5responsabilit sociale dell impresa, in primis piccole e medie imprese e pubblica amministrazione. Nelle pubbliche amministrazioni italiane per il fenomeno sembra essere ancora piø un oggetto di discussione teorica che non di applicazione pratica: il dibattito ormai Ł abbastanza ampio e coinvolge un numero crescente di enti di varia natura, ma sono ancora pochi quelli che decidono di introdurre forme di rendicontazione sociale nella propria realt . Il presente lavoro si colloca in tale ambito di analisi e si propone di individuare un modello per l applicazione concreta del concetto di responsabilit sociale ad una tipologia particolare di amministrazione pubblica: gli enti locali. Nel fare ci il punto di partenza dovr necessariamente tenere conto del nuovo ruolo assunto dall ente locale a seguito del processo di trasformazione che lo ha visto protagonista nel corso degli anni novanta. Il processo c.d. di aziendalizzazione ha portato la progressiva introduzione dei principi di economia aziendale negli enti locali ed ha focalizzato l attenzione di studiosi ed operatori sui paradigmi e sugli strumenti del sistema di pianificazione e controllo della gestione tipico delle imprese private. L obiettivo principale dell analisi, in particolare, Ł quello di evidenziare e sottolineare non solo la possibilit , ma l opportunit di introdurre il bilancio sociale quale strumento all interno del piø ampio processo di programmazione e controllo degli enti locali. Si ritiene infatti che il bilancio sociale, inteso come processo e non solo come strumento, possa integrare le determinazioni derivati dagli strumenti tradizionali di programmazione e controllo della gestione. Ci al fine di aumentare la capacit di dare conto in modo chiaro e trasparente alla collettivit , per valutare la ricaduta sociale dei risultati ottenuti (outcome) e la coerenza delle strategie adottate con i bisogni espressi dai cittadini.
6Si tratta cioŁ di individuare i limiti degli strumenti tradizionali, i punti di tangenza tra questi ultimi ed il processo di rendicontazione sociale ed infine le potenzialit del bilancio sociale quale strumento di programmazione e controllo. La funzione del reporting sociale negli enti locali potrebbe quindi essere triplice: - strumento di programmazione e controllo, - strumento di governance nelle relazioni interne ed esterne, - strumento di comunicazione all esterno dei risultati. In seguito l analisi, dopo aver esaminato i modelli affermati di rendicontazione sociale per le imprese del settore privato, si propone di declinare tali concetti in funzione delle esigenze e delle realt degli enti locali italiani. Tale fase intende rendere piø nitidi i contorni del perimetro entro cui circoscrivere il concetto di responsabilit sociale applicabile all ente locale. L obiettivo finale Ł infatti quello di arrivare a definire una proposta operativa di bilancio sociale costruita ad hoc per gli enti locali, per evitare il rischio che il modello proposto, calato dall alto ed ineccepibile dal punto di vista concettuale, risulti per inapplicabile nel caso concreto. La soluzione non potr che essere trovata in un modello coerente con la realt degli enti locali ed introdotto all interno di un percorso di adattamento reciproco (cultura, mentalit e organizzazione). A tal fine dovranno essere individuate le fasi cruciali e gli elementi di maggiore criticit del processo di accountability nell ente locale, oltre agli elementi minimi del modello di bilancio sociale che si intende proporre, lasciando poi ad ogni singolo ente la facolt di adattarlo alle proprie esigenze. In conclusione del presente lavoro si tenter di riempire di contenuti il modello proposto, tentando di applicarlo ad un caso concreto: questo sia per dare sostanza alle considerazioni teoriche, ma anche per testare criticamente le scelte effettuate. Il caso che a tal fine verr analizzato Ł quello del Comune di Ancona.
7La scelta Ł stata dettata dall ormai consolidata esperienza maturata dall ente in materia di utilizzo di strumenti aziendali per la programmazione ed il controllo di gestione, che lo rende un caso di studio significativo ai fini della ricerca sul tema. L obiettivo in tal caso Ł quello di redigere un documento che consenta di: - rendere esplicite le relazioni dell ente con i propri stakeholders, cioŁ con tutti i soggetti interessati all attivit posta in ess ere dal comune; - rendere conto in maniera chiara e trasparente dell attivit svolta dall ente e delle relative ricadute sociali. L applicazione del modello teorico proposto al caso concreto rappresenta pertanto il tassello conclusivo, il cui inserimento aiuta a completare il quadro generale fin qui delineato.
