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INTRODUZIONE
Il viaggio inizia qui, in un’area sconosciu-
ta ai più della Città di Bologna, la cui ca-
ratteristica è richiusa in un acronimo: CAAB,
che per molti può risultare incomprensibile.
All’inizio lo è stato anche per me, perchè la
mia conoscenza di questa città, sviluppatasi
durante gli anni di studio universitario, fino
ad allora si era limitata alle aree più rino-
mate della città, quelle del centro storico e
della zona universitaria. Poi, il mio relatore,
Prof. Praderio, mi ha parlato di quest’area,
da lui definita come un “cestino” perchè negli
ultimi anni ha raccolto al suo interno alcune
funzioni, peraltro altamente strategiche, che
non potevano - o non volevano - essere collo-
cate altrove.
Il Centro Agro-Alimentare Bolognese - è que-
sta è la soluzione dell’acronimo - ospita prin-
cipalmente l’apparato distributivo del setto-
re agro-alimentare cittadino, ed è proprio da
qui che nascono i principali problemi di que-
sto ambito. La struttura, che ospita numerosi
depositi e punti di stoccaggio, è attualmen-
te sovradimensionata rispetto alle esigenze ed
alle richieste del mercato, tanto che parte di
questi capannoni non sono utilizzati. E’ chia-
ro che una struttura distribuitva di queste
dimensioni comporta regimi di traffico e neces-
sità infrastrutturali rilevanti e sprattutto
necessita di un’attenta analisi urbanistica,
per evitare che la sua posizione e l’eventuale
interferenza con altre funzionalità presenti
nel contesto circostante ne minino l’efficacia.
Le difficoltà distributive nel comparto Caab
ha generato ulteriori problematiche che hanno
coinvolto gli isolati vicini: è il caso, per
esempio, della realizzazione nelle immediate
vicinanze della nuova sede della Facoltà di
Agraria. Il decentramento delle sedi universi-
tarie è stato proposto ed appoggiato dall’in-
tera Amministrazione per evitare un sovraffol-
lamento nelle zone del centro-città, ma questo
specifico caso risulta piuttosto controverso in
quanto l’edificio di recente realizzazione che
ospita la Facoltà, inizialmente progettato per
diventare l’area amministrativa e direzionale
del Centro Agro-Alimentare, non dispone di spa-
zi adibiti a serre e a laboratori specifici.
Gli errori, in termini di progettazione e pro-
grammazione urbanistica, possono coinvolgere
comparti sempre più ampi e generare difficoltà
trasportistiche e funzionali sull’intero con-
testo. La prima parte del progetto a base della
tesi nasce proprio da queste considerazioni:
quando il Prof. Praderio mi ha proposto di stu-
diare una soluzione per riqualificare e rior-
ganizzare l’intero comparto, il primo problema
che ho riscontrato è stato proprio relativo
alla mobilità, in particolare quella pubblica.
L’analisi iniziale ha dimostrato che allo stato
attuale il sistema trasportistico si basa fon-
damentalmente sul mezzo privato, e questo vale
non soltanto per il trasporto passeggeri, ma
anche per quello delle merci, tanto che l’Ita-
lia è il fanalino di coda dell’Europa nel tra-
sporto ferroviario delle merci. Devo dire che
tutto ciò mi ha abbastanza stupito perchè nel
nostro Paese esiste una rete ferroviaria mol-
to diffusa che, se migliorata ed implementata,
migliorerebbe sensibilmente la situazione del
traffico stradale, uno dei problemi principali
che coinvolgono le nostre Città. Un’inversione
di tendenza in questo senso si rivela strate-
gico soprattutto se si considera il periodo
storico in cui viviamo. Questo è un momento
in cui si possono contare numerosi nuovi pro-
getti in termini di viabilità e trasporti, che
coinvolgono l’intero terriotrio europeo e che
permetterebbero un traffico più fluido e veloce
tra un Paese e l’altro, nell’ottica di quella
interazione ed interoperabilità tra gli Stati,
così tante volte elogiata. Risulta per questo
indispensabile puntare su una politica di mi-
glioramento e di incentivo verso tutti quei
modelli di mobilità sostenibili, in termini
economici ed ambientali, che garantiscono una
grande efficacia tecnologica ed ambientale.
Questo tipo di indagine è stata poi svol-
ta nell’ambito bolognese oggetto della tesi,
e devo dire che anche in questo caso non sono
mancate le sorprese. In primo luogo ho notato
l’abitudine ad edificare interi quartieri, con
funzioni potenzialmente molto attrattive, sen-
za aver prima svolto un’indagine ed una proget-
tazione accurata del sistema degli spostamen-
ti. L’ambito Caab, per esempio, può contare in
termini di trasporto pubblico solo su un paio
di linee di autobus che esercitano un servi-
zio piuttosto ridotto e con cadenzamenti trop-
po elevati che ne disincentivano l’utilizzo,
non garantendo una sufficiente regolarità. Per
quanto riguarda le infrastrutture dedicate al
trasporto privato risultano abbastanza adegua-
te, in quanto il traffico è per lo più spora-
dico e convergente nel distretto commerciale
BOLOGNA SULLA VIA DEL FERRO
4
Meraville e nel Centro Agro-Alimentare, dove
transitano in larga maggioranza mezzi pesanti.
