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Capitolo 1
La responsabilità sociale
1.1 Responsabilità sociale dell‟impresa: significato, oggetto e aree di
riferimento
Secondo il libro verde della Commissione Europea essa consiste «nell‟integrazione volontaria da
parte delle imprese delle preoccupazioni sociali e ambientali nelle loro attività commerciali e nelle
loro relazioni con le parti interessate (stakeholder)». Il concetto di responsabilità sociale di impresa
è complesso e trova origine nelle pressioni delle associazioni di consumatori, delle organizzazioni
ecologiste, delle organizzazioni sindacali, del potere pubblico e di altri gruppi della collettività
avvenute a partire dagli anni ‟50 negli Stati Uniti e diffusesi in seguito anche in Europa. In queste
categorie di soggetti nasce la consapevolezza dell‟impossibilità di accettare passivamente i fattori
negativi (inquinamento ambientale, salute pubblica, qualità della vita) derivante dall‟attività
produttiva determinando di fatto la crisi della tesi propria del sistema di mercato occidentale, che
sostiene come unico ruolo e obiettivo dell‟impresa il conseguimento del massimo profitto. Ma
proviamo a precisare meglio che cosa si intende per “responsabilità sociale” dell‟impresa tramite la
definizione :
a) Del significato dei termini responsabilità e sociale
b) dell‟oggetto della “responsabilità sociale”
c) dei soggetti a cui essa è imputabile
d) dei soggetti verso cui si manifesta
a) significato: alcuni considerano la “responsabilità sociale” come responsabilità giuridica, altri, in
un‟accezione più ampia scorgono la ricerca, tramite essa, di una nuova legittimità imprenditoriale
in un sistema capitalistico oramai “esaurito”, altri ancora la concepiscono come la necessità per
l‟impresa di consacrare una parte delle sue risorse al benessere generale
1
. Dal punto di vista tecnico
1
Bowen nel 1953 definisce la “responsabilità sociale” come il “dovere degli uomini d‟affari di perseguire quelle
politiche, di prendere quelle decisioni, di seguire quelle linee d‟azione che sono desiderabili in funzione degli
obiettivi e dei valori riconosciuti dalla società. Cfr. H. Bowen, Social Responsabilities of the businessman,
Harper, New York, 1983.
8
il termine esprime un concetto collegato col diritto, ma nel linguaggio e nel senso comune esso
acquista un senso genericamente morale per cui prima di presentarsi come categoria del diritto la
responsabilità ci appare come categoria etica o morale, strettamente connaturata alla persona
umana: laddove c‟è qualcuno che agisce c‟è anche qualcuno che risponde. A questa regola non
possono sottrarsi neppure le imprese le quali operano mediante il concorso di molti soggetti.
Potremmo dunque definire la “responsabilità sociale” come il dovere che ha l‟impresa di rispondere
del proprio operato nei confronti della società e del suo funzionamento. Tale accezione però
presenta contorni ancora non perfettamente definiti in quanto occorre precisare: b) l‟oggetto della
responsabilità sociale; c) i soggetti a che assumono questo tipo di responsabilità; d) i soggetti e gli
istituti nei confronti dei quali l‟impresa diventa responsabile.
b) oggetto della responsabilità sociale è la società stessa e il suo “normale” funzionamento.
L‟impresa e‟ socialmente responsabile ogniqualvolta il suo comportamento (la politica gestionale)
si riflette negativamente sulla società e ne altera il funzionamento; questo si verifica quando vi è
un‟errata valutazione del rapporto di interdipendenza che intercorre tra il sistema aziendale e il
sistema sociale tanto che l‟impresa disattende le esigenze dei suoi interlocutori o ne contrasta gli
interessi. Una caratteristica di tale tipo di responsabilità è individuabile nel fatto che essa si invoca
non tanto e non solo in vista del risarcimento di danni passati, ma piuttosto per sancire
l‟assunzione di obblighi per il futuro. In altre parole l‟impresa socialmente responsabile dovrebbe
fissare i propri obiettivi tenendo conto di quelli dei soggetti e degli istituti con i quali ha rapporti e,
col proprio comportamento dovrebbe favorirne la realizzazione o comunque non contrastarla.