8 CAPITOLO 1 GLI STRUMENTI TRADIZIONALI DEL CONTROLLO DI GESTIONE SOMMARIO: 1.1 L aziendalizzazione della pubblica amministrazione locale in Italia negli anni novanta. 1.2. I controlli interni nel quadro normativo italiano. 1.3. La contabilit economica ed analitica: cenni. 1.4. Il budgeting: cenni. 1.5. I parametri e gli indicatori. 1.5.1. L efficienza. 1.5.2. L efficacia. 1.6. Il reporting. 1.7. Problemi aperti. 1.1 L AZIENDALIZZAZIONE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE LOCALE IN ITALIA NEGLI ANNI NOVANTA La pubblica amministrazione locale italiana nell ultimo decennio ha subito un intenso processo di cambiamento, meglio noto come processo di aziendalizzazione della pubblica amministrazione 1. Il legislatore italiano infatti ha progressivamente preso a prestito dal mondo aziendale importanti paradigmi quali l efficacia, l efficienza, l economicit della gestione e ha previsto in tal modo di inserire accanto o in sostituzione del tradizionale modello di controllo burocratico, quello di derivazione tipicamente aziendale, il controllo manageriale2. L obiettivo principale era quello di dotare gli enti locali di strumenti in grado da un lato di rispondere piø adeguatamente alle mutate esigenze di cittadini e imprese e dall altro di rendere conto del proprio operato alla collettivit in maniera piø chiara e meno autoreferenziale. 1 L. ANSELMI, L ente locale diventa holding di un gruppo di aziende, in L. ANSELMI (a cura di), L azienda comune, Maggioli, Rimini, 2001. 2 Si distingue infatti il controllo di tipo burocratico (o formale) da quello di tipo manageriale in quanto il primo Ł indirizzato a garantire il rispetto delle norme, mentre il secondo focalizza l attenzione nei risultati dell azione e si pone come guida nella gestione. Si veda in proposito E.BORGONOVI, Sistemi e principi economico aziendali per le amministrazioni pubbliche, Egea, Milano, 1996.
9Tale processo non si Ł sviluppato in maniera lineare, ma ha subito notevoli rallentamenti e aggiustamenti, dovuti soprattutto al fatto di essere stato introdotto e imposto, almeno all inizio, dalla norma e di non essere nato quindi in risposta ad esigenze realmente sentite dagli operatori coinvolti. Nel tempo inoltre sono emersi sia fattori di criticit che ne ostacolavano lo svolgimento, sia fattori propulsivi che invece spingevano verso una sua piø rapida affermazione. I fattori critici possono essere ripartiti in due grandi classi : fattori oggettivi e fattori soggettivi. I fattori oggettivi possono essere ricondotti a due categorie: - la complessit e la scarsa chiarezza intrinseca delle norme che nel decennio si sono succedute, trovando sistemazione solo recentemente; - il tentativo di introdurre e far utilizzare i paradigmi propri delle realt aziendali tali e quali3, ritenendo che la loro introduzione fosse sufficiente per far funzionare la pubblica amministrazione come un azienda. Questo senza pensare invece alla diversa complessit istituzionale e operativa che implica un ripensamento di logiche e di strumenti e la creazione di un necessario substrato di competenze e di cultura adeguata. I fattori soggettivi possono invece essere ricondotti principalmente alla resistenza al cambiamento che larga parte dei soggetti interessati ha inizialmente dimostrato di fronte alle novit che man mano sono state introdotte : queste sono state spesso accolte con sospetto, in quanto l idea del controllo era connotata spesso in senso 3 L.DEL BENE, Criteri e strumenti per il controllo di gestione nelle aziende sanitarie, GiuffrŁ, Milano, 2000.