Devono però usufruire di mezzi propri anche
coloro che si recano alla facoltà di Agraria
e al comparto direzionale denominato “Business
Park”, e questo può risultare sconveniente,
inanzitutto perchè si accresce il numero di au-
tomobili in transito e poi perchè per dar vita
ad un ambito comune, identificabile secondo un
unico disegno, è opportuno che le persone pos-
sano usufruire di spazi e servizi pubblici,
altrimenti non si instaurerà mai un nuovo senso
di appartenenza al luogo ed alla filosofia dello
stesso.
Il progetto infrastrutturale fonda le sue
radici sulla vicinanza tra questo eterogeneo
comparto e lo scalo merci San Donato, che si
trova a poche centinaia di metri di distanza.
Già la semplice osservazione delle immagini
aeree ha suscitato in me la curiosità di capire
se non fosse possibile sfruttare questa collo-
cazione per prevedere un servizio ferroviario
in grado di servire l’area e le sue immediate
vicinanze. Grazie al Prof. Praderio, alla sua
costanza ed alle sue conoscenze, mi è stato
possibile incontrare esperti del settore che
mi hanno aiutato ad addentrarmi nello studio
di un nuovo sistema di mobilità, territorio a
me sconosciuto fino a quel momento. Gli incon-
tri con tecnici, impiegati nel settore ferro-
viario e nelle Amministrazioni competenti mi
ha permesso di capire quante e quali sono le
problematiche di una progettazione trasporti-
stica, in particolare perchè si lavora basan-
dosi su previsioni, di utenza per esempio, e
non su dati certi, quindi il margine di errore
può risultare davvero molto alto. Ho scoperto,
procedendo nello studio, che questo territorio
può essere davvero molto denso di ostacoli, ma
soprattutto ho imparato ad ascoltare più pare-
ri ed opinioni, anche molto contrastanti tra
loro, cercando di ricavare il meglio da ognu-
na.
Il progetto infrastrutturale da me proposto
si basa sulla convinzione che Bologna non può
perdere altre occasioni per cambiare e miglio-
rare il proprio sistema di trasporti. I casi
di progetti avviati e poi bloccati, con finan-
ziamenti ingenti persi per strada, sono ormai
troppi ed in un periodo di difficoltà economica
e di crescenti esigenze tecniche e tecnologi-
che come questo, tutto ciò non si può più ve-
rificare.
La mia proposta punta a sfruttare parte del-
le infrastrutture esistenti, tentando così di
alleggerire i costi di un progetto sicuramente
ambizioso, ma che, a mio parere, in questa o in
altra forma, Bologna deve realizzare.
Nello specifico si sfrutta la vicinanza dello
scalo merci e la conseguente disponibilità di
binari per realizzare un servizio ferroviario
in grado di collegare l’ambito Caab al centro,
con attestamento finale alla Stazione Centrale,
nodo modale fondamentale nel sistema della mo-
bilità bolognese. Questo servizio toccherebbe
alcuni comparti molto importanti della città:
oltre alla Stazione, vi sono gli ambiti del
Fiera District e quello dove sorgerà il Tec-
nopolo, oggetto di profondi cambiamenti e che
richiamano, già adesso o nel prossimo futuro,
numerose quote di utenza, che non possono gra-
vare ulteriormente sul congestionato traffico
cittadino, ma che devono poter conatre su un
sistema di trasporto pubblico capillare e fun-
zionale. Questa proposta per altro richiama un
progetto elaborato dalla Provincia di Bologna,
nell’ottica dell’implementazione del Servizio
Ferroviario Metropolitano, non ancora svilup-
pato e realizzato. Riconosco le difficoltà e gli
ostacoli che un sistema come questo può riscon-
trare - tra tutti quello di garantire un’utenza
adeguata al sostentamento di un servizio pub-
blico - ma ritengo che possa essere un’impor-
tante occasione di studio, approfondimento e
confronto su una tematica così importante come
quella dei trasporti, che Bologna deve asso-
lutamente affrontare e possibilmente risolvere
in tempi brevi.
Bologna si caratterizza come media-grande
città e proprio le sue dimensioni, non macro-
scopiche come nel caso di Roma e Milano, devono
favorire un adeguamento dei servizi di tra-
sporto alle varie esigenze dei cittadini e dei
numerosi pendolari che tutti i giorni arrivano
a Bologna per lavorare o studiare. Soprattut-
to questa città può contare su importanti poli
funzionali, come la Stazione Centrale, l’In-
terporto, l’Aeroporto, lo Scalo merci ed il
Parco Commerciale di Casalecchio di Reno, che
attraggono persone e quindi generano utenza,
per questo si è ipotizzata una messa a rete di
questi sistemi, potenziandoli ove possibile e
garantendo al contempo un funzionamento simul-
taneo dei settori di punta della Città.
La terza parte della tesi è infine concentra -
ta sull’ambito dello Scalo merci San Donato,
dove dovrebbe sorgere la nuova stazione di at-
testamento del servizio SFM6, che attualmente
presenta notevoli problematiche funzionali e
sociali e per di più necessita di un importante
processo di riqualificazione. Proprio a questo
scopo il progetto prevede la realizzazione di
una stazione che renda questo spazio non più un
luogo di passaggio, ma di passeggio, nell’idea
che la forza propulsiva di un nuovo sistema
ferroviario contribuisca a rigenerare il com-
plesso sistema urbano circostante.