Implica questo una semplice risposta di adattamento alle condizione esterne o a pressioni e
condizionamenti? Assolutamente no, poiché implica per l „impresa qualcosa di più e di diverso, che
deriva da una visione ampia della funzione aziendale. Il comportamento dell‟impresa deve dunque
essere orientato da una strategia che integri le istanze sociali con gli interessi e gli obiettivi
economici
2
. Il riconoscimento della “responsabilità sociale” non comporta l‟abbandono delle
tradizionali finalità, ne determina l‟affermazione di un nuovo concetto di impresa, nel quale
prevale l‟aspetto sociale su quello economico, aspetto quest‟ultimo che, secondo quanto sostiene
2
E‟ opinione comune che tra la funzione economica e la funzione sociale esista in concreto un certo
antagonismo; si ritiene anche che privilegiando una delle due funzioni si finisca per sacrificare l‟altra.
Secondo questa tesi, il potenziamento degli obiettivi economici determina necessariamente il
ridimensionamento degli obiettivi sociali, mentre il potenziamento di questi comporta il contenimento di
quelli. Il ragionamento esposto è semplice e risponde a una certa logica formale e a prima vista sembra
accettabile. Sottoponendolo a un esame critico emergono i suoi limiti che ce lo fanno apparire incompleto e
sotto certi versi anche infondato.
9
Onida, lungi dal contrastare con la socialità dell‟impresa intesa come azione dell‟impresa per il bene
comune, è normale condizione della stessa e vale a rendere realmente efficace tale azione
3
.
L‟impresa è e continua ad essere istituto economico- sociale la cui chiave per il successo duraturo
sembra dunque essere nella corretta valutazione del rapporto di interdipendenza tra sistema
aziendale e sociale, nella definizione e attuazione di una strategia che tenga conto delle esigenze
sociali, l‟impresa deve conseguentemente porre particolare attenzione ai cambiamenti
dell‟ambiente in cui opera per cercare di intuirne e anticiparne le tendenze evolutive.
c) i soggetti che assumono questa responsabilità: tutte le imprese producono effetti che
condizionano in qualche modo il funzionamento della società, ma è vero che le conseguenze delle
imprese di dimensione minore son poca cosa e finiscono per essere facilmente assorbite
dall‟ambiente (naturalmente se l‟impresa opera nel rispetto delle vigenti disposizioni di legge
4
)
mentre per le imprese di grandi dimensioni si parla di “potere globale di condizionamento”, visto
l‟ampio volume di interessi e il numero di soggetti e istituti coinvolti, in quanto incidono in modo
decisivo su ampie e consistenti fasce sociali. Ne consegue che si è portati a parlare di “responsabilità
sociale” solo per le imprese di grandi dimensioni, mentre per tutte le altre categorie di imprese tale
responsabilità si configura più raramente.
d) i soggetti verso cui si manifesta: esistono due aree distinte su cui incombe questo tipo di
responsabilità: un‟area interna ed una esterna. La prima è definita dai soggetti che operano
nell‟impresa e da quelli che in essa hanno investito i loro risparmi con vincolo di capitale.
Osserviamo che ne restano esclusi coloro che di fatto guidano l‟attività dell‟impresa, poiché la
responsabilità dell‟impresa si identifica con la loro. Quindi nel gruppo dei conferenti di capitale-
risparmio l‟impresa può assumere “responsabilità” di ordine “sociale” solo nei confronti delle
minoranze e non della maggioranza esclusa per il fatto di concorrere a talune scelte. Tali
considerazioni possono essere estese anche ai collaboratori di vario ordine e grado quali
amministratori e dirigenti
5
.
3
Cfr. P. Onida, Economia d‟azienda, pag 104/105, Utet, Torino, 1965.
4
Anche l‟impresa di piccole dimensioni può provocare conseguenze di rilevante portata che si riflettono
sull‟ambiente e sulla società in genere se non rispetta le disposizioni di legge; bastano infatti gli scarichi
industriali di un piccolo stabilimento per inquinare il corso di un fiume o una dispersione di gas-vapore
tossico per inquinare l‟ambiente circostante.
5
La responsabilità sociale dell‟impresa dipende dalle scelte che ha compiuto il suo gruppo dirigente, perciò si
manifesta solo nei confronti di quei soggetti che hanno subito le conseguenze di determinate scelte e non di
quelli che le hanno prodotte. Si veda in proposito gli atti del convegno svolto dalla CIDA (confederazione
italiana dirigenti di azienda) pubblicati nel volume dal titolo: Dirigente ambiente società, Franco Angeli,
Milano, 1982.
10
Della seconda fanno parte i soggetti e gli istituti esterni con i quali l‟impresa stabilisce relazioni e
rapporti più o meno diretti quali:
1) clienti e consumatori verso cui l‟impresa assume specifiche “responsabilità” di ordine sociale,
ogni qualvolta essa ne disattende o elude gli interessi.