10negativo di ispezione e verifica, piuttosto che come guida e sostegno nelle decisioni4. I fattori propulsivi che invece hanno sostenuto il processo di aziendalizzazione sono i seguenti : a) la pressione esercitata dall esterno da un opinione pubblica sempre piø attenta e critica che pretende una migliore gestione della cosa pubblica; b) la sempre maggiore scarsit di risorse che spinge verso un uso migliore di quelle esistenti e verso l eliminazione delle inefficienze e degli sprechi; c) la maggiore mobilit di persone e idee tra il mondo aziendale e il mondo della pubblica amministrazione che ha favorito un confronto ed uno scambio continuo di strumenti e modalit operative; d) la maggiore attenzione rivolta al mondo della pubblica amministrazione da quella parte di dottrina studiosa di scienze aziendali che finora aveva delegato lo studio della materia ai giuristi. Il processo di aziendalizzazione sopra descritto ha comportato una duplice evoluzione in quella che era la logica prevalente nella pubblica amministrazione. In primo luogo ha determinato il passaggio da una logica burocratica ad una manageriale (cioŁ da una cultura degli atti ad una cultura dei risultati)5. In secondo luogo ha reso ancora piø marcato il nuovo ruolo assegnato alla pubblica amministrazione in nome del principio di sussidiariet : da erogatore 4 Spesso inoltre vi Ł anche la prevalenza di logiche politiche di breve periodo che tendono a limitare il ruolo della programmazione e del controllo a favore della gestione del consenso. Per gestire il consenso pu risultare piø efficace una politica delle mani libere , in una logica a-programmatica. Secondo questa logica il controllo di gestione pu costituire infatti un fattore limitativo. Cfr. S.MARASCA, Fabbisogno informativo e variabili organizzative : il valore aggiunto dei processi implementativi, in S.MARASCA (a cura di), Il controllo di gestione negli enti locali, Giappichelli, Torino, 1998. 5 E. BORGONOVI, op. cit.
11diretto di servizi (funzioni di prestazione) a gestore delle condizioni di erogazione da parte di soggetti terzi (funzioni di regolazione e organizzazione)6. L attenzione degli studiosi e degli operatori si Ł focalizzata inizialmente solo sulla strumentazione minima necessaria al funzionamento del sistema del management e quindi sugli strumenti tipici di tale sistema. Gli strumenti storicamente associati alla logica manageriale di tipo aziendale sono di tipo informativo : la contabilit direzionale, la contabilit generale, la contabilit analitica, il budgeting, il reporting, il sistema degli indicatori. Nella pubblica amministrazione il sistema informativo Ł incentrato invece sulla contabilit finanziaria. La differenza maggiore tra i due sistemi di rilevazione delle operazioni aziendali risiede nell oggetto di osservazione dell una e dell altra 7. La contabilit direzionale rileva sia l aspetto finanziario che economico dei fatti di gestione (costi e ricavi, debiti e crediti) ed Ł finalizzata alla determinazione del risultato economico di esercizio e dei risultati parziali. La contabilit finanziaria rileva il solo aspetto finanziario (entrate e spese) di alcuni fatti di gestione giuridicamente rilevanti ed ha principalmente una funzione autorizzatoria8. La contabilit analitica consente di monitorare per ogni singolo centro di costo il contributo fornito all attivit dell ente : ci attraverso la misurazione dei risultati conseguiti, i confronti con gli obiettivi iniziali, l analisi degli eventuali scostamenti e delle cause che li hanno prodotti. L errore imputabile al legislatore, in parte corretto dalla dottrina e dalla prassi, Ł 6 D. SORACE, Diritto delle amministrazioni pubbliche, Il Mulino, Bologna, 2002 7 G. RAVELLI, Il prospetto di conciliazione, in Azienditalia n 5/98, Ipsoa, Milano, 1998. Al riguardo Ł utile fare riferimento anche al Decreto del 22/04/2004 emanato dal Ministero dell Economia e delle Finanze, Manuale dei principi e regole contabili del Sistema Unico di contabilit economica della pubblica amministrazione Edizione 2004. 8 L. PUDDU, Ragioneria pubblica. Il bilancio degli enti locali, GiuffrŁ, Milano, 2001.