Mi rendo conto che l’idea alla base del pro-
getto di tesi possa risulatre eccessivamente
pretenziosa, forse quasi utopistica, ma è sta-
ta concepita nella convinzione che non bisogna
mai accontentarsi di ciò che si ha, ma cer-
care di migliorarsi sempre, per sè e per gli
altri, è con questo spirito che ho tentato di
fornire un’alternativa ad una città che merita
efficienza e concretezza. Ovviamente i risul-
tati raggiunti e le considerazioni fatte sono
suscettibili di critiche ed assolutamente opi-
nabili, ma alla base c’è un profondo lavoro di
5
analisi, che mi ha portato a conoscere meglio,
anche nei suoi aspetti meno edificanti, una cit-
tà che mi ha dato tanto, e verso la quale mi
sento debitrice. E’ con questo spirito che ho
svolto questo lavoro, pensando a come il mio
contributo potesse essere utile, e sperando
che l’idea che mi spinto a portarlo avanti pos-
sa essere condivisa ed apprezzata da altri, che
come me, non si accontentano e non si vogliono
fermare allo stato di fatto, ma hanno l’ardire
di procedere verso strade a volte sconosciute
e molto impervie, ma che in alcuni casi possono
riservare piacevoli sorprese.
Il lavoro svolto è necessariamente incomple-
to, o meglio, tante sarebbero le cose da affi-
nare e sviluppare, ma per quanto mi riguarda
questa tesi è stata soprattutto una mia mani-
festazione personale di ciò che mi piacerebbe
fare ed approfondire in seguito, una sorta di
introduzione al mio futuro; spero in ogni caso
di essere stata all’altezza di quanto mi è sta-
to richiesto, di certo la passione e l’impegno
da parte mia non sono mancanti.
Con la speranza che i coraggiosi che si ad-
dentreranno nella lettura ne possano apprezza-
re la filosofia e lo spirito fondante.
Sara Belluzzi
Di seguito viene riportato l’articolo appar-
so su UNIBO magazine il 16 maggo 2011 e dedi-
cato alla tesi in oggetto:
“ Una studentessa del Corso di Laurea specia-
listica europea in Ingegneria Edile/Architet-
tura propone una soluzione alternativa (e più
economica) a metrotranvia, metropolitana e pe-
ople mover per i trasporti pubblici dell’area
metropolitana.
Una “cura del ferro” per l’area metropolita-
na di Bologna. Lo propone uno studio di Sara
Belluzzi, studentessa del Corso di Laurea Spe-
cialistico europeo in Ingegneria Edile/Archi-
tettura, che finirà nella sua tesi di laurea
(relatore il Prof. Giorgio Praderio).
L’idea, concreta ed originale, propone l’in-
tegrazione del sistema di trasporti pubblici
metropolitani con la rete ferroviaria, utiliz-
zando anche linee oggi destinate in esclusi-
va al trasporto merci. Un sistema tram-treno,
già sperimentato in diverse città europee, che
troverebbe i suoi flucri, oltre che ovviamente
alla Stazione Centrale, all’Interporto (nord),
a Casalecchio (sud), all’Aeroporto (ovest) ed
alla stazione Scalo merci (est). Quest’ultima
sorgerebbe al CAAb e servirebbe la Facoltà di
Agraria, il polo commerciale Meraville e la
zona Roveri, collegando la Trasversale di Pia-
nura al centro.
Il sistema potrebbe nascere seguendo un’im-
plementazione graduale, che porterebbe entro
il 2020 ad avere collegamenti ogni dieci minu-
ti. Il tutto a costi contenuti rispetto alle
altre ipotesi in campo, come metrotranvia e
people mover.
La ricerca di Sara Belluzzi finirà nella tesi
di laurea “Bologna sulla via del ferro: proget-
to di un integratore di mobilità metropolitana
per la stazione Caab/Scalo merci”, che sarà di-
scussa a Ingegneria il prossimo 21 luglio.
INTRODUZIONE
7
IL SISTEMA INFRASTRUTTURALE EUROPEO
tà territoriale sono elementi che vanno di pari
passo con un miglioramento della dotazione in-
frastrutturale di trasporto, fattore determi-
nante per perseguire lo sviluppo competitivo
di territori e regioni.
E’ evidente che esistono molti altri ele-
menti in grado di influenzare la ricchezza ed
il benessere di un Paese (tra cui elenchiamo
il PIL, il livello di agglomerazione e com-
posizione settoriale del tessuto economico e
produttivo e l’ubicazione geografica), ma è un
fatto consolidato che un adeguato sistema in-
frastrutturale sia una condizione necessaria
ed essenziale per raggiungere un’efficiente ri-
allocazione delle risorse produttive, nell’ot-
tica di una possibile liberalizzazzione degli
scambi, della crescita degli export e di una
più congrua ridistribuzione del reddito.