2) la società nel suo complesso che può subire conseguenze dall‟operato dell‟impresa in termini di
inquinamento, congestionamento della vita urbana, tensioni che nascono nell‟ambiente di lavoro
e si diffondono nella società ( in aumento il fenomeno delle “malattie professionali” da stress).
3) le istituzioni socio-politiche, tra cui lo Stato e gli enti autarchici territoriali: anche nei confronti
di questi istituti, che elargiscono protezione giuridica, servizi di ordine generale e talvolta aiuti
economici, l‟impresa manifesta la propria “responsabilità sociale” in quanto la sua attività può
condizionare il normale funzionamento delle istituzioni. Si pensi alle conseguenze di ordine
sociale legate all‟arresto dell‟attività di imprese di grandi dimensioni, a cui si deve aggiungere il
mancato pagamento di tributi diretti e indiretti o ancora si pensi alle strategie delle grandi imprese
multinazionali rivolte a perseguire obiettivi che contrastano con gli interessi dei paesi ospitanti
1.2 I presupposti della responsabilità sociale
La dottrina aziendale ha sempre riconosciuto la funzione sociale, oltre che quella economica,
dell‟impresa, funzioni queste complementari e strettamente collegate, anche se in passato la
funzione sociale ha finito per essere “assorbita” da quella economica tanto che nella prassi per
lungo tempo l‟impresa è sempre stata considerata in qualche modo “avulsa” dal contesto socio-
ambientale nel quale era collocata e verso il quale non doveva rispondere in alcun modo se non
nei termini del rispetto della legge. Al suo gruppo dirigente è sempre stata riconosciuta l‟unica
responsabilità di massimizzare il profitto e il valore per gli azionisti, ma da più di mezzo secolo
6
si
è fatta strada in Dottrina una corrente di pensiero che sostiene che l‟impresa ha degli obblighi verso
la società nei cui confronti deve rispondere per il modo di operare e per le scelte che compie, ossia
che imputa all‟impresa un nuovo tipo di responsabilità: la “responsabilità sociale”. Secondo tale
teoria il vero oggetto di responsabilità non è necessariamente il comportamento dell‟impresa,
quanto gli effetti e le ripercussioni che tale comportamento produce sulla vita dei singoli individui
6
S. Burchell sostiene che il dibattito sulla responsabilità sociale dell‟impresa è iniziato negli anni ‟50
nell‟America del Nord e ripreso in seguito in tutta Europa Occidentale. L‟inizio del dibattito viene posto in
coincidenza con la pubblicazione del testo di H. Bowen dal titolo Social Responsabilities of the
Bussinessman. Harper New York, 1953.
11
o gruppi che compongono la società e sul suo stesso funzionamento. In altre parole non si rifiuta
né la ricchezza, né l‟idea che essa crei benessere, ma se tuttavia vi è accordo sul fine (creare
ricchezza) non si è più disposti a sorvolare sui “mezzi”: l‟impresa è riconosciuta responsabile
socialmente nei confronti di grandi temi quali l‟influenza dominante e la democrazia economica,
la trasparenza, il rispetto delle minoranze, l‟ambiente, i diritti umani, il rispetto delle diversità, la
crescita compatibile, la filantropia, la solidarietà, l‟onestà e l‟ etica. I motivi che stanno alla base di
questa nuova tesi della responsabilità sociale sono diversi:
motivi ideologici e culturali
dimensioni raggiunte dalle imprese
la questione ambientale
la crisi dei valori dell‟industrialismo
il movimento a difesa degli interessi dei consumatori
- Motivi ideologici e culturali -
Critiche alla società industriale e all‟impresa sono state mosse dalla cultura e dal pensiero filosofico,
in particolare da Kant per il quale qualsiasi impedimento alla libera estrinsecazione e realizzazione
della persona umana, intesa come soggetto libero e autonomo, va contro la legge morale ed è
pertanto condannabile. Conseguentemente la civiltà industriale viene considerata come causa di
distruzione dei valori individuali e fonte che genera nuove schiavitù; in particolare l‟impresa,
strumento tipico di questa civiltà, è il luogo in cui le esigenze della produzione condizionano la
libertà, l‟individualità e lo spirito creativo dell‟individuo, degradando la persona umana da fine a
mezzo, da soggetto a oggetto
7
. Tali critiche mosse sul piano dei valori della società industriale e
dell‟impresa hanno contribuito a creare nell‟opinione pubblica un diffuso sentimento di rifiuto nei
confronti di un sistema che, tutto sommato, è comunque riuscito a creare un certo benessere,
liberando l‟uomo da altre forme di condizionamento e di schiavitù.