12stato quello di ritenere sufficiente l introduzione degli strumenti, quando essi da soli non sono in grado di far cambiare i comportamenti (la cultura di chi opera negli enti). In seguito quindi il campo di indagine Ł stato ampliato : l introduzione di questi strumenti dovrebbe infatti essere inquadrata nel piø ampio sistema di management (pianificazione, organizzazione e controllo), tenendo conto anche delle variabili organizzative. La norma in tal senso lascia ampia libert agli enti sulla strada da seguire, anche per permettere ad ogni amministrazione di adattare gli strumenti alle proprie caratteristiche. 1.2 I CONTROLLI INTERNI NEL QUADRO NORMATIVO ITALIANO Il sistema normativo italiano in materia di ordinamento degli enti locali ha recentemente dato sistemazione ad un lungo processo di trasformazione, in particolare per quanto riguarda il sistema dei controlli interni. L emanazione della legge n 142/90 era intervenuta con il chiaro intento di riformare un sistema che, dal punto di vista normativo, era rimasto fermo ad inizio secolo ed in tal senso ha costituito un importante spartiacque. Successivamente il legislatore aveva inteso rilanciare lo sforzo riformatore con l emanazione del D.Lgs. n 77/95 che ha introdotto importanti innovazioni in materia di ordinamento finanziario e contabile degli enti locali. Il D.Lgs. n 286/99 ha disciplinato il riordino e il potenziamento dei meccanismi e degli strumenti di monitoraggio e di valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell attivit svolta dalle amministrazioni pubbliche. In particolare tale decreto ha delineato con chiarezza quali configurazioni possa assumere il controllo all interno della pubblica amministrazione e soprattutto ha
13individuato gli organi ai quali tale controllo compete9. Il decreto individua quattro aree di controllo, i ruoli e le competenze dei vari soggetti, gli obbiettivi e le relazioni tra le varie funzioni. Le tipologie di controllo e gli organi ad esse deputati sono rispettivamente10 : 1) il controllo di regolarit amministrativa e contabile (garantire la legittimit , la regolarit e la correttezza dell azione amministrativa) demandato alla ragioneria, al collegio dei revisori ed al segretario generale dell ente; 2) il controllo di gestione (verificare l efficacia, l efficienza e l economicit dell azione amministrativa) demandato all apposito ufficio controllo di gestione, coadiuvato dai dirigenti dell ente; 3) la valutazione della dirigenza (valutare le prestazioni del personale con qualifica dirigenziale) demandato all organo esecutivo e al direttore generale, coadiuvati dal nucleo di valutazione; 4) la valutazione ed il controllo strategico (valutazione della adeguatezza delle scelte di tipo politico in termini di congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi predefiniti) demandati all organo esecutivo ed al consiglio, coadiuvati dal nucleo di valutazione. Il decreto, pur non essendo direttamente vincolante per gli enti locali, offre loro un quadro organico che fissa i principi generali, al quale essi potranno utilmente 9 La scarsa chiarezza della normativa precedente (D.Lgs. n 29/93 in particolare) derivava dal non aver ben definito la linea di demarcazione tra i controlli di tipo valutativo (esercitati dal nucleo di valutazione nei confronti dei dirigenti) e i controlli di tipo collaborativo (espletati da un ufficio di controllo di gestione interno che Ł di supporto alle scelte gestionali dei dirigenti dell ente locale) , P. MORIGI, Il controllo di gestione nella pubblica amministrazione locale, Maggioli, Rimini, 2004. 10 Si rimanda in proposito alla lettura del testo dell art. 1 c.1 del D.Lgs. n 286 del 30/07/1999 (G.U. n 193 del 18/08/99, s.o.) Pr incipi generali del controllo interno .
14fare riferimento per individuare la soluzione applicativa piø consona alle proprie peculiarit 11. L emanazione del Testo Unico in materia di ordinamento degli enti locali, D.Lgs. n 267 del 18 agosto 2000 (d ora in poi TUEL), ha infine portato a compimento il disegno che il legislatore aveva iniziato con la legge n 142/90. Il TUEL si pone come fase conclusiva del percorso normativo relativo all introduzione di un nuovo modello di gestione dell ente locale, caratterizzato da separazione tra politica e gestione, privatizzazione del pubblico impiego, dismissioni e privatizzazioni dei servizi pubblici, razionalit economica e responsabilit manageriale sui risultati raggiunti. In questo quadro lo strumento del controllo di gestione pu assolvere una funzione fondamentale quale fattore di cambiamento e di miglioramento organizzativo : infatti il controllo di gestione viene concepito quale mezzo attraverso cui l ente locale pu garantire una piø razionale programmazione dell attivit ed una gestione piø efficace per la realizzazione degli obiettivi programmati12. Nel TUEL all art. 196 il legislatore d una definizione di controllo di gestione, quale procedura volta alla verifica dello stato di attuazione degli obiettivi programmati e della funzionalit dell ente locale in termini di efficacia, efficienza ed economicit dell azione a mministrativa. Il successivo art. 197 delinea le fasi in cui esso si articola (determinazione degli obiettivi, rilevazione dei risultati e valutazione degli stessi in rapporto agli obiettivi) e individua quale strumento di programmazione dell attivit e di controllo il Piano Dettagliato degli Obiettivi (P.D.O). 11 L. DEL BENE, Il supporto del controllo di gestione al miglioramento delle performance, in L.ANSELMI, op. cit. 12 A.PROPERSI, Manuale di contabilit e bilanci degli enti locali , Il Sole 24 Ore, Milano, 2001.