Un altro elemento da non trascurare è l’im-
portanza che un ottimo quadro conoscitivo del
territorio riveste in previsione di investi-
menti infrastrutturali. Infatti se questi ul-
timi non risultano coerenti con le reali esi-
genze produttive e di mobilità del contesto in
oggetto, allora non si generano impatti signi-
ficativi sulle dinamiche di sviluppo delle aree
considerate; al contrario, se la fase di pro-
grammazione e progettazione dell’infrastrut-
tura viene svolta correttamente, questa ha la
capacità di generare effetti positivi sulla
produttività dell’area d’influenza (effetto di
gravitazione del territorio rispetto alle in-
frastrutture), incrementando i flussi di cassa
necessari a coprire i costi operativi, d’inve-
stimento e remunerando così le fonti finanzia -
Infrastrutture di trasporto e sviluppo econo-
mico
Il livello di dotazione infrastrutturale ri-
veste un ruolo fondamentale per lo sviluppo
economico di un Paese, esso funge da forte
elemento catalizzatore di imprese ed attività
economiche, le quali generano un importante
input produttivo.
Risulta oramai assodato il fatto che l’Ita-
lia presenti problematiche non trascurabili
in termini di mobilità e trasporti: vi è una
rilevante esigenza di sviluppo di grandi in-
frastrutture, le quali richiedono però ingen-
ti investimenti, perlopiù di natura pubblica,
da protrarsi nel medio-lungo periodo. Proprio
nell’attualità ci troviamo a dover fronteggia-
re una reale difficoltà nel recepimento delle
risorse necessarie e una forte conflittualità
decisionale in ambito legislativo-finanziario;
la difficile congiuntura economica certamente
non incentiva questi processi. Tutti i Paesi
aderenti alla moneta unica hanno l’esigenza
di rientrare dagli attuali livelli di debito
pubblico come previsto dalla disciplina fisca-
le promossa dall’Unione Europea e per questo
motivo si limitano gli investimenti di fondi
pubblici, nel tentativo di ridurre la spesa
corrente.
I periodi cosiddetti di austerity - come
quello che stiamo attraversando - richiedono
un particolare rigore economico e fiscale, tut-
tavia non va dimenticato che la crescita econo-
mica, l’aumento di produttività ed occupazione
e l’incremento di accessibilità ed attrattivi-
rie che hanno partecipato all’investimento.
Secondo alcuni studi le infrastrutture hanno
una doppia valenza nella promozione economico-
sociale: esse, oltre ad essere una precondi-
zione dello sviluppo, accompagnano anche la
crescita dell’economia. Nel primo caso le nuo-
ve dotazioni costituiscono un’azione di anti-
cipazione avente l’obiettivo di promuovere la
crescita economica; nel secondo caso, invece,
si inseriscono in un contesto già competitivo
per svolgere un’azione di accompagnamento allo
sviluppo. L’esistenza di questa corrispondenza
è assolutamente conclamata, tuttavia risulta
piuttosto difficoltoso elaborare una misurazio -
ne concreta dell’impatto di tale correlazione.
Si generano perlopiù valutazioni empiriche, a
volte contrastanti tra loro, a causa dell’uti-
lizzo di differenti metodologie per la stima
degli effetti. A livello complessivo, però, si
può suddividere l’impatto derivante dalla co-
struzione di un’infrastruttura secondo quattro
tipologie:
• impatto di tipo diretto, generato diretta-
mente dalla costruzione dell’infrastruttura
stessa;
• impatto di tipo indiretto, rappresenta l’im-
patto generato nella filiera produttiva e ri-
conducibile ai fornitori di beni e servizi
finalizzati alla costruzione dell’infrastrut -
tura;
• impatto indotto, rappresenta quella parte
di reddito aggiuntivo speso dai lavoratori
direttamente coinvolti e non nella costru-
zione;
• impatto catalizzatore, rappresenta l’insie-
BOLOGNA SULLA VIA DEL FERRO
8
Figura 1.1: Indici infrastrutturali e Pil pro capite in
Europa (Fonte: elaborazione sui dati dell’Istituto G.
Tagliacarne)
Figura 1.2: Relazione esistente fra grado di sviluppo
economico (Valore aggiunto pro capite) e dotazione media
di infrastrutture (al netto dei porti).
(Fonte: Istituto G. Tagliacarne)
me di effetti positivi dovuti al migliora-
mento di produttività e attrattività terri-
toriale.
Economisti e studiosi hanno inoltre svilup-
pato alcune metodologie in grado di stimare
l’impatto generato dalle infrastrutture, sud-
divisibili in due schemi principali: il primo
si basa su un approccio demand-side, il secondo
su uno schema supply-side. Nel primo caso, gli
investimenti infrastrutturali hanno l’obiet-
tivo di rispondere alle crescenti esigenze di
mobilità, quindi il settore dei trasporti vie-
ne valutato in base alla ricchezza nazionale
prodotta e per la misurazione dell’impatto si
considera il valore aggiunto attribuile al set-
tore dei servizi di mobilità. Nel secondo caso,
invece, gli investimenti assumono il ruolo di
elemento trainante e determinante lo sviluppo
in quei territori caratterizzati da potenzia-
lità di crescita inespresse; nello specifico si
considera il valore di tutti i beni e servizi
finalizzati a soddisfare la domanda di traspor -
to, di conseguenza la valutazione d’impatto
misura l’ammontare totale della domanda finale
riconducibile al settore dei trasporti. In al-
cuni casi, infine, si predilige un metodo misto
in cui vengono incorporati sia il primo sia il
secondo: pertanto si misura la domanda finale
relativa ai trasporti, comprendendo anche quei
servizi che sono prodotti intermedi della do-
manda di beni non connessi ai trasporti, co-
sicchè la misurazione d’impatto computa l’am-
montare totale della domanda nazionale. Questo
approccio metodologico è largamente utilizza-
to, in particolare grazie all’utilizzo che fa
delle matrici input-output, conosciute anche
come matrici delle interdipendenze settoriali,
le quali permettono di stimare l’effetto sulla
ricchezza economica di un territorio prodotta
dalla variazione di un singolo settore, nel
caso specifico, il settore dei trasporti.