- Le dimensioni raggiunte dalle imprese –
Il fenomeno dimensionale delle unità produttive è strettamente legato al numero di soggetti
7
Osserva Di Nardi che, nel momento storico in cui il pensiero filosofico stabiliva la preminenza della persona
come valore e fondava su tale principio la coscienza morale di tutta un epoca, nello stesso momento
cominciava la rivoluzione industriale che realizza la tradizione utilitaristica in aperta contraddizione con
l‟imperativo della coscienza morale stessa. Cfr G. Di Nardi, L‟impresa fra socialità ed efficienza, in Rivista di
politica economica, Marzo, 1970, pag 304.
12
interessati alla loro attività: si tratta di conferenti di risparmio con vincolo di capitale, di
collaboratori di ogni genere e grado, di clienti, fornitori e terzi in genere, di istituti pubblici e
privati. E da osservare come non aumenti solo il numero di detti soggetti e istituti, ma soprattutto
la mole dei loro interessi che divengono così consistenti e diffusi da configurare, da una parte,
l‟esistenza di un interesse generale (che non è dato dalla somma degli interessi particolari dei
soggetti che operano nell‟impresa, ma è individuabile nell‟interesse della collettività) e, dall‟altra,
far assumere all‟impresa stessa un ruolo e una funzione sociale che va al di là delle aspettative dei
singoli per estendersi sull‟intera società. Prende cosi corpo l‟ipotesi che la grande dimensione sia
presupposto di “responsabilità sociale
8
”.
- La questione ambientale -
Un altro motivo che ha contribuito a rafforzare la tesi della “Responsabilità sociale” dell‟impresa è
rappresentato dalla questione ambientale sollevata in primis da gruppi di consumatori e
ambientalisti e altresì dalla dottrina economica. L‟ambiente naturale infatti, fino a pochi decenni
addietro considerato una risorsa produttiva libera, dalla quale attingere per i processi di produzione
e di consumo in modo discrezionale è oggi al centro dell‟attenzione di studiosi delle varie branche
del sapere – dall‟economia, all‟etica, al diritto – per effetto del problema ecologico - . Peraltro già
negli anni ‟70 uno studio
9
del “Massachusetts Institute of Tecnology” dal titolo “I limiti dello
sviluppo” giungeva a conclusioni catastrofiche sul futuro dell‟umanità a causa di alcune grandezze
quali la popolazione e la produzione industriale che crescono in maniera esponenziale se non si
fosse intervenuto con misure atte ad arrestare uno sviluppo economico illimitato pervenendo a
uno “stato stazionario” compatibile con la finitezza del nostro pianeta. Sempre a partire dagli anni
‟70 si e‟ andata consolidando l‟idea che il potere di condizionamento delle imprese sull‟ambiente
naturale debba essere sottoposto a vincoli e controlli in quanto origina una elevata socializzazione
dei costi di produzione (diseconomie ambientali).
Oggi le pressioni dei consumatori, di gruppi ambientalisti e di nuovi studi proposti dalla dottrina
8
L‟impresa di grandi dimensioni ha il potere di condizionare l‟ambiente esterno e i suoi centri decisionali,
potere che le deriva dalle produzioni attuate, dall‟enorme quantità di risorse di cui fa uso, dai tributi diretti e
indiretti che essa paga e concorre a far pagare, dal contributo alla formazione del reddito nazionale, dal
concorso allo sviluppo economico in generale, garanzia di occupazione e fonte di reddito.
9
Lo studio in questione ha suscitato parecchie polemiche, anche perché il modello di simulazione adoperato
dagli autori poggiava su basi empiriche estremamente scarse. Cfr. J.P. Barde e E. Gerelli, Economia e polita
dell‟ambiente, Il Mulino, Bologna, 1980, pag 50.
13
economico-aziendale hanno contribuito, da una parte, ad orientare anche la politica verso la
produzione di strumenti legislativi che diano concreta attuazione del principio “chi inquina paga”
per una soluzione a valle del processo produttivo, e, dall‟altra, le imprese ad adottare soluzioni che
intervengano a monte del processo produttivo (prevention at source) aventi l‟esplicita finalità di
prevenire il danno ambientale.
- La crisi dei valori dell‟industrialismo –
Aspirazione alla stabile occupazione, esigenza di soddisfare i bisogni essenziali dei cittadini tramite
una maggiore quantità di beni e servizi, desiderio di tenere il passo con l‟innovazione sono alcuni
dei valori su cui si fondava l‟industrialismo e che hanno spinto per lungo tempo la società a
sostenere l‟attività delle imprese quale strumento capace di venire incontro alle esigenze e desideri
della collettività. Una volta soddisfatti i bisogni essenziali e ottenuta la sicurezza del posto di
lavoro, nuove esigenze hanno preso corpo e si è diffuso un senso generale di malcontento per i
condizionamenti che l‟attività di impresa aveva creato sia nell‟ambiente di lavoro, sia nella società,
malcontento che ha dato luogo a forme di protesta e contestazione e che è nel contempo
espressione dei nuovi valori che si vanno affermando quali la sicurezza sul posto di lavoro, la
salute, la qualità della vita, i legami e relazioni sociali. La crisi dei valori tradizionali su cui poggiava
il rapporto tra impresa e società non equivale né alla contestazione dell‟impresa come istituzione,
né alla contestazione delle sue funzioni, ma significa piuttosto che la società si è resa conto che
l‟impresa produce delle conseguenze di ordine sociale che non possono più essere sottovalutate.
- Il movimento a difesa degli interessi dei consumatori –
“Consumerismo” è un neologismo coniato intorno agli anni ‟70 con cui si indica una corrente di
opinione suscitata dal movimento a difesa degli interessi dei consumatori che si contrappone a un
altro termine relativamente recente: il consumismo
10
. In base ad esso e spinto da massicce
campagne pubblicitarie il cittadino spesso non riusciva (e non riesce) a compiere scelte
consapevoli, perché spinto all‟acquisto da motivazioni irrazionali e perché comunque non
sufficientemente informato. L‟esigenza di adeguate e corrette notizie in ordine a qualità,
caratteristiche , sicurezza e prezzo dei prodotti, fu la molla che spinse i consumatori, degli U.S.A.
per primi intorno alla metà degli anni ‟30 e dopo il 1960 anche di alcuni paesi dell‟Europa
10
Lo Zingarelli ed. 1983 definisce il “consumismo” come “tendenza” rafforzata dalla pubblicità e dalle
moderne tecniche di persuasione di massa, a un uso accelerato di beni e servizi, che vengono proposti e
assunti come simbolo di prestigio sociale”. Cfr. op.cit., pag 404.
14
occidentale (Svezia, Olanda, Germania, Francia, Inghilterra, e persino Giappone), ad organizzarsi
11
.
In origine il movimento raccoglieva informazioni e le metteva a disposizione dei consumatori,
operando in condizioni di assoluta indipendenza rispetto ai pubblici poteri e alle imprese; con
l‟andare del tempo divenne un vero e proprio gruppo di pressione che è riuscito in taluni casi a
incidere anche sul piano legislativo. Anche se gli obiettivi che il movimento persegue variano da
paese a paese possiamo dire che oggi si sostanziano nei seguenti:
a) tutela della salute e sicurezza dei consumatori
b) tutela degli interessi economici dei consumatori
c) diritto al risarcimento dei danni
d) diritto alla informazione sulla natura del prodotto, sulla qualità, quantità, prezzo ed eventuale
consumo di energia
e) diritto alla rappresentanza negli organi preposti al controllo dei prodotti, e in quelli chiamati a
esprimere pareri in materia di leggi, regolamenti, disposizioni amministrative e servizi di
informazione dei consumatori.
I risultati ottenuti non sono dappertutto uguali, ma il movimento è riuscito ad incidere
positivamente almeno su tre fronti: sugli stessi consumatori, sull‟opinione pubblica e sulle imprese.
I consumatori che singolarmente considerati non avevano la forza per manifestare le loro esigenze
e aspettative hanno trovato nel movimento uno strumento idoneo attraverso cui ottenere
informazioni attendibili e di conseguenza una maggiore consapevolezza dei propri diritti. Il
movimento poi agendo sull‟opinione pubblica è riuscito a sollecitare le forze politiche e sociali per
mezzo delle quali sono stati creati Enti pubblici ed emanate disposizioni legislative con lo scopo di
tutelare i consumatori. E‟ da osservare come anche in quei paesi in cui non sono stati ancora creati
appositi organi o non sono state emanate leggi, la tutela degli interessi dei consumatori è un fatto
sentito e entrato a far parte della coscienza popolare.
Le stesse imprese che in un primo momento avevano reagito negativamente paventando un
aumento dei costi di produzione e quindi dei prezzi di vendita si sono viepiù rese conto che questo
era un atteggiamento sterile e anzi controproducente e che non potevano fare a meno di tenere
nel dovuto conto le esigenze dei consumatori.
