[ Giulia Simonetti – Matricola 200711 – Università San Raffaele Roma ]
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Introduzione
L’apprendimento delle Abilità Motorie specifiche, indispensabile per una
prestazione sportiva di alto livello, si costruisce sulle Capacità Coordinative e
sullo sviluppo di un bagaglio motorio di base il più ampio possibile.
Invece, per quanto ho potuto verificare con le mie esperienze dirette, esiste una
notevole carenza in tal senso, soprattutto nella preparazione fisica generale, in
ogni disciplina.
Anche nel Calcio, riferendomi soprattutto a squadre e categorie minori che ho
potuto osservare, tranne casi rari di allenatori o preparatori molto preparati ed
aggiornati, che sperimentano forme di allenamento più complete, la grande
maggioranza è orientata a metodi tradizionali, riferiti alla disciplina specifica e
principalmente all’allenamento della prestazione di gioco, sia nelle fasce
giovanili, che negli adulti.
La preparazione fisica, quando esiste, si basa quasi sempre sull’imitazione e
ripetizione di esercizi statici ed analitici, mentre negli allenamenti si prediligono
esercitazioni di forza, resistenza, lavoro cardiovascolare. Troppo spesso si
sottovaluta l'importanza di allenare prima lo stimolo nervoso a compiere un
determinato gesto, e si trascura quanto siano fondamentali tutte le capacità
coordinative e l’equilibrio in particolare per un buon controllo corporeo.
Inoltre, è frequentemente posto in secondo piano, o tralasciato per motivi di
tempo, un lavoro di allungamento muscolare e flessibilità che ritengo, invece,
parte integrante del benessere dell’atleta e della riuscita di una prestazione,
nonché essenziale nei giovanissimi, soprattutto per accompagnare le fasi di
rapida crescita staturale. Eppure mi hanno risposto allenatori di 14enni –
infortunati - che “lo stretching ormai a questa età non serve”; ragazzi di ogni età
con cui ho lavorato non lo conoscono nemmeno ed infatti non riescono a
distendere bene gli arti inferiori; un calciatore della serie B mi ha spiegato le
diverse fasi attraversate in 15 anni di professionismo: da “lo stretching si, prima
e dopo” a “no, solo prima, ma dinamico” ad oggi “nulla”). E potrei continuare.
Vero che da diversi anni si studiano gli effetti dello stretching nel riscaldamento,
per verificare se sia utile o meno, in particolare quello statico, e per alcuni
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aspetti sono d’accordo sulla diminuzione della prestazione in un muscolo
“allungato”.
Andersen (2005) ha sperimentato che l’incremento della flessibilità è associato
ad un forte decremento ad assorbire energia da parte del muscolo a riposo, di
fatto un muscolo contratto è meno flessibile ma può assorbire più energia ed
osserva che l’incremento del ROM con esercizi di stretching sia dovuto solo ad
una maggiore tolleranza all’allungamento, ovvero lo stretching non migliora la
flessibilità ma appunto, solo, la tolleranza all’allungamento. In conclusione, i
risultati mostrano che esercizi prima e dopo una gara e/o allenamento, non
supportano il ruolo dello stretching come ausilio alla prevenzione dei traumi.
Secondo Turbanski (2005), gli effetti meccanici dello stretching, possono
limitare la capacità di produrre forza. L’ipotesi è supportata da molte ricerche, in
quanto dopo lo stretching si presenta una diminuzione della stiffness dell’unità
muscolo-tendinea. Inoltre, ha rilevato che gli effetti negativi dello stretching
cessano dopo un periodo di tempo relativamente breve, perciò la riduzione
della prestazione è più evidente immediatamente dopo l’esecuzione dello
stretching stesso.
Little e Williams (2006) hanno esaminato gli effetti di differenti tipi di stretching
durante il riscaldamento per eseguire, dopo, alte velocità di azioni importanti nel
gioco del calcio. Lo stretching dinamico durante il warm-up risulta più efficace
come preparazione alla prestazione del gioco del calcio.
Ma tutto questo non dovrebbe mettere in discussione una costante pratica dello
stretching post-allenamento e/o gara, ad ogni età e livello sportivo, che
porterebbe benefici soprattutto a lungo termine sulle strutture muscolotendinee.
Ambrosio (2009) ci conferma che negli ultimi dieci anni sono state pubblicate
numerose ricerche sull’argomento, ultima ed assai completa riguarda 2388 atleti
agonisti distribuiti tra Australia, Norvegia e Stati Uniti e specialisti dell’atletica,
del ciclismo del calcio e del nuoto. Tra risultati (pubblicati nel 2008) emerge
che: Gli esercizi di stretching prima dell’allenamento o della competizione non
hanno alcuna efficacia preventiva sul rischio d’infortunio; Gli esercizi effettuati
prima della gara non migliorano la prestazione; Solo su periodi lunghi
possono portare ad un miglioramento dell’estensibilità muscolare; Lo
stretching non è una componente indispensabile nella fase di riscaldamento,
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tuttavia può essere, individualmente, un utile componente aggiuntiva.