Le riflessioni svolte finora possono essere
condotte a differenti scale, sia a livello in-
franazionale che internazionale, come mostrano
i grafici riportati qui a fianco. In particolare
la figura 1.1 chiarisce la relazione positiva
esistente tra dotazione di infrastrutture e
reddito pro capite: risulta più ambigua quel-
la che lega la dotazione infrastrutturale al
tasso di crescita del reddito, in particolare
nelle economie mature, mentre nei Paesi in ri-
tardo di sviluppo questo legame è più vinco-
lante. E’ evidente come a livello europeo vi
sia una corrispondenza tra alti livelli di in-
frastrutturazione ed elevati valori di reddito
pro capite, e viceversa, ma lo stesso avviene
sul piano italiano come mostra la figura 1.2. In
essa sono indicate tutte le Regioni e in parti-
colare si evidenzia quali si attestano sopra la
media nazionale, definita a quota 100, e quante
invece non la raggiungono.
In queste indagini si può utilizzare anche
un differente indicatore, non più la dotazio-
ne infrastrutturale (che valuta la capacità
dell’infrastruttura di rispondere in modo ef-
ficiente alla domanda di mobilità di merci e
persone generata su un territorio), bensì si
considera la
concentrazione infrastrutturale, cioè la quan-
tità fisica d’infrastrutture presenti sullo
stesso territorio, come mostrato in figura 1.3.
Nella tabella si considerano le infrastruttu-
re stradali (approssimando a 100 il numero di
quelle italiane) e la linea di tendenza per-
mette di visualizzare la relazione esistente
tra lo sviluppo infrastrutturale e quello eco-
nomico in ambito italiano. Leggendo simulta-
neamente le figure 1.2 e 1.3 risulta evidente
come la ricchezza prodotta, espressa sia in
termini pro capite (i cui valori sono indicati
in milioni di euro) sia in termini assoluti,
sia correlata positivamente alla dotazione di
infrastrutture di trasporto ed alla concentra-
zione delle stesse sul territorio.
Confrontando i dati relativi all’infrastrut-
turazione ed al Pil, sono stati calcolati gli
9
indici di correlazione tra la concentrazione,
sia stradale che ferroviaria, e la ricchez-
za generata ogni anno nelle regioni italiane:
dalle elaborazioni effettuate è quindi emerso
che tale indice si attesta tra lo 0,78 e lo
0,86, valori che denotano una relazione forte e
diretta tra le variabili considerate, confer-
mando che un’infrastruttura, sia essa lineare
o puntuale, costituisce non soltanto un fat-
tore essenziale per la crescita, ma anche una
spinta decisiva alla localizzazione di nuove
iniziative imprenditoriali.
A tale proposito, alcuni studi effettuati
dal Centro di Ricerca sui Trasporti e le In-
frastrutture dell’Università Carlo Cattaneo e
condotti sulla realtà territoriale del Centro-
Nord Italia dimostrano come, per ogni chilo-
metro di nuova autostrada in un’area urbaniz-
zata, si genererebbero, in un arco temporale
di circa vent’anni, 660 nuovi posti di lavoro
ed un incremento sul prodotto interno lordo di
circa 125 milioni di euro, corrispondenti a
circa 6 all’anno; mentre, per ogni chilometro
di nuova ferrovia, si creerebbero circa 450
nuovi impieghi ed un aumento del Pil nell’or-
dine dei 70 milioni di euro, spalmati sull’arco
di un ventennio. Infine, se l’infrastruttura in
oggetto mettesse in comunicazione punti ne-
vralgici per lo sviluppo territoriale - è il
caso di ambiti fieristici, aeroportuali ed in-
dustriali - si avrebbero sul fronte occupazio-
nale, in vent’anni, 1100 nuovi posti di lavoro
ed incrementi sul Pil di circa 260 milioni di
euro, per ogni nuovo chilometro d’autostrada;
mentre, nell’ambito ferroviario, considerando
le medesime condizioni, l’impatto sul Pil sa-
rebbe di circa 130 milioni di euro, accompagna-
to da 600 nuovi posti di lavoro. Si ricorda che
allo stato attuale le varie forme di attività
correlate ai trasporti ed alla logistica gene-
rano circa il 25% del Pil dell’Unione Europea
ed occupano oltre 31 milioni di lavoratori.
I dati inerenti la situazione italiana aiu-
tano a comprendere meglio anche quella europea,
soprattutto perchè più del 50% delle imprese
internazionali guarda al sistema di trasporto
come ad un fattore decisivo per la scelta lo-
calizzativa di eventuali nuove filiali (opera -
tive o di rappresentanza); e allo stesso modo,
anche per le sedi già presenti, il sistema
del trasporto pubblico locale viene guarda-
to con particolare attenzione perchè garante
delle condizioni necessarie al miglioramento
dell’operatività del business.
