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Parte prima
QUADRO TEORICO DI RIFERIMENTO
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Capitolo primo
IL BILANCIO DI COMPETENZE
1.1. Scenario di riferimento e origini
Il bilancio di competenze è divenuto già da alcuni anni, in Italia, oggetto di
particolare interesse e popolarità tra coloro che si occupano di orientamento e
formazione, interessati ad allargare il proprio bagaglio concettuale ed operativo
con metodologie maggiormente in linea con le necessità di formazione
continua, orientamento e ri-orientamento presenti attualmente nel panorama
europeo (Lemoine, 2002). Da qualche tempo si assiste, infatti, ad un costante
riferimento ai concetti di Lifelong Learning e Lifelong Guidance. Nel
Consiglio Europeo tenutosi a Lisbona nel marzo 2000 si afferma che “l’Europa
è indiscutibilmente entrata nell’era della conoscenza, con tutte le conseguenze
che tale evoluzione implica sulla vita culturale, economica e sociale”
(Commissione delle Comunità Europee, 2000). L’economia è sempre più
basata su domanda e offerta di beni e servizi immateriali, in cui protagonisti
sono gli individui stessi. In questo tipo di universo sociale, riveste una cruciale
importanza l’aggiornamento dell’informazione, delle conoscenze e delle
competenze, e ciò che conta maggiormente è la capacità dell’individuo di
creare e usare conoscenze e competenze in maniera efficace ed intelligente, su
basi in costante evoluzione. L’istruzione e la formazione lungo tutto l’arco
della vita, intese come “ogni attività di apprendimento finalizzata, con carattere
di continuità, intesa a migliorare conoscenza, qualifiche e competenze”
(Commissione delle Comunità Europee, 2000, p.3), rappresentano il modo
migliore per affrontare la sfida del cambiamento. Il concetto di competenza
appare sempre più come chiave di volta per gestire i percorsi di crescita e di
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sviluppo degli individui e delle organizzazioni, fondamentale a causa
dell’evoluzione di un lavoro sempre più dematerializzato, cognitivo e
relazionale, centrato sulla flessibilità e sulla maggiore responsabilizzazione dei
suoi attori. Diventa centrale, in questa prospettiva, migliorare gli strumenti di
verifica e di autovalutazione delle competenze ed emerge, così, una domanda,
fino ad ora inesistente, di un “riconoscimento della formazione acquisita”
(Commissione delle Comunità Europee, 2000).
In stretto collegamento con la formazione continua, occorre, allo stesso
tempo, ripensare l’orientamento, per poter “garantire a tutti un facile accesso
ad informazioni e ad un orientamento di qualità sulle opportunità di istruzione
e formazione in tutta Europa e durante tutta la vita” (Commissione delle
Comunità Europee, 2000); per poter accompagnare le persone nel loro viaggio
attraverso la vita, motivandole, facilitandole nelle scelte, affiancandole nelle
sempre più frequenti fasi di transizione e nella progettazione di percorsi
personali e professionali. È in questo nuovo quadro di riferimento che si sono
inseriti, a livello europeo, progetti o iniziative, esempi di “buone prassi”, che
hanno dimostrato la possibilità di tradurre in pratica i concetti di formazione
permanente e orientamento continuo. Tra questi, in Francia, il “Bilan de
Compétences”, le cui radici teorico-metodologiche sono da rintracciare nel
modello ADVP (Activation du Dévelopment Vocationel et Personnel),
sviluppato in Canada a partire dalla teoria dello sviluppo vocazionale di
Donald Super. Essa presuppone sia possibile l’individuazione, nell’ambito del
processo individuale di sviluppo professionale, di tappe evolutive di
maturazione alla scelta e che sia pertanto il soggetto stesso, aiutato con
opportune azioni educative, a definire e decidere il proprio progetto futuro
(Pombeni, 1990).