Premesso che “Le capacità motorie dell’uomo sono determinate dalla
coordinazione, cioè dai processi di controllo e di regolazione de movimenti”
(Hirtz, 1981). E che “esse permettono all’atleta di controllare con sicurezza le
sue azioni motorie in situazioni prevedibili e imprevedibili“ (Frey, 1977),
l’apprendimento di Abilità specifiche, si basa sullo sviluppo delle Capacità
Coordinative e di un ampio bagaglio motorio, perciò comprendiamo quanto sia
importante che ciò si crei nell’età evolutiva, che non ci si dovrebbe concentrare
solo sulla disciplina specifica e quasi esclusivamente sulle Capacità
Condizionali, ma favorire uno sviluppo delle Capacità Coordinative, anche di
quelle Speciali.
Come spiega in maniera semplice Cerullo (2013) "La mobilità articolare e
l’allungamento muscolare sono strettamente dipendenti fra loro, determinano la
più ampia esecuzione del gesto motorio e sono fondamentali per la corretta ed
economica esecuzione dei movimenti. I fattori che limitano la capacità di
allungamento di un muscolo sono, da un lato, la resistenza opposta ad esso
dalle strutture muscolari, dall’altra il tono o la capacità di rilassamento del
muscolo stesso" (…) "Quindi mobilità articolare è sinonimo di flessibilità". (…)
"Un insufficiente sviluppo incide negativamente sull’apprendimento delle azioni
motorie, sul tempo di assimilazione e perfezionamento delle stesse, facilita il
verificarsi di infortuni e limita l’utilizzazione delle altre qualità fisiche. L’ampiezza
del movimento ne viene limitata notevolmente e di conseguenza anche la
velocità dello stesso; aumenta invece il dispendio energetico e si anticipa
l’affaticamento".
Ritrovando tutti questi aspetti nelle mie esperienze quotidiane di insegnamento,
posso dire che Mobilità articolare e Flessibilità, insieme alla Capacità di
Equilibrio, di Differenziazione Cinestesica e corretta Postura, sono presupposti
di base per una ERGONOMIA del gesto sportivo, che significa ottimizzazione
del reclutamento muscolare, delle energie disponibili, dei tempi di esecuzione
dei movimenti, quindi della Performance.
La Capacità di Equilibrio, sia statico che dinamico, nella mia visione, risiede nel
controllo del Core, il nostro “centro”, una condizione essenziale per assumere
quella stabilità che cambia totalmente l’approccio al movimento.
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Kibler et al (2008) hanno sottolineato l’ìmportanza del Core nel “migliorare
l’equilibrio, la forza e la propriocezione, sia nel prendere in esame l’unità locale
del tronco sia nel considerare i movimenti globali, nella vita quotidiana e nelle
attività sportive”.
Questo controllo addominale e lombare, non solo crea un sostegno alla colonna
vertebrale, ma determina una ridistribuzione del carico sul resto del corpo,
allegerendo l’incidenza sugli arti inferiori, quindi sulle articolazioni di anca,
ginocchio e caviglia, riducendo di conseguenza il rischio di infortuni e recidive.
Leetun et al (2008) hanno evidenziato come la stabilità del Core abbia un
importantissimo ruolo nella prevenzione degli infortuni nello sport. Viene infatti
sottolineato come una diminuzione della stabilità lombo pelvica è direttamente
correlata ad un aumento di infortuni agli arti inferiori.
Approfondiremo il concetto di Stabilità del Core, il suo ruolo nel Calcio, cosa
viene proposto e cosa si potrebbe inserire, secondo la mia esperienza.
Vedremo anche cosa si intende per allenamento funzionale e quali sono I
principi, dato che la moderna e larga diffusione di format e circuiti cosiddetti
“funzionali”, soprattutto nel mondo delle palestre e del fitness, sta veicolando un
messaggio inesatto e fuorviante.
Un allenamento Funzionale valido dovrebbe prevedere un impegno
neuromuscolare ed una sinergia tra tutti questi aspetti fondamentali, per
migliorare tutte le capacità coordinative e condizionali e favorire l'ampliamento
del bagaglio motorio. Se realmente orientato al gioco del Calcio, dovrebbe
partire dall’origine dei gesti tecnici di base, dei movimenti più ricorrenti,
scomporre quei gesti, per poi ricomporli progressivamente mediante ripetizione
e perfezionamento. Questa propedeutica permette di memorizzare nuovi
schemi motori da utilizzare in partita, senza necessità di elaborazione, quindi
riduce i tempi di risposta. Tutto ciò, nella performance sportiva, significa anche
miglioramento delle capacità di reazione, di anticipazione e delle prestazioni in
generale, soprattutto in discipline Open Skill così complesse.