E’ doveroso segnalare però che recenti studi
dimostrano come i benefici localizzativi gene-
rati da un’infrastruttura non siano illimita-
ti, bensì, oltre certi livelli, si raggiunge
la saturazione della capacità di trasporto,
accompagnata dalla crescità delle esternalità
negative prodotte, cioè da tutti quei costi e
svantaggi, in questo caso soprattutto ambien-
tali, che non vengono direttamente contabiliz-
zati sul mercato ma che incidono sul territo-
rio.
Figura 1.3: Legame fra sviluppo infrastrutturale stra-
dale e sviluppo economico.
(Fonte: A. Gervasoni, Infrastrutture e competitività,
Egea, Milano 2006)
IL SISTEMA INFRASTRUTTURALE EUROPEO
L’intermodalità quale strumento di politica
infrastrutturale
Il legame tra dotazione infrastrutturale e
sviluppo economico-sociale è stato ampiamen-
te dimostrato, ma esiste un’altra correlazione
non trascurabile, quella tra l’incremento nel
settore dei trasporti (ed il conseguente au-
mento di traffico) e la sostenibilità territo -
riale.
Il concetto di sostenibilità assume perlopiù
una connotazione ambientale in quanto riferita
alla conservazione dell’ecosistema: in questo
modo si rischia di trascurare la sua accezione
socio-economica, secondo la quale un territo-
rio deve mantenere la propria capacità di at-
trarre e generare attività produttive, rivol-
gendo comunque uno sguardo attento e costante
alle tematiche ambientalistiche. Di fatto la
sostenibilità assume un triplice significato:
quello ambientale, quello economico e quello
sociale; nessuno dei quali predomina, al con-
trario sono tutti necessari, e non sufficienti,
per il corretto funzionamento del Paese. Il
vero problema è la conclamata impossibilità di
massimizzare tutte e tre le dimensioni, ren-
dendo così necessarie scelte di valore.
Per affrontare l’annosa diatriba che contrap-
pone l’immobilità infrastrutturale a favore
della salvaguardia ambientale con il progres-
so tecnologico e trasportistico a favore dello
sviluppo imprenditoriale, si può fare riferi-
mento al concetto dell’Environmental Kuznets
Curve (EKC) rappresentato in figura 1.4. Esso
prevede che l’intensità del degrado ambienta-
le cresca proporzionalmente al Pil, fino ad un
certo livello variabile del reddito, per poi
decrescere in seguito ad un mutamento strut-
turale dell’economia (riduzione dello sviluppo
industriale ed incremento del terziario) e ad
un miglioramento delle tecniche produttive. In
questo stadio, infatti, la collettività do-
manda anche servizi ambientali, che richie-
BOLOGNA SULLA VIA DEL FERRO
10
Per dar vita ad un effettivo ed effica-
ce rientro dall’attuale situazione di squi-
librio infrastrutturale è opportuno affiancare
all’obiettivo primario che consiste nel favo-
rire l’accessibilità anche i vincoli relativi
al contenimento dei costi fiscali ed ambienta -
li. A tal proposito si sono sviluppate quattro
linee strategiche:
• riduzione della domanda complessiva di mo-
bilità attraverso una sua organizzazione;
• riduzione del traffico in termini di vei-
coli;
• riduzione delle emissioni inquinanti dei
singoli veicoli;
• riduzione dell’intensità e delle modalità
dell’intervento pubblico ripristinando,
ove possibile, forme di competizione.
E’ in quest’ottica che prende corpo l’idea
dell’intermodalità intesa come integrazione di
differenti modi di trasporto, secondo una vi-
sione globale del processo di trasferimento
combinato delle merci.
Il trasporto intermodale, rispetto a quello
stradale, genera un minore impatto sull’am-
biente: il consumo energetico per tonnellate-
chilometro del sistema ferroviario e marittimo
è inferiore rispetto a quello dei veicoli com-
merciali stradali, a patto che venga adeguata-
mente sfruttata la capacità di carico di tre-
ni e navi. Il peso delle merci che può essere
trasportato con un litro di carburante per un
chilometro è pari a 50 tonnellate per un vei-
colo commerciale, a 97 nel caso della ferrovia
ed a 127 per le navi, tuttavia questi valori
possono cambiare nel caso in cui le tratte ini-
ziali o finali del trasporto intermodale siano
particolarmente lunghe.
Buona parte dei costi esterni prodotti dal
trasporto intermodale (intesi come danni che
ricadono sulla collettività non gestiti di-
rettamente dagli utenti) risultano inferiori a
quelli dovuti al sistema stradale: il rappor-
to energia-efficienza risulta più elevato, le
dono all’amministrazione un aumento di spesa
pubblica.Questo schema esemplifica chiaramente
come lo spostamento di persone e merci abbia
in sè conseguenze positive, soprattutto per la
città, mentre gli aspetti negativi si manife-
stano nel momento in cui si verifica un fal-
limento a livello di pianificazione, al quale
consegue una crescita incontrollata che oltre-
passa i parametri ottimali e genera un aumento
delle esternalità negative. Non è quindi la
città in sè ad essere insostenibile, ma la sua
crescita smisurata.
