione di sicurezza
davanti a qualsiasi transitoria difficoltà. Credo che chi sa di possedere siffatte
riserve di forza non ha bisogno di vergognarsi nemmeno dei sentimenti più
teneri, che peraltro a mio giudizio sono propri degli uomini migliori e più
nobili, quando siano suscitati dal ricordo di un passato bello e ricco. Chi si
tiene saldo a quei valori che mai nessun uomo può carpirgli non sarà
sconfitto”
1
.
È con questo stralcio di lettera, - che Bonhoeffer, nel Natale 1943, invia dal
carcere alla sua famiglia – che intendiamo ripercorrere quel “passato e
quell’eredità interiore” che hanno fatto del giovane Dietrich, il resistente, il
teologo, il filosofo che con la propria vita ha risposto così, alla morte:
“Azione
Fare ed osare non una cosa qualsiasi, ma il giusto
1
D. BONHOEFFER, Resistenza e resa, Ed. Paoline Cinisello Balsamo 1989, pp.233-234, d’ora in poi cit.
R.R.
14
non ondeggiare nelle possibilità, ma afferrare coraggiosamente il reale
non nella fuga dei pensieri, solo nell’azione è la libertà.
Lascia il pavido esitare ed entra nella tempesta degli eventi
sostenuto solo dal comandamento di Dio e dalla tua fede
e la libertà accoglierà giubilando il tuo spirito.
Morte
Vieni, ora, festa suprema sulla via verso la libertà
morte, rompi le gravose catene e le mura
del nostro effimero corpo e della nostra anima accecata,
perché finalmente vediamo, ciò che qui c’è invidiato di vedere.
Libertà, a lungo ti cercammo nella disciplina, nell’azione e nella sofferenza.
Morendo, te riconosciamo ora nel volto di Dio”
2
.
Questa è la fine di un “giusto”, o il fine della giustizia: vivere con
responsabilità. E questo, è ciò che ci è sembrato importante ricordare: la
testimonianza di un pensiero, di una vita che ha lottato perché il potere di
pochi non assoggettasse le volontà dei molti; che ha resistito affinché
continuasse a vivere la dialettica della molteplicità, capace di mantenere la
diversità di un Io e di un Tu; che ha infine, fatto resistenza con la vita e,
soprattutto, con il pensiero, perché come ha affermato giustamente M.
Cacciari: “La nozione di resistenza si identifica con la storia stessa del
2
Ivi, pp. 448-449.
15
pensiero. L’esercizio del pensare è resistenza in sé; è resistenza nei confronti
dell’opinione, del senso comune; è resistenza nei confronti degli idoli perché
– come diceva Simone Weil – nessuno può essere educato (alla fede) o può
giungere a sapere la fede, ma si può giungere a sapere l’idolo e quindi a
resistere all’idolo, cioè a qualunque costruzione o artificio storico o
convenzione storica che pretenda di assurgere ad una dimensione metastorica
o metatemporale. Dunque, il pensare stesso è scuola di resistenza”
3
.
Ma torniamo a Bonhoeffer. Ci viene alla mente la celebre immagine con la
quale Nietzsche riassume in Così parlò Zarathustra le varie fasi della sua
vita, o le tre metamorfosi dello spirito umano: “Io vi annuncerò tre
metamorfosi dello spirito: come lo spirito diventa cammello, come il
cammello diventa leone e come infine il leone diventa bambino”.
Ci è sembrata questa, una metafora calzante, ed efficacemente applicata dal
pastore francese A. Dumas, alla vita del nostro Bonhoeffer. Perciò, abbiamo
pensato di adottarla, anche qui.
Ora, con la prima fase, quella del “cammello”, abbiamo designato il periodo
accademico durante il quale, Bonhoeffer ha accumulato quel sapere, di cui
però riconosce la sterilità, l’impotenza a suscitare un cristianesimo all’altezza
della sfida nazista, cioè abbastanza forte per non soccombere.
3
Intervista al prof. M. Cacciari, in F. FERRARIO (a cura di ), “Vorrei imparare a credere”. Dietrich
Bonhoeffer (1906-1945), Ed. Claudiana, Torino 1996, p. 211.
16
Così da questa prima fase, Bonhoeffer passa a quella del “leone”, cioè del
militante impegnato fino in fondo, nella lotta nella Bekennende Kirche
4
(Chiesa Confessante) di cui, però, si accorge che, in fondo, anch’essa è
preoccupata essenzialmente di se stessa e della sua ortodossia. Superata,
allora, questa seconda fase, Bonhoeffer cessa di essere “leone” e diventa
“bambino”, cioè qualcosa di nuovo, di diverso, diventa un enigma,
sconosciuto anche a se stesso, ne è espressione, la poesia Chi sono io ?
5
.
Dunque, un Bonhoeffer bambino che parla in modo nuovo della laicità di Dio
e della sua debolezza, scopre che il mondo è senza Dio e che Dio è presente
nel mondo senza Dio. Per cui, il mondo è sì, senza Dio, ma Dio, non è senza
il mondo.
Da ora, Bonhoeffer inaugura una nuova “grammatica della fede”.
Ma procediamo con ordine.
I fase: il cammello (1906-1933).
Dietrich Bonhoeffer nasce e Breslau (Breslavia) il 4 febbraio 1906, gemello di
Sabine e penultimo di otto figli.
4
A tal proposito, contributi notevoli sul contesto politico ed ecclesiastico sono da rintracciarsi in: P.
HOFFMANN, Tedeschi contro il nazismo, tr. it. Il Mulino, Bologna 1994; S. BOLOGNA, La chiesa
confessante sotto il nazismo, 1933-1936, Feltrinelli, Milano 1967; M.BENDISCIOLI, Germania religiosa nel
Terzo Reich, Morcelliana, Brescia 1977; S. ROSTAGNO (a cura di), Tra la croce e la svastica. Il messaggio
di una chiesa confessante per il nostro tempo, Claudiana, Torino 1984.
5
R.R., pp. 425-426.