Nello specifico, la sperimentazione si propone di verificare se
l’acquisizione della stabilità del Core sia correlata all’acquisizione di
Equilibrio, e se questa condizione nel calciatore, possa favorire il
controllo del movimento.
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Se esiste una connessione, un miglior controllo del corpo, può cambiare
l’approccio al gesto tecnico ed all’azione di gioco, migliorando di
conseguenza le prestazioni fisiche e la performance sportiva.
1. Il calcio giovanile ieri e oggi
Cambiano i tempi, i ritmi della società, le esigenze delle famiglie e questo
comporta una vita diversa per i bambini di oggi, rispetto a 25 - 30 anni fa,
quando erano le strade, i cortili e gli oratori, a "formare" in maniera spontanea il
bagaglio motorio dei bambini.
L'organizzazione familiare consentiva di lasciare bambini e ragazzi molto più
liberi, le strade non erano così pericolose neanche nelle grandi città. Si correva,
si giocava a calcio con porte inventate, nelle periferie si scalavano alberi, si
cadeva, ci si rialzava, si affrontavano situazioni di equilibrio che adesso
definiamo "pericolose o impossibili". Tutto era naturale e nessuno pensava di
potersi far male. Si preferivano i compagni di gioco alla Tv e, soprattutto, non
esistevano videogiochi, smartphone e tablet.
Già 10 anni fa Roticiani (2006) analizzava questi problemi: "Da molti anni si
pone l’accento su un calo della qualità tecnica dei nostri calciatori; il campionato
più bello del mondo ha perso il suo fascino estetico, in Europa. L’accusa mossa
al nostro calcio vede coinvolta la gestione didattica nella formazione tecnica del
giovane calciatore; si individua una carente attenzione nell’insegnamento del
gesto tecnico a favore di un addestramento tattico già troppo presente nelle
fasce di avviamento.
Questa analisi, seppur fondamentalmente corretta, ci sembra banalizzare
e semplificare troppo il problema; l’impoverimento della quota tecnica nelle
nostre generazioni è determinata da fattori che possiamo chiamare interni ed
esterni alla prestazione calcistica". (…)
"Fattori esterni: mancanza di spazi di gioco sui quali esercitarsi (strada,
oratorio ecc.); meno tempo disponibile per giocare e esercitarsi in
forma spontanea" (…) "Pensate a quante ore di spontanea formazione motoria
mancano ai nostri calciatori; nessun bravo allenatore potrà mai sostituire quelle
interminabili partitelle disputate sul prato o all’oratorio.
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Tutto si sta velocizzando, computer, telefonini e attività ludica virtuale riducono
e comprimono i tempi e gli spazi a disposizione dei giovani, tutti omologati e già
come piccoli adulti vittime di nevrosi".
Oggi un bambino può dirsi fortunato se ha dei genitori informati e sensibili allo
sport, tali da avvicinarlo sin dai primi anni all’attività motoria, poi lo è ancora se
incontra un insegnante preparato che sappia accoglierlo, inizialmente con un
gioco consapevole, per poi indirizzarlo ad un apprendimento motorio e cognitivo
che lo renda capace nel suo futuro, non solo sportivo, ma anche scolastico,
familiare e sociale. Compito che, in un gioco di squadra come il Calcio, si può
svolgere in maniera ottimale e completa.
Idealmente, in queste fasce di età, l'allenamento non si dovrebbe concentrare
su una sola disciplina, cercando subito l’orientamento agonistico, ma dare la
possibilità di conoscere e praticare attività differenziate. Purtroppo la poca
disponibilità di tempo delle famiglie (ed anche economica nella maggioranza dei
casi, dato che ci si deve rivolgere a strutture private, in mancanza di un servizio
pubblico adeguato nel nostro paese), non permette questo approccio e,
normalmente, si sceglie una disciplina che il bambino o ragazzo praticherà per
2-3 volte a settimana.
Secondo le Linee guida dell’UE (2008) fino all'80% dei bambini in età scolare
pratica attività fisica esclusivamente a scuola, mentre dovrebbe praticare
almeno un'ora di attività fisica moderata al giorno. Dedicare tempo sufficiente
allo sport e all'attività fisica a scuola, può contribuire in modo decisivo a
promuovere stili di vita più salutari.
L’educazione fisica nelle scuole, specialmente nelle primarie è quasi assente ed
affidata al “maestro unico” (insegnante non competente in attività motoria).
La Commissione europea sullo sport nel 2011 ha esposto le preoccupazioni
di diversi stati membri dell’UE circa la qualità dei programmi di educazione
fisica e le qualifiche dei docenti in essi coinvolti. Un interessantissimo rapporto
sull'educazione fisica a scuola è stato elaborato da Eacea/Eurydice (2013) in
collaborazione con la Direzione Generale Istruzione e Cultura della
Commissione europea, fornisce informazioni comparative in merito a 30 paesi
della Rete Eurydice sull'istruzione primaria e secondaria.