La pianificazione del sistema dei trasporti
si rivela uno strumento fondamentale per giun-
gere ad un corretto e congruo impiego delle
risorse territoriali, pertanto diventa oppor-
tuno che sia svolta non soltanto nell’ottica
di ridurne gli effetti nocivi, ma anzitutto in
quella di preservarne l’efficacia ed il livel-
lo di performance, mitigando gli effetti con-
gestivi e guardando al governo della mobilità
come parametro indispensabile per la sosteni-
bilità ambientale. Una progettazione di questo
tipo richiede l’adozione di strategie a lungo
termine che si interessino di sviluppo del ter-
ritorio, consumo energetico e politica fiscale,
e che garantiscano una perfetta sinergia con
la pianificazione territoriale, evitando così
il ripetersi di forti segregazioni periferiche
che attualmente attanagliano la maggior parte
della grandi e medie città italiane.
emissioni di biossido di carbonio (CO
2
) sono
minori, così come quelle di ossido di azoto
(NO
x
), e inferiore risulta anche il rischio di
incidenti e congestione da traffico, quest’ul -
tima responsabile, solo in Italia, di perdite
di tempo per oltre 3 miliardi di ore l’anno e
dovuta per il 99% ai trasporti su strada. Nel
trasporto intermodale risultano invece supe-
riori le emissioni di biossido di zolfo (SO
2
) e
l’inquinamento acustico, soprattutto nel caso
di trasporto ferroviario a causa dei percorsi
ferroviari, per lo più urbani e periurbani,
rispetto a quelli stradali che, almeno sulle
lunghe distanze, si sviluppano su autostrade
al di fuori di centri abitati.
Il fattore che incide più degli altri sulla
scelta modale è, come spesso succede, il co-
sto. A questo proposito il trasporto intermo-
dale, sfruttando le linee ferroviarie, le vie
navigabili ed il mare, richiede minori esi-
genze infrastrutturali e minori costi d’in-
vestimento in mezzi di trasporto; tra l’altro
la stessa Commissione Europea suggerisce di
puntare sull’utilizzo dei trasporti esistenti
anzichè consumare ulteriore territorio per la
realizzazione di nuove autostrade. Gli svan-
taggi economici dell’intermodalità sono lega-
ti all’aumento di alcune componenti di costo:
quelle relative alle operazioni terminali, ai
sistemi organizzativi più complessi, all’ob-
bligatorietà delle unità di carico standardiz-
zate ed all’aumento dei tempi di viaggio. Il
costo del trasporto, in realtà, incide rela-
tivamente poco sul prezzo finale del prodotto,
e per questo, per modificare i criteri della
scelta modale, risulta necessario anche un mi-
glioramento della capacità di rispondere alle
esigenze della domanda in termini di affidabi -
lità, flessibilità e sicurezza.
Lo sviluppo dell’intermodalità si basa su
alcune logiche fondamentali, come la riduzio-
ne delle percorrenze a vuoto, l’ottimizzazione
dei carichi e dei percorsi (è opportuno che
Figura 1.4: Environmental Kuznets Curve III
11
la capacità di carico sia sempre sfruttata in
misura del 70-90% e da effettuarsi più di una
volta alla settimana) e l’utilizzo di sistemi
informativi avanzati. Queste condizioni sono
necessarie per mantenere una posizione com-
petitiva e riuscire ad ampliare il mercato di
riferimento che attualmente è di circa l’8% in
termini di tonnellate/chilometro a livello eu-
ropeo, per tentare poi di attrarre quei traf-
fici che, allo stato attuale, sono prerogativa
del “tutto strada”, cercando di deviarli sui
corridoi dove è possibile applicare tariffe
inferiori. E’ quindi necessario un contempora-
neo sviluppo degli operatori della logistica,
in grado di offrire servizi più integrati ver-
ticalmente e catene intermodali più semplici,
che sfruttino realmente le economie di scala e
di rete del settore.
La scelta del sistema intermodale ha una lo-
gica economica quando i benefici, in termini di
vantaggi derivanti dalla capacità di utilizza-
re in modo efficiente più modalità di trasporto,
sono maggiori rispetto ai costi, in termini di
svantaggi diretti (costi) ed indiretti (minore
“qualità”). Questa tipologia di trasporto ha,
quindi, soglie di efficienza economica molto
elevate in termini di volumi scambiati in grado
di attivare le economie di scala che permetto-
no la riduzione dei costi rispetto al “tutto
strada”, per tali motivi la Commisione Europea
ha attivato una serie di programmi di sostegno
economico all’intermodalità.
Osservando nello specifico la situazione ita-
liana, il testo che contiene indicazioni preci-
se sulle azioni necessarie per un miglioramen-
to della qualità ed una maggiore integrazione
per lo sviluppo delle catene logistiche inter-
modali è il Piano Generale dei Trasporti e del-
la Logistica (PGTL), approvato dal Governo in
via definitiva nel marzo 2001.Le azioni per il
miglioramento della competitività e dell’ef-
ficienza del sistema di trasporto intermodale
ferroviario italiano previste dal PGTL sono:
IL SISTEMA INFRASTRUTTURALE EUROPEO
Tabella 1.1: Domanda nazionale di trasporto merci in scenario tendenziale
(Fonte: PGTL, 2001)
Tabella 1.2: Domanda nazionale di trasporto merci in scenario di riequilibrio
(Fonte: PGTL, 2001)
1998 2010 scenario basso 2010 scenario alto
Milioni
di
tonnellate
Milioni
di
tonnellate
Quota
modale
Milioni
di
tonnellate
Quota
modale
Strada 747 838 86,8% 957 87,2%
Ferrovia
tradizionale/
combinata
28 55 5,7% 61 5,6%
Cabotaggio 60 72 7,5% 79 7,2%
Totale
domanda
nazionale
merci
835 965 100% 1.097 100%
1998 2010 scenario basso 2010 scenario alto
Milioni
di
tonnellate
Milioni
di
tonnellate
Quota
modale
Milioni
di
tonnellate
Quota
modale
Strada 747 864 89,5% 987 90%
Ferrovia
tradizionale/
combinata
28 32 3,3% 36 3,3%
Cabotaggio 60 69 7,1% 75 6,8%
Totale
domanda
nazionale
merci
835 965 100% 1.097 100%
BOLOGNA SULLA VIA DEL FERRO
12
Le particolari esigenze richieste dal siste-
ma intermodale, per operare con efficienza non
permettono di considerarlo come l’unica solu-
zione alle problematiche ambientali e di mobi-
lità delle merci, ma risulta comunque un siste-
ma particolarmente adatto per esser affiancato
ad altri meccanismi tecnologicamente avanzati,
atti a favorire lo sviluppo di un sistema in-
frastrutturale efficiente e sostenibile.
• offrire una maggiore disponibilità di trac-
ce orarie nelle fasce orarie richieste dalla
logistica delle spedizioni;
• aumentare il peso trasportato e la lunghezza
dei treni;
• ammodernare i terminal (in particolare
nell’area di Milano);
• aumentare l’offerta di locomotive con mi-
gliori prestazioni delle attuali;
• favorire un massiccio investimento in carri
ultrabassi per il trasporto dei veicoli pe-
santi;
• ricodificare le linee italiane e di aumenta -
re i limiti di sagoma (in particolare delle
linee destinate al traffico con il Mezzogior -
no).
Per quanto riguarda le iniziative a sostegno
del trasporto intermodale marittimo sono in-
centrate su i seguenti due aspetti:
• cambiamento della logica di sistema;
• concertazione tra i principali attori in
gioco.
Il PGTL sottolinea anche che occore armoniz-
zare i costi in modo da offrire agli operatori
parametri certi, nonchè favorire l’impiego dei
moderni strumenti telematici, e inoltre sug-
gerisce di rivedere alcuni aspetti relativi
all’organizzazione del lavoro ed agli adempi-
menti amministrativi che inficiano l’efficienza
delle catene di trasporto complesse come quel-
le intermodali.
Nel PGTL sono stati inseriti due scenari di
aviluppo dell’economia: uno “alto” caratteriz-
zato da una crescita media annua del Pil pari
all’1,85% per i servizi, ed uno “basso” da un
tasso di crescita dell’1,45%. Quindi, con ri-
ferimento ad entrambi gli scenari, si sono con-
siderate due diverse ipotesi di politica per
i trasporti: la prima (tendenziale) continua
nell’attuale ripartizione modale, mentre la
seconda (riequilibrio) prevede interventi mi-
rati a spostare quote significative del traffico
della strada ad altre modalità. Nell’ipotesi di
politica tendenziale le arterie stradali con-
tinuerebbero ad essere il sistema di trasporto
dominante, con quote intorno al 90% ed incre-
menti del 15,7% e del 32,1%; mentre nell’ipo-
tesi di riequilibrio la ferrovia dovrebbe rad-
doppiare i volumi movimentati, passando da una
quota modale pari al 3,3% ad una del 5,6-5,7%
e il cabotaggio crescerebbe del 20% (scenario
basso) o del 31,7% (scenario alto). Il tra-
sporto stradale, nonostante gli importanti in-
terventi di riequilibrio ipotizzati perderebbe
solo 2,7 o 2,8 punti della propria quota modale
scendendo all’87% circa.
La fonte di finanziamento principale per lo
sviluppo dell’intermodalità rimane la legge
240/1990 che ha stanziato circa 130 milioni di
euro, mentre le leggi successive (in partico-
lare la 341/1995 e la 641/1996) hanno concesso
stanziamenti minori, in alcuni casi di dubbia
utilità.
Il principio alla base delle possibilità di
sviluppo dell’intermodalità è la creazione di
economie di scala e di rete, pertanto il pro-
liferare di piccoli interporti in aree distan-
ti dai poli produttivi o distributivi non con-
tribuisce affatto allo sviluppo di un sistema
di rete efficiente. Interporti di dimensioni
ridotte e scarsi traffici porteranno a costi
delle operazioni terminali elevati (a meno di
sussidi alla gestione), in quanto sarà diffi-
cile ammortizzare le attrezzature ed il perso-
nale dipendente, ed aumenteranno i costi lega-
ti all’aumento dei tempi di viaggio, essendo
ridotte le frequenze dei servizi e lunghe le
trazioni iniziali e terminali.
Una coerente politica di sostegno al traspor-
to intermodale deve tenere in considerazio-
ne le esigenze della domanda e le restrizioni
imposte dall’offerta infrastrutturale utiliz-
zabile e promuovere l’utilizzo di innovazioni
tecnologiche ed organizzative che attualmente
penalizzano le modalità alternative al tra-
sporto stradale.