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1.2. Il concetto di competenza
Il nodo centrale dell’espressione “bilancio di competenze” è nel termine
“competenze”, che rinvia ad un universo teorico-concettuale molto ampio e
complesso, caratterizzato da continui cambiamenti e da una pressoché costante
mancanza di una definizione univoca. Un recente tentativo di definizione, che
ha riscosso largo consenso, è stato compiuto dall’ISFOL, secondo cui parlare
di competenza professionale significa riferirsi ad un insieme di caratteristiche e
fattori che, intergrati dinamicamente tra loro, permettono di rispondere in
maniera efficace alle specifiche richieste di un dato contesto di lavoro. La
competenza, così definita, racchiude tre dimensioni distinte: risorse personali,
abilità e contesto. Identità, immagine di sé, atteggiamenti, valori, conoscenze,
rappresentazioni sociali, motivazioni, costituiscono le risorse della persona. Le
capacità impiegate concretamente per svolgere attività, che consentono, quindi,
di tradurre attitudini e conoscenze in comportamenti, costituiscono le abilità,
patrimonio stabile dell’individuo. Le competenze, infine, non possono essere
definite senza far riferimento ad un ambiente di lavoro, un contesto specifico in
cui vengono esercitate e che influenza in maniera determinante l’esito della
performance. L’ISFOL propone, inoltre, una suddivisione delle competenze in
3 categorie fra loro integrabili e componibili:
competenze di base: generalmente slegate dai contesti operativi concreti,
costituiscono il sapere minimo e indispensabile perché la persona sia
occupabile. Sono il risultato dell’istruzione scolastica (almeno quella
obbligatoria), della comunicazione elementare in lingua straniera
(preferibilmente inglese), della conoscenza e capacità di utilizzo dei mezzi
informatici più comuni, della conoscenza dei propri diritti e doveri di cittadino
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e lavoratore;
competenze trasversali: pur non legate ad uno specifico contesto operativo,
costituiscono un pre-requisito indispensabile per mettere in atto performance
professionali consapevoli. Si configurano come risorse psico-sociali e capacità
generali valide in modo continuativo per tutto l’arco della vita lavorativa di un
individuo e trasferibili da un contesto professionale all’altro. Si potrebbe
parlare di “saper essere”, in quanto si tratta di competenze legate a capacità di
comunicazione efficace, di diagnosi, di problem solving, di decisione
consapevole e responsabile, ma anche a capacità di autoapprendimento e
autovalorizzazione, indispensabili in un panorama di innovazione continua, di
instabilità e flessibilità del mercato del lavoro;
competenze tecnico-professionali: costituite dal sapere tecnico-operativo
specificamente connesso ad un determinato ambito o ruolo professionale e
necessarie per esprimere performance abili, sono identificabili attraverso
un’appropriata metodologia di job analysis e rilevabili, nella persona,
attraverso prove tecnico-pratiche e simulazioni di ruolo (ISFOL, 1994).
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1.3. Definizione e caratteristiche dell’intervento di bilancio
Inserito a pieno titolo nella Legge Quadro della formazione continua e
dell’orientamento professionale dei lavoratori, avviato nel 1985 e destinato ai
singoli lavoratori e alle imprese, il bilancio di competenze, in Francia, nasce
con l’obiettivo, indicato dalla legge 91-1405, di consentire al dipendente di
analizzare e acquisire consapevolezza delle proprie competenze personali e
professionali, motivazioni e attitudini, e di affiancarlo nella valutazione di un
suo progetto professionale e, se necessario, formativo, facilitandogli lo
sviluppo di carriera (Selvatici e D’Angelo, 1999). Una circolare del Ministero
del Lavoro del 1993 precisa che “un bilancio di competenze deve permettere al
lavoratore di passare in rassegna tutte le attività professionali allo scopo di:
fare il punto sulle sue esperienze personali e professionali; reperire e valutare
le sue acquisizioni legate al lavoro, alla formazione e alla vita sociale; meglio
identificare i suoi saperi, le sue competenze e attitudini; scoprire le sue
potenzialità inesplorate; raccogliere e strutturare gli elementi che gli
consentono di elaborare un progetto professionale e personale” (Di Fabio,
2002).