Oggi gli interessi dei consumatori rappresentano una realtà che non può essere né ignorata, né
trascurata o tantomeno raggirata, una realtà a cui l‟impresa deve dedicare maggiore attenzione e
11
Il movimento a difesa dei diritti dei consumatori è stato sostenuto soprattutto da Ralph Nader, il quale
oltre a ottenere notevoli successo nel suo paese (U.S.A.) ha contribuito a diffondere detto movimento,
noto col nome di “naderismo”, all‟estero.
15
risorse
12
. Secondo Kotler le imprese che accettano il concetto della difesa del consumatore sanno
che questo implica l‟impegno totale dell‟alta direzione, la formazione dei dirigenti intermedi e
nuove direttive di politica aziendale, cioè iniziative che tendono ad incrementare il
soddisfacimento del consumatore e conseguentemente il fatturato e i profitti dell‟impresa. In
questo senso la responsabilità sociale dell‟impresa (della quale il “consumerismo” rappresenta un
motivo fondante) verso i consumatori si può dire rappresenti l‟ultima frontiera del marketing
sociale
13
e un valore imprenditoriale su cui si fonda il successo dell‟impresa
14
.
1.3 L‟evoluzione del concetto di responsabilità sociale
Molti sono stati i soggetti che si sono occupati dell‟evoluzione del rapporto tra impresa,
responsabilità sociale della stessa ed etica; molte le elaborazioni proposte tra le quali
particolarmente interessante ci sembra quella di un gruppo di studiosi della New Economics
Foudation coordinati da Simon Zadek
15
in quanto enfatizza il concetto di “responsabilità sociale
dell‟impresa
16
”.
12
Cfr. P. Kotler, Il marketing e l‟ambiente, in L‟impresa, pag 362, n.5/1976.
13
Cfr. L. Gualtri, Lo sviluppo teorico del marketing, in Manuale di marketing, Isedi, 1972: Si veda anche: S.
Podestà, Nuovi sviluppi del marketing, in Il marketing dei servizi, a cura dell‟Accademia Italiana di Economia
Aziendale, Giuffrè, 1982.
In aggiunta alle norme e alle procedure interne, tendenti a garantire l‟affidabilità dei propri prodotti, talune
imprese americane hanno creato appositi uffici di esperti chiamati “Consumer Affair Department”. M.
Ferrario e F. Martino osservano che “il compito che unisce le diverse versioni del “Consumer Affair
Department” è l‟obiettivo di migliorare le relazioni e le comunicazioni delle aziende con i consumatori e
rendere l‟azienda più rispondente alle loro attese e alle loro lamentele. Cfr. M. Ferrario e F. Martino,
Mutamenti ambientali e complessità organizzativa: alcune verifiche empiriche, pag 8, in Impresa e società, n.
3, 1977.
14
Cfr. V. Coda, I valori imprenditoriali in relazione al ruolo sociale dell‟impresa e dei modi di attuarlo,
Relazione al Convegno di Studi su “I valori imprenditoriali”, Palermo, 10 Febbraio 1984; C. Sorci, i valori
imprenditoriali nei rapporti con i proprietari del capitale, in Economia e Credito, n. 2, 1984; G. Vergara, Su
alcuni «valori imprenditoriali» fondamentali per il successo aziendale, in Economia e Credito, 1984.
15
Cfr. S. Zadek, Building Corporate Accountability, Emerging Practice in Social and Ethical Accounting,
Auditing and Reporting, Published in association with NEF, 1997; S. Zadek, The Civil Corporation. The new
economy of corporate citizenship, in association with the New Economics Foundation, Earthscan Publications,
2001; S. Zadek, P. Raynard, Social Audit for Small Organizations, New Economics Foundation, Workbook,
1996.
16
Per ciò che riguarda l‟elaborazione e lo sviluppo concettuale della responsabilità sociale la dottrina e la prassi
hanno anticipato la politica la quale, anche se in ritardo, si è mostrata sensibile al tema. Le tappe politiche della
CE dirette all‟istituzionalizzazione della responsabilità sociale sono di seguito elencate:
Lisbon European Council (Marzo 2000): si delinea l'idea che la CSR possa contribuire agli obiettivi
europei di costruire una economia (ed una società) dinamica, competitiva, know-ledge based e coesa
16
In un primo momento, l‟atteggiamento responsabile dell‟impresa è stato interpretato come un
investimento assai produttivo con grandi ritorni sia in termini di fatturato, sia di immagine e di
consenso, come il caso Body Shop
17
, spesso preso ad esempio, testimonia. Assodato che la
responsabilità sociale è un investimento positivo, la seconda fase è quella di prendere atto che il
comportamento etico deve necessariamente costituire per l „impresa un orientamento strategico di
lungo periodo. La reazione dell‟opinione pubblica al comportamento responsabile dell‟impresa
diviene per il management una variabile esterna da considerare per la determinazione degli
obiettivi. Nell‟elaborazione della New Economy Foudation la terza fase dell‟evoluzione della
responsabilità sociale consiste nell‟interpretare il “vincolo esterno” (l‟attenzione dell‟opinione
pubblica ai comportamenti responsabili dell‟impresa) come un‟opportunità anziché un rischio,
opportunità che consiste nella possibilità per le imprese di cogliere e anticipare le aspettative del
mercato (soprattutto per quanto riguarda le tematiche sociali), e conseguentemente stimolare
l‟innovazione di prodotti e modelli di gestione quali fattori competitivi di successo.
Oggi il corollario della responsabilità sociale è il nuovo ruolo che l‟impresa e‟ chiamata ad assumere
quale istituto economico che persegue non solo la massima soddisfazione degli interessi interni dei
detentori di capitale (obiettivo di breve periodo legato alla sola performance economica), ma
soprattutto finalità “sociali” quali le ricerca dell‟equilibrio tra rendimento sociale ed economico in
un‟ottica di sviluppo di lungo periodo e l‟attuazione di una complessa dialettica di rapporti con i
gruppi sociali con cui opera.
(cohesive). Si associano i contenuti della CSR con le best practices inerenti il lifelong learning, le pari
opportunità, la social inclusion, il social dialogue e, più in generale, lo sviluppo sostenibile.
Nice European Council (Dicembre 2000): viene adottata l'Agenda politica sociale dell'Unione nella
quale viene ribadito il ruolo della CSR quale indirizzo nell'integrazione dei mercati e nell'adattamento
delle condizioni dell'occupazione alla nuova economia. Invita la Commissione a promuovere nelle
imprese comportamenti verso i partners sociali che rafforzino l'indirizzo alla responsabilità sociale.
Goeteborg European Council (Giugno 2001): definisce la Strategia europea di sviluppo sostenibile ed
afferma che "Public policy also has a key role in encouraging a great sense of corporate social
responsibility and in establishing a framework to ensure that business integrate environmental and
social considerations into their activities".
Commission of the European Communities (Luglio 2001): emana il Green Paper: Promoting a
European framework for Corporate Social Responsibility, nell‟intento di promuovere un dibattito "on
how the European Union could promote CSR at both the European and international level..."
Commission of the European Communities (Luglio 2002): emanazione della Comunicazione della
Commissione relativa alla Responsabilità sociale delle imprese: un contributo delle imprese allo sviluppo
sostenibile.
17
Body Shop è un‟azienda che produce una linea di cosmetici per il corpo assolutamente naturali e ottenuti
senza sperimentazione sugli animali e con una particolare attenzione ai temi ambientali. Il suo successo
commerciale dimostra che l‟etica “paga” e che l‟investimento in responsabilità sociale offre ritorni economici
interessanti.
17
1.4 La responsabilità sociale dell‟impresa moderna
Nelle economie avanzate la gestione della responsabilità sociale va configurandosi come una
“condizione necessaria” per rimanere sul mercato e non più dunque come mera opzione etico -
culturale. Essa si pone sempre più spesso come “fulcro” su cui far ruotare e ri-orientare la gestione
aziendale. Compito del management è quello di guidare l‟impresa verso un nuovo orientamento.
L‟orientamento all‟etica e alla socialità. L‟orientamento all‟etica e alla socialità rappresenta infatti
l‟ultima fase dell‟evoluzione organizzativa e gestionale dell‟impresa descritta nella figura 1.1.
La fase di partenza è definita come “auto-referenziale: l‟impresa è unicamente orientata a se stessa e
ne costituiscono un buon esempio le pubbliche amministrazioni (il cui vero cliente sono di fatto i
dipendenti e non gli utenti le cui esigenze sono in secondo piano) e le botteghe artigiane (il
tempo organizzativo è scandito dalle esigenze interne e non del mercato). L‟orientamento al
cliente è ancora molto lontano per cui le logiche che ispirano il comportamento e
l‟organizzazione sono l‟auto-referenzialità e la qualità della vita di chi vi lavora all‟interno.
Il secondo orientamento è quello al prodotto. Il contesto è caratterizzato da un eccesso di
domanda sull‟offerta per cui dall‟auto-referenzialità della bottega (sarto, idraulico) si passa
all‟attenzione che l‟azienda (di confezionamento, multi servizi, di produzione) pone sulla
domanda da soddisfare, quindi sulla produttività ed economicità (fare di più a costi decrescenti).
Quando la situazione si inverte e si passa a un surplus di offerta sulla domanda, si rende necessario
un nuovo orientamento questa volta “al mercato”. Le imprese iniziano a utilizzare il marketing
come strumento per battere la concorrenza e restare sul mercato in quanto non è più sufficiente
produrre in maniera efficiente, ma occorre anche “vendere bene” i prodotti.
Il passaggio successivo è l‟orientamento alla finanza determinato dallo shock petrolifero e
monetario dei primi anni Settanta a cui seguì una pesante crisi finanziaria delle imprese e dei
mercati, caratterizzata da elevati tassi di inflazione e di interesse. Le imprese reagirono sviluppando
una nuova gestione finanziaria caratterizzata dall‟uso di strumenti quali la leva finanziaria più
favorevole e la capacità di indebitamento. Tale finanziarizzazione del business unito
all‟intensificarsi di joint ventures e accordi internazionali ha favorito il processo di
internazionalizzazione e di interdipendenza dei mercati con conseguente maggiore risonanza nei
mercati interni di fenomeni che si verificavano in quelli esteri. A questo punto, giocoforza si
cominciò a rivalutare economisti d‟azienda, servizi studi, osservatori economici ossia ogni possibile
attore che sapesse governare il nuovo orientamento alla globalità. In un mercato globale l‟azienda
ha come stakeholder tutto il mondo e per gestire al meglio tale rapporto una soluzione era
18
Figura 1.1 Gli orientamenti delle strutture organizzative nel tempo
quella di orientarsi verso la ricerca della “dimensione ottimale”, ossia per continuare a rimanere sul
mercato globalizzato era necessario raggiungere una certa massa critica che ha paradossalmente
messo in crisi alcune imprese (crisi di eccessiva crescita ed espansione). La dimensione aziendale è
inversamente proporzionale al tasso di flessibilità e direttamente proporzionale alle esigenze di
controllo; tale aspetto unito ad altri quali la gestione dei gruppi, delle strutture periferiche, delle
strutture a rete costituisce il presupposto per il successivo orientamento: l‟orientamento al
controllo il cui obiettivo è quello di presidiare l‟economicità, l‟efficienza e la produttività
dell‟impresa, orientando le scelte direzionali.
Un‟eccessiva fiducia solo ed esclusivamente nel controllo ha portato in alcuni casi a sottovalutare
un aspetto invece molto importante: la qualità, che in un contesto caratterizzato da aspettative
crescenti e concorrenza esasperata diviene sempre più un fattore di successo. Le imprese iniziano
dunque ad orientarsi alla qualità. Il passaggio dall‟orientamento alla qualità all‟orientamento alla
socialità e all‟etica è breve, anche perché quest‟ultimo potrebbe, per certi versi, essere considerato
un orientamento alla qualità, un tipo di qualità particolare che non è sul prodotto o sul processo,
ma sui valori ispiratori della gestione. In questa ultima fase l‟etica assurge a elemento strategico che
incide su tutte le funzioni aziendali (produzione, marketing, gestione del personale, politica degli
acquisti) e si impone come requisito imprescindibile per rimanere sul mercato con successo. La
Responsabilità sociale rappresenta, dunque, da una parte il mezzo per ricevere la legittimazione e il
Responsabilità e rendicontazione sociale
La managerialità introduce nuovi
strumenti di gestione
Tempo
Etica e socialità
Qualità
Dimensione
Controllo
Globalità
Finanza
Mercato
Prodotto
Auto-
referenzialità
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consenso, dall‟altra lo strumento per una rivoluzione culturale che cambi il modo di “pensare
l‟impresa” e di “fare impresa”. Le imprese, se vorranno sopravvivere, dovranno tenere conto e
ispirare la propria azione a principi etici, e rispondere e dar conto delle propria azione. In una
parola dovranno mettere “i principi al primo posto” poiché “ nell‟economia globale non si può
competere se non si hanno insieme alta qualità e bassi costi che non si possono ottenere senza
una cultura altamente fiduciaria; è la piena fiducia che mette in grado di stabilire partnerships
significative dentro e fuori l‟azienda. Ma non si può creare una cultura altamente fiduciaria basata
sulla più completa fiducia a tutti i livelli dell‟organizzazione senza essere pienamente orientati ai
principi etici. E in effetti molte aziende stanno cominciando a parlare questo linguaggio, puntando
a introdurre principi etici nella loro cultura e nella loro pratica operativa poiché si sono accorte, o
si stanno accorgendo, che il tema della qualità articolato sulle tecnologie e innovazioni, strutture,
sistemi e processi non basta più o non basta se scollegato dalla edificazione di culture altamente
fiduciarie.
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