Punto focale di un intervento di bilancio è, quindi, la partecipazione di un
soggetto attivo unicamente da facilitare nell’indagine e nella ricognizione delle
sue risorse, nell’acquisizione di un’autoconsapevolezza, di un’autonomia e
maturità decisionale, attore e protagonista del suo divenire personale e
professionale. La normativa prevede, nello specifico, che ogni lavoratore, con
almeno 5 anni di anzianità, possa realizzare il bilancio di competenze, nel corso
della propria vita professionale, in maniera gratuita, chiedendo un apposito
congedo di bilancio regolarmente retribuito. L’attività di bilancio per i
dipendenti può, altresì, essere richiesta dal datore di lavoro o da un servizio per
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l’impiego, ma è realizzabile esclusivamente con il consenso del lavoratore, il
quale è comunque e sempre il solo destinatario e beneficiario dei risultati che
ne scaturiscono. Il bilancio viene erogato da strutture, pubbliche (CIBC) o
private (previo accertamento del possesso dei requisiti richiesti), esterne alle
imprese. E’ inoltre necessario, perché l’intervento possa essere attuato, che le
parti coinvolte sottoscrivano una convenzione che le impegni e le
corresponsabilizzi. Dal punto di vista finanziario, l’intervento è sovvenzionato
dal soggetto che lo richiede formalmente. Tuttavia, nella maggior parte dei
casi, qualora il lavoratore lo richieda a titolo personale, il bilancio è posto a
carico dell’ente pubblico erogatore (Selvatici e D’Angelo, 1999).
1.3.1. Finalità
In origine, le azioni di bilancio sono rivolte ad un’utenza adulta che abbia
già maturato un’esperienza professionale e la loro finalità è soprattutto quella
di aiutare i lavoratori occupati a fare il punto sul proprio sviluppo
professionale, con l’intento di veder riconosciute dall’azienda le competenze
acquisite, richiedere avanzamenti di carriera e facilitare la propria mobilità
all’interno e all’esterno dell’organizzazione. Per l’azienda stessa costituiscono
uno strumento per gestire percorsi di carriera e ristrutturazioni aziendali, una
sollecitazione ad investire sulle proprie risorse, riconoscendo e utilizzando
quelle competenze tacite che si generano spesso attraverso il lavoro, ma che
non sono riconosciute né dall’impresa né, spesso, dallo stesso lavoratore.
Attualmente l’utilizzo in ambito organizzativo del bilancio di competenze
rimane, tuttavia, limitato, anche in virtù del fatto che i dirigenti hanno
percepito questo intervento prevalentemente come sostegno sociale, sovente di
preparazione all’outplacement. Molto spesso si configura come un bonus,
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un’ultima opportunità concessa e accordata prima della cessazione definitiva
del rapporto di lavoro. Gli interventi di bilancio si possono configurare, inoltre,
come azioni preventive che consentono una sorta di anticipazione
dell’obsolescenza delle competenze, realizzabile attraverso varie forme di
formazione continua. Successivamente, tuttavia, hanno assunto sempre più le
sembianze di azioni orientative e di supporto all’inserimento lavorativo. A
fronte di tali sviluppi, l’intervento di bilancio cessa quasi del tutto di essere uno
strumento utile all’azienda in materia di sviluppo di competenze e gestione
risorse umane, per incontrare, al contrario, una forte domanda ed un reale
successo sul piano individuale e sociale.
1.3.2. Destinatari
Attualmente, in Francia, all’esterno della realtà aziendale, circa i due terzi
di coloro che richiedono un bilancio appartengono a due categorie: le persone
adulte che cercano un impiego e i giovani alla ricerca di un orientamento
professionale (Lemoine, 2002). Spesso, infatti, i giovani, dopo vane ricerche di
occupazione, fallimenti formativi o lavori temporanei senza prospettive, si
rivolgono autonomamente ad un Centro di bilancio o vi sono indirizzati da
organismi che si occupano di inserimento professionale, orientamento o
formazione. I giovani laureati, impreparati di fronte al mercato del lavoro,
senza un progetto professionale definito, possono, invece, vedere il bilancio di
competenze come un dispositivo di supporto per orientarsi nel momento di
accedere alla prima occupazione. In un momento di transizione così importante
come il passaggio scuola-lavoro, il bilancio si configura come un supporto al
tempo stesso psicologico e pratico. Le persone che hanno già lavorato ma che
sono in cerca di una nuova occupazione rappresentano un